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 2021  luglio 19 Lunedì calendario

Biografia di Giuseppe Mussari

Giuseppe Mussari, nato a Catanzaro il 20 luglio 1962 (59 anni). Banchiere. Presidente della Fondazione Monte dei Paschi di Siena a 39 anni, presidente della banca senese a 44, presidente dell’Associazione bancaria italiana a 48. Si dimise da ogni incarico a 50, nel 2013, quando si scoprì che il Monte aveva un buco di 740 milioni di euro, e che sotto la sua presidenza, tra il 2008 e il 2012, i dirigenti si erano sbizzarriti in operazioni illecite per truccare i conti. Nel 2019 il Tribunale di Milano lo ha condannato in primo grado a 7 anni e 6 mesi di carcere per manipolazione del mercato, falso in bilancio, falso in prospetto e ostacolo all’autorità di vigilanza • «Il deposto re di Siena» (Walter Mariotti, Corriere della Sera, 8/1/2014) • «Faccia da cow boy buono», sempre elegante nei suoi abiti in Tasmania, «energetico, di bell’aspetto, lo hanno paragonato a Alain Delon», lo chiamavano «belli capelli» • In città le malelingue dicevano: «A Siena aveva due amici, di uno ne ha sposato la moglie e dell’altro ne ha preso la poltrona». Si raccontava poi di suoi contatti con Comunione e Liberazione, con l’Opus Dei, addirittura con la massoneria • «Certamente i dieci anni di Mussari ai diversi piani della Rocca sono stati fra i più turbolenti in 538 anni di storia» (Antonio Quaglio, Il Sole 24 Ore, 23/1/2013).
Titoli di testa «Ogni mattina che Dio manda in terra, quando Siena ancora dorme sotto il manto della Vergine, un vento s’alza dalla Montagnola e arruffa i riccioli ormai imbiancati di Giuseppe Mussari, l’ex presidente del Monte dei Paschi. È un vento senza nome ma in Piazza del Campo lo conoscono bene, perché è fatto a immagine e somiglianza dei senesi: non parla e non si sa da dove viene né dove vada» (Walter Mariotti, Corriere della Sera, 8/1/2014).
Vita Madre senese, ostetrica, padre di Catanzaro, cardiologo. Arriva in Toscana dalla Calabria a metà anni Ottanta, per cambiare aria dopo la morte di una giovane fidanzata. Inizia Medicina, poi passa a Legge. «Entrò subito nella Fgci, se lo ricordano in molti per il suo marcato accento calabrese, l’eskimo, la kefiah, il capello lungo» (Stefano Feltri, il Fatto, 26/1/2013). Alla sua festa di laurea, c’è anche Luigi Berlinguer, fratello di Enrico e allora potente rettore dell’Ateneo. Iscritto all’albo degli avvocati nel 1993, «cominciò a farsi le ossa nelle cooperative, come si confà al sistema di potere post comunista» (Stefano Cingolani, Il Foglio, 10/7/2010) • Tra i suoi primi clienti: Franco Masoni, editore di una tv locale e personaggio molto introdotto in città. È lui a presentarlo ai notabili senesi, ma i due non rimangono in buoni rapporti perché Mussari sposa Luisa Stasi, la ex moglie di lui. Mussari diventa anche amico di Pierluigi Piccini, sindacalista della Cgil, sindaco di Siena dal 1990 al 2001. «L’amiatino Piccini mostra di gradire molto l’intelligenza e l’energia di Mussari, scegliendolo prima come consulente informale e alla fine del proprio mandato nominandolo membro della Fondazione, che con il 60 per cento delle azioni, allora controllava la banca. Intuizione fin troppo corretta. In pochi mesi infatti Mussari brucia le tappe e passa alla presidenza, con un’ascesa senza precedenti e un piccolo particolare. La poltrona della Fondazione era quella prevista per lui, Piccini» (Mariotti) • «Era in vacanza in Sardegna con la moglie. Gli telefonano e gli dicono che deve fare il presidente della Fondazione al posto di Piccini, scaricato da D’Alema e dal partito. Nonostante l’amicizia, Mussari accetta. E così inizia la sua carriera di banchiere per caso, senza una formazione di finanza, senza neppure conoscere l’inglese. Di banche ne sapeva quanto chiunque abbia un conto corrente» (Raffaele