10 agosto 2021
Biografia di Alessandra Buonanno raccontata da lei stessa
Giovanni Caprara, Corriere della Sera
«Sono onorata della Medaglia Dirac che l’International Centre for Theoretical Physics di Trieste mi ha assegnato assieme a Thibault Damour, Frans Pretorius e Saul Teukolsky». Alessandra Buonanno è la prima scienziata italiana ad aver ricevuto il riconoscimento da quando è stato istituito, nel 1985, e la seconda in assoluto dopo l’australiana Helen Quinn. La Medaglia Dirac è uno dei più illustri premi (5 mila dollari) che riconosce i risultati ottenuti nella ricerca fisica. La scienziata italiana (51 anni) dirige al Max Planck Institute for Gravitational Physics di Potsdam in Germania la divisione Astrofisica e relatività cosmologica ed è tra i protagonisti della scoperta delle onde gravitazionali. «Sarà di ispirazione per le ragazze che hanno deciso e decideranno di intraprendere percorsi di studio nelle materie scientifiche», ha detto la ministra per l’Università e la Ricerca Cristina Messa.
Come mai ha scelto questo arduo campo di studio?
«Dopo gli studi di fisica teorica a Pisa affascinata dalle scoperte di Carlo Rubbia e un periodo al Cern, a Parigi ho affrontato la sfida delle onde assieme a Thibault Damour quando erano lontane dall’essere trovate. Continuai a Caltech in California con Kip Thorne, che riceverà il Nobel proprio per la loro scoperta. All’origine c’era la mia passione per lo studio dell’interazione tra due corpi alla base della generazione delle onde frutto della fusione tra due buchi neri o stelle a neutroni».
E nel centro di Potsdam su che cosa si è concentrata?
«Partendo dalle equazioni di Einstein abbiamo elaborato modelli teorici delle onde con cui identificare quelle raccolte dagli strumenti rivelando la natura dei corpi che le avevano emesse».
Da studentessa amava la scienza?
«Mi appassionava e volevo diventare una ricercatrice per trovare risposte alle domande fondamentali della natura. Essere pagati per questo mi sembrava straordinario. Quindi ho iniziato, cercando i luoghi migliori per affrontare nuove frontiere della fisica».
Ora ha cattedre nelle Università del Maryland e in Germania. La ricerca in Italia non l’attrae?
«All’Università di Pisa ho ricevuto un’ottima formazione e la fisica è un settore nel quale la ricerca italiana gode di grande prestigio internazionale. Io collaboro con gli scienziati della stazione Virgo dell’Infn di Pisa. Ma dovrebbero esserci più risorse. Comunque uno scienziato deve viaggiare anche in altri Paesi per assimilare culture diverse e migliorare».
Il futuro degli studi sulle onde gravitazionali che cosa ci riserva?
«Abbiamo ottenuto risultati straordinari e quelli che ci aspettano lo saranno ancora di più. Nel prossimo futuro si continuerà con il nuovo rivelatore che nascerà in Sardegna o in Olanda e con i satelliti Lisa dell’Esa intorno alla Terra. Vogliamo identificare le onde che dovrebbero essere scaturite all’origine dell’universo, le sole che ci possono raccontare i primi momenti delle nostre origini».
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Gabriele Beccaria, La Stampa
«Che sorpresa. Fino a sabato non sapevo nulla. E’ un grande riconoscimento per me e per il mio gruppo».
Alessandra Buonanno è a capo della divisione di astrofisica e Relatività cosmologica dell’Istituto Max Planck di Potsdam, in Germania, ma adesso corre verso le Berkshire Hills, le antichissime montagne del Massachusetts. E’ una breve vacanza, meritata. E racconta la sua avventura con frasi secche e precise, mentre è alla guida, entusiasmandosi a 65 miglia orarie della fantastica velocità delle sue prede, le onde gravitazionali. Loro vanno alla velocità della luce.
E’ appena arrivato l’annuncio ufficiale, che ha già inorgoglito il governo italiano, fino a poco prima prigioniero dell’incantesimo di altre medaglie, quelle olimpiche. Stavolta in scena c’è la Medaglia Dirac. Buonanno è la seconda donna e la prima italiana a ricevere uno dei più importanti premi mondiali per la fisica: ad assegnarlo, ogni anno, è una celebre istituzione di Trieste, l’Ictp, acronimo che sta per International Centre for Theoretical Physics.
Professoressa, pochi sanno che cosa sono le onde gravitazionali: può spiegare ai profani?
«Sono le deformazioni dello spaziotempo, emesse alla velocità della luce, da corpi che accelerano. Corpi astrofisici enormi».
Quanto grandi?
«Grandi come i buchi neri o le stelle di neutroni. Se non sono abbastanza grandi le onde sono deboli, debolissime. Anche noi le emettiamo, lo sapeva? Lo facciamo muovendoci, ma risultano impercettibili».
E che cosa ci rivelano?
«La storia dell’Universo, per esempio, e che cosa è accaduto all’inizio di tutto. Le nostre ricerche, in realtà, sono appena iniziate e continueranno per decenni».
Lei come studia le onde?
«Con carta e penna».
Possibile?
«Sì. Mi occupo della predizione delle forme d’onda dei segnali che vengono emessi da buchi neri che collassano o da stelle di neutroni. E carta e penna servono per affrontare le equazioni di Einstein».
Come le sfrutta?
«Per individuare le onde gravitazionali abbiamo bisogno di una banca dati: lì ci sono le informazioni che ci permettono di fare i confronti con i segnali in arrivo. Sono come le impronte digitali sul luogo del delitto. E per ottenerle sono indispensabili le equazioni della Relatività generale: le tratto con il metodo che definiamo analitico».
In che cosa consiste?
«Potrei dirle che le affronto e le risolvo con un certo grado di approssimazione. Così ottengo le informazioni con cui riconoscere il segnale ed estrarre i primi dati sulle sorgenti. Poi si passa alla seconda fase».
Qual è?
«Quella dei supercomputer e dell’elaborazione dei dati stessi: a questa fase hanno lavorato i miei due colleghi, Frans Pretorius, direttore della Princeton Gravity Initiative, e Saul Teukolsky del California Institute of Technology. Sono stati premiati con me».
Quanto tempo ci vuole per risolvere un’equazione di Einstein?
«Tanto».
Quanto?
«Anche mesi. Il metodo analitico, in realtà, ho iniziato a trattarlo nel ’98, nel mio primo articolo su questo tema».
E adesso? Quali saranno i suoi prossimi studi al ritorno dalle vacanze?
«Il nostro è un campo nuovo di ricerca. Pensi che la prima rilevazione di onde gravitazionali è del 2015 e adesso, appena sei anni dopo, siamo già a 52 segnali».
Quali sono gli strumenti in grado captarli?
«Gli interferometri: io lavoro con quello americano, che si chiama "Ligo", ma questo è collegato con "Virgo", che si trova a Pisa. E in futuro ci sarà anche uno strumento nello spazio, soprannominato "Lisa". Avrà una banda di frequenza che sulla Terra non abbiamo e potrà individuare oggetti molto più grandi di quelli che analizziamo adesso: invece di 10-20-30 volte la massa del Sole, anche un milione di volte».
Lei si è laureata a Pisa, giusto?
«Sì. E mi sono trasferita al Cern e quindi in Francia, all’Institut des Hautes Etudes Scientifiques. Poi, al Caltech, al Cnrs e di nuovo negli Usa, all’Università del Maryland. Dal 2014 sono al Max Planck».
Il suo prossimo sogno?
«Continuare le mie ricerche».