Corriere della Sera, 10 agosto 2021
La vera Cleopatra oltre il mito
Plutarco nella Vita di Antonio racconta, tra i tanti, un aneddoto sul triumviro romano. Si dice che durante una battuta di pesca Antonio, non essendo bravo con la lenza, per non sfigurare di fronte a Cleopatra avesse ordinato ai suoi uomini di nuotare sott’acqua e attaccare al suo amo dei pesci. Lui li avrebbe poi tirati su fingendo di averli pescati. Cleopatra, intuito il trucco, avrebbe finto di crederci salvo ordinare a uno dei suoi di mettere di nascosto all’amo di Antonio un pesce salato del Ponto. Quando Antonio, convinto di avere preso un pesce vivo, tirò su la lenza, Cleopatra lasciò che gli astanti ridessero di lui e con lui. Poi disse: «O grande comandante, lascia la canna da pesca a noi che regniamo su Faro e Canopo: la tua preda sono città, regni e continenti». La giovane regina svela il gioco, smaschera Antonio a beneficio dei presenti e poi, nel finale, trasforma lo scherzo ai suoi danni in una occasione per solleticare la vanità dell’amante. Un piccolo episodio che dimostra quanto la sovrana d’Egitto fosse abile nel gestire gli eventi e pronta a rigirarli a suo favore con una velocità di azione e una audacia inedite (e irresistibili) per i patrizi romani, abituati a donne molto meno libere di agire e di parlare. Qui forse – più che nella leggendaria bellezza – stava il segreto dono della sovrana il cui destino si è legato così in profondità con la storia di Roma.
Questo e altri episodi li cita Livia Capponi in Cleopatra (Laterza), biografia e ritratto di uno dei personaggi più chiacchierati, ma meno conosciuti, di sempre. Qui, attraverso l’analisi rigorosa di fonti scritte, iconografiche, archeologiche, l’autrice prova a fare luce sulla realtà storica della regina d’Egitto, liberandola da secoli di stratificazioni, leggende e letture (anche veicolate ad arte, sia da lei che da altri) che hanno velato non poco i contorni di Cleopatra.
In ultimo, la direzione che l’immagine della regina prenderà nell’immaginario occidentale la sceglierà Ottaviano, destinandola nel suo gioco comunicativo a incarnare il ruolo della cattiva, vera causa della guerra fratricida tra lui e Antonio. La regina, sconfitta, tenterà di sottrarsi alla narrazione voluta dal vincitore (si ucciderà prima che lui possa portarla a Roma per fare di lei il piatto forte del suo trionfo). Ma, morta lei, la scure di Augusto cadrà indisturbata sul lavoro degli storiografi veicolando l’immagine di una regina di cuori capace di tutto pur di ammaliare prima Cesare poi Antonio, anche di usare arti magiche.
Ma se la propaganda augustea arriverà fino a noi, alla versione del vincitore si intreccerà, mai del tutto sopita, quella dei vinti: nelle testimonianze affiora la strategia comunicativa portata avanti, in vita, dalla regina stessa. Il suo identificarsi con Iside per accreditarsi come sovrana presso gli egizi (lei, di radici macedoni), l’uso simbolico di rituali, abiti, gioielli (e anche dei figli – Cesarione, avuto da Cesare, e i gemelli figli di Antonio – che diventano strumenti della politica materna). Strategie iconografiche che resisteranno a lungo (un’eco, forse, arriva fino a Vermeer e alla Ragazza con l’orecchino di perla).
Obiettivo qui, oltre che restituire una Cleopatra quanto più possibile vicina alla verità storica, è anche inquadrarla nella prospettiva corretta senza farne una figura atipica: molti dei suoi comportamenti, avverte Capponi, «incluso l’assassinio dei congiunti o la procreazione di figli illegittimi con i politici più potenti, furono in realtà molto simili a quelli di altre donne del suo rango e del suo tempo», come anche altri aspetti «eccentrici» rientravano nella tradizione dinastica dei Tolemei o di una regalità di tipo orientale. Nessuna «assoluzione», dunque, o rilettura attraverso canoni contemporanei. Il fascino di Cleopatra, politica avveduta e capace di mosse coraggiose, vuole solo essere portato in superficie. E ritrovato nelle maglie larghe della storia: molte Didoni e Arianne abbandonate degli affreschi romani potrebbero nascondere il ricordo della regina d’Egitto e, ipotesi affascinante, la donna con due bambini raffigurata nell’Ara Pacis potrebbe risentire dell’iconografia di Cleopatra con i figli gemelli. La regina sconfitta che riaffiora, non invitata, nel trionfo del vincitore.