Ascheri, insegnante, curatore del blog Eretico di Siena, a Gianluca Paolucci, La Stampa 9/11/2007) • Quando Mussari arriva alla presidenza, la Fondazione è potentissima. Ha un valore stimato di 3 miliardi e 330 milioni, un miliardo in più della Compagnia Sanpaolo di Torino, con la differenza che a Siena vivono 50 mila persone, a Torino un milione e mezzo. «Qui si fanno i sindaci, i presidenti della provincia, i segretari di partito. Il consiglio di amministrazione è la stanza di compensazione di tutti i poteri forti locali, compresa la Curia e l’Università che hanno un proprio rappresentante» (Cingolani). I senesi chiamano la banca «Babbo Monte» o «la Mucchina». Sino al 2010, dispensa oltre cento milioni di euro l’anno per il Comune e la Provincia, l’Arci comunista e la democristiana Libertas, le contrade e le parrocchie. Grazie al Monte, Siena riesce ad avere l’Università, un mercato immobiliare fiorente, una squadra di calcio in Serie A e una di pallacanestro tra le più importanti in Italia. Soprattutto, la banca è garanzia di potenza e di serenità: «Il Monte che compra le partite del Siena per salvarlo dalla retrocessione, il Monte onnipotente che ti assume con la qualifica di commesso, ti fa eleggere sindaco e poi ti promuove direttore generale, il Monte che governa il sistema» (Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 30/1/2012). Giuseppe diventa il dominus della città. È duro, intelligente, abilissimo nel costruirsi relazioni trasversali. «In città non si muove foglia senza il suo parere» (Feltri). Tiene contatti con Giuseppe Guzzetti, della Fondazione Cariplo, con Francesco Gaetano Caltagirone, con il quale condivide una riservatezza quasi assoluta, ma pure con Turiddo Campaini, il “monaco rosso” che guida Unicoop Firenze. Spende sapientemente la notizia mai ufficializzata dell’alto patrocinio di D’Alema. Per dieci anni finanzia personalmente i Ds e poi il Pd. Nel 2008, con il suo Giadel Menhir, fa vincere il Palio alla contrada dell’Istrice. I suoi ammiratori «gli facevano la posta alle partite della Men Sana basket o si ritrovavano a riverirlo davanti ai Terzi, la locanda dove andava spesso a mangiare quasi sempre da solo, nell’ultimo tavolo della saletta interna» (Mariotti) • «È nell’aprile 2006 però che Mussari fa il vero salto nel potere, passando dalla Fondazione alla Banca, dove vuole imporre una sua particolarissima idea di senesità. Mentre tutti gli istituti si stanno fondendo in agglomerati, non è più possibile rimanere fermi a guardare i mercati dalle bifore del Trecento, ascoltando il suono delle chiarine mentre tutti suonano il rap. Occorre aprirsi al mercato portando la Balzana, simbolo della città, a livello nazionale e se possibile europeo. È l’unica strada per non essere scalati e perdere qualunque autonomia, pensano Mussari e i suoi referenti» (ibidem).
Antonveneta Tra l’ambizione a crescere e la paura di essere scalati, a Mussari viene l’idea di acquisire banca Antonveneta. «Quando si compra un’azienda, normalmente, si fa un contratto preliminare, poi l’acquirente manda i suoi esperti a scartabellare tutta la contabilità dell’azienda in vendita per verificare la congruità del prezzo stabilito. Stavolta il venditore, il Banco Santander, che poche settimane prima aveva rilevato Antonveneta dall’Abn Amro per 6,6 miliardi, la mette giù dura: se Mussari vuole l’Antonveneta se la prende a scatola chiusa. Mussari se la prende. Nessuno fiata» (Giorgio Meletti, il Fatto Quotidiano, 23/1/2013). Non ci sono riunioni, né negoziazioni, né trattative. Tutto si risolve in due o tre telefonate tra Mussari e Emilio Botin, presidente del Santander. Alla terza telefonata Botin dice «9 miliardi, risposta entro 48 ore, prendere o lasciare». Mussari accetta. Dieci mesi dopo, la finanza mondiale è travolta dall’implosione di Lehman Brothers.
