15 luglio 2021
Tags : Sergio Busquets
Biografia di Sergio Busquets
Sergio Busquets, nato a Sabadell (Spagna), il 16 luglio 1988 (33 anni). Calciatore. Centrocampista. Del Barcellona, club con cui ha debuttato da professionista nel 2008 e con cui ha vinto otto campionati spagnoli, sette coppe di Spagna, sei supercoppe di Spagna, tre Champions League, tre supercoppe europee, tre Mondiali per club. Con la nazionale spagnola (127 presenze e 2 gol) ha conquistato un Mondiale nel 2010 e un Europeo nel 2012. È il sesto giocatore con più presenze nella storia della nazionale spagnola e il quarto di sempre del Barcellona. Soprannominato Busi o El Quitanieves (Lo Spazzaneve). «Se guardi la partita nel suo complesso Busquets non si nota, ma guardando Busquets riesci a capire la partita nel suo complesso» (Vicente del Bosque).
Vita Figlio dell’ex calciatore Carles Busquets (1967) • «Giocare per gli altri è forse il principale talento naturale di Busquets, ma anche probabilmente qualcosa che ha imparato a fare. Senza doti calcistiche appariscenti, giocando da centravanti, fu scartato dal Barcellona. Nonostante suo padre, Carles, fosse stato portiere nel Barcellona di Johann Cruyff e ancora collaborasse per il club, non deve essere stato facile. A quel punto ha dovuto iniziare la propria peregrinazione nell’inferno delle squadre della periferia catalana: Badia, Barberà, Lledia, Jàbac Terrassa. Man mano arretra il proprio raggio d’azione finché, a 16 anni, nel 2005, gli osservatori del Barcellona convincono la squadra a prenderlo. Giocando a centrocampo, il Dna blaugrana comincia a venire a galla e il club lo fiuta. È paradossale: Busquets è letteralmente cresciuto nell’ambiente del Barcellona, ma ha iniziato a diventare un calciatore allontanandosene. Cercando di sopravvivere in ambienti dove è essenziale sapersi arrangiare, anche giocando sporco. Nei campi in terra dietro alla maglia tiene scritto solo “Sergio” per non passare da “figlio di” e diventare un bersaglio ancora più chiaro per gli avversari. È forse in questi anni che Busquets ha imparato la sua maestosa protezione del pallone sotto pressione, ma anche il valore del gioco sporco. L’idea cinica per cui ogni mezzo è legittimo per sovrastare l’avversario. Xavi, volendogli fare un complimento, dice che: “Busi è il giocatore più da strada che abbiamo in squadra”. Questo certo per la padronanza con cui accarezza il pallone in spazi ristretti, per lo stile spigoloso con cui usa il corpo, ma anche per i messaggi esterni che vuole continuamente lanciare. Per l’istinto a ingaggiare duelli psicologici, anche ben oltre il regolamento. Per un giocatore arrivato a realizzare il proprio sogno tardi, solo passando dalla porta di servizio, esiste forse il bisogno di dover continuamente dimostrare la propria utilità. Cosa che forse porta Busquets alla totale noncuranza di ciò che sia giusto o sbagliato pur di dare un piccolo vantaggio in più alla propria squadra, alle stelle di cui si sente una semplice spalla. Da qui una certa impermeabilità alla fama: Busquets non rilascia quasi interviste, parla controvoglia in conferenza stampa, non cambia taglio di capelli, non ha nessun account sui social» (Daniele V. Morrone) • «Ho assistito al debutto in Liga di Sergio Busquets, il 13 settembre del 2008, e ovviamente non ricordo una sola giocata di quel ragazzo lungo e allampanato. Il Barcellona di Pep Guardiola era alla sua seconda partita in assoluto, e siccome nella prima aveva perso sul campo del neopromosso Numancia il giovane allenatore era corso ai ripari inserendo nella formazione titolare due ragazzini che l’anno prima aveva svezzato nel Barcellona B, in terza divisione: l’attaccante Pedro al posto di Titì Henry e, appunto, il centrocampista Busquets al posto di Yaya Touré. Busquets non sembra mai fare niente di che, e come si diceva non conservo in memoria alcuna immagine di quel debutto. A dispetto del pareggio imposto nel finale dal Racing Santander, però, la prestazione fu per forza positiva visto che Sergio – sulla maglietta ha sempre portato il nome di battesimo, per