30 luglio 2021
Tags : Nick Bollettieri (Nicholas James)
Biografia di Nick Bollettieri (Nicholas James)
Nick Bollettieri (Nicholas James), nato a Pelham (New York) il 31 luglio 1931 (90 anni). Allenatore di tennis. Fondatore della Nick Bollettieri Tennis Academy, attiva dal 1978 a Bradenton, in Florida. «Perché continuo a lavorare? Perché ho otto mogli da mantenere».
Vita Nato da genitori originari di Ischia, immigrati negli Stati Uniti. «Sono cresciuto a Pelham, in un quartiere di neri e italiani, mia nonna quando tornavo da scuola mi chiedeva se avevo dato retta alla maestra, e mi mandava a giocare. Oggi vedo i genitori assillati dai voti e dai risultati. Ma ai ragazzi bisogna far capire soprattutto che sono amati, e che se danno il massimo sono comunque dei vincenti. Sennò si rischia di perderli» (a Stefano Semeraro) • «A Pelham, a due passi da New York, i soli sport conosciuti erano soccer e football. Il padre sognava per lui una carriera da avvocato, ma nel suo destino il giovane Nick vedeva solo il tennis. Abbandonata dopo tre mesi la facoltà di Giurisprudenza di Miami, iniziò a insegnare su un campo pubblico di North Miami Beach. All’epoca intascava tre dollari all’ora, adesso ne prende 300 volte tanto. Il vero miracolo cominciò nel 1978, anno di fondazione della Nick Bollettieri Tennis Academy su un terreno di 40 acri, a Bradenton, Florida, destinata a diventare la più importante accademia e fucina di campioni nella storia del tennis. Andre Agassi, Jim Courier, Monica Seles, Maria Sharapova, Marcelo Rios e Anna Kournikova sono solo alcuni dei campioni forgiati da Nick. Per brevi periodi sono transitati anche Boris Becker, Martina Hingis e le sorelle Williams. Un successo travolgente al punto che nell’87, dopo nemmeno dieci anni di attività, l’Academy venne rilevata dal colosso Img (anche se Nick continua ancora ad avere un ruolo attivo e importante). La sua giornata tipo è impressionante: sveglia alle 4.45 (avete letto bene, 4 e 45: il nostro Gianluigi Quinzi, altro baby fenomeno cresciuto da Bollettieri, ricorda perfettamente gli allenamenti delle 6.30) e subito 150 addominali sulla palla medica. Un po’ di sollevamento pesi poi, alle 6, subito in campo. Insegna tennis fino alle 11.30, quindi si concede un pranzo – rigorosamente di lavoro – presso il South Philly Cheese Steak Cafè, il suo locale preferito. Una volta finito, torna in campo dalle 13 alle 17. A fine giornata, il relax consiste in qualche buca di golf. Di sera si rimette davanti al computer, risponde alle mail, prenota i campi e scrive articoli per onorare le sue varie collaborazioni. Si addormenta alle 23.30 davanti alla tv, spesso mentre sta osservando un match di tennis. Una dedizione totale, molto apprezzata dai suoi ex atleti: Jim Courier e Monica Seles gli riconoscono grandi meriti per i loro Slam e lo stesso Andre Agassi, con il quale ha rotto malamente, si è comunque attivato con passione per farlo entrare nella Hall of Fame. Bollettieri non fu un grande giocatore (qualcuno ironizza sul fatto che non sappia quasi giocare), ma il tennis è andato esattamente nella direzione da lui teorizzata. Nei primi Anni 80 ideò il tennis “corri e tira”, oggi diventato l’unico stile possibile. Anche la sua Accademia si è sviluppata e oggi si estende su un terreno di 450 acri e offre lavoro a 650 persone. Ci sono 55 campi da tennis in tutte le superfici e 700 atleti-studenti a tempo pieno. In media, transitano lì circa 30 mila persone all’anno tra atleti, allenatori e visitatori» (Lorenzo Cazzaniga nel 2014) • «Come ha deciso di fondare l’Academy? “Quando ero al militare, fra i volontari del corpo dei paracadutisti, io e i