Guai Il 26 aprile 2012 Mussari, diventato presidente dell’Abi, viene sostituito alla presidenza del Monte da Alessandro Profumo. «Lascio la banca in mani solide e capaci, con qualche rimpianto ma nessun rimorso». «Normali ricambi», si disse • Pochi mesi dopo, la procura di Siena partì con un’inchiesta per una serie di presunti reati, sia precedenti che successivi all’acquisto di Antonveneta. Le indagini partirono in sordina (ne scrisse solo Gian Marco Chiocci del Giornale) ma deflagrarono in tutto il Paese il 22 gennaio 2013, quando il Fatto Quotidiano titolò in prima pagina: «Mps, i conti truccati e il contratto nascosto». Era una parte di quell’inchiesta e si riferiva a un’operazione di ristrutturazione di titoli derivati tra Mps e due banche internazionali, la tedesca Deutsche Bank e la giapponese Nomura. L’attacco: «Il Monte dei Paschi di Siena nel 2009 durante la gestione di Giuseppe Mussari ha truccato i conti con un’operazione di ristrutturazione del debito per centinaia di milioni di euro, di cui oggi i contribuenti italiani pagano il conto. L’operazione è denominata “Alexandria” [….] L’amministratore delegato, Fabrizio Viola, e il presidente, Alessandro Profumo, hanno scoperto solo il 10 ottobre 2012 un contratto segreto risalente al luglio 2009 con la banca Nomura relativo al derivato Alexandria. Quel contratto impone subito una correzione nel bilancio 2012 da 220 milioni, ma i consulenti di Pricewaterhouse ed Eidos stanno studiando per quantificare il buco reale che è certamente più alto: un autorevole ‘uomo del Monte’, sotto garanzia di anonimato, parla al Fatto di 740 milioni di euro. Il contratto (Mandate agreement) di 49 pagine in inglese è rimasto nascosto per tre anni e mezzo in una cassaforte del direttore generale Antonio Vigni, che lo firmò assieme all’ex capo della finanza Gianluca Baldassarri» (Marco Lillo) • La risposta della classe dirigente allo scoop del Fatto è un imbarazzato «non sapevamo nulla»; Bankitalia, Vigilanza, Consob, revisori cadono dalle nuvole. Cominciano i veleni e i segreti. La politica ne approfitta, trasversalmente. Ingroia, Grillo, Pdl, Lega picchiano sul Monte per ferire il Pd che ha sempre avuto molta influenza nella banca senese • I giornali fanno la loro parte. «La nuova Tangentopoli che sta terremotando l’Italia» (Massimo Giannini, Repubblica), «l’inchiesta giudiziaria che promette sfracelli» (ancora Giannini). Si cominciò a parlare di una stecca «di dimensioni colossali» (Radio24), addirittura da due miliardi. «La madre di tutte le tangenti» (Carlo Bonini, Repubblica), coltivata nell’humus della «finanza opaca e massonica» (Antonio Padellaro, il Fatto). L’unico quotidiano che fin da subito solleva forti perplessità sull’inchiesta è Il Foglio di Giuliano Ferrara: «Uno scandalo da due soldi» (gennaio 2013), «In questo scandalo nulla si tiene» (maggio 2013) • Mussari capisce che la sua testa sta già rotolando e in serata scrive la lettera di dimissioni da presidente dell’Abi per non creare imbarazzo e «nocumento» all’associazione. Poi scende nel silenzio e inizia il finimondo.
