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 2021  agosto 08 Domenica calendario

Una biografia di Michel Foucault edita da Feltrinelli

Il mese di giugno del 1984 portò via due figure importanti per la formazione politica e intellettuale di quelli che erano allora i giovani, e non solo loro. L’11, Enrico Berlinguer; il 25, Michel Foucault. Rimasi sgomenta in entrambi i casi: non sarei potuta andare ai loro funerali, né a Roma né a Parigi, perché avevo appena partorito, ma il desiderio di onorarli era fortissimo.
Lasciando con dispiacere Berlinguer, dirò che di Foucault avevo letto con entusiasmo La storia della follia nell’età classica (nell’edizione ridotta), Le parole e le cose. Un’archeologia delle scienze umaneMoi, Pierre Rivière..., La volontà di sapere e soprattutto lo straordinario Sorvegliare e punire, e con minor entusiasmo la Storia della sessualità, libri che mi e ci avevano aperto, anzi spalancato la mente di fronte a quelli che fino a quel momento erano cose che erano così, dati di fatto indiscussi e forse anche indiscutibili. E invece Foucault si poneva e ci poneva domande cruciali sul mondo, e ci mostrava, e questo è stato il suo merito più grande, come operi il potere, nella sua macro e microfisica, e come sia arduo sfuggire alle sue maglie e perfino riconoscerle. Era il 1975 quando Foucault dava alle stampe Sorvegliare e punire, con la sua analisi delle procedure per incasellare, controllare, misurare, addestrare gli individui, renderli docili e utili, assoggettare i corpi, creare la società controllata, disciplinata, obbediente. L’attualità di quelle parole, la loro lucidità quasi premonitoria, lasciano sconcertati.
Ad accompagnare questa linea di pensiero è la biografia di Michel Foucault scritta dal giornalista e sociologo, Didier Eribon, l’autore di Ritorno a Reims. Eribon scrisse a caldo e la sua biografia uscì nel 1989. Ne redasse poi una seconda edizione arricchita che uscì nel 2011 e sulla quale è stata condotta la presente traduzione. L’autore e il suo biografo si conoscevano, anche se Eribon era ben più giovane di Foucault. E pregio e difetto del libro sono proprio l’assenza di distanza tra il vissuto e l’analisi del vissuto stesso, e la presenza invece di una forte simpatia, al limite della venerazione senza comunque diventare agiografia, del biografo nei confronti del suo oggetto di studio, lo psicologo/storico/filosofo Michel Foucault, scrittore e intellettuale impegnato. Impegnato ma non di sinistra, giacché nonostante la giovanile adesione al PCF, Foucault di sinistra non fu mai né mai lo sarebbe diventato. Ma non fu nemmeno un bieco conservatore o un liberale di destra. Fu Michel Foucault detto Fuchs, la volpe.
Nato nel 1926 a Poitiers in una benestante famiglia borghese, padre medico chirurgo, madre protettiva, dopo una adolescenza nella quale mostrò difficoltà di rapporti con i coetanei anche per la sua omosessualità, Michel Foucault frequentò a Parigi l’Ecole Normale Supérieure. In quel periodo inscenò tendenze suicidali e ricevette spesso cure psichiatriche. Visse poi alcuni anni in Svezia – sperando di trovarvi una società più aperta nei confronti della omosessualità, per ritrovarsi invece nella chiusa atmosfera luterana della minuscola cittadina di Uppsala, dove aveva acquistato e andava in giro con una vistosa Jaguar – e poi in Polonia e ad Amburgo. Gode di una certa fama con la sua tesi di libera docenza, Folie et déraison. Histoire de la folie à l’âge classique, del 1961, un libro che descrive il processo del differenziarsi tra ragione e follia: la patogenesi della ragione moderna. Segue, nel 1963, la ricerca su La nascita della clinica, e uno studio sullo scrittore ampiamente dimenticato Raymond Roussel. Una breccia nel pubblico più vasto la aprì il libro del 1966, Le parole e le cose. Il sottotitolo, Archeologia del sapere, lasciava intuire che si trattava della ricostruzione delle formazioni che costituiscono il discorso sull’uomo. Sono i discorsi che reggono il mondo: preso congedo dalla persona, dall’uomo, dall’io, eliminato il soggetto cartesiano mantenendo il pensiero, sono i dispositivi del potere a governare.
Foucault è ormai famoso. Nei primi anni ’70, quando studiavo spesso alla Bibliothèque Nationale di Parigi allora ancora accessibile, era frequente sentire nella sala d’ingresso un mormorio, un soffio, f...f...è arrivato Foucault. Gran lavoratore, lettore, compilatore di appunti e di schede, Foucault trascorse in biblioteca, scrive Eribon, il maggior numero di ore della sua esistenza. Legge, scrive, insegna. Come il suo amico fraterno, malgrado la differenza di età, il grande studioso Georges Dumézil, che stese per la morte dell’amico più giovane un articolo commuovente. Dumézil fu un altro faro della mia formazione: in quella Bibliothèque Nationale di Parigi lessi appassionatamente i suoi libri sugli dei indoeuropei e romani, sulla sovranità, la religione e i miti, e continuai a leggerli alla Universitätsbibliothek di Göttingen, che Foucault aveva consigliato al mio amico Pasquale Pasquino che l’aveva consigliata a me, che così potevo unire nella stessa città una storia d’amore per un giovane tedesco con la storia d’amore per la ricerca e lo studio. Ma non devo dire di me, devo dire di Eribon che dice di Foucault, anche delle sue preferenze sessuali.
La biografia di Eribon è scarna di particolari in questo senso: la morte di Foucault di AIDS nel giugno 1984 coglie di sorpresa. Anche perché allora non lo si poteva dire; la morte per AIDS era accompagnata da vergogna e imbarazzo, ancor più che la morte per TBC cent’anni prima, come ben mostrano gli studi di Susan Sontag. Eribon limita al massimo riferimenti e informazioni su questo argomento, come aveva fatto Foucault stesso tutta la vita. Persino nei tre volumi della Storia della sessualitàviene diluito nell’analisi scientifica ciò che stava più intimamente a cuore del loro autore. A Eribon interessa la ricostruzione del progetto intellettuale di Foucault a partire dalla sua esperienza esistenziale. Gli sta a cuore sapere come Foucault si fosse inventato e costruito nelle dispute della vita individuale e sociale, non per restarne invischiato, ma per pensarle e trascenderle e trasformarle in analisi della ragione e dei concetti scientifici. La sua biografia colloca lo storico e il filosofo in un campo di forze intellettuali e politiche, ne registra le influenze reciproche, ne situa il movimento del pensiero nel suo procedere storico, lo definisce, come Foucault aveva detto di Deleuze, il filosofo del secolo.

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Michel Foucault. Il filosofo del secolo. Una biografia, di Didier Eribon, Feltrinelli, pagg. 430, € 28