18 giugno 2021
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Biografia di Gena Rowlands (Virginia Cathryn Rowlands)
Gena Rowlands (Virginia Cathryn Rowlands), nata a Cambria (Madison, Wisconsin, Stati Uniti) il 19 giugno 1930 (91 anni). Attrice. Vincitrice, tra l’altro, di un premio Oscar onorario (2015) e di un Orso d’argento alla miglior attrice (1977, La sera della prima di John Cassavetes). «Moglie-musa di John Cassavetes, il venerato “padre” del new cinema made in Usa» (Paolo Biamonte). «Non riesco mai ad avere una “faccia da poker”. Forse questo mi fa essere un’attrice migliore, ma nello stesso tempo mi rende più venerabile come essere umano» (ad Antonio Monda) • «Il padre di Gena Rowlands era un uomo estremamente orgoglioso della proprie radici gallesi, che aveva raggiunto un’invidiabile condizione economica grazie al lavoro di banchiere. La sua passione, tuttavia, era la politica, ed era fiero di far parte del Wisconsin Progressive Party, un partito indipendente per il quale aveva promulgato una serie di leggi. Lo rispettavano tutti, nella sua città di Cambria, come ammiravano la moglie Mary Allen, detta Neal, che si occupava dei figli e della casa, e non avrebbe mai pensato di diventare un’attrice sin quando John Cassavetes non la scritturò con il nome di Lady Rowlands insieme a Gena, di cui era diventato marito. […] Questi dettagli del retroterra di Virginia Cathryn Rowlands, questo il suo vero nome, […] aiutano a capire qualcosa della sua personalità: la fierezza delle proprie origini, la vocazione all’indipendenza e la capacità di reinventarsi in maniera sorprendente» (Monda). «Cosa ti ha spinta a recitare? “Quando ero molto giovane, fui malata per diversi anni, e leggevo, leggevo e leggevo. Penso che una delle cose più meravigliose del recitare sia che puoi vivere così tante vite, come accade anche leggendo. Sono sicura che questo mi ha influenzata. Non ho mai voluto essere altro che un’attrice”. […] Da adolescente eri una grande fan di Bette Davis, giusto? “Oh, guardavo venti volte ogni foto di Bette Davis su cui riuscivo a mettere le mani. Quando ero giovane, alle donne nei film e in generale veniva insegnato molto fermamente a essere educate e a non controbattere a prescindere da ciò che veniva detto, ma non a Bette. Era dura, ed era così irriverente – non è una parola abbastanza forte – ma dura nel modo giusto. Non aveva intenzione di fare qualcosa perché qualcuno le aveva detto che doveva farlo. Mi piaceva questo”» (Scott Feinberg). «Quando era giovane, a causa del lavoro del padre, la famiglia aveva cambiato ripetutamente città: Washington, Milwaukee e Minneapolis, ma questo non le sembrava necessariamente un male. Sin da allora era una fervente liberal, e a New York trovò la città di adozione, dove cominciò a studiare all’American Academy of Dramatic Arts. Non aveva soldi per mantenersi e non voleva chiederli alla famiglia: lavorò come maschera in un cinema, e una volta vide 38 volte di seguito L’angelo azzurro. “Marlene insieme a Bette Davis è la mia attrice preferita. Ha il talento naturale delle grandi dive: quello di impadronirsi immediatamente di ogni scena cui partecipa”» (Monda). «Come vi incontraste per la prima volta tu e John Cassavetes? “Andai a New York per un’audizione per l’American Academy alla Carnegie Hall. Ricordo che l’unica cosa che sapevo era che non volevo innamorarmi, non volevo sposarmi e non volevo avere figli. Durante le audizioni, altri studenti potevano passare in qualsiasi momento per osservare i nuovi attori, e John era lì quando fu il mio turno. Mi vide, e disse all’amico che era accanto a lui: ‘Voglio sposarla’. Era il bellissimo abito rosso che indossavo. Ma venne dietro le quinte e fu molto gentile, e io pensai: ‘Non voglio impegnarmi in tutto ciò’. Quindi non ci demmo appuntamenti né altro per un po’. Di tanto in