17 giugno 2021
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Biografia di Fabio Capello
Fabio Capello, nato a Pieris (Gorizia) il 18 giugno 1946 (75 anni). Ex calciatore. Allenatore. Commentatore tv. «Un allenatore è tanto se conta il 15-20 per cento. Mica si vince con gli schemi».
Vita Figlio di Guerrino, maestro elementare morto nel 1983 che giocava nel Pieris, il più piccolo paese (1.200 abitanti) mai arrivato in Serie C («ha dato 15 giocatori alla Serie A») e di Evelina Tortul (San Canzian d’Isonzo, Gorizia, 18 novembre 1920) sorella di Mario (San Canzian d’Isonzo, Gorizia, 25 febbraio 1931), ex terzino di Sampdoria, Triestina e Padova con una presenza in Nazionale: «Mio padre è stato prigioniero nei campi di concentramento tedeschi, ne cambiò 6 o 7 e si salvò per il rotto della cuffia. I suoi racconti sono ricordi indelebili». Non è friulano ma “bisiàco” (dallo slavo “bezyak”, senza terra, i popoli che fuggivano davanti alle invasioni dei musulmani o dei barbari e che, giunti davanti la barriera dell’Isonzo, erano costretti a fermarsi) • «A 14 anni sono partito. Ferrara. Brutto cambio, dal vento alla nebbia fitta, al caldo senza un filo d’aria. Città bellissima, e non solo perché ho conosciuto mia moglie Laura. Prendevamo lo stesso autobus, lei andava alle magistrali, io studiavo da geometra. Un anno, il primo, vivevo nel pensionato della Spal, poi a casa di due sorelle zitelle che cucinavano divinamente. In quegli anni è nata l’amicizia con Edy Reja, che dura ancora. Ma è stato un passaggio traumatico, a casa mia non c’era il telefono, ai miei scrivevo due lettere a settimana. Quando mio padre capiva che ero giù, veniva a trovarmi. C’erano state altre richieste. Una del Marzotto in B, lo allenava Vycpalek. Quando mio padre aveva già dato la sua parola a Paolo Mazza, presidente della Spal, s’era fatto sotto il Milan, con Gipo Viani. Viani diceva che avevo un compasso al posto dei piedi, e offriva il doppio. Ma la parola è parola, si figuri a quei tempi. E per me quello che decideva mio padre andava bene» • Lasciata la Spal per la Roma, arrivò poi alla Juventus, squadra con cui vinse tre scudetti (1972, 1973, 1975), il quarto lo conquistò con la maglia del Milan (1979, quello della stella). In Nazionale 32 presenze e 8 gol, storico quello che il 14 novembre 1973 valse agli azzurri il primo successo a Wembley contro l’Inghilterra • «La storia di Capello allenatore incomincia ufficialmente all’indomani dei 9 minuti finali di Lazio-Milan, partita conclusiva della stagione 1979-80, quando Massimo Giacomini lo manda in campo a quasi 34 anni per l’ultima delle 65 apparizioni di Fabio in maglia rossonera. L’inizio da tecnico è con le giovanili, gli Allievi, la Berretti, poi la Primavera, con la quale Fabio conquista una coppa Italia e arriva alla finale scudetto. Ma il debutto su una panchina della Serie A appartiene all’era di Silvio Berlusconi. All’indomani della sconfitta ad Avellino del 5 aprile 1987 (1-2), Liedholm offre le dimissioni e il nuovo proprietario del club deve correre ai ripari. Berlusconi non può far subito ricorso ad Arrigo Sacchi, che ha già un accordo per la stagione successiva: mancano 5 turni alla fine del campionato, la rosea tuona a 9 colonne “Milan, vergogna!”, e bisogna placare i tifosi» (Elio Trifari) • Da allenatore, ha vinto col Milan quattro scudetti (1992, 1993, 1994, 1996) e una Champions League (1994, perdendo le finali del 1993 e 1995). Un quinto scudetto con la Roma (2001), altri due con la Juventus (2005, 2006, revocati causa “moggiopoli”), con il Real Madrid ha vinto due volte la Liga spagnola (1997, 2007) • «Le vittorie riempiono la galleria del giocatore e del tecnico Fabio. Ed è una rassegna piena anche di liti e polemiche. Liti? Lui si è sempre lisciato la famosa mascella volitiva: “Io non ho mai litigato. Ho fatto delle scelte per il bene della squadra. E quando me ne sono andato, qualcuno si è messo a parlare e a sparlare. E, fateci caso, erano e sono tutti campioni, primedonne”. Lo ha detto dopo aver lasciato il Milan la prima volta. Il Real, il Milan la seconda volta, la Roma e la Juve. Il blob Capello-fuoriclasse