24 giugno 2021
Tags : Antonio Scurati
Biografia di Antonio Scurati
Antonio Scurati, nato a Napoli il 25 giugno 1969 (53 anni). Scrittore • «Il Novecento è un cadavere, dobbiamo fargli un funerale» • Docente di letterature comparate e di creative writing all’Università IULM, editorialista del Corriere della Sera, co-direttore scientifico del Master in Arti del Racconto. Con Alessandro Bertante ha lanciato a Milano “Officina Italia”, festival dedicato alla creatività artistica (Aldo Grasso: «Ma fa il meccanico di professione, visto che reclamizza sempre una sua officina?»). Si è dimesso da presidente del Festival di Ravello quando Vincenzo De Luca, governatore della Campania, gli ha impedito di invitare Roberto Saviano e il ministro della Salute Roberto Speranza (2021).
Vita Il nonno Antonio era fresatore a Cusano Milanino. Il padre Luigi vinse un concorso per entrare alla Rinascente e fu assegnato a Napoli, dove conobbe Rosaria, commessa nello stesso grande magazzino. Dopo la nascita, l’azienda trasferì il padre nella sua sede di Venezia • L’adolescente Scurati era assai svogliato a scuola («e ribelle») e prese la maturità classica col voto minimo di 36/60. Poi si trasferì a Milano per studiare Filosofia. Era il 1988 • «Decisi di impegnarmi. Il contesto culturale milanese era molto stimolante. Venezia resta una città di provincia. Qui invece cominciai a leggere e a scrivere poesie. Frequentavo anche cenacoli culturali come quello nato attorno al poeta Antonio Porta sui Navigli. Erano gli ultimi scampoli della Milano da bere. Pochi anni dopo sarebbe scoppiata Tangentopoli. È stato come incontrare il Novecento al suo crepuscolo, nel pieno della sua complessità e stratificazione. Milano ha fascino perché è fredda, respingente, severa, ma è caratterizzata da legami trasversali, collegamenti inediti, aspetti nascosti. Come quella rete di osterie, ricetto per studenti e operai che allora frequentavo, un insieme di bettole, scadenti ma autentiche che ormai sono quasi sparite» [a Massimiliano Chiavarone, Il Giorno] • «Ha continuato gli studi all’École des hautes études en sciences sociales di Parigi e completato la sua formazione conseguendo un dottorato di ricerca in Teoria e analisi del testo all’Università di Bergamo. Professore a contratto nell’ateneo bergamasco, coordina il Centro studi sui linguaggi della guerra e della violenza. Sempre presso l’Università di Bergamo insegna Teorie e tecniche del linguaggio televisivo. Nel 2005 diviene ricercatore in Cinema, Fotografia, Televisione e nel 2008 si trasferisce alla IULM di Milano, dove attualmente è professore associato e svolge attività nell’ambito del Laboratorio di Scrittura Creativa e del Laboratorio di Oralità e Retorica» [wikipedia] • Ecco come pubblicò il suo primo romanzo: «Era il 1998, avevo vinto una borsa di studio dopo aver terminato il dottorato in Filosofia. Per arrotondare trovai, grazie a un amico, un lavoro in un Blockbuster in fondo alla via Pinturicchio. Un sabato sera, riconobbi tra i clienti lo scrittore Antonio Franchini. Gli dissi che avevo letto i suoi libri. Lui mi lasciò il telefonò e cominciammo a vederci. Poi scoprii che era responsabile della narrativa Mondadori. Non gli dissi che scrivevo. Un comune amico invece glielo riferì e dopo alcuni mesi Antonio mi chiese di leggere i miei scritti. Il primo tentativo andò a vuoto perché, a parer suo, i romanzi erano troppo belli per essere pubblicati. Poi cominciai un nuovo libro. Franchini mi fece il contratto dopo la lettura di un solo capitolo. Diventò il mio primo titolo a essere pubblicato: Il rumore sordo della battaglia» (ibidem) • «Non un capolavoro» (Maria Rosa Mancuso), ma già rivelatore di una vocazione: quella di mischiare storia e letteratura • Scurati lascia Mondadori, dopo un passaggio a Donzelli (Guerra, 2003) passa a Bompiani, che nel 2006 gli ripubblica il romanzo d’esordio, nel frattempo riscritto. Intanto, sempre con Bompiani, che è rimasto il suo editore fino a oggi, manda in libreria Il sopravvissuto (2005), storia di un ragazzo destinato alla bocciatura che si presenta