sfuggire alla patente di raccomandato – in pratica non uscì più. Alla fine di quella stagione vinse il primo dei suoi 8 campionati e la prima delle sue 3 Champions League. Due anni dopo vinse il titolo mondiale come innovazione più succosa di Vicente Del Bosque, che inserì il catalano al posto di Marcos Senna per ricreare la mediana perfetta e ormai leggendaria del Barça: Xavi, Busquets, Iniesta. Di vittoria in vittoria, oggi Sergio è rimasto l’ultimo dei mohicani […] In Italia abbiamo di Busquets un’immagine condizionata da un brutto episodio, la simulazione che portò all’espulsione di Thiago Motta nella semifinale di ritorno della Champions 2010, quando l’Inter resistette in dieci per oltre un’ora limitando i danni e guadagnandosi la finale di Madrid. Episodio poco edificante, ma in stile con quello che del grande Barcellona è sempre stato considerato il giocatore “da strada” dentro a una formazione “da salotto”. Assistente principale del regista Xavi e del fantasista Iniesta, Sergio si è sempre proposto come compagno di pressing, guardia del corpo tattica, rifugio in caso di marosi, “parete” sulla quale far rimbalzare il pallone nei triangoli di avanzamento del gioco» (Paolo Condò) • Il giorno dopo il suo debutto nella prima squadra del Barcellona, nel suo articolo settimanale sul Periodico, Johann Cruyff scrisse: «Dal punto di vista tecnico è superiore a Touré e Keita. Senso della posizione da veterano. Con e senza palla. Con la palla ha reso facile il difficile: far muovere la palla a uno o due tocchi. Senza palla altra lezione: situarsi nella posizione giusta per intercettare e recuperare correndo il giusto. E questo essendo giovane e inesperto» • «Busquets ha giocato per cinque allenatori diversi, ma non è mai stato importante chi arrivasse perché, grazie a lui, ciascuno ha imparato a comprendere le caratteristiche di ogni singolo giocatore e la filosofia del Barça» (Miguel Echegaray su Sports Illustrated) • «Apprezzo la sua umiltà. Il fatto che sappia vivere senza dover essere il protagonista. Sa che i suoi compagni sanno che senza di lui non potrebbero fare molte delle cose che sono in grado di fare. Sergio ha la pausa, ha la tranquillità, mantiene l’equilibrio tattico» (Pep Guardiola) • «Non è solo Guardiola ad accorgersi della differenza di Busquets. Del Bosque è il primo a salire sul carro e lo convoca già nel febbraio 2009, quando non è neanche titolare nel Barcellona. Attraverso l’inserimento di Busquets attua un cambio sostanziale nel sistema della “Roja”, passando dal gioco di posizione a un calcio di possesso puro. La Spagna utilizza due giocatori davanti alla difesa (Xabi Alonso e Busquets) per avere non una ma due reti di sicurezza per il possesso che i giocatori più avanti (Xavi e Iniesta) instaurano nel campo avversario. La presenza del doble pivote diventa inderogabile per Del Bosque, che arriva addirittura a dichiarare Busquets come il giocatore che vorrebbe essere dovendo rinascere nel calcio contemporaneo» (Morrone) • Con la nazionale spagnola ha partecipato a tre campionati mondiali (2010, 2014 e 2018), due Confederations Cup (2009 e 2013) e tre campionati europei (2012, 2016 e 2020). Da ultimo, nel ritiro prima di Euro 2020, è risultato positivo al Covid. Nonostante fosse rimasto in isolamento per 12 giorni, è stato fortemente voluto nel gruppo dal ct Luis Enrique. Dopo avere saltato le prime due partire del girone, è sempre stato titolare e capitano, fino alla semifinale persa ai rigori contro l’Italia.
Famiglia Dal 2013 è legato alla modella Elena Galera, con cui ha due figli, Enzo e Levi • Il fratello minore Aitor (1991) ha tentato la carriera di calciatore – centrocampista anche lui – ma non è mai andato oltre le categorie dilettantistiche.
Frasi «Gioco in una posizione in cui è difficile fare notizia: non segno molto e non dribblo tantissimo, ma mi sento molto importante per la squadra» • «Lavoro per offrire soluzioni alla squadra» • «Il lavoro è intenso. Devi calcolare velocemente parecchie cose, questo richiede intelligenza calcistica e concentrazione seria».