è ricchissimo. Uno dei primi è Ruud Gullit, che arriva quasi allo scontro fisico con il suo allenatore. Non è convocato per una trasferta, Gullit sale lo stesso sul pullman. Volano parole “forti e chiare”. Poi, in ordine sparso Gianluigi Lentini, Desailly, Roberto Baggio al Milan. Vincenzo Montella e Francesco Totti alla Roma. E Alessandro Del Piero (e Ciro Ferrara prima) dopo due anni e molte panchine alla Juve. Toni decisi, rabbia e rancori. Ma nella lunga lista dei “giocatori notevoli”, il carteggio Totti-Capello resta il più intenso ed eccitante. Quando Fabio firma per la Juve si scatena la lite mediatica. Battute, accuse, riferimenti, ricordati di quella volta, tu hai fatto questo, chi non è casto cerchi almeno di essere cauto. E in mezzo c’è spesso Antonio Cassano, “la pietra dello scandalo”. Il ragazzo che Capello difende sempre. Arriva a dire, Fabio: “È nato con la palla tra i piedi, Antonio. A Roma avevo l’obbligo di farlo crescere. L’abbiamo fatto, io e i miei collaboratori, con durezza e dolcezza, e i risultati calcistici si sono visti. Cassano è un fenomeno, ma non conosce le regole. Mi auguro che non sia lui stesso a rovinarsi. L’ho sopportato perché era un ragazzo”. Lo ritrova a Madrid. La rottura, improvvisa e clamorosa, con Antonio che gli dice, davanti a tutti: “Capello, sei un falso”» (Germano Bovolenta) • È stato lui a coniare il termine Cassanata dopo una delle tante esondazioni (verbali e non) di Antonio Cassano • Commissario tecnico dell’Inghilterra dal 2008 al 2012, si dimise dopo che la federazione inglese, senza avvisarlo e contro il suo parere, tolse la fascia di capitano a John Terry perché accusato di aver rivolto insulti razzisti ad Anton Ferdinand. Capello è stato il commissario tecnico inglese che ha ottenuto più vittorie (66%) • Dal 2012 al 2015 alla guida della nazionale russa, con un contratto da 7,8 milioni di euro lordi l’anno (6,8 netti) • Dal giugno 2017 al marzo 2018 ha allenato in Cina lo Jiangsu Suning, con risultati più che deludenti. «Con la Russia, riportata in una fase finale della Coppa del Mondo dopo 12 anni, pagò la crisi profonda di un calcio che non si è mai ripreso dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica. La Cina è stata l’ultima tappa, in un contesto dove, oltre alle questioni del gruppo Suning, è stato tutto problematico: dalla lingua alle differenze culturali» (Stefano Boldrini) • Nell’aprile 2018 ha annunciato la fine della carriera d’allenatore dopo 37 anni. «Ho finito, io. Né allenatore né dt. Nemmeno manager. Il mio calcio è solo da opinionista. Con Sky. Ormai sono pensionato. E faccio il nonno. Di quattro nipoti» (a Ugo Trani) • Molto apprezzato come commentatore tv. «Ricordo la prima telecronaca, Juventus-Derby County. Ero la seconda voce di Ettore Andenna. Erano tempi particolari, tutto molto diverso rispetto a oggi. Dovevamo inventarci di tutto: non avevamo neanche le formazioni, spesso. Per riconoscere i calciatori usavamo le figurine. È stato un momento pionieristico. Adesso si sa tutto prima: hai informazioni, conoscenze, puoi approfondire. Il piacere di raccontare e di godersi il calcio è lo stesso» (a Giuseppe De Bellis).
Critica «Un uomo fermo, molto ambizioso, molto corretto, molto sicuro e ben disposto al perdono di sé stesso» (Mario Sconcerti) • «È il Cabernet Sauvignon degli allenatori: dove lo metti, sta, e dà frutti» (Gianni Mura) • «Uno così dovrebbero pagarlo a peso d’oro e infatti è così: nessun allenatore ha guadagnato tanti soldi come lui» (Enrico Maida) • «Tutto sta a vedere se si vuole vedere bel calcio o solo vincere: in quest’ultimo caso Capello è un’opzione molto buona. Ma è altrettanto chiara la sua mancanza di idee» (Jorge Valdano) • «Ha dimostrato di essere un formidabile “ganador”, uomo pratico, grande allenatore: di ottenere il massimo rischiando il minimo ha fatto un’arte» (Arrigo Sacchi) • «Non crede e quindi non firma contratti a vita. I suoi accordi, redatti dal suo bravissimo avvocato, sono pieni di clausole, di codicilli. Tutti a prova di licenziamento (vedi Real). Capello, come sul campo, anche sulla carta (bollata) non perde mai» (Roberto Perrone).