all’esame di maturità, estrae una pistola e uccide i professori. Ne risparmia soltanto uno, al quale spetterà il compito di trovare le ragioni della strage. Vince il Campiello e, al momento della premiazione (25 settembre 2005), aggredisce verbalmente Bruno Vespa che conduce la serata. «Se il mio protagonista dovesse decidere di uccidere qualcuno stasera, sarebbe lei!». Spiegò poi: «Non si può restare inerti nei confronti della violenza, e della violenza che la televisione ci propina. L’assassinio degli esaminatori nel mio romanzo è una metafora per la condizione generale di sopravvissuti a cui tutti siamo costretti dal bagno di violenza mediatica sempre in agguato. Lo scambio di battute non era preparato. Sono convinto che uno scrittore si debba misurare con i linguaggi egemoni, senza subire nemmeno sul piano letterario, ma in forma agonistica, restituendo il colpo» • Tenta due volte lo Strega, prima con Il bambino che sognava la fine del mondo battuto per un solo voto da Stabat Mater di Tiziano Scarpa (2009), e poi con Il padre infedele, superato da Il desiderio di essere come tutti di Francesco Piccolo (2014). Sarà proprio Piccolo a proporre per lo Strega, nel 2019, il suo M. Il figlio del secolo, primo di una biografia storico/letteraria (il libro è qualificato come “romanzo”), che all’epoca si annunciava in tre parti e che ora è diventata una tetralogia. Scurati vi racconta la vicenda mussoliniana dalla fondazione dei fasci (1919) all’assassinio di Matteotti (1924). Si aggiudica il premio Strega e fa furore in libreria, dove lo si accredita di un venduto di mezzo milione di copie, una richiesta di traduzioni in quaranta paesi, una riduzione televisiva, ecc • «Si chiama M. il figlio del secolo, il primo romanzo dei tre previsti da Antonio Scurati sulla storia del ventennio fascista. Al centro lui, Benito Mussolini, ex leader socialista cacciato dal partito, agitatore politico indefesso, direttore di un piccolo giornale di opposizione la cui parabola politica umana esistenziale è raccontata con le stesse sue parole e i suoi gesti, “nulla è inventato di quanto fa o pronunzia”. E, accanto, decine di personaggi grandi, piccoli, o semplici comparse, D’Annunzio, Marinetti, Margherita Sarfatti, Bombacci, Rossi, Farinacci, Arpinati “amici fidati diventati nemici, nemici diventati amici zelanti, intrecci di vite più o meno oscuri”. Scurati: “Io credo che il Mussolini raccontato in M suoni inaudito perché per la prima volta si osa farne il protagonista di un romanzo. Fino a ieri l’ipoteca della pregiudiziale ideologica o della lotta politica era troppo alta perché si potesse osare la pericolosa libertà della verità letteraria. E la scoperta più sorprendente è che non si tratta di un ideologo pieno della propria dottrina ma di un uomo cavo, privo di idee, convinzioni, fede e, dunque, pronto a tutto”» [a Renato Minore, Mess]. «Ogni capitolo è accompagnato dalla documentazione. Ho lavorato molto all’Archivio Centrale a Roma: lì ho trovato carteggi tra Mussolini e importanti gerarchi. Non una mia scoperta, ma se per gli storici non sono così rilevanti dal punto di vista politico, a un romanziere rivelano il substrato umano» [a Alessia Rastelli, CdS] • Ernesto Galli della Loggia, sul Corriere della Sera, giornale col quale Scurati non collaborava ancora, contestò alcune imprecisioni di M. Lo scrittore rispose reclamando la dizione “romanzo” posta in copertina: l’epoca attuale ha bisogno di «una cooperazione tra il rigore della scienza storica e l’arte del racconto romanzesco» • Il secondo episodio della tetralogia, M. L’uomo della Provvidenza dedicato al periodo 1925-1932, è uscito nel 2020. «Ho fatto crescere nel mio secondo volume su Mussolini la parte documentaria per mostrare come funziona lo Stato di polizia che il regime crea, incarnandosi in Arturo Bocchini: la natura oppressiva oltre all’esercizio sporadico della violenza fisica si manifesta nella megaburocrazia dello Stato che copre tutto il corpo della nazione fino a soffocarlo. L’Ovra trasforma l’Italia in un popolo di delatori, con dossier che servivano non