la Repubblica, 12 agosto 2021
Le tecnologie spaziali nella la vita di tutti i giorni
Le medaglie di Jacobs e Tamberi, la Formula 1, le notti magiche degli Europei: senza i satelliti non le avremmo viste. Non così almeno, cioè in diretta e in altissima definizione. E i navigatori Gps, il meteo o l’internet of things? Idem: senza infrastrutture extraterrestri non funzionerebbero. Non avessimo le tecnologie spaziali, non solo il futuro che stiamo costruendo non starebbe in piedi, anche il presente barcollerebbe. Anzi, crollerebbe prima di sera: nel 2018 una conferenza sui “rischi spaziali” simulò gli impatti di una tempesta solare capace di devastare i nostri apparati orbitanti. Risultato? Tutto il mondo bloccato in 14 ore. È bene ricordarlo durante un’emergenza sanitaria che ha spinto molti a domandarsi come mai, anche in un momento così, le attività spaziali assorbano risorse, insomma, a chi chieda “perché sprecare soldi per andare su Marte?”. Risposta: per mantenere viva la Terra. O almeno noi. Per testimoniare l’impatto quotidiano dello spazio sarebbe sufficiente un elenco di oggetti di uso comune, derivati dal nostro spingerci oltre il cielo. Non una lista esaustiva, solo qualche esempio.
Pompe cardiache
Le implicazioni mediche costituiscono un ambito di ricerca fra i più battuti oltre l’atmosfera. Già durante il programma lunare Apollo, la Nasa sviluppò ilMicro-Med DeBakey VAD, un dispositivo di assistenza ventricolare in grado di fare “da ponte” per il trapianto cardiaco: pompando sangue in tutto il corpo mantiene in vita i pazienti critici fino alla disponibilità di un donatore. Letteralmente, spazio per la salvezza.
Pannelli solari
Presente e futuro delle risorse terrestri non possono prescinderne. C’è addirittura chi, come la Cina, punta a sfruttarli in una (per ora ipotetica) centrale orbitante, capace di trasmettere energia pulita e inesauribile sul nostro pianeta: ma i pannelli fotovoltaici e le celle a combustibile non sarebbero come li conosciamo se non fossero stati migliorati per il modulo lunare. Per avere una fonte energetica rinnovabile nel viaggio fra la Terra e la Luna, la Nasa sviluppò superfici speciali in grado di accumulare elettricità in un semiconduttore assorbendo la luce.
Fotocamere per telefonini
Se la telefonia mobile può darsi battaglia sfoggiando camere miniaturizzate con definizioni sempre più alte, il merito è del Jet Propulsion Laboratory della Nasa. Per creare quelli oggi noti come sensori a pixel attivi, il Jpl progettò leggeri dispositivi di imaging per scopi scientifici, sfruttando la tecnologia dei Cmos ( Complementary metal-oxide semiconductor ) che si sono rivelati perfetti per l’integrazione nei nostri dispositivi portatili.
Cose di casa
Sintetizzati alla fine degli anni 50 da Carl Marvel, finanziati dalla Nasa e migliorati dopo il tragico incendio dell’Apollo 1, i tessuti polimerici resistenti alle temperature estreme oggi proteggono vigili del fuoco, militari e tecnici.
Teflon e velcro? No, questi no
Fra gli appassionati, l’impatto quotidiano dei programmi spaziali è così evidente da aver creato anche leggende: no, teflon e velcro non sono spin-off extraterrestri. Il teflon fu inventato per DuPont nel 1938; la Nasa lo rese solo famoso, utilizzandolo per gli scudi termici e le tute spaziali. Da lì alle pentole, il passo è stato siderale ma breve. Stesso destino del velcro, le cui origini qualcuno associa all’astronautica: nelle missioni lunari ci si limitò a utilizzarlo per ancorare l’attrezzatura, ma la sua invenzione è dello svizzero Georges de Mestral, cui l’idea venne nel 1948.