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 2021  agosto 08 Domenica calendario

A Vienna una mostra su Stefan Zweig

«La sua fama ha raggiunto gli angoli più remoti della Terra. È forse dai tempi di Erasmo che un autore non è stato così celebre come Stefan Zweig». Con queste parole Thomas Mann riconobbe allo scrittore austriaco de Il mondo di ieri e de La novella degli scacchi un trono nell’olimpo della letteratura europea. Del resto dagli anni ’20 le novelle di Zweig e le sue biografie di personaggi storici come Maria Antonietta o Joseph Fouché andavano a ruba. Nella prima metà degli anni ’30 era l’autore di lingua tedesca più tradotto al mondo. 
Non tutti i colleghi di lettere erano tuttavia dello stesso parere di Mann, peraltro meno encomiante in altre occasioni. Karl Kraus non lo amava, e Hermann Hesse definì lo stile di Zweig tortuoso e istoriato.
Dopo il suicidio nel 1942, il richiamo di quell’intellettuale così profondamente ancorato al mondo asburgico eppure ugualmente proiettato nella visione di un’Europa unita e pacificata, cominciò a scemare. Già l’avvento del nazismo, il rogo dei suoi libri, la proibizione di pubblicare e vendere i suoi testi, avevano svolto un ruolo primario nell’erodere l’interesse del pubblico: «Delle centinaia di migliaia, e addirittura dei milioni di miei libri finora presenti nelle librerie e in innumerevoli dimore, non ve n’è più nemmeno uno in Germania», annotava, anche se grazie a diversi editori al di fuori della galassia nazista alcune sue nuove opere, come le biografie di Erasmo da Rotterdam e di Maria Stuarda, o Il mondo di ieri, pubblicato post mortem, ottennero ottimi consensi.
Nel dopoguerra proprio lo strepitoso successo che aveva accompagnato larga parte della sua vita insinuò una lunga ombra in ambienti della germanistica soprattutto europea: un autore come lui da best-seller, si disse, era troppo commerciale per poter essere di qualità. 
Il centenario della nascita nel 1981, il 50° della morte nel 1992, e più tardi il pubblico dominio delle sue opere dal 2013 hanno contribuito a riportare Zweig a pieno titolo nel novero degli autori di primo piano, anche con un gran numero di nuove traduzioni.
Con un intento epidermicamente accattivante, che mira a coinvolgere attivamente il pubblico e delega al catalogo il compito dell’approfondimento, una mostra al Literaturmuseum di Vienna presenta ora l’autore, focalizzandosi sulla sua luminosa fama globale. Una sezione espone una ricca messe di volumi di traduzioni, un’altra le locandine di film o spettacoli tratti da sue opere. Un’altra ancora presenta una folla di cartoline postali scritte o ricevute da Zweig. Il registro che lo scrittore tenne a partire dal 1932 per annotare con acribia pubblicazioni, traduzioni, date, luoghi, editori, compensi, dà contezza di certe sue preoccupazioni: «Il successo si stacca dalla persona e diventa un potere, una forza, una cosa a sé stante… senza volerlo, attraverso la vendibilità dei miei libri mi sono venuto a trovare in una specie di business che richiedeva ordine, visione d’insieme, puntualità e destrezza, per poter essere sbrigato adeguatamente».
Anche le gustose 10 regole per il successo, pubblicate da Zweig per il carnevale del 1912 sulla rivista «Der Ruf», evidenziano, oltre che il suo umorismo, la sua attenzione per il tema già in tempi in cui stava ancora scalando le vette della letteratura: «Scrivi tanto e non preoccuparti della qualità… l’arte è solo una questione di opinioni, per cui è un errore preoccuparsi dell’arte, invece che delle opinioni».
Ciò che si cerca invano nella mostra sono gli aspetti meno scintillanti, come il controverso rapporto con Hugo von Hofmannsthal, che bloccò la sua partecipazione all’avvio della grande avventura del Festival di Salisburgo nel 1920, benché proprio in quegli anni Zweig abitasse nella città alpina e la sua villa sul Monte dei Cappuccini fosse un ambìto luogo di incontro di intellettuali e artisti d’ogni nazionalità. La mostra tace anche sulle timide prese di posizione pubbliche di Zweig rispetto al nazismo nascente, che pure proprio a Salisburgo lo vide vittima di una scioccante perquisizione nel 1934.
Dietro le quinte resta anche il suicidio in Brasile. E dal Mondo di ieri, di cui si presenta un abbozzo autografo ancora col titolo «Blick auf mein Leben» (Sguardo sulla mia vita), la mostra riassume con la scelta di un’unica citazione il tempo della sua giovinezza nella capitale asburgica: «Era l’epoca d’oro della sicurezza». La Vienna in cui Zweig era nato nel 1881 e in cui era diventato adulto, era stata tuttavia un luogo al riparo da pericoli e sfavillante dal punto di vista culturale, artistico, scientifico, solo per la borghesia colta e agiata di cui lui era espressione e che fondò lo splendore internazionale di quella fase storica. Ma nell’ultimo scorcio asburgico, nella capitale danubiana più della metà della popolazione viveva esistenze incerte e non avendo un letto proprio per dormire doveva fare i turni. Nemmeno il 10% di tutti gli appartamenti disponeva di elettricità e acqua corrente: fontanelle e gabinetti erano condivisi sui pianerottoli. La tubercolosi, «il mal viennese», falcidiava migliaia di persone. L’antisemitismo e la xenofobia erano in crescita vertiginosa, e nutrivano il giovane Hitler, che vendeva cartoline per pagarsi il dormitorio maschile.