Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  agosto 11 Mercoledì calendario

Storia di Virginia Castiglione

«I o son io», « moi c’est moi ». A vent’anni come a quaranta, Virginia Verasis di Castiglione rivendica, nelle sue due lingue d’elezione, il diritto di essere se stessa e di vivere una vita consona alla sua posizione sociale, alle sue esigenze, alle sue doti intellettuali – ma erano pretese troppo in anticipo sull’epoca. Dotata di una bellezza che aveva costituito per i genitori “un affar serio” sin da quando era adolescente, appena raggiunta la maggiore età era già una gloria del passato. Ex regina della cronaca mondana di Parigi e del Secondo Impero ed ex amante di Napoleone III, non aveva potuto scegliersi da sola nemmeno il ruolo di seduttrice, avendolo esercitato per conto terzi e in nome dell’indipendenza italiana. Usata come esca politica da Cavour e Vittorio Emanuele – i quali, una volta stipulata l’alleanza franco sabauda che sfociò poi nella seconda guerra d’indipendenza, l’avevano abbandonata al suo destino –, separata da un marito da lei umiliato e ridotto sul lastrico e assediata da schiere di amanti, Virginia giurò a se stessa che non avrebbe più avuto padroni.
Alla conquista di Parigi
La Parigi che accolse all’inizio del 1856 i coniugi Castiglione era la perfetta illustrazione del “cesarismo democratico” dell’imperatore. La capitale, che contava ormai più di un milione di abitanti, era l’immagine stessa della modernità, con la sua rete di trasporti, l’illuminazione a gas e quella elettrica in arrivo, i grandi magazzini, l’abbondanza di teatri e luoghi di ritrovo pubblici, e già da due anni il barone Haussmann aveva dato inizio ai lavori faraonici per «abbellirla, renderla politicamente sicura e potenziarne lo sviluppo economico». … Vi era però, in questa strategia “promozionale” ad ampio raggio, una predilezione così marcata per le feste da ballo che presto il termine fête impériale sarebbe diventato sinonimo di Secondo Impero. Quale occasione migliore, infatti, per consentire all’imperatore di riunire a corte e ricevere con uguale amabilità esponenti della nobiltà, funzionari della pubblica amministrazione, politici, banchieri, notabili dell’alta borghesia, speculatori senza scrupoli e nuovi ricchi impresentabili? La solennità del cerimoniale – ricalcato su quello del Primo Impero – e il dispiego del lusso non erano d’altronde destinati soltanto agli invitati, ai quali davano l’impressione di godere di un privilegio esclusivo: anche i giornali erano puntualmente chiamati a fare la cronaca dei ricevimenti di corte, consentendo a un pubblico molto più vasto di prendervi parte a distanza, conoscerne le modalità, memorizzare i nomi dei partecipanti più in vista, essere tenuto al corrente delle ultime novità della moda … Non deve dunque sorprendere che Virginia abbia approfittato della fête impériale per svolgere la missione affidatale. Ed è proprio di ballo in ballo e di travestimento in travestimento che possiamo seguirne la marcia trionfale… La sera del 29 gennaio, annunciati con voce stentorea dall’addetto al cerimoniale, i coniugi Castiglione fecero il loro ingresso nella Galleria della Pace e l’attraversarono, sotto gli sguardi di una folla di curiosi, per raggiungere la Sala dei Marescialli, dove si trovava la coppia imperiale. In virtù di quale magnetismo, per bella che fosse, una diciottenne arrivata dall’Italia e vestita con un abito da sera blu argento confezionato in casa, riusciva a calamitare su di sé l’attenzione? Per quale ragione la gente, a Parigi come già a Torino, era pronta a salire sulle sedie per ammirarla? La risposta è che quella capricciosa, viziata, instabile piccola provinciale era un’attrice nata e che la straordinaria scenografia di ori, luci e specchi delle Tuileries, con quel pubblico d’eccezione, era il palcoscenico di cui aveva bisogno per scoprire una vocazione profonda e acquisire la certezza del proprio talento. D’ora in poi, Virginia si sarebbe mostrata capace di interpretare un vasto repertorio di personaggi, anche se quello della Venere altera, scesa dall’Olimpo per una breve, folgorante apparizione, sarebbe stato per molto tempo il preferito. E se la lucidità con cui si metteva in scena era quella degli attori di professione, il narcisismo ne era la componente essenziale. Una generazione dopo la sua, la non meno bella e non meno narcisista contessa di Greffulhe ci aiuta a capire il totale appagamento che Virginia provava a ogni comparsa in pubblico: «Credo che al mondo non esista godimento paragonabile a quello di una donna che si sente al centro degli sguardi di tutti, traendone vivacità ed energia».
