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 2021  giugno 15 Martedì calendario

Biografia di Gian Carlo Ferretti

Gian Carlo Ferretti, nato a Pisa il 16 giugno 1930 (91 anni). Critico letterario. Saggista. Professore di letteratura • «Princeps della storia dell’editoria italiana» (Luigi Mascheroni, il Giornale, 7/6/2020) • «Ex comunista fra i più onesti e sinceri» (Nello Ajello) • «Informatissimo e titolare di molti lavori sulla nostra produzione libraria, specie di carattere letterario, Ferretti ha frugato a lungo negli archivi degli editori e nelle memorie degli scrittori e molto materiale ha raccolto di prima mano da vari testimoni e protagonisti» (Paolo Mauri, la Repubblica, 17/9/2012) • «Non c’è dubbio: la sua è stata davvero Una vita ben consumata, come recita il titolo della sua bella autobiografia. Il catalogo è presto fatto: militante comunista; giornalista e responsabile della Terza pagina de l’Unità, a partire dal 1958, in anni politicamente caldissimi, nonché redattore, dopo l’abbandono del quotidiano nel 1968, in una rivista aziendale d’una casa farmaceutica, Tempo medico; sindacalista degli scrittori; collaboratore di quotidiani, da Il Corriere della Sera a Il Manifesto, e di prestigiose riviste come Belfagor, Paragone, Nuovi Argomenti, L’Indice; importante dirigente degli Editori Riuniti; infine, dal 1987, docente universitario di letteratura moderna e contemporanea» (Massimo Onofri, l’Unità, 4/6/2001) • Da ultimo ha insegnato all’Università Roma Tre e all’Università di Parma • Tra i suoi libri: L’autocritica dell’intellettuale (Marsilio, 1970), Il mercato delle lettere (Einaudi, 1979), Il best seller all’italiana (Laterza, 1983), Storia dell’editoria letteraria in Italia. 1945-2003 (Einaudi 2005), e vari ritratti di Pier Paolo Pasolini, Paolo Volponi, Carlo Emilio Gadda, Italo Calvino, Vitaliano Brancati, Vittorio Sereni, Luciano Bianciardi, Vanni Scheiwiller, Giorgio Bassani, Niccolò Gallo, Cesare Pavese, Livio Garzanti. Nel 2012 ha pubblicato Siamo spiacenti. Controstoria dell’editoria attraverso i rifiuti (Bruno Mondadori) • «Insomma, Ferretti per noi è quello di cui c’è un gran bisogno, è memoria storica. Un’esperienza che, con impareggiabile levità, quando capita, sbriga così: “Guarda che sono stato anch’io giornalista...”» (Maria Serena Palieri, l’Unità, 18/6/2010).
Titoli di testa «Quarant’anni fa uscì Il mercato editoriale, quel libro fu allora una novità. “Una novità scandalosa a detta di alcuni critici letterari. Analizzavo la produzione editoriale e tutto quello che di extra-letterario ruota intorno al libro. A quel tempo la critica era tutta ricompresa nello scontro tra crociani e anti-crociani o sui nuovi venuti: strutturalisti, fenomenologi, esistenzialisti e marxisti. Tutti parlavano del testo e nessuno di come quel testo era stato prodotto. Analizzare un libro come frutto di una strategia editoriale era allora considerato un’inutile e penosa stravaganza. E questo la dice lunga sulla figura del letterato italiano”. In fondo poteva essere quello il suo destino. “Chissà”» (Antonio Gnoli, Robinson, 25/01/2020).
