30 giugno 2021
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Biografia di Leslie Caron
Leslie Caron, nata a Parigi il 1º luglio 1931 (90 anni). Ballerina. Attrice. Una stella sulla Hollywood Walk of Fame • «La francesina di Hollywood» (Laura Putti, la Repubblica, 27/6/2010) • «L’incantevole ragazza protagonista di tanti sogni d’amore sulle punte» (Giuseppina Manin, Corriere della Sera, 3/5/1990) • «Fragile, minuta, i grandi occhi azzurri appena un po’ velati di stanchezza, molto elegante» (Anna Bandettini, la Repubblica, 3/5/1990) • «Dotata di un fascino tipicamente parigino, la Caron ha rappresentato il raro caso di un’ex danzatrice diventata attrice di duttile registro interpretativo, in grado di cimentarsi tanto con personaggi di spessore drammatico quanto in ruoli brillanti, lavorando con registi di notevole valore» (Treccani) • Divenne famosissima interpretando la parte di Lise Bouvier nel musical Un americano a Parigi (Vincente Minnelli, 1951). Fu candidata due volte all’Oscar - per Lili (Charles Walters, 1953) e La stanza a forma di L (Bryan Forbes, 1962) - e due volte al Golden Globe - per Gigi (Vincente Minnelli, 1958) e Fanny (Joshua Logan, 1961). Tra i suoi altri film: Papà Gambalunga (Jean Negulescu, 1955), Spogliarello per una vedova (Arthur Hiller, 1966), Il padre di famiglia (Nanni Loy, 1967), L’uomo che amava le donne (François Truffault, 1977), Il danno (Louis Malle, 1992) e Chocolat (Lasse Hallström, 2000). Di recente, vista anche nella serie tivù inglese I Durrell - La famiglia e altri animali (2016) • Ha detto: «Purtroppo a Hollywood sono convinti che sia sufficiente ballare in un musical per essere ballerini».
Titoli di testa «Gli occhi di giada di Leslie Caron sono ancora trasparenti, e sempre impressionanti, mentre con un sorriso gentile l’attrice fa il suo ingresso nel soggiorno del suo appartamento parigino accanto al Museo d’ Orsay. Molti fiori nei vasi, molte tappezzerie sul viola, molti quadri e fotografie alle pareti. Lei con Truffaut. Lei con Renoir. I due figli - avuti dal grande regista teatrale inglese Peter Hall, il secondo dei suoi tre mariti - a tutte le età. I nipoti. Il bellissimo ritratto di Christopher Isherwood dipinto dal suo compagno Don Bachardy. E, nel corridoio, si intravede una sbarra di legno per allenare la ballerina che ancora vive in lei. Più che camminare, Leslie Caron incede, frusciando leggera come una gatta. Però ama i cani e durante tutto il nostro incontro Tchi-Tchi, un trovatello (ma di razza, uno shih tzu) adottato via internet, le resterà accanto, allungato sulla moquette» (Putti, la Repubblica, 27/6/2010).
Vita Leslie nasce a Boulogne-Billancourt, un quartiere tra la Senna e il bosco di Boulogne. Il suo nome completo è Leslie Claire Margaret. Seconda di due figli (suo fratello si chiama Aimery Caron). Suo padre, Claude, è un farmacista francese. Sua madre, Margaret, americana di Seattle: negli anni Venti è stata una ballerina di Broadway. «Mia madre aveva visto Nijinsky e Anna Pavlova. Ma all’epoca gli unici spettacoli che si usavano in America erano le riviste e gli show di Broadway». Margaret, già sposata con un banchiere americano, durante un viaggio in Europa perse la testa per Claude Carone, divorziò dal primo marito, e lasciò per lui la danza. Per questo, appena le nacque una figlia femmina, le fece prendere lezioni di danza • La piccola Leslie comincia a ballare quando ha undici anni. Infanzia a Parigi, nella buona borghesia, a scuola dalle suore. Gli anni della guerra li passa nel sud della Francia: si trova nella proprietà dei nonni a Grasse, a nord di Cannes, il 15 agosto 1944, quando sbarcano gli americani. E dopo la liberazione, torna