solo a danneggiare il rivale politico ma pure a regolare le liti in condominio» • Giudizi contrastanti. «Se nel primo volume Scurati racconta la violenza e la forza rivoluzionaria del fascismo, in questo M2 racconta gli anni del regime, della dittatura, la tragedia di una nazione che sacrifica l’individuo sull’altare della Patria. Come? Con uno Stato poliziesco che riduce la Storia a cronaca nera o rosa e con il miraggio di un Impero che sarà “collezione di deserti” ma seduce gli italiani e produce orrori. M è il miglior vaccino narrativo attualmente in circolazione contro i nuovi populismi: un romanzo europeo dove stile e contenuto si fondono nel discorso indiretto libero, libero perché la voce interiore del Duce è riprodotta senza caporali, costringendoci a farla scandalosamente nostra, libero perché lo sguardo è affrancato da pregiudiziali ideologiche che impedirebbero di raccontare da dentro e senza reticenze, come una lunga ammissione, gli ardori, i furori, gli errori e gli orrori del fascismo» [Mastrantonio, Sette]. «Con questo secondo mattone, Scurati ci vuole spiegare che la storia è romanzesca […] Nella periodizzazione canonica, stabilita con la sua autorità dalla biografia di Renzo De Felice, i Patti Lateranensi funzionano da spartiacque: ché proprio nel 1929 cominciano gli Anni del Consenso. Scurati invece arriva stancamente fino al 1932, spezzando una consolidata periodizzazione storiografica. Una prospettiva che sembra fargli perdere il filo della storia seguendo troppo il filo delle storielle» [Chessa, Mess]. «Antonio Scurati ha raccontato benissimo la saga assieme feroce e geniale» [Mughini, Huffington]. «Scurati racconta i quartieri della prostituzione più derelitta: le “pietose puttane da due soldi”, le “piccole lupe di suburra”, macilente, febbricitanti, con “l’aura di cadaveri insepolti che né i cani né gli avvoltoi toccheranno”. Chi le cerca, cerca nel “loro glabro delta di denutrizione, la prossimità dei cimiteri”, in un patto “tra l’orgasmo e la sopravvivenza”. Sono pagine alla Houellebecq, alla Malaparte» [Merlo, Rep]. «Una piccola enciclopedia di bella lettura, mentre al povero Antonio Gramsci, al suo pensiero, al suo arresto e alla sua condanna al carcere vengono dedicate poche righe. Così va, quando più che alla storia si bada alle esigenze narrative. Tutto ciò detto, è un bel libro? Sì, lo si legge con piacere, Scurati è uno scrittore bravo, anche se personalmente avrei preferito che rinunciasse all’ambizione Buddenbrook tagliando due o trecento pagine» [Guerri, Giornale].
Altro È del 2006 - sempre per Bompiani – il saggio La letteratura dell’inesperienza. Scrivere romanzi al tempo della televisione: una riflessione su media, Dadaismo, letteratura e Umanesimo • Una storia romantica (premio Mondello-Città di Palermo, ex aequo con Andrea Bajani), ambientata all’epoca delle Cinque giornate, con cui resuscita, anche nello stile, il vecchio feuilleton ottocentesco. Maria Rosa Mancuso: « Siamo partiti con le migliori intenzioni, decisi a ricavarne perlomeno un guilty pleasure da feuilleton. Ne siamo usciti assai provati, tramortiti da una prosa che mira ai grandi scrittori dell’Ottocento e il più delle volte centra i romanzetti della collana Harmony» [Foglio, 25/9/2007] • È del 2010 Gli anni che non stiamo vivendo. Il tempo della cronaca, una raccolta di articoli sui principali fatti contemporanei di cronaca nera, politica e attualità. Nello stesso anno affronta i medesimi argomenti con la rubrica "Lettere dal nord" all’interno del programma televisivo Parla con me • La seconda mezzanotte (2011) • Vince il Viareggio nel 2015 con Il tempo migliore della nostra vita, biografia romanzata di Leone Ginzburg, selezionata anche per il Campiello • Il 25 giugno 2008 è andato in onda su Raitre il suo documentario televisivo La stagione dell’amore, realizzato per Fandango, in cui indaga sull’amore e sul sesso sulle orme dell’inchiesta realizzata da Pasolini nel 1965 (Comizi d’amore). Constata, ma era il 2008, che «ci sono argomenti ancora tabù come le pratiche sadomaso: nessuno vuole parlarne».