tanto, ci incontravamo e prendevamo un caffè, e lui mi chiedeva se mi andava di uscire, e io dicevo: ‘No, non mi interessa uscire con nessuno. Voglio diventare un’attrice’. E andò avanti così finché non mi fui diplomata”» (Feinberg). «Agli inizi degli anni ’50 era valorizzata dai registi soprattutto per la folgorante bellezza, e debuttò a Broadway nel ruolo che interpretava Marilyn Monroe in Quando la moglie è in vacanza. Cominciò a lavorare presto con miti come Edward G. Robinson e Kirk Douglas, senza farsi mai intimidire: provava un senso di deferenza soltanto nei confronti di Bette Davis, “inimitabile e senza ombra di dubbio la più grande”: riuscì a lavorare con lei in un film televisivo del 1979, in cui interpretava sua figlia» (Monda). Anche dopo aver sposato, nel 1954, Cassavetes, a propria volta impegnato in piccoli ruoli teatrali, cinematografici e televisivi, la Rowlands continuò per qualche anno a recitare a teatro, e riscosse grande successo nel 1956 con Nel mezzo della notte di Paddy Chayefsky, al fianco di Edward G. Robinson. «“Immaginavo il mio futuro come attrice di teatro. Ma lo spettacolo andò avanti molto più a lungo di quanto avessimo pensato. John lavorava di giorno, io di notte e ci vedevamo a malapena. Molti attori non erano stati in diretta televisiva, quindi dissi a John: ‘Ti va di venire a parlarci delle tue esperienze?’. Bob Fosse aveva una stanza che non usava di notte, e disse: ‘Perché non inviti i tuoi amici?’. Quindi, mentre io recitavo con Eddie, John parlava delle sue esperienze con la diretta televisiva. Alla fine, John aveva detto loro tutto ciò che sapeva sulla diretta televisiva, così iniziarono a fare improvvisazioni, cosa che a tutti loro piaceva fare. Tutto ciò divenne Shadows [il primo film diretto da Carpenter, con la partecipazione non accreditata della moglie, del 1959 – ndr], e John s’innamorò veramente di questo, più che della recitazione”. Come cambiarono le vostre vite dopo che lui divenne regista anziché attore? “La nostra casa era sempre ipotecata! In qualsiasi attività commerciale chiunque metta i soldi ti dirà cosa fare, ma lui voleva esprimere il proprio punto di vista sulle cose, quindi pagavamo noi per i suoi film. Usammo la nostra casa per molti di essi: tiravano giù muri e costruivano pareti, c’erano sempre 40 persone in casa. Nessuno si arricchì, ma fu un periodo incantevole”» (Feinberg). Nel frattempo, l’attrice «nel 1958 esordisce a Hollywood in L’alto prezzo dell’amore di J. Ferrer. Interpreta poi film di vario genere, come l’avventuroso La strada a spirale di R. Mulligan, il western crepuscolare Solo sotto le stelle di D. Miller, ambedue del 1962, e altri di minore importanza (L’investigatore, 1967, di G. Douglas; Gli intoccabili, 1968, di G. Montaldo), ma nel mentre la sua carriera si lega a doppio filo a quella del marito, che ne sa stimolare appieno il grande talento» (Roberto C. Provenzano). La Rowlands e Cassavetes costituivano infatti «una delle coppie più affascinanti, carismatiche e indissolubili del mondo dello spettacolo. I film di Cassavetes risultano inconcepibili senza la sua presenza, e la sua maturazione di attrice deve enormemente al suo talento: rivedendo oggi film meravigliosi come Una moglie o La sera della prima, è impossibile capire se esiste qualcosa che appartenga unicamente all’ispirazione di uno di loro due, ed è evidente che il connubio esalta i rispettivi talenti» (Monda). «I soggetti di Cassavetes sono le coppie in crisi, storie di interni metropolitani e il dietro le quinte delle vite apparentemente dorate delle compagnie teatrali. L’ispirazione la vita stessa del regista e della sua cerchia di amici. Come location spesso le case vere degli attori, compresa la sua. Nei suoi film infatti non mancano mai i figli, i parenti, ma anche gente presa dalla strada. E un gruppo di attori legatissimi fra