Vita «“Mi sono laureato a Pisa in letteratura con una tesi su Vincenzo Monti, sono stato allievo di Luigi Russo. Ricordo che tra i compagni di corso c’erano Mario Spagnol e Pietro Citati. Insomma mi predisponevo per una dignitosa carriera letteraria. Cosa, per altro, che in parte ho fatto. Però mi annoiavo. Ero attratto dal giornalismo. E quando lo dissi a Russo, che immaginava per me traguardi universitari, si infuriò. Ero confuso e ansioso. Andai a Roma senza combinare niente. Ma almeno cominciai a conoscere l’ambiente dei letterati: Giorgio Bassani, Cesare Garboli. Infine, nel maggio del 1953, mi trasferii a Milano” Le sembrò una città all’altezza delle sue aspirazioni? “Senz’altro più di Roma, dove regnava quella svagata rassegnazione di chi nella vita ha visto tutto”» (Gnoli) • A Milano, Gian Carlo vive in una camera ammobiliata, mangia in una piccola trattoria a prezzo fisso: 400 lire vino escluso. Incontra bottegai, piccoli contrabbandieri, prostitute, ambulanti e intellettuali come lui, arrivati dalla provincia. «Era una fauna ricca, vorace, disperata e a volte spiritosa. Li rammento in ordine sparso: Valerio Riva, Elio Pagliarani, Giancarlo Fusco, Carlo Castellaneta, Ugo Mulas, Mario Dondero, Luciano Bianciardi. Un gruppo che gravitava tra Brera, il bar Giamaica e piazza Cavour dove c’era il palazzo dei giornali. Alcuni erano già redattori; altri, come me, cercavano una qualche collaborazione» (Gnoli). Per un paio d’anni, Ferretti lavora al Calendario del popolo, una rivista del Pci. Poi passa all’Unità. «“C’era ancora la doppia direzione: Pietro Ingrao a Roma e Davide Lajolo a Milano. Poi nel 1962 arrivò Mario Alicata che riunì le due direzioni”. Fu un modo per il Pci di ristabilire l’ortodossia culturale. “Mario Alicata era un uomo complesso e soprattutto colto. Ma guai a deviare dalla strada maestra. Ricordo i sui attacchi furiosi contro Galvano della Volpe in odore di eresia filosofica. È curioso”. Cosa? “Tutto quello che di normativo Alicata metteva nel suo impegno col partito, spariva nella vita privata. Era iscritto a un circolo del tiro con l’arco; aveva due famiglie e poi si spettegolò sulla sua morte. Fu trovato esanime nel letto di una signora. Il medico di Togliatti, constatata la fine, riunì il gruppo dirigente perché fosse presa la decisione di rimuovere la salma da quel letto malandrino e collocarla nel suo studio. Qualcuno ironizzò circa gli effetti letali della sua avventura sentimentale, altri si convinsero che Mario poteva morire solo assolvendo i compiti intellettuali ai quali si era da sempre votato: seduto davanti alla sua scrivania. Dopo l’Unità passai a Rinascita. Ero meno esposto ai venti dell’ortodossia. Fu un periodo bello» (Gnoli) • A Milano Gian Carlo frequenta Ugo il fotografo Mulas, i giornalisti Giancarlo Fusco e Luciano Della Mea. «“Una forte amicizia si creò con Luciano Bianciardi. Ogni tanto andavamo in qualche osteria a bere e a chiacchierare con le nostre compagne. Lavorava soprattutto come traduttore. Era umorale: passava dall’euforia alla depressione in un attimo. Certe volte scoppiava in pianto”. Capace di scrivere però La vita agra. “Libro bellissimo. Luciano non si capacitò del successo che ebbe. Anzi se ne rammaricò perché pensava che in quell’affermazione si nascondesse l’irresistibile sirena del capitalismo. Ma come: io lo critico ferocemente e il mercato mi premia col successo? Si sentiva a disagio quando veniva accolto nei salotti: mi vedono come una tigre da esibire, diceva sconfortato. Vidi Luciano un’ultima volta prima della sua morte. Ci incontrammo per caso sotto la galleria Manzoni. Mi accompagnò alla metropolitana. Nel breve tratto, traballante e avvinghiato al mio braccio, mormorava cose oscene, non capivo con chi ce l’avesse. Lo salutai con un’enorme tristezza nel cuore”» (Gnoli).
Politica «Né nostalgico vetero-comunista, né pentito voltagabbana» (Onofri).
