28 luglio 2021
Tags : Mario Delpini (Mario Enrico Delpini)
Biografia di Mario Delpini (Mario Enrico Delpini)
Mario Delpini (Mario Enrico Delpini), nato a Gallarate il 29 luglio 1951 (70 anni). Prete. Dal 7 luglio 2017 arcivescovo metropolita di Milano. «La mia inadeguatezza è una valutazione condivisa. Sono stato tutta la mia vita qui a Milano, non potrò essere una sorpresa. Chi mi ha incontrato penso dica: “Un brav’uomo, però arcivescovo di Milano, non so se sarà all’altezza!”» (alla notizia della sua nomina).
Vita Terzo di sei figli, nato da Antonio e Rosa Delpini, è cresciuto a Jerago con Orago, provincia di Varese e diocesi ambrosiana. A sedici anni, in prima liceo classico, è entrato nel seminario diocesano di Venegono. Nel 1975 è stato ordinato sacerdote dal cardinale Giovanni Colombo. • «Dopo la laurea in lettere classiche alla Cattolica, arrivano la licenza in Teologia a Milano con una tesi su Pico della Mirandola e il diploma in Scienze teologiche e patristiche all’Augustinianum di Roma. Parla il greco antico come l’inglese» (Gian Guido Vecchi) • «I collaboratori o si rivolgono a lui chiamandolo “don Mario”. Delpini ha una storia particolare. È di Gallarate. Ha studiato lettere classiche all’Università Cattolica di Milano: “Dal 1975 al 1980, ho preso tutti i giorni il treno da Seveso a Milano, era il tempo della violenza politica, ogni tanto per la minaccia di una bomba fermavano la corsa e facevano scendere i passeggeri”. Ha una cifra da classicista e una esperienza da pedagogo e da formatore di giovani anime: nel 1989 è stato nominato rettore della sezione liceale del seminario minore di Venegono Inferiore e, dal 2000 al 2006, è stato rettore maggiore dei seminari di Milano. Nel 2007, Papa Benedetto XVI lo ha nominato vescovo ausiliare di Milano e, dieci anni dopo, Papa Francesco lo ha nominato arcivescovo quale successore del cardinale Angelo Scola sulla cattedra di Sant’Ambrogio. Ha passato molto tempo con i ragazzi che hanno avuto la vocazione. Probabilmente la frequentazione dei giovani ha contribuito a farne una persona diretta e pragmatica, empatica e semplice: “È una questione di carattere, non ho mai vissuto grandi inquietudini”, dice. Anche in virtù di questo, è informale e non pone troppe distanze fra sé e gli altri. Capita che, senza dire nulla a nessuno, trovandosi in giro per Milano entri in una chiesa – del centro o della periferia – ad ascoltare la prima messa del mattino, alle sette, sedendosi fra i banchi. È per tutti, appunto, “don Mario”. Tanto che ti sembra di avere di fronte null’altro che un prete, prima che l’arcivescovo di una delle più grandi diocesi al mondo. […] Viene naturale chiedergli come ci si senta a occupare una posizione già rivestita da alcuni fra i più autorevoli esponenti della Chiesa cattolica italiana: lo ieratico e carismatico Carlo Maria Martini, di cui quanto più passa il tempo tanto più si colgono l’impronta culturale e la profondità spirituale, il pastore del popolo Dionigi Tettamanzi, di cui tutti ricordano la capacità di intessere rapporti umani, e il comunitario e cosmopolita Angelo Scola, di cui rimangono la riflessione sulla economia e sulla società e lo sguardo in grado di connettere Occidente e Oriente. “Mi sento in continuità con ciascuno di loro. Faccio quello che posso fare, operando sulla cattedra dei Santi Ambrogio e Carlo. Non ho né soddisfazione né agitazione per la posizione che ricopro. Sto cercando e cercherò tutti i giorni di fare questa cosa come un servizio che mi è stato richiesto. Mi sento un onesto impiegato chiamato a dirigere questi uffici”» (Paolo Bricco) • Sulla nomina ad arcivescovo: «Delpini ha un profilo molto “pastorale” e un buon rapporto con i sacerdoti della diocesi più grande d’Europa, che conosce uno ad uno, tanto che Scola gli aveva affidato la formazione permanente del clero. Caratteristiche importanti, per Papa Francesco. Il cardinale Scola aveva voluto Delpini come suo più stretto collaboratore e nella decisione di Francesco, si racconta Oltretevere, ha pesato anche il consiglio del cardinale Dionigi Tettamanzi» (Gian Guido Vecchi) • «Nell’understatement di Mario Delpini c’è già un messaggio chiaro e l’indicazione del perché Bergoglio lo abbia scelto: il ritorno all’essenziale del Vangelo, a una Chiesa preoccupata meno delle strutture e sempre più delle relazioni umane nell’ordinaria vita cristiana fatta di preghiera, sacramenti e carità. Presentando colui che fino a quel momento era stato il suo vice, il cardinale Angelo Scola, sorridente e rilassato, lo ha descritto come “uomo di preghiera, che vive in modo molto ascetico e in grande povertà”» (Andrea Tornielli) • Nel luglio del 2017 Paolo Rodari, vaticanista di Repubblica, ha pubblicato la biografia Mario Delpini. La vita, le idee e le parole del nuovo arcivescovo di Milano (Piemme). «L’ex rettore del seminario superiore di Venegono, dal quale sono passati tutti i preti delle 1100 parrocchie ambrosiane, viene definito da Rodari un “brillante predicatore”, un “attento lettore della realtà”, “un uomo per il quale la sobrietà è una regola di vita, un vero prete ambrosiano, sensibile, umile e ironico”, uno capace di parole “che rimangono impresse, sempre tese a indicare la speranza contro la disillusione e i miti dei nostri giorni – dei soldi facili, delle tante droghe che anestetizzano la coscienza, del successo a tutti i costi –, a sostenere una serietà magari impopolare di fronte alle menzogne che nascono dall’arroganza, dalla sopraffazione, dal credersi superiori agli altri”. Di sicuro, spiega l’autore, Delpini è uno che conosce come le sue tasche la “macchina” della chiesa milanese, i nomi di tutti i sacerdoti (che gli danno del tu), le vie di una città che percorre in bicicletta, con casco e pettorina fosforescente, intenzionato a non traslocare nel palazzo sontuoso della Curia arcivescovile per non lasciare l’anonimato povero e semplice della “Casa del clero”, nel quartiere multietnico di Porta Venezia. Rodari ha ritrovato anche una riflessione del 2014 dedicata ai milanesi, dalla quale si capisce come Delpini sia profondamente radicato nel cuore della città: “Voglio fare l’elogio del volto della nostra gente. Certo potrebbero sorridere un po’ di più, ma hanno il volto serio, come chi considera la vita una cosa seria: si alza ogni mattina, la nostra gente, e ricomincia a far funzionare il mondo: non si stupisce che ci sia da fare, fare in fretta, fare bene, fare quello che si deve fare. Voglio fare anche l’elogio del malumore della nostra gente. Conosco i difetti e le ferite della città, so dei drammi e delle complicazioni, della fatica di vivere e della consunzione della speranza, dell’apprensione per l’inedito e della troppa solitudine”» (Zita Dazzi) • «Qualcuno ha criticato il fatto che non abbia una spiccata personalità teologica. Ma il libro di Paolo Rodari riporta con cura le cose dette (spesso in articoli o in occasioni pubbliche) da Delpini sul cardinale Martini, su Tettamanzi, su Scola per capire che la chiesa in uscita, la capacità di dialogo, la specificità della chiesa ambrosiana sono, potremmo dire, “tutto quel che c’è da sapere” per un arcivescovo di Milano. Un arcivescovo che nel 2014, in occasione della “Professio fidei” diocesana, scrisse un testo, quasi una poesia, che si intitola: “Lasciate che io faccia l’elogio della nostra gente”, che si chiudeva così: “C’è, tra la nostra gente, anche chi non sa più che nome invocare. Ma io benedico tutti, perché tutti possano alzare lo sguardo. E sorridere un po’ di più”» (Maurizio Crippa) • «In questi quattro anni da arcivescovo di Milano ha definito un suo stile: sempre in mezzo al popolo delle parrocchie, minore protagonismo nello spazio pubblico dell’agorà cittadina: perché questa scelta? “Non mi ritrovo nella figura del ‘protagonista’. Io sono solo un servo. In particolare mi piacerebbe essere a servizio dell’unità della Chiesa, una comunità in cui tutte le componenti sono irrinunciabili e devono assumersi le loro responsabilità. Una Chiesa unita è la comunità che deve generare laici preparati, onesti, autorevoli per entrare nello spazio pubblico ed essere amministratori lungimiranti e capaci, politici dediti al bene comune per l’oggi e per il futuro. Laici cristiani a servizio del bene comune. Neppure a loro piace la figura del ‘protagonista’”» (a Giampiero Rossi nell’aprile 2021) • Per lo stemma di Arcivescovo di Milano ha voluto usare quello di famiglia, che ha un fondo dorato, al centro un pino con sopra tre colombe e in basso la scritta Plena est terra gloria eius (citazione dalla visione che il profeta Isaia ha nel tempio di Gerusalemme, quando Dio gli si rivela) • È presidente dell’Istituto Toniolo dell’Università Cattolica.
Libri Ha pubblicato testi per ragazzi: Io scelgo la pace. Vignette, pensieri, domande irrequiete per un argomento che scotta (San Paolo Edizioni, 1986), Caccia al tesoro. Sette incontri vocazionali per ragazzi (San Paolo Edizioni, 1987), Da Gerusalemme a Emmaus. Quattordici soste di preghiera per gruppi giovanili (Edizioni paoline, 1988). Nel 1998 per San Paolo Edizioni ha scritto un libro autoironico dal titolo Reverendo, che maniere! Piccolo galateo pastorale, «da regalare ai preti simpatici e da tirare dietro a quelli antipatici» • «Della vita non idilliaca ma piena di sorprese vissuta all’ombra del campanile aveva scritto nel 2011 l’attuale arcivescovo di Milano, Mario Delpini, nel suo Con il dovuto rispetto, edito dalla San Paolo» (Caterina Maniaci) • Nel 2016 ha pubblicato E la farfalla volò. 52 storie sorprendenti (Àncora, 2016), nel 2017 Vocabolario della vita quotidiana (Centro Ambrosiano). Sempre nel 2017 ha scritto per Avvenire un decalogo intitolato «Cosa rende la confessione inutile», l’elenco di ciò che non bisogna fare durante la confessione. Cominciava così: «Confessare i peccati degli altri invece che i propri, e confidare tutte le malefatte della nuora, dell’inquilino del piano di sopra e i difetti insopportabili del parroco, dopo aver accertato che il confessore non sia il parroco».