loro. Tra cui Ben Gazzara, Peter Falk e appunto la moglie Gena, il collante di tutto. Musa cinematografica e compagna insostituibile di vita e film senza soluzione di continuità. Perché nel cinema di Cassavetes si mescola pubblico e privato, creando un realismo mai visto prima sul grande schermo. Ciò ha permesso a Gena di interpretare ruoli unici e straordinari, lontanissimi da quelli dell’epoca. Sempre infusi di una sensibilità e intelligenza rare» (Cecilia Ermini). «Per il marito interpreta Volti (1968), film indipendente ricco di sconvolgenti primi piani, poi l’originale Minnie e Moskowitz (1971), a cavallo fra dramma e commedia, e il drammatico Una moglie (1974), in cui fornisce un’intensa interpretazione nei panni di una donna insoddisfatta e sconvolta dalla nevrosi» (Provenzano). Proprio Una moglie è considerata da molti critici la pellicola in cui la Rowlands diede la sua migliore interpretazione. «Quando John me lo mostrò per la prima volta, era un dramma teatrale. Lo lessi, e dissi: “È fantastico, ma non posso farlo otto volte alla settimana. Non sono abbastanza forte fisicamente”. Disse: “Certo. Non ci avevo pensato”. La settimana successiva, tornò con una seconda versione, in cui dovevo fare meno cose, ma c’erano ancora cose difficili, e dissi: “Non credo che tu mi abbia capita”. Un paio di settimane dopo, venne e disse: “Leggilo di nuovo. Adesso è un film”. Lo lessi, e pensai che fosse molto toccante. Disse: “Come lo trovi adesso?”. Risposi: “Se lasci che lo interpreti qualcun altro, ti uccido!”». «Uno dei suoi film più importanti e struggenti. […] Meravigliosamente raccontata, è la storia d’una casalinga malata di nervi, d’una donna schiacciata dall’impegno di moglie, madre, massaia al punto d’arrivare alla fobia e al suicidio; è la cronaca di un disagio mutatosi in paranoia che riflette il malessere della classe media americana degli anni Settanta. […] È molto bella l’analisi del rapporto tra due persone di cultura differente (mediterranea, anglosassone), tra due coniugi onesti che pur amandosi moltissimo non riescono ad armonizzarsi, neppure a capirsi. È perfetto il ritratto di donna fragile e insieme ostinata, dotata d’uno spirito indipendente che le impedisce di accettare la prigionia domestica: in Mabel la rivolta genera una malattia non curabile, il rifiuto di una insopportabile subalternità umana e sociale. Gena Rowlands, e anche Peter Falk che interpreta il personaggio del marito, sono ammirevoli: non esiste nella storia del cinema un film altrettanto realistico, emozionante e profondo sul destino di “donna di casa”» (Lietta Tornabuoni). «Dopo un ennesimo ruolo drammatico in La sera della prima (1978), in cui è un’affermata attrice che vive drammaticamente un immotivato senso di colpa per la morte accidentale di un suo ammiratore a caccia di un autografo, e una partecipazione a Pollice da scasso (1978) di W. Friedkin, libera tutto il suo eclettico talento in Gloria – Una notte d’estate (1980), interpretando una donna che, da cinica e calcolatrice ma timorosa e riverente con i suoi boss, quando, per caso, si ritrova ad avere a che fare con un bimbo a cui hanno ucciso i genitori, si trasforma da un lato in pietosa e materna e dall’altro in coraggiosa, scaltra e determinata fino a impugnare la pistola e sfidare la mafia per difenderlo da chi lo vorrebbe uccidere. Dopo l’ultimo e più amaro film del marito Cassavetes (Love Streams – Scia d’amore, 1984), affronta un personaggio bergmaniano in Un’altra donna (1988) di W. Allen e interpreta poi con maggior convinzione la commedia Taxisti di notte (1991) di J. Jarmusch, Una donna molto speciale (1996) del figlio N. Cassavetes, Scherzi del cuore (1998) di W. Carroll, fino a immergersi nelle atmosfere nostalgiche di Serenata alla luna (1995) di T. Davies. Successivamente è nel cast del thriller Identità violate (2004) di