a Parigi e si iscrive al Conservatorio di Danza. A 16 anni viene ingaggiata dal famoso coreografo Roland Petit, che le assegna parti da solista in uno spettacolo su Edipo e la Sfinge. «Avevo soltanto diciassette anni e danzavo assieme al balletto degli Champs Elysées. Una sera Gene Kelly, che era in visita a Parigi, venne ad assistere allo spettacolo. Un anno dopo feci un provino con lui. E, trascorsi solo pochi giorni, Gene mi propose di trasferirmi a Hollywood e mi offrì la parte di protagonista in Un americano a Parigi» (Julien Fernandez, Chi, 13/6/2001) • «Sono arrivata a Los Angeles con mia madre. Ci hanno messo in un albergo caro a Beverly Hills. La mattina dopo siamo scappate via, in cerca di un alloggio più a buon mercato. Siamo finite in un motel che, non lo sapevamo, era anche albergo a ore. Gene ci ha urlato al telefono e allora abbiamo trovato un albergo per viaggiatori di commercio, il Curver Hotel. Deve ancora essere lì, un albergone» (alla Putti) • All’inizio degli anni Cinquanta Hollywood e l’America sono ancora in pieno maccartismo. «C’era uno scandalo ogni quattro anni, c’erano molti divorzi, ma tutti erano puritani. Uomini e donne uscivano insieme, andavano a letto, ma dopo si sposavano. Le starlettes erano sempre fidanzate. Basta guardare i costumi dei film degli anni Cinquanta: eravamo molto coperte. Un paio di gambe già facevano scandalo. Io avevo avuto un’educazione borghese, ero una ragazza di buona famiglia, ma a Hollywood arrivavano anche ragazze di campagna. Venivano subito trasformate in lady. Esther Williams, Rita Hayworth, Lana Turner che faceva sempre ruoli da gran signora, ma era una ragazza semplice, e se le avessero permesso di essere se stessa sarebbe stata meravigliosa. Esther Williams si esprimeva come un soldato, diceva parolacce, era davvero grossière. Ma a Hollywood, in quel momento, tutti dovevano avere un’aria composta, anche se la loro vera natura era ben più interessante» (alla Putti) • Quando Un americano a Parigi esce nelle sale, lei rimane sorpresa dal successo. «Io non avevo alcuna intenzione di diventare una star del cinema, la presi un po’ come un lavoro, un dovere. Essere già una star a soli diciotto anni è davvero una responsabilità. Un successo di proporzioni così ampie è un fardello molto pesante da portare ed è accompagnato da uno stress notevole» (a Julien Fernandez, Chi, 13/6/2001) • «Ero un’artista già molto indipendente, conoscevo il rapporto con il pubblico e consideravo il mondo del cinema come una gabbia. In più avevo molte difficoltà a esprimermi, perché come ballerina ero abituata al silenzio. La parola mi inibiva molto. Ho dovuto studiare parecchio per imparare il lavoro dell’attrice» (alla Bandettini).
Buste paga «“Gli studios davano la paga sindacale, quello potevamo permetterci. Dalla Metro Goldwyn Mayer, per Un americano a Parigi, presi 75 dollari a settimana, come una buona segretaria, per un totale di 750 dollari tutto compreso. Dopo un anno arrivai ai 100 e il terzo anno ai 125 dollari a settimana. Tutti eravamo stipendiati. Chi guadagnava di più era perché aveva un bonus. Quando mi proposero Gigi ero già molto famosa e non ne potevo più del mio piccolo salario. Allora chiesi il bonus. Ebbi 75 mila dollari”. Dunque potevate trattare? “Certo, ma di solito non ci veniva in mente, eravamo molto obbedienti all’epoca. Gli studios erano come famiglie. Se avevi troppe esigenze dopo pochissimo tempo lo sapevano tutti e la tua carriera diventava difficile. Liz Taylor fu un’eccezione: per Cleopatra chiese un milione di dollari. Non voleva fare il film ed era sicura che gli studios non avrebbero accettato. E invece dissero di sì”» (Putti).