Declino «L’onestà di fondo ed una sincerità che sono tutt’uno con un elegante riserbo, non impediscono al critico d’abbandonarsi a considerazioni come questa, di lucidissimo e amaro bilancio. Vale la pena di riportarla quasi per intero: “Se ripercorro l’ultimo ventennio circa con occhio impietoso, ritrovo tutta una continuità di segnali particolari su un tendenziale calo di fortuna, in entrambi i campi da me frequentati: assenze del mio nome in convegni, studi e bibliografie (italiani e stranieri) sul versante critico letterario, e sottovalutazioni, misconoscimenti e dimenticanze di certe mie priorità e anticipazioni sul versante editoriale. Diventa difficile allora capire, ripercorrendo la lunga autoanalisi che ho condotto fin qui, se le mie contrastate fortune si possano o debbano attribuire alla mutata direzione dei miei studi, o al cambiamento della mia condizione intellettuale e politica (e di potere), o a una mia indipendenza polemica non gradita, o a mie carenze teoriche e metodologiche. Me ne è venuta qualche frustrazione, lo confesso, e mi sono chiesto più volte se l’attenzione di miei scritti o di convegni da me organizzati per figure di dimenticati, come Alberto Mondadori, Carlo Cassola, Niccolò Gallo o Lucio Mastronardi, non sottintenda qualche implicazione autobiografica» (Onofri, 2001).
Curiosità Vive a Milano • Ordinato e scrupoloso ai limiti della nevrosi. «“Un amico psicologo definì la mia nevrosi “anancastica”. Colpisce i soggetti malati di perfezionismo, ossessionati da certe azioni coatte come ad esempio assicurarsi decine di volte che una porta è stata chiusa o un interruttore spento, disporsi con scrupolo pedantesco all’eseguire una certo compito come fosse un rituale. È un rapporto strano con il proprio ambiente. Il soggetto anancastico si assicura di avere sotto il proprio totale controllo l’ambiente in cui vive. Da qui il ripetere compulsivo di certe azioni come fosse un mantra tranquillizzante”. Ha capito da dove le proveniva? “Insicurezza, fragilità? Non lo so”» (Gnoli) • «Era a Segrate per delle ricerche quando - tra lo stupore dei redattori - arrivò la prima notizia della cifra sborsata da Berlusconi per ottenere il controllo di Mondadori» (Palieri) • Rimase colpito dal fatto che la poetessa russa Anna Achmatova aveva le unghie rosa shocking • Assolve Elio Vittorini dall’accusa di aver rifiutato il Gattopardo. «In realtà quando Vittorini lesse il manoscritto propose a Mondadori di pubblicarlo. E la casa editrice si rifiutò. Quanto a lui ritenne che il romanzo di Tomasi di Lampedusa fosse inadatto a comparire nella collana i Gettoni che lui dirigeva per l’Einaudi. Lo respinse non perché non ne avesse intuito la grandezza letteraria ma per coerenza intellettuale con ciò che faceva» • «Ha idea di chi sia oggi il lettore tipo? “È una figura meno prevedibile e più sbrigativa che in passato. Si abbevera a diversi pozzi, alcuni dei quali inquinati. Ma i libri continuano a essere pubblicati. Sono mutati gli equilibri tra grandi, medie e piccole case editrici e c’è, credo, meno lavoro collettivo. E soprattutto si palesa il dramma delle librerie. Però il libro sopravvive. È già una notizia. Perfino le previsioni catastrofiche, dopo l’ingresso dell’online, sono state smentite. Si naviga a vista almeno fino alla prossima tempesta”» (Gnoli).
Titoli di coda «Mi dice che la vecchiaia ha sconfitto le sue nevrosi. E che dopo averle così a lungo contrastate crede di aver perso delle compagne ingombranti e spiacevoli, che lo facevano soffrire ma gli davano anche la sensazione della vivezza del combattimento: “Non è che mi senta vuoto, anzi. È che non pensare più con ossessione a qualcosa ha come immiserito i miei compiti. Che ci posso fare? Sono gli imprevisti della vecchiaia. Ma questa condizione ha il suo lato buono, mi aiuta a capire che le situazioni importanti nella vita sono pochissime”» (Gnoli).