ItaliaOggi, 11 agosto 2021
Periscopio
Mi piacerebbe vivere come un uomo povero con un sacco di soldi. Pablo Picasso. Alle 5 della sera.
Se si rafforza un partito della coalizione come Fratelli d’Italia non piango. Comunque i voti si contano in cabina, non nei sondaggi. Massimiliano Fedriga presidente della Regione Friuli e delle Regioni italiane (Stefano Lorenzetto), l’Arena.
Distinguere tra nemici e falsi amici è diventato impossibile per Beppe Grillo. Giuseppe Conte, prima amico, poi falso amico, e adesso nemico calzato e vestito, ha coperto contemporaneamente tutti questi ruoli fin dal primissimo giorno. Amico doppio e biforcuto, signore delle mosche e della menzogna, Lucifero Conte rendeva omaggio al suo Signore e creatore intonando inni ruffiani ma intanto organizzava, non visto, una rivolta contro di Lui, Origine di tutte le cose. Diego Gabutti. ItaliaOggi.
Sono scesi in piazza a Roma gli uomini e le donne che portano la fascia tricolore, come fanno gli studenti, i sindacati, le maestranze delle aziende in crisi. Siamo lasciati soli, finiamo sotto processo per tutto o niente, soldi pochi e tutele zero, gridano e scrivono in un documento che il leader dei «numeri primi», Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente Anci, presenterà al premier Mario Draghi. Tutti mobilitati, col megafono affidato a Valeria Mancinelli, sindaco di Ancona, quinto più amato d’Italia: «Il riferimento dei cittadini siamo noi». Beppe Boni. Qn.
Come reggere lo Stato? «Basta un buon ragioniere che entri in carica il primo gennaio e se ne vada il 31 dicembre. E non sia rieleggibile per nessuna ragione». La risposta non la fornisce, come si potrebbe pensare, il grillismo, bensì, nel primo dopoguerra, ì il qualunquismo di Guglielmo Giannini, che per più di un aspetto, specie per l’antipolitica, si direbbe anticipi i cinque stelle. Marco Bertoncini. ItaliaOggi.
Noi non siamo un popolo guerriero, come inglesi e tedeschi. Non abbiamo la stessa disinvolta dimestichezza con la morte. Noi, per dire, facciamo solo missioni di pace. E appena c’è un caduto vogliamo subito ritirare le truppe. Ma in questa guerra contro il virus forse dovremmo copiare Londra e Berlino. Smettendola di puntare, come fa il ministro della Salute, Roberto Speranza, ad avere «zero morti» (e allora, ministro, chiudiamo le autostrade!). E finendola anche con la quotidiana giaculatoria sui contagi del presidente dell’Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro (e allora quanti sono ogni giorno gli influenzati? quanti i tumori? e quanti infarti?). Basta. Davvero basta. Perché aveva ragione Victor Hugo: «Morire non è nulla, non vivere è spaventoso». Massimo Donelli. QN.
In questi lunghi e tormentatissimi mesi di pandemia ho imparato via via ad apprezzare ciò che una volta guardavo, ma non vedevo. Che cosa? Ciò che di semplice e meraviglioso la natura ci propone ogni giorno. La bellezza particolare di alcuni fiori. Il rispetto per gli alberi secolari, che hanno visto e vedranno ciò che noi umani possiamo solo immaginare. E gli affetti: l’unicità dei sorrisi del mio nipotino, l’esagerata preoccupazione delle figlie per il mio diabete. E mille altre, piccole, realtà. No, non sono pessimista. Cesare Lanza. Alle 5 della sera.
L’ultimo ricordo che ho di Pavarotti è la salma nel Duomo di Modena, la piazza che risuona del famoso “Vincerò...”. Io avrei preferito che fosse messo il finale del Don Carlo. Non solo per il significato delle parole, ma anche per la lezione di canto, per la sottolineatura di un aspetto della vocalità di Pavarotti non trionfalistica ma intima e delicata. Riccardo Muti, direttore d’orchestra. (Aldo Cazzullo). Corriere della Sera.
Non sarebbe male includere nell’acronimo LGBTQIA+ anche le altre lettere DNTVMCRBTIC, che stanno per «donna neanche troppo vecchia ma con ricrescita bianca tra i capelli». Già, perché nei secoli dei secoli, il corpo della donna vecchia con la sua «bruttezza fisica segno di un’anima tossica e diabolica – scrive Francesca Rigotti nel saggio De senectute – è stato la discarica della letteratura». Chiara Di Clemente. QN.
Antonio Delfini prendeva in giro le località balneari della Versilia dove aspiranti scrittori, sedicenti industriali e nobili decaduti si trovavano seduti intorno ai tavolini dei caffè. Alfonso Gatto componeva Denigrammi, cioè epigrammi denigratori, massacrando colleghi (Carlo Levi, Mario Soldati) e critici (Bo, Falqui, Spagnoletti). Cesare Vivaldi commentava il carrierone del Pittore impegnato (Guttuso) : «Realista socialista, se vuoi Montecitorio / non devi mai cambiare il repertorio». Alessandro Gnocchi. Il Giornale.
Al terzo colpo Luciano Bianciardi fa centro. La storia è in qualche modo autobiografica, con il personaggio che arriva a Milano dalla provincia per far saltare un grattacielo, per vendicare i minatori morti in un incidente causato dalla scarsa sicurezza sul lavoro (il riferimento è all’incidente alla miniera di Ribolla del 1954, in cui persero la vita 43 minatori: Bianciardi ne aveva scritto sull’Avanti, ne conosceva molti). L’acido solforico non sfregia. Ma il Moplen pare resistere anche all’acido. Anzi: lo assorbe, lo digerisce, lo metabolizza. "La vita agra" è un successo mai visto, si vende a tonnellate in quel 1962. Carlo Lizzani ne farà un discreto film con Ugo Tognazzi come protagonista. E Bianciardi si scopre "uomo del giorno": ora tutti lo intervistano, lo invitano nei salotti, pendono dalle labbra di quel maremmano ruvido, sarcastico, curvo e con le scarpe troppo grosse, che riesce a diventare "cool", elegante, solo al quinto bicchiere. Luciano Bianciardi, scrittore. (Maurizio Pilotti). Libertà.
Cabrini una volta mi venne a prendere sotto casa con la Ferrari, ma era solo amicizia, come con Paolo Rossi che adoravo. Per me era inconcepibile avere love story con calciatori, avrei perso tutta la credibilità di giornalista che stavo costruendo con una fatica spaventosa. Paola Ferrari, telecronista sportiva (Massimo M. Veronese). Il Giornale.
Chi deride le donne degli altri, rischia che queste diventino sue. Roberto Gervaso, scrittore.