Amori Dice di aver avuto «due mariti e mezzo» (il «mezzo lo sposai quando ero poco più che bambina»). Il primo fu il ricco industriale americano George Hormel (1928-2006), re delle conserve: furono marito e moglie dal 1951 al 1956 («Lo sposai per solitudine, perché non parlavo bene l’inglese e lui aveva una madre francese»). Il secondo marito fu Peter Hall (1930-2017), amministratore della compagnia reale shakespeariana britannica: furono sposati dal 1956 al 1965: ebbero due figli, Christopher (n. 1957) e Jennifer (n. 1958), poi lui ottenne il divorzio dopo aver scoperto che lei gli metteva le corna con Warren Beatty, più giovane di lei di quasi sei anni, conosciuto nel ’63 e lasciato nel ’67 anche a causa del rifiuto dell’attore di darle il ruolo di Bonnie in Bonnie and Clyde. Il terzo marito fu Michael Laughlin: furono sposati dal 1969 al 1980. «Sono stati importanti gli uomini nella sua vita? “Amavo molto gli uomini. Amavo fare l’amore. Sono stata una donna sottomessa. Mia madre mi aveva educata così. Ma a un certo punto la situazione è esplosa: da un lato ero indipendente e ribelle, dall’altro vivevo questa sottomissione che lei aveva stampato nella mia personalità”» (Putti).
Patria «Nel 2007, pur essendo francese e vivendo a Parigi, diventa cittadina americana. “Il malessere viene da lontano. Quando tornai in Europa mi illusi di essere accolta con affetto. Non solo il mio paese non lo fece, ma io stessa non riuscivo più ad avere una identità. A Hollywood mi hanno sempre considerata francese, in Francia ero un’americana. E così nel 2007, dopo tutti quegli scioperi contro la politica economica di Sarkozy, mi sono irritata e mi sono sentita così sola da decidere di diventare americana. Giusto in tempo per votare Obama”. Ama Sarkozy e vota Obama? “Che cosa c’è di strano? Tutti e due, in fondo, vogliono le stesse cose”» (Putti, 2010)
Declino Non ha mai vissuto di ricordi. «Se ne fossi stata capace non avrei avuto nel ’95 un crollo nervoso durato una decina d’anni. Tra gli anni Ottanta e i Novanta il lavoro è diminuito. Fino a indurmi a pensare di non essere più buona a niente. Allora ho comprato un palazzo del Cinquecento su un fiume, in Borgogna, a Villeneuvesur-Yonne, lo ho arredato, ne ho fatto un albergo di charme e mi ci sono gettata con tutta me stessa. Sono andata avanti per più di dieci anni, poi è arrivata la crisi economica. Gli americani hanno smesso di prenotare, ho abbassato i prezzi ma non è servito. Tanto che ora la mia amata “Lucarne aux Chouettes” (il nido delle civette) è in vendita. È stato difficile decidermi a questo passo. Allora mi sono messa a scrivere, ne avevo di cose da raccontare» (alla Putti).
Curiosità È alta 1 metro e 56 • È la candidata all’Oscar vivente più anziana • «Danzare sul set di un film è molto più difficile. Negli studi cinematografici di solito il pavimento è in duro cemento dipinto con colori squillanti... e quella pittura è quanto di più adatto per farti scivolare. In effetti era così difficile e pericoloso che io chiedevo sempre che alla pittura fosse miscelata della sabbia» • Anche se abbandonò la danza a 24 anni, nel 1944 ballò a New York con Mikhail Baryshnikov e Rudolf Nureyev, e Baryshnikov «rimase sorpreso da quanto fossi allenata» • Per il 30° compleanno del secondo marito gli regalò una Rolls Royce • Nel 1967, a Venezia, protestò con gli organizzatori della Mostra del cinema perché in albergo le avevano riservato «solo una stanza» e non un appartamento «con una suite di salotti» • Nel 1985 lei e suo fratello Aimery fecero causa all’amante del loro defunto padre per questioni di eredità • Nuotatrice espertissima. Nel 1964, mentre giravano un film nella piscina di un teatro di posa della Universal, lei e Cary Grant salvarono sette ragazzi dall’annegamento • Il suo regista preferito è Woody Allen. Il suo film preferito Hannah e le sue sorelle, «un film che sembra un balletto» • Oggi parla benissimo l’inglese («anche se è una lingua che richiede un uso dei muscoli completamente diverso») e dice: «Le mie radici sono a Parigi. Tutto il resto, è nelle valigie» • A Hollywood la sua stella è tra quella di Gene Kelly e quella di Louis Jourdan • Non è superstiziosa • Se non avesse fatto l’attrice, le sarebbe piaciuto fare la cantante lirica o la ballerina di tip tap.
Titoli di coda «Ancora oggi, mi arrabbio con me stessa perché ogni volta che mi puntano addosso una telecamera, il metodo Metro-Goldwyn-Mayer mi costringe a sorridere. Non mi piace