Vita privata Sposato con Laura Ghisi. «Ho sempre voluto lasciare il pallone fuori dalla porta di casa. Se mia moglie o i miei figli vogliono sapere qualcosa sulle partite si devono andare a comprare il giornale, io non gliene parlo. E anche i miei amici più cari mi sono sempre fatto scrupolo di sceglierli fuori dal mondo del calcio». Ha un figlio avvocato, Pierfilippo (Roma 12 giugno 1970) che si è occupato del contratto con la federazione inglese (5 milioni di euro l’anno fino al 2010). Associato dello studio Guardamagna di Milano, si occupa spesso di contenziosi sportivi (tra i suoi clienti il ciclista Alessandro Petacchi), ma non fa il procuratore.
Politica «Ho votato tanti partiti diversi: Psi, Pri, Dc per tanti anni, poi Lega nord e Forza Italia. Berlusconi è stato grandissimo come imprenditore, cioè in una posizione dove poteva decidere tutto o quasi. In politica invece è un uomo con le mani legate. Ha dovuto accontentare troppa gente e non ha potuto fare come voleva lui. Però lo voterò ancora» (nel 2006).
Fisco Nel gennaio 2008 la Procura di Torino lo ha iscritto nel registro degli indagati per evasione fiscale. Sua replica: «Ho sempre chiesto ai miei consulenti fiscali di operare correttamente, e sono convinto che non ci saranno seguiti alle indagini». «Fabio Capello si è inguaiato così, con i 16 milioni di euro di incassi della sua lussemburghese Sport 3000, amministrata da Achille Severgnini, rampollo della famiglia che gestisce la Finsev, la società tornata all’attenzione delle cronache con la pubblicazione degli elenchi delle società offshore su questo giornale. Ha chiuso con una transazione da 5 milioni di euro» (Gianfrancesco Turano). «Le casse piene di profumo firmato “Fabio Capello” le hanno conservate per due lunghi anni. Poi, visto che nessuno le reclamava, i doganieri le hanno distrutte. Non se ne è salvata nemmeno una. Un peccato per i fan dell’allenatore, che non potranno saggiare l’aroma del parfum del loro idolo. Un peccato, in teoria, anche per la sua ex squadra, la Roma. Che quelle confezioni, insieme a sciarpe e altri articoli firmati da don Fabio, le aveva comprate a carissimo prezzo. Oltre due milioni di euro, pagati direttamente alla Sport 3000, una società creata dall’allenatore più elegante del mondo in Lussemburgo. L’accordo prevedeva altre forniture, ma i Sensi impugnarono il contratto appena Capello passò sulla panchina della Juventus: sarebbe stato difficile piazzare nella Capitale prodotti marchiati con il nome di chi, tra i tifosi della Magica, veniva considerato niente più che un traditore. L’eau de toilette che nessuno s’è mai potuto spalmare sulla mascella, però, ha fatto la fortuna del fisco: seguendone la fragranza, gli ispettori dell’Agenzia delle entrate sono infatti riusciti a disegnare i confini dell’impero finanziario di Capello» (Emiliano Fittipaldi).
Vizi Ama l’arte astratta («Il figurativo si fa da sempre e a me interessavano di più quelli che cercavano un altro modo, un altro linguaggio»), paragonò un derby Roma-Lazio a Broadway Boogie-Woogie di Mondrian, quando gli chiesero chi fosse meglio tra Van Basten e Ibrahimovic rispose «è come paragonare Picasso a Rothko» • È un intenditore di vini • Ama molto viaggiare, ma «non sono il tipo da villaggio turistico. Sarà banale, ma le Piramidi, viste 35 anni fa quando ancora il Cairo era lontano, mi hanno lasciato senza fiato» • È superstizioso. Silvano Ramaccioni: «L’anno in cui tornò dopo la stagione a Madrid, gli venne assegnata la tessera federale con un numero che odiava, il 22. Gliela cambiammo senza che lo venisse a sapere ma non servì: alla fine ci classificammo al decimo posto». Quando andò a Roma con la Juve, i tifosi gli fecero trovare la panchina tappezzata di numeri 2.