Politica Forte sostegno al Pd durante un intervento a Otto e mezzo, su La7: «Bisogna prendere a cura le sorti del pianeta, e questo lo può fare solo il Pd, che deve diventare finalmente protagonista» [Minuz, Foglio 20/9/2020] • Sull’epiteto di “dittatore” affibbiato da Draghi a Erdogan: «Sono d’accordo, anche se sono rimasto sorpreso. Lo considero un atto verbale al tempo stesso ingenuo e sapientissimo, espresso con quella forza dello scandalo in senso evangelico, come il bambino che dice: il re è nudo» [a Cesare Martinetti, Sta, 14/4/2021] • «Io rifiuto come aberrante il revisionismo ideologico e anche l’idea della memoria condivisa che ritiene equipollenti le narrazioni fasciste e quelle antifasciste. Il punto è un altro: fino a oggi non si è potuto raccontare in letteratura il fascismo perché la pregiudiziale antifascista lo proibiva. Oggi quella pregiudiziale è caduta per ragioni storiche. E dunque, da antifascista, ritengo che l’antifascismo vada rifondato su nuove basi» [a Renato Minore].
Vita privata Custodita con grande accanimento. Ha una figlia di nome Lucia, dalla cui madre si sarebbe separato. Ha lui stesso ammesso che, ne Il padre infedele (2013), scritto quattro anni dopo la nascita della bambina, vi sono molti riferimenti autobiografici. «Questo, prima che un libro sulla crisi della coppia, è un libro sulla paternità e sull’amore di un padre per la sua figlia bambina. Oggi la novità non è che le mogli volgano la nuca dopo aver partorito, ma che i mariti se ne disperino e cerchino il corpo della moglie come il luogo in cui l’eros si completa. I talami nuziali non sono, come un tempo, letti di passioni spente, ma scenari drammatici di passioni accesissime non ricambiate. Il protagonista, uno chef laureato in filosofia, tenta di recuperare il senso avventuroso della vita, l’ipotesi di potersi rimettere su quelle piste della savana su cui si aggirava in bande di soli maschi prima che il padre nascesse in lui. È il ritorno al gibbone. Io seguo la lezione di chi ritiene che all’origine dell’evoluzione esista solo il maschio fecondatore, come per le scimmie, e che il padre che si prende cura della famiglia sia solo una costruzione culturale, straordinaria, ma priva di fondamento biologico. La modernizzazione dei costumi, con il sesso che ha preso il posto dell’amore, ci ha investiti con potentissime spinte di regressione animale. Perciò quando a 40 anni, dopo aver vissuto a lungo da gibboni, ci vogliamo reinventare padri, facciamo un’enorme fatica […] Le nostre donne mascolinizzate, divenute madri, spesso mettono l’atavica maschera della mater dolorosa. Giulia quasi rivendica la sua depressione post partum. Così il maschio ha nostalgia della femmina perduta» [a Candida Morvillo, ioDonna]. «I padri d’oggi sono madri mancate» [a Francesco Musolino, Gazzetta del Sud].
Curiosità «Sono legato alla milanese via Pinturicchio. Mi piacciono le sue case risalenti agli anni ’20. In questa via si intrecciano coincidenze e avvenimenti decisivi per la mia vita. Per esempio mia madre quando fu assunta alla Rinascente di Napoli venne a Milano per fare un corso di formazione e la sede dell’azienda era proprio in questa strada. E nello stesso stabile prima c’era la sede della Rizzoli, la mia casa editrice. Al civico 25 abitava Giovanni Guareschi, nella stessa casa dove ho lo studio» [a Chiavarone].
Titoli di coda «Non è ovvio che la democrazia possa esistere» [a Cesare Martinetti].