Virginia attraversò con calma regale anche la Sala dei Marescialli e, fatta la riverenza d’obbligo all’imperatore e all’imperatrice, andò a sedersi a un tavolo della sala da gioco «a chiacchierare con Beppino, Morny, Villamarina». E quando Napoleone III la raggiunse non diede segno di sorpresa: «L’imperatore è venuto a parlarmi. Poi tutti guardavano e venivano a vedermi, io ridevo, alle 2 sono andata via…».
La scena era destinata a ripetersi nei giorni successivi: «Sabato 2 febbraio – Alle 9 sono andata al petit bal delle Tuileries e ci sono rimasta fino alle 2; parlato con l’imperatore che mi ha dato da mangiare delle arance…». «Martedì 5 febbraio – sono andata al ballo di Le Hon dove ho parlato con l’imperatore in maschera… ». In meno di un mese Virginia era dunque riuscita a catturare l’attenzione di Napoleone III e a conquistare la corte imperiale e i salotti di Parigi: «Decisamente» constatava Henri de Pène sul Nord «la regina della stagione è questa bellezza incomparabile venuta dall’Italia, la contessa di Castiglione.
L’Italiana in Parigi, ecco il titolo di una sinfonia che l’ammirazione intona dalla mattina alla sera e dalla sera alla mattina. Si fa a gara nel decantarne il profilo, la capigliatura, gli occhi, e a definitiva consacrazione della sua regalità, si è conquistata perfino delle nemiche». Cavour, giunto a Parigi il 16 febbraio per partecipare al congresso che doveva ristabilire la pace dopo la guerra di Crimea, poteva dunque constatare che “la cugina dai begli occhi” si stava rivelando una collaboratrice preziosa. …Se il 21 febbraio lei annotava di essere andata, «con un’acconciatura incipriata, adorna di perle e piume», al grande concerto offerto dall’imperatore per il corpo diplomatico straniero, l’indomani Cavour scriveva a sua volta al ministro degli Esteri Luigi Cibrario: «Vi avverto che ho arruolato nelle file della diplomazia la bellissima contessa di Castiglione, invitandola a coqueter ed a sedurre, ove d’uopo, l’Imperatore». … Due enigmatici biglietti di pugno di Nigra, fidatissimo segretario di Cavour, sopravvissuti fortunosamente alla distruzione di tutte le carte relative alla “missione” della contessa, sembrano confermare questo ruolo. Se del primo – «Cara Contessa, ho per voi una comunicazione molto importante, ma non posso trasmettervela prima di domani alle 7 ½, a casa mia. Fatevi bionda, bionda come un campo di grano. È necessario. Siamo intesi?» – possiamo solo avvertire l’urgenza di trasmettere un’informazione riservata e di supporre che il colore dei capelli di Virginia costituisse una sorta di messaggio in codice, il secondo – «Ricordatevi di tirar fuori il verme dal naso del Vecchio pel discorso. Il discorso sarà prima in consiglio di domani» – è assai più chiaro, ed è farina del sacco di Cavour: Nigra italianizza infatti la frase idiomatica francese tirer les vers du nez – spillare un’informazione a qualcuno – di cui Cavour si serviva proprio in quei giorni a proposito di un delicato colloquio con il barone Rothschild. E il Vecchio in questione non poteva che essere l’imperatore, a cui come abbiamo visto Virginia aveva affibbiato quel poco amabile soprannome.