David Lo scandalo continua a gonfiarsi fino ad assumere i tratti del giallo. Il direttore della Comunicazione e Marketing Mps, David Rossi, il 6 di marzo, muore suicida cadendo giù dalla finestra del suo ufficio, quasi dieci metri di altezza, su un vicolo all’interno del comprensorio di Rocca Salimbeni, dopo aver provato a tagliarsi le vene. Fin da subito i medici scartano l’ipotesi dell’omicidio ma la supposizione venne rilanciata dai media con il megafono di Beppe Grillo: «Da quando si è buttato (lo hanno buttato?) dalla finestra di un ufficio dell’Mps dopo una lunga telefonata, sulla città è calata una cappa che si taglia con il coltello». Venne anche aperta un’inchiesta per istigazione al suicidio (archiviata pochi mesi dopo: «gesto assolutamente volontario», vista anche «la disastrosa condizione emotiva che viveva Rossi negli ultimi giorni antecedenti al suicidio»).
Luisa Luisa Stasi, qualche anno più grande di Mussari, con già tre figli dal precedente matrimonio, gestisce due alberghi in città, Hotel Garden e Hotel Italia, e un agriturismo appena fuori, Villa Agostoli. Mario Gerevini ha scoperto che ha un’esposizione con Mps di 13 milioni: «Nulla di preoccupante perché sono posizioni create da tempo, sono mutui fondiari con garanzie reali sugli immobili. Però non sfugge l’anomalia di una concentrazione del rischio: il 100% dell’esposizione della signora e dei suoi hotel è con il Monte dei Paschi. E anche quando non c’è un’attività imprenditoriale alla base del prestito, è sempre e solo la banca senese o una sua controllata a prestare soldi alla Stasi» (Mario Gerevini, Corriere della Sera, 25/1, 2013). Nessuna diversificazione: i dipendenti Mps sanno che l’imprenditrice è Mps-dipendente. Dunque è interesse anche della banca che gli hotel di Luisa Stasi siano sempre pieni. Difatti sono sempre pieni di montepaschini in trasferta a Siena per motivi di lavoro (corsi, riunioni, ecc.) a cui, ovviamente, la banca rimborsa le spese di alloggio.
Linciaggio Mussari, a bordo di una Smart con l’avvocato suo amico Fabio Pisillo, viene accerchiato da una folla inferocita (Mariotti).
Isolamento Fin dall’inizio delle indagini Mussari vive blindato nella sua casa in campagna, la tenuta di Villa Agostoli, vicino Siena. Tullio Padovani, uno dei suoi avvocati, lo descrive così: «Mussari è più che innocente, è una vittima. È un uomo che è stato colpito ma, essendo dotato della virtù teologale della fortezza, è un uomo che si è ripreso e ha una carica potente dalla sua: la consapevolezza di essere perfettamente innocente». Non risponde al cellulare, né al citofono. Soffre di depressione e di attacchi di panico. Si taglia i capelli corti, dimagrisce di oltre dieci chili. Ogni mattina va a cavallo sulle Crete Senesi, o da solo, o con il suo amico Andrea de Gortes, famoso fantino, detto Aceto, 58 partecipazioni al Palio, 14 vittorie e un’apparizione all’Isola dei Famosi. A sera, se ne torna a casa dalla moglie Lisa e dalle tre figlie, e si dedica alla cucina: dicono prepari piatti prelibati, cacciagione, animali da cortile, piatti tipici senesi e calabresi. Si dice abbia un debole per il gelato al pistacchio.
Epilogo Nel 2017 il Corriere di Siena ha scritto che è tornato in Calabria e ha ripreso l’attività di avvocato. È tuttora coinvolto in una serie di filoni dell’indagine sul Monte dei Paschi. Nel 2019 il Tribunale di Milano lo ha condannato in primo grado a 7 anni e 6 mesi di carcere per manipolazione del mercato, falso in bilancio, falso in prospetto e ostacolo all’autorità di vigilanza. I suoi legali hanno detto che intende fare ricorso.
Titoli di coda «Come sempre il finale di partita a Siena è scritto nel silenzio del vento della Montagnola. Un vento senz’altro amico, che ti viene incontro col capo piegato come San Bernardino prima della predica. Un vento però di cui fino in fondo non ti puoi fidare. Perché ti sorride e manco te ne accorgi te lo ritrovi in casa, a sbraitare come Cecco Angiolieri o piangere come Pia dei Tolomei. Finché, così come è arrivato, all’improvviso se ne va. Senza salutare né chiedere scusa» (Mariotti).