Corriere della Sera, 11 agosto 2021
Antonio Giovinazzi e la sua Puglia
Più di centotrenta giorni all’anno in viaggio, l’agenda scandita al minuto, le riunioni nel quartier generale dell’Alfa-Sauber a Hinwil, cantone di Zurigo, e quelle a Maranello alla Ferrari. Le prove al simulatore. La routine della Formula 1: briefing con gli ingegneri, sessioni tecniche per capire come ottenere un centesimo in più di velocità. E poi allenamenti, camere di hotel e fusi orari, dieta misurata al grammo, appuntamenti scanditi al minuto. Per Antonio Giovinazzi, il solo italiano fra i venti piloti più veloci del mondo, il ritorno a Martina Franca significa rallentare. Ed è l’unico colpo di freno gradito nella testa di chi è abituato a prendere le curve a 250 all’ora. Nei giorni che non è su un aereo o su un circuito vive a Montecarlo, «riesco a scendere giù soltanto a Natale, Pasqua e queste due settimane di agosto. Mai prenderei un altro volo per andare chissà dove, sto bene in Puglia e sono anche molto fortunato a essere nato in un luogo dove gli altri vanno in vacanza».
Per Antonio lo stacco coincide con la riscoperta delle radici. Le tavolate con papà Vito, che ha fatto mille sacrifici per consentigli di correre – a quattro anni gli regalò il primo kart— e con gli amici di sempre. Ragazzi che come lui hanno lasciato la città natale per le metropoli del lavoro: Londra, Milano, Roma. «È una sensazione fantastica, a casa non mi manca nulla. Scendono tutti, eravamo a scuola insieme. Organizziamo grandi partite a calcetto, mi hanno visto crescere dai kart alla F1. Sono gli amici veri di cui ti puoi fidare ciecamente. Nemmeno il preparatore mi lascia solo: Luigi Angelini, pugliese come me. Così ogni giorno riesco a tenere sotto controllo il fisico perché qui le tentazioni sono davvero tante...».
Svegliarsi la mattina e decidere la spiaggia in base al vento: «Se tira tramontana vai verso lo Jonio: cioè verso Taranto, Castellaneta Marina. Se invece è scirocco fai il contrario, destinazione Adriatico: di solito la tappa fissa è Monopoli». Il bello di Antonio è che è rimasto un ragazzo semplice e spontaneo, la sua dedizione aveva conquistato Sergio Marchionne che lo ingaggiò alla Ferrari come riserva (è ancora il terzo pilota, e contemporaneamente titolare sull’Alfa accanto a Kimi Raikkonen) in attesa che si liberasse un volante in un’altra scuderia. «Alla fine la cosa più bella è la gioia dei miei genitori che mi vedono poco. Sai come funziona la famiglia pugliese? Grandi pranzi e grandi cene, poi io non sono uno che fa serata. Amo la vita casalinga. E sono pure fortunato due volte». Perché? «Perché anche se mangio tanto difficilmente salgo di peso, però se ti fai prendere dai panzerotti, o dalle grigliate di carne, può diventare pericoloso per un atleta. Meno male che ho altri gusti». In effetti la bilancia è il terrore dei piloti, ma «Giovi»ha un fisico impeccabile: è alto 1 metro e 83 centimetri e pesa 63 chili, sarà perché adora il pesce? «Per me quelle che trascorro qui a casa sono due settimane di delizia: pesce crudo e molluschi in tutte le declinazioni. Stravedo per i “tubettini”, una pasta corta bucata con sughetto di cozze. Ve la consiglio». Ma Antonio è anche molto affidabile come guida turistica: «Da vedere il centro storico di Martina Franca, vabbè sono di parte, con i suoi ristoranti particolari. E poi c’è tantissimo altro: Polignano, Ostuni, Alberobello. Ormai sono mete arcinote, ma a me incantano sempre come se le vedessi per la prima volta».
È un percorso in retromarcia il suo. Ha visitato tutto il mondo: da ragazzino ha avuto il coraggio di trasferirsi a Jakarta, in Indonesia, per seguire la passione dei motori. Gare in Asia, in Cina e non solo, perché in Italia gli sponsor latitavano e l’automobilismo è uno sport costoso. L’«angelo custode» si chiama Ricardo Gelael, il re dei fast food in Indonesia, proprietario della catena locale di Kentucky Fried Chicken. Ricchissimo. Antonio corre con il figlio Sean, sono amici, Gelael senior scommette su quell’italiano dai modi gentili ma velocissimo in pista. Un pollo fritto verniciato sulle monoposto delle categorie giovanili, così Giovi ha spiccato il volo.
«Ecco perché tornare a casa è un viaggio nel tempo: ripensi alle prime uscite con gli amici, rivedi i posti dell’infanzia, torni sui circuiti dove correvi. È una sensazione bellissima». E il kart giocattolo è ancora là, a Martina Franca. Dove tutto è cominciato. Assieme ai «tubettini».