La Stampa, 9 agosto 2021
Biografia di Giovanni Ferrero
Dal padre Michele, a lungo considerato l’uomo più ricco d’Italia, il geniale inventore della Nutella e di tanti altri iconici prodotti dolciari, ha ereditato non solo l’azienda, ma anche il carattere schivo, la riservatezza e il culto per l’understatement. Eppure Giovanni Ferrero, che negli ultimi anni ha rivoluzionato la multinazionale fondata ad Alba nel 1946 come impresa a conduzione familiare, non sembrava destinato a ripercorrere del tutto le orme paterne. Certo, era ben presente in azienda, con compiti e responsabilità ben definiti. Ma lui rivendicava spazio per gli amati libri, da leggere e da scrivere. Una presa più salda sulle attività di famiglia sembrava avere il fratello maggiore Pietro, un anno più grande. Appassionato di ciclismo, Pietro muore però improvvisamente di infarto a 47 anni mentre si allenava con la bicicletta a Camps Bay, in Sudafrica, il 18 aprile 2011. A quel punto le redini del gruppo passano nelle sue mani (il padre Michele scompare nel 2015 a novant’anni) con tutto il carico delle responsabilità. Giovanni rimane solo alla guida dell’azienda. E non si sottrae alle sue responsabilità. Anzi, rinnova radicalmente mission e ambiti della Ferrero, che fino ad allora era cresciuta solo per linee interne, puntando esclusivamente sui propri prodotti esclusivi, da Kinder a Rocher, Mon Chéri, Pocket Coffee, Fiesta e tanti altri.
Nel 2015 la svolta. Giovanni Ferrero annuncia il nuovo corso del gruppo e la direttrice che l’azienda avrebbe seguito negli anni a venire, fatta di sviluppo sui mercati internazionali, non solo per crescita interna, ma anche con acquisizioni. La prima preda è la britannica Thorntons, subito dopo la Eurobase International (produce gomma base in Belgio), mentre nel dicembre 2016 arriva la Delacre (produzione di biscotti). Sono del 2017 le acquisizioni negli Usa: Fannie May e poi Ferrara Candy. A seguire, nel 2018, il business dolciario di Nestlè negli Stati Uniti e nel 2019, sempre negli Usa, il business dei biscotti, degli snack alla frutta, dei gelati e delle crostate di Kellogg’s. Arriveranno poi il gruppo Icfc, società spagnola che produce gelati, e Kelsen Group dalla Campbell Soup (sede in Danimarca, produce due prestigiose e amate marche di biscotti, Royal Dansk e Kjeldsens).
L’ultima impresa è l’ingresso quest’anno nel settore dei gelati confezionati. Ma è nei biscotti che Ferrero scatena una vera e propria offensiva. Prima costruisce uno stabilimento a Balvano (Potenza) per produrre i nuovi Nutella Biscuits che conquistano il mercato italiano. Poi rileva l’inglese Burton’s Biscuit. Sede centrale a St. Albans, impiega 2mila addetti nei sei stabilimenti nel Regno Unito con un fatturato di 320 milioni di euro. Burton’s produce alcuni tra i brand di biscotti più amati in Gran Bretagna: Maryland Cookies, Jammie Dodgers, Wagon Wheels, Paterson’s e Thomas Fudge’s.
In meno di sei anni la Ferrero di Giovanni, coadiuvato dall’amministratore delegato Lapo Civiletti, conquista il secondo posto nella hit mondiale dei biscotti dopo Mondelez e conserva stabilmente la terza posizione nel settore del cioccolato confezionato. Una lunga stagione di crescita dagli Usa all’Europa, investendo qualcosa come 7 miliardi di euro. Con gli Stati Uniti che diventano il secondo mercato del gruppo. Oggi Ferrero International, società capogruppo della multinazionale di Alba, è presente in 55 Paesi con 105 società consolidate a livello mondiale e 31 stabilimenti produttivi, ha chiuso il bilancio al 31 agosto 2020 con un fatturato consolidato di 12,3 miliardi di euro e 41 mila dipendenti, di cui 7 mila in Italia. Quando tutte le nuove acquisizioni saranno integrate, il fatturato stimato supererà i 14 miliardi.
Non male per un ex ragazzo che sognava di fare lo scrittore, influenzato dall’ottocento francese, Honoré de Balzac e Victor Hugo, di cui non si è perso una pagina. Ma anche avido lettore del Novecento tedesco, soprattutto Hermann Hesse e Thomas Mann. E poi Robert Musil, di cui lo appassiona l’aspetto filosofico più di quello letterario. In una delle rare interviste, rilasciata a Style del Corriere della Sera nel 2008, parlando di sé disse di non avere alcun interesse per le cose materiali. «Non ho la passione per le macchine, le moto, le barche. Mangio poco e, Juventus a parte, non seguo lo sport. Il mio lusso è prendermi tempo per viaggiare e per scrivere». Il suo grande amore è l’Africa. «La prima volta avevo 10 anni: fu in Senegal… Da allora ho passato le mie vacanze preferendo Botswana, Namibia, le regioni incontaminate. Il mio regalo di nozze a mia moglie è stato un viaggio alla scoperta del continente ed è lo stesso che ispira i miei sforzi letterari».
Già, l’Africa. Lì Giovanni Ferrero ambienta i suoi romanzi. Racconti introspettivi che contestualmente sono thriller e delicate storie d’amore. Romanzi fitti di passioni, raggiri, colpi di scena e inganni. Sei i libri pubblicati, da Stelle di tenebra nel 1999 a Il cacciatore di luce nel 2016. I temi che gli sono cari sono il conflitto tra le generazioni, il cieco egoismo con cui gli abitanti del Nord del pianeta sono pronti - in nome del profitto - a calpestare popolazioni e culture a loro estranee, la ricerca di un modello di sviluppo sostenibile e umano. Nato a Torino il 21 settembre 1964, Giovanni studia a Bruxelles alla Scuola Europea di Uccle e successivamente si specializza in Marketing negli Stati Uniti, presso il Lebanon Valley College.
Nella capitale belga conosce e sposa Paola Rossi, funzionaria della segreteria della Commissione Europea, dalla quale ha due figli, Bernardo e Michele. La famiglia risiede a Bruxelles, ma non manca mai all’appuntamento della festa di premiazione degli anziani della Ferrero che si tiene ad Alba in ottobre, nella settimana in cui si celebra San Michele Arcangelo. Con loro sempre presenti la madre Maria Franca Fissolo, vedova di Michele Ferrero, e Luisa Strumia, vedova di Pietro, con i tre figli Michael, Marie Eder e John.
Il controllo della multinazionale dolciaria è interamente nelle mani di questa famiglia. Ecco, forse l’espressione più estrema di family company. La parola Borsa, da quelle parti, suona quasi come una bestemmia. Almeno fino a oggi. Questo non impedisce a Giovanni di disegnare i nuovi confini di una "global company" che mantiene, però, la capacità di agire localmente, conservando così un forte legame con le comunità in cui l’azienda opera. La fase di espansione non è finita. Il gruppo ha al proprio interno risorse per altri clamorosi colpi. Del resto, annunciando la svolta nel 2015, Giovanni Ferrero lo aveva detto: «Ogni generazione deve esplorare nuove frontiere e possibilmente portarsi oltre le colonne d’Ercole».