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 2021  agosto 08 Domenica calendario

1721, i primi vaccini destinati ai malandrini

Il 9 agosto 1721 era sabato. Quella mattina, nei locali delle storiche prigioni di Newgate, costruite nella City di Londra circa sei secoli prima, aveva inizio, sotto gli auspici della famiglia reale degli Hannover, il primo esperimento clinico della storia della medicina. Sei detenuti (cinque uomini e una donna), condannati a morte e a fronte della promessa di essere graziati, si fecero inoculare con il vaiolo umano nella forma detta Alastrim (Variola minor), meno virulenta ma che conferisce immunità incrociata contro la forma più letale (Variola major). Lo scopo era controllare l’usanza mediorientale e cinese della variolazione, di cui si parlava sin dal 1700 in diverse corrispondenze della Royal Society, e da alcuni mesi sponsorizzata presso l’alta società londinese dall’influente Lady Wortley Montague, appena tornata col marito da Costantinopoli. Lady Mary era rimasta sfigurata dal vaiolo e avendo osservato la pratica nel mondo ottomano e letti i rapporti dei medici Emanuel Timoni (1714) e Jacopo Pylarini (1716), nel marzo del 1718 aveva fatto variolare da una donna greca il figlio Edward di 5 anni, con l’aiuto del medico dell’ambasciata Charles Maitland e all’insaputa del marito. Tornata a Londra, a fronte dell’epidemia di vaiolo che imperversava, nell’aprile del 1721 convinse Maitland a immunizzare anche la figlia Mary, di 3 anni. Questi era restio e pretese che fossero presenti tre medici del Royal College of Physician, uno dei quali divenne entusiasta.
Nel mondo medico ci si chiese se usarla per proteggere dall’epidemia in corso, ma vi era sospetto e timore. Nel mese di maggio il figlio dei principi di Galles si ammalava e i genitori temettero il vaiolo. Per fortuna no. La principessa del Galles, Carolina di Auerbach che aveva contratto il vaiolo nel 1707, rischiando di morire, ed era apprezzata anche da Voltaire per le idee illuministe, volle controllare quel raccontava Lady Mary. Quest’ultima aveva un atteggiamento competitivo verso la principessa, alla quale aveva dedicato ecloghe satiriche. 
Carolina chiese a Hans Sloane, l’influente medico di corte nonché celebre collezionista ma soprattutto segretario e dal 1727 successore di Isaac Newton alla presidente della Royal Society, di aiutarlo a convincere il re a sperimentare la tecnica su prigionieri. Giorgio I di Hannover, che era stato allevato da una madre, Sofia del Palatinato, che aveva frequentato Leibnitz e guidato il figlio nella lettura di Spinoza, acconsentì. L’inoculazione fu effettuata da Maitland sotto il controllo di due medici, uno dei quali Sloane, davanti a 25 testimoni. Siccome i pazienti non svilupparono sintomi, cinque furono inoculati una seconda volta il 12 agosto e uno risultò che aveva già contratto il vaiolo. I cinque si ammalavano più o meno lievemente e guarirono. Il 6 settembre tutti i prigionieri furono rilasciati con la grazia reale. La stampa diede ampio risalto all’evento.
La principessa Carolina e alcuni medici osservarono che quello inoculato poteva non essere vaiolo umano e non c’erano prove di efficacia. Sloane organizzò a proprie spese un secondo test. Nel mese di novembre, ordinò alla donna diciottenne inoculata a Newgate di recarsi in un paese fuori Londra, dove si era ritirato Maitland ed era in corso una grave epidemia di vaiolo. Ivi, sempre in presenza di testimoni, fu costretta ad abitare e dormire insieme a un ragazzo di dieci anni, colpito dal vaiolo umano «dall’inizio alla fine della malattia», cioè per sei settimane. La donna non si ammalò.
Anche questo risultato non esauriva i dubbi di Carolina, la quale si chiedeva se quel che valeva per gli adulti si potesse estendere ai bambini. Come i suoi. Nel mese di novembre chiese l’elenco dei residenti nell’orfanatrofio di St. James a Westminster, per identificare quelli che non avessero già contratto il vaiolo. Ottenne quindi il permesso di far inoculare nel mese di marzo del 1722 cinque bambini, che furono anche messi in mostra attraverso i resoconti della stampa e l’indicazione del luogo dove chiunque poteva vederli. Nel frattempo, il mese prima, Maitland aveva inoculato pubblicamente altre sei persone, sotto la protezione reale, comunicando ufficialmente il test, così da richiamare l’attenzione mediatica.
Ora i principi di Galles, che da lì a qualche anno (1727) diventeranno i reali di Inghilterra, dovevano decidere. Carolina chiese a Sloane di parlare con il marito, dimostrandosi talmente decisa nella scelta che il medico non ebbe il coraggio di esprimere le sue persistenti perplessità. Incertezze che non nascose al futuro Giorgio II, il quale gli rispose che qualunque atto medico, dal salasso a un farmaco può comportare incidenti, indipendentemente da quanta attenzione viene posta da chi interviene. L’illuminato monarca diede il consenso e l’inoculazione delle principesse Amelia e Carolina fu effettuata da Maitland il 17 aprile 1722. 
Come conseguenza della risonanza che ebbe l’esperimento, la variolazione fu accettata nella società inglese istruita, ma negli anni a venire rimase una pratica marginale, anche perché non utilizzabile per controllare il vaiolo. Vi fu opposizione, ma meno in Inghilterra che in Francia. Il rischio di ammalare mortalmente per l’inoculazione artificiale era comunque tra 1 e 2%, anche se quello di morire per vaiolo umano era da venti a trenta volte superiore. Gli storici della sperimentazione clinica assegnano la palma di primo esperimento clinico, in senso moderno, a quello sulla prevenzione dello scorbuto condotto da James Lind nel 1747. Il motivo è che nell’esperimento di immunizzazione mancava il controllo, mentre Lind tenne due persone, che non furono trattate, come controllo nella sperimentazione portò alla scoperta l’efficacia preventiva di agrumi e verdure.
Al di là del metodo, era la prima volta che la comunità medico-scientifica discuteva e negoziava con il governo degli esperimenti sull’uomo, richiedendo l’autorizzazione, e la stampa svolse un ruolo strategico nel rendere pubblicamente trasparente quello che stava accadendo. Qualunque commento etico sarebbe anacronistico.