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 2021  agosto 10 Martedì calendario

Gli amori di Andrea Pennacchi

Andrea Pennacchi, quando si è innamorato per la prima volta?
«Storie tristi». 
Tiriamo a indovinare: alle medie.
«Ecco, sì, avevo quell’età». 
Allora bisogna rispolverare la canzone più triste di Elio e le Storie Tese, «La festa delle medie». 
«Temo di sì, anche se eravamo in estate, l’estate dei miei tredici anni penso». 
Lei è veneto, dove andavate in vacanza? 
«A Gallio, vicino ad Asiago. Vede, ora che sono un cinquantenne con moglie e figlia, quel posto piace anche a me, perché faccio tranquille passeggiate e mi riposo. Ma quando avevo tredici anni mi annoiavo da morire». 
Ma in quella estate del 1982... 
«Mi annoiavo lo stesso. Vedevo quei pochi miei coetanei che si inventavano ogni sorta di gioco per sfuggire all’estate e io me ne stavo rintanato in un cantuccio, sognando che qualcuno venisse a chiamarmi per unirmi a loro». 
E poi? 
«E poi, un giorno, all’inizio della vacanza, comparve lei». 
Com’era? 
«Un poco più grande di me, capelli rossi, bella e misteriosa. Non osavo avvicinarmi, la spiavo dal mio cantuccio solitario: lei che andava a comprare il pane, lei che andava a prendere il prosciutto». 
Beh, anche perché cose diverse lì non poteva farne. 
«Ero terrorizzato: e se mi rifiuta? E se si mette a ridere, che figura ci faccio con gli amici? Non agivo, ma sognavo. Già allora ero un attore nel senso che mi immedesimavo. Mi trasformavo con la fantasia in qualche cavaliere medioevale che l’avrebbe salvata da chissà quale drago. Oppure il giorno dopo ero un pistolero che la difendeva da un bruto». 
Sì, ma intanto l’estate passava. 
«E infatti finì. L’ultimo giorno, io sempre nel mio antro sognante e lei, leggiadra, con la borsa della spesa, arrivò. Però accadde qualcosa». 
Finalmente. 
«Ma no, ascolti. Lei camminava per la sua strada quando mi guardò e io ebbi l’impressione che mi vedesse per la prima volta. Dunque, si fermò davanti a me, mi fissò negli occhi e mi disse con una voce bellissima “ciao”». 
E lei? 
«Non ebbi il coraggio di uscire dalla mia fantasia. Rimasi immobilizzato, farfugliai un “ciao” a mia volta e così quella ragazza si allontanò e non la rividi mai più». 
Pennacchi, aveva detto «storie tristi», ma queste sono senza redenzione. 
«Però c’è stata un’altra estate in cui mi sono innamorato. A vent’anni, a Dublino, corso d’inglese post liceo. In classe c’era una norvegese bellissima, non osavo avvicinarmi nemmeno». 
E dunque anche stavolta la guardava passare mentre lei andava a fare compere? 
«No, stavolta si avvicinò lei. Venne da me e mi chiese se poteva uscire con il nostro gruppo. Ovviamente le dissi di sì e così ci ritrovammo una sera per i pub di Dublino. C’era tutta la compagnia ma io e lei parlavamo fitto. Anche lei amava la cultura celtica, discutevamo dei vichinghi». 
Naturalmente tutto quello che diceva quella ragazza le sembrava interessantissimo: Elio è stato maestro anche in questo. 
«Naturalmente sì. Io ero – e sono tuttora – un patito della cultura celtica e così sfoderai tutta la mia competenza in materia. Scoprii con grande piacere che anche lei se ne intendeva e così». 
E così, tra un vichingo e l’altro... 
«In un pub, con la notte irlandese fuori e lo stereo che mandava (Everything I Do) I Do It for You di Brian Adams, finalmente ci scambiammo un bacio. Casto, ma bacio». 
Finalmente. 
«Solo un bacio, niente di più. Ma per me fu importante». 
Pennacchi, dunque lei ha dato il primo bacio della sua vita a vent’anni? 
«Vorrei darle una risposta diversa ma sì, quello fu il primo della mia vita». 
Però è bella questa timidezza, molto originale. 
«Sì, ma be’, non è stata una passeggiata, diciamo che è stata anche una bella sofferenza adolescenziale e post adolescenziale». 
E la norvegese l’ha rivista? 
«Sì, l’anno dopo, sempre nello stesso college di Dublino. Ma molte cose erano cambiate e soprattutto era cambiata lei: siccome era rimasta in Irlanda, si era fatta incastrare in un giro poco chiaro vicino all’Ira e insomma quella volta, pur con tutta la capacità di immedesimazione di un attore, non mi sono immedesimato nel cavaliere che salva la fanciulla. Oggi ho la mia Maria e sono felice».