D.J. Caruso e, ancora diretta dal figlio N. Cassavetes, in Le pagine della nostra vita (2004)» (Provenzano). Quest’ultimo è tratto «dall’omonimo romanzo di Nicholas Spark, un best seller dedicato a un amore che si spegne nel buio del morbo di Alzheimer. Nick Cassavates ha voluto rappresentare questa storia sul grande schermo attraverso il confronto tra la giovinezza e la vecchiaia: l’amore al tempo malinconico dell’Alzheimer è raccontato da Gena Rowlands e James Garner, quello della gioventù da […] Rachel McAdams e Ryan Gosling. “In America c’è stato qualche critico che, puntando sul fatto che io sono la madre del regista e che lui si chiama Cassavetes, ha detto che una vicenda così dichiaratamente sentimentale ed emotivamente toccante è l’esatto contrario della lezione del cinema di John. Ma il cinema di John Cassavetes è un grande racconto sull’amore, ogni suo film parla dell’amore. Non è forse amore quello che spinge una donna a segnare su un taccuino i fatti della sua vita prima che vengano cancellati dalla malattia? […] Secondo me The Notebook [questo il titolo originale – ndr] è un bel film, e questo è quello che conta e che rimane: se un film è bello o è brutto. Fa piangere il pubblico: e cosa c’è di male? Quanti film sono diventati un mito proprio perché fanno piangere» (Biamonte). «Nel 2007 recita anche per la figlia Zoe, il film si chiama Broken English: al suo fianco Parker Posey, Justin Theroux e Peter Bogdanovich. […] Nel 2015 ha ricevuto un Oscar onorario, in riconoscimento del suo contributo al cinema» (Ermini). Nel 2016 ha dichiarato conclusa la sua carriera di attrice. «Ho dedicato alla recitazione la maggior parte della mia vita. Sicuramente, se verrà fuori qualcosa di incredibilmente meraviglioso a cui non posso resistere, cambierò idea, ma non vedo in giro molte cose di questo livello attualmente» (a Matt Zoller Seitz) • Tre figli – Nicholas «Nick» (1959), Alexandra «Xan» (1965) e Zoe (1970) –, tutti a propria volta attori e registi, dal primo marito, il regista John Cassavetes (1929-1989). Dal 2012 sposata in seconde nozze con l’ex uomo d’affari Robert Forrest • «“John mi chiamava ‘Golden Girl’”, mi disse, senza che glielo avessi chiesto, “per i miei capelli”. Esitò un attimo prima di dirmi che “era un perfezionista e chiedeva di ripetere la scena finché non era esattamente come la voleva lui: come regista lo adoravo, ma come marito mi veniva ogni volta voglia di litigare, anche perché non c’era alcuna differenza nel modo in cui trattava me rispetto a tutti gli altri attori. Il che ovviamente era giusto, ma mettiti nei miei panni…”» (Monda) • «Grande carisma, temperato tuttavia da una ammirevole dose di autoironia» (Monda). «Attrice di carattere, in grado di interpretare personaggi del tutto diversi sempre con la stessa capacità di immedesimazione nei propri ruoli, ma non sfruttata al meglio da Hollywood, forse perché non ha mai incarnato la donna-vamp e perché più legata al cinema newyorkese» (Provenzano). «Attrice […] bravissima, appena un poco enfatica» (Tornabuoni). «Bellezza classica e contegno austero, percorso da una certa ambiguità sessuale» (Ermini). «Voce ricca di morbide increspature» (Biamonte) • «Una volta che si impossessa di te, la gioia della recitazione non va più via. Assumere l’identità di altri è un grande piacere: è un po’ come prendere una vacanza da te stesso. […] Noi attori abbiamo una vita abbastanza piacevole: C’è tutta la parte del business, che, è vero, molto piacevole non è, ma io a questo punto della mia vita, umana e professionale, posso permettermi di non farci caso. […] Ci sono cose migliori al mondo che quella di invecchiare, ma dobbiamo accettarlo» (a Lorenzo Soria) • «Chissà se un giorno lo rivedrò, John. Chissà se esiste qualcosa, dopo. Io so solo che non ci si può lamentare di essere vivi: è da viziati essere tristi».