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 2021  agosto 08 Domenica calendario

Paolo Portoghesi e la casa a Calcata

La Calcata di Paolo Portoghesi (classe 1931, compirà 90 anni il 2 novembre) è un piccolo borgo affacciato sul vallone del Treja, in provincia di Viterbo: «Un paese molto speciale, quasi la gemella di Civita di Bagnoregio, pur essendo tra loro diversissime perché a Civita ci sono pochissimi abitanti in edifici molto belli, mentre qui a Calcata non ci sono monumenti, solo una piccola chiesa, tante casupole». Portoghesi, il grande appassionato del Borromini e l’architetto della Grande Moschea di Roma (1994), la racconta così: «Calcata è centrifuga, tante strade che partono dalla piazza principale e che finiscono tutte regolarmente nel nulla verso lo scenario meraviglioso di questi boschi».
Il trasferimento definitivo di Portoghesi e della moglie Giovanna Massobrio (anche lei architetto) risale al 2000, alla «paura» per l’Anno Santo: «Pensando ai milioni di pellegrini che avrebbero dovuto invadere Roma». Ma c’erano già ragioni più profonde: «La Roma che avevo conosciuto da ragazzo, una città all’epoca piacevole, dove si viveva bene, non esisteva più, si era rinsecchita, non aveva più quel fascino. E nel frattempo sentivo sempre di più crescere in me il fascino della natura, della campagna». Ma perché proprio Calcata? «La prima volta c’ero stato negli anni Cinquanta, con mio padre e mia madre, ci venivamo per le classiche gite domenicali fuoriporta, in una valle che mi ricordava quella francese del Tarn e che mi ha immediatamente sedotto perché era una specie di miniatura del paesaggio romano prima che sorgesse Roma». 
Così Portoghesi (La Poesia della Curva è il titolo del suo libro più recente pubblicato da Cangemi) ha comprato un vecchio casale e per moltissimi anni ha lavorato qui, a pieno ritmo, con venti collaboratori. Ma intanto Roma si allontanava giorno dopo giorno: «A Roma c’è tanta gente, ma abitare è un’altra cosa, io sono un heideggeriano e abitare per me vuol dire essere». Anche se nella Città Eterna Portoghesi ci torna ancora: «Ho mantenuto una piccola casetta, ne sento la mancanza, ma comunque, avendola introiettata dentro di me attraverso i libri che ho scritto, la porto sempre con me nel suo modello ideale».
Più che luogo di vacanza («Tra qualche giorno andremo sulle Dolomiti, in una valle vicino a Cortina»), Calcata è un luogo di vita: «C’è stato un lungo periodo in cui la mia attività principale era quella di passeggiare, anche se è un paese piccolissimo, meno di mille abitanti e tanti artisti venuti da fuori, perché Calcata è stata molto di moda all’epoca dei Figli dei Fiori». La casa? «L’avevo comprata nel 1973 e, fino al 2000, era rimasta il posto del weekend, poi gradualmente si è ingrandita e oggi è la casa dei sette fienili uniti tra loro da un grande giardino, a quello pensa soprattutto mia moglie». Nominato «il parco più bello» del 2017, si estende per tre ettari. Portoghesi l’ha ideato come un luogo dei ricordi (tra le tante citazioni ci sono i mostri del vicino Parco di Bomarzo), lasciando che fosse la natura a suggerire l’architettura. Un giardino, ricco di ulivi centenari e di antichi alberi da frutto, arbusti, fiori. E animali (molti dei quali salvati da morte certa): uccelli acquatici, anatre, oche, pellicani, fenicotteri, ibis, cicogne, pappagalli, gufi, capre, lama e asini.
La casa di Portoghesi (che ha appena comprato un altro vecchio rudere perché «la febbre del mattone non scende mai») non è nel centro di Calcata: «Il paese lo vede dall’alto, è una situazione perfetta, ci vivo senza starci dentro». Qui si celebrano i riti più amati da Portoghesi e dalla moglie, a cominciare dalla colazione: «The e latte». E poi lo studio, la lettura: «Sono circondato dai libri, potrei dire oppresso, in un disordine quasi assoluto perché io posso lavorare solo nel disordine». Sono undici le sue biblioteche: «La più grande è quella dell’Angelo, ognuna ha il suo carattere, la sua specialità... il Barocco lo studio nella biblioteca dentro casa, la pittura del Novecento nella Biblioteca dell’Angelo». Una casa circolare che è un susseguirsi di stanze, ognuna con la propria autonomia, ricca di presenze importanti, tra cui un disegno originale del Borromini, «forse la cosa più preziosa che ho». Gli anni, certo, passano: «Per andare in giardino devo fare tante scale e ora che sono diventato molto vecchio, a volte mi fa fatica». Però il fascino di Calcata resta lo stesso: «Ho portato qui tutto quello che mi serve per vivere bene – confessa Portoghesi —. E tutti i miei ricordi. Per noi questo giardino è come una piccola Villa Adriana piena di bellissime memorie».