miei compagni volevamo essere là, perché pensavamo di essere i migliori. Poi un grande allenatore di football, Vince Lombardi, mi ha detto che ero bravo coi bambini. Siccome giravo per i campi degli States, ho pensato di aprire un posto per accogliere i giocatori: è stata la prima accademia sportiva del mondo. Una cosa totalmente nuova, era il ’78”. Perché John McEnroe ha detto che lei “non capisce niente di tennis”? “Lo ha detto, ma molti anni dopo ha mandato suo figlio Sean all’Academy. E quando mi hanno dato l’anello della Hall of Fame, ha dichiarato: ‘Quest’uomo con conoscenze limitate ha cambiato il gioco’. Detto da John è un grande complimento”. Ma il suo metodo era davvero così rigido? “All’inizio in effetti era un po’ militaresco. Ma c’erano ragazzi da tutto il mondo, ero quasi spaventato... Ora che l’Accademia è proprietà della Img è più come un college”» (a Eleonora Barbieri) • «Bollettieri comprese alcune cose, quando aprì il suo centro. Dal punto di vista psicologico che: il tennis stava diventando sempre più uno sport internazionale e che gli atleti andavano sprovincializzati. Dal punto di vista tecnico: che i nuovi materiali stavano cambiando l’essenza stessa dello sport, ed ha insegnato ai giovanissmi l’essere aggressivi, colpire forte la palla, sempre e comunque. In una parola: a non aver paura. Per questo, ancora oggi, il primo obiettivo dei teen-ager che entrano a Bradenton è giocare su un campo con il cartello “private”: quello è “il” campo di Nick. Chi ci entra e gioca con lui poi finisce sul Centrale di Wimbledon» (Paolo Rossi) • «La pelle perennemente abbronzata, gli occhiali da sole sempre all’ultima moda, una voce roca e diretta, lo sguardo di chi ne ha viste tante. Oggi Bollettieri è una celebrità e viene pagato profumatamente per tenere discorsi sulla leadership e sulla pratica sportiva in tutti gli Stati Uniti, oltre a continuare il suo lavoro all’Accademia. Ma non è sempre stato così. Per anni è stato criticato per i suoi metodi considerati troppo duri e per le storie raccontate da alcuni dei suoi ex allievi, soprattutto Agassi. L’autobiografia di Andre Agassi Open è un ottimo strumento per capire come funzionava l’accademia negli anni ’80, quando dalla Bollettieri Academy uscirono alcuni dei migliori interpreti di questo sport. Su tutti Agassi e Courier, in campo maschile. Entrambi la frequentarono quando, scrive Agassi in Open, non era altro che «alcuni edifici staccati che ricordano i bracci di una prigione. […] Alla gente piace definire la Bollettieri Academy un centro di addestramento, ma in realtà non è altro che un campo di prigionia nobilitato. E neanche poi tanto. Mangiamo da schifo e dormiamo in cuccette traballanti disposte lungo le pareti di compensato del nostro dormitorio simile a una caserma. Ci alziamo all’alba e andiamo a letto subito dopo la cena. Usciamo di rado e abbiamo pochi contatti col mondo esterno» (Matteo Gallo) • «Era la seconda volta a Wimbledon che venivo invitato dal giornalista americano a prendere il tè. Chiesi al mio amico, Bud Collins, se conoscesse questo J.R. Moehringer (auote della biografia di Agassi Open, ndr). E la risposta fu: “Ignoto nello sport, conosciuto come scrittore”. Mi domandai cosa volesse sapere da me. Egli mi disse che soleva verificare se erano possibili certe opinioni, nel caso di Agassi sul signor Nick Bollettieri. Aveva con sé un taccuino e lo aprì al punto in cui Andre telefonava a suo padre Mike dicendogli che Nick stava rovinando il suo gioco. “Insegna tutto da fondo campo. Mai un serve and volley. Voglio ritornare a casa a Las Vegas e giocare a serve and volley”. Scossi la testa. “È Bollettieri ad aver sviluppato un nuovo tipo di tennis, quello che nelle nostre telecronache io e il mio amico Tommasi chiamiamo attacco dal fondo”. Non esisteva prima di allora. Non avevo mai saputo che all’inizio Andre fosse stato contrario sino al punto di voler andarsene dalla Academy. Per questo atteggiamento Andre venne punito al punto di fare le pulizie nei bagni: suo padre dette ragione a Bollettieri e lasciò il figlio, beninteso a pagamento, ad assorbire la nuova tattica che divenne da allora lo schema maggiormente impiegato e vincente» (Gianni Clerici) • «Che cosa serve per essere il n. 1 dei coach? “Capire chi sono i tuoi allievi, anche le loro manie. Non si tratta di insegnare a colpire una palla, ma aiutare i giocatori 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana, 365 giorni all’anno. E trattare con i genitori degli atleti, la cosa più importante”. Oggi vanno di moda i supercoach: Edberg, Becker, Chang che fa da consulente a Nishikori. “I supercoach sono grandi psicologi. Sanno unire lato tecnico e lato mentale. Curano i dettagli, capiscono le persone. E parlano poco. Becker diceva sempre: Nick è un supercoach perché mi si piazza vicino, dice la cosa giusta e poi se ne va”. […] Come si allena un fuoriclasse? “Capendo di cosa ha bisogno. Boris Becker diceva sempre: “Nick è un genio perché sa trattare con ciascuno in maniera molto semplice. Ad Agassi bastava un’ora e mezzo al giorno, Monica Seles mi è costata tre mogli: voleva che stessi in campo con lei fino a mezzanotte. La mamma di Courier mi chiese di cambiare il rovescio di suo figlio, che impugnava la racchetta come una mazza da baseball. Io lo guardai un po’ e gli dissi: Jim, dimenticati il rovescio, gioca solo di diritto”» (a Stefano Semeraro) • Il 12 luglio 2014 è entrato nella International Tennis Hall of Fame. «Era già stato candidato nel 2010 e nel 2012, ma lo avevano bocciato. Per entrare nella galleria degli immortali della racchetta, dice il regolamento, bisogna aver dato “un importante contributo nella crescita e nella reputazione del tennis come giornalista, coach, dirigente o ufficiale di gara”. E chi meglio di lui rispetta questo requisito? Il vecchio Nick ha reinventato il modo di insegnare tennis ad alto livello» (Lorenzo Cazzaniga) • Nel 2014 ha pubblicato l’autobiografia Changing the game, scritta con Bob Davis (in Italia pubblicata da Mondadori nel 2015 con il titolo Cambiare gioco) • Nel 2017 il regista Jason Kohn ha realizzato il documentario Love means zero, prodotto da Showtime e presentato alla Festa del Cinema di Roma. «È un bel documentario ma non ne esco sempre bene. Ci sono anche le immagini di quella volta a Parigi in cui Courier, che era un mio allievo, si mise a piangere in campo perché vide che ero nel box di Agassi, che stava giocando contro di lui».
Amori Si è sposato otto volte (e ha sempre scelto Capri per i viaggi di nozze) • Cindi Eaton, l’attuale moglie: «Quando l’ho sposato sapevo bene che io sarei stata l’amante: lui ha già sposato la sua Accademia» • Ha sette figli, gli ultimi due adottati in Etiopia e chiamati Giovanni e Giacomo.
Frasi «Da quando sono nato, ho sempre trovato il modo di vendere qualcosa: fiori, limonata sulle bancarelle, alberi di Natale e così via. Col passare del tempo, ho iniziato a vendere Nick Bollettieri e tutto quello che ho fatto era destinato a me» • «La condanna di essere un numero uno è che lo devi essere tutti i giorni. Per questo il migliore sono sempre io» • «Sono pazzo. Quando ho aperto la mia Academy mi davano del matto, poi tutto il mondo mi ha copiato. I pazzi fanno cose che la gente normale non fa: perché ha paura di fallire. Non è il mio caso».