12 agosto 2021
In morte di Gianluigi Gelmetti
Enrico Girardi, Corriere della Sera
Con la scomparsa di Gianluigi Gelmetti, avvenuta ieri a 75 anni a Montecarlo, il mondo musicale non solo italiano perde una forte personalità di artista. Spigoloso in certi tratti, fumantino a volte, ma anche capace di gesti di rara delicatezza, Gelmetti aveva una capacità particolare di farsi seguire dalle orchestre che ha diretto. E le convinceva a seguirlo in percorsi interpretativi molto lontani dall’ordinario, come quando – soprattutto nel decennio all’Opera di Roma – aveva sposato una linea meditativa, fatta di tempi lenti e robusto peso sonoro. Forse emergeva in quel periodo l’apprendistato con maestri come Celibidache e Swarowsky, oltre all’immancabile Franco Ferrara. Un apprendistato solidissimo che l’ha reso a sua volta maestro amato di un paio di generazioni di bacchette, che oggi gli rendono omaggio con gratitudine. Un altro suo tratto distintivo è stata l’inquietudine, che l’ha portato a dedicarsi con discreti esiti alla composizione e, nonostante critiche piuttosto appuntite, alla regia d’opera. La stessa inquietudine è causa però dell’ampiezza del repertorio al quale si è dedicato, sui versanti teatrale e sinfonico. E gli va riconosciuta l’ostinazione con la quale ha valorizzato l’opera di musicisti dimenticati, ma che per lui erano ingiustamente «fuori moda», come gli italiani della generazione dell’Ottanta: Casella, Alfano, Malipiero, ad esempio. Roma, Stoccarda, Sydney, Montecarlo sono i luoghi dove ha lavorato con maggiore assiduità, ma non c’è orchestra italiana ed europea, dalle meno quotate fino alle fuoriserie con la quale non abbia avuto a che fare, portando sempre in dote linee interpretative assai personali e il gesto pacato, mai vistoso eppure chiaro, mediante il quale realizzarle.
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Simona Antonucci, Il Messaggero
Ha portato Mozart in piazza del Popolo: un Don Giovanni all’aperto, in una notte di luglio, con la regia di Gigi Proietti. Era il 2002. In migliaia si misero in fila per l’evento. Due anni dopo il bis, con un Flauto Magico consegnato a una Piazza del Popolo gremita e decorata da luci puntate sulle sfingi, l’obelisco, il bosco magico di Villa Borghese: con un narratore come Claudio Bisio, fu uno dei massimi eventi mediatici dell’Estate Romana.
LA FAMIGLIA
A restituire magia all’opera e alla Capitale sempre lui, il maestro Gianluigi Gelmetti, romano, scomparso ieri a 75 anni, assistito dalla moglie Stefania e dalla figlia Biancalaura, il in un ospedale di Montecarlo, dove viveva da anni. «Il mondo della musica piange la scomparsa del maestro, già direttore musicale al Teatro dell’Opera di Roma. Il suo talento lo ha portato a dirigere in tutto il mondo, tenendo alto il nome del Paese», lo ricorda così il ministro della Cultura Franceschini. E al suo cordoglio si uniscono il Teatro dell’Opera di Roma che ha dato la notizia della sua morte, ricevuta direttamente dai familiari, ieri, con un tweet. L’Accademia Musicale Chigiana dove Gelmetti, ha cominciato come giovane allievo, per poi divenire docente dal 1997 al 2014. Il Cantiere internazionale d’arte dove fu direttore artistico. E il Rossini opera festival: «A Pesaro ha diretto alcune delle produzioni più significative del primo ventennio della manifestazione».
Addio al direttore d’orchestra nato con la bacchetta: salì sul podio per la prima volta a 16 anni. E poi una lunghissima carriera in tutto il mondo. Fino a occupare un posto nell’Olimpo dei grandi interpreti, anche per la vastità del suo repertorio che spaziava dal barocco alla musica contemporanea, con un’attenzione particolare per la riscoperta di opere, fra cui la prima esecuzione in epoca moderna del Démophon di Cherubini e de Les Danaïdes di Salieri, la prima esecuzione assoluta di Marie Victoire di Respighi e Sakuntala di Alfano.
Gelmetti ha diretto in Europa, dalla Scala al Covent Garden, all’Opéra de Paris, al Real di Madrid, Filarmonica di Berlino, Monaco di Baviera, Vienna, San Pietroburgo, Budapest, Praga, ma anche nelle Americhe, in Australia, Giappone, Cina, Qatar. Una carriera internazionale, intrecciata con la sua città. Accademico di Santa Cecilia, ma soprattutto direttore musicale del Teatro dell’Opera di Roma, dal 2000 al 2009: l’11 settembre, giorno del suo compleanno, Gelmetti sarà commemorato in una cerimonia che dovrebbe svolgersi a Roma.
Il maestro era malato da tempo ma ha cercato in tutti i modi di non farlo sapere. «Ha combattuto come un leone», racconta Eleonora Paterniti, suo braccio destro da 25 anni, «cercando di preservare le persone che gli volevano bene. Per noi oggi la musica si è fermata. Era una persona positiva, di grandissimo coraggio, consapevole di ciò che era, lontano dalle mode, come il suo maestro Celibidache. Siamo old fashion, diceva ai collaboratori più stretti».
COMPOSITORE
Accanto alla direzione d’orchestra, Gelmetti ha coltivato anche la sua passione per la composizione: tra i suoi lavori In Paradisum Deducant Te Angelìi, Algos, Prasanta Atma. Compositore e regista: nelle ultime stagioni ha unito la regia teatrale a quella lirica, con L’Isola disabitata di Haydn, Il Barbiere di Siviglia, Traviata e Tristan und Isolde. «Era il Teatro puro che amavo ed amo», spiegava, «la composizione invece fa parte del mio privato. Ho diretto quasi sempre personalmente i miei lavori e scrivo quello che amerei sentire».
È stato direttore principale dell’Orchestra Sinfonica della Radio di Stoccarda, direttore principale e artistico della Sydney Symphony Orchestra (2004-2008) e in ultimo, direttore artistico e musicale della Orchestre Philharmonique di Montecarlo (dal 2013), dove venne chiamato dalla Principessa Carolina di Monaco. Una figura internazionale, per i romani resterà sempre il Maestro che ha portato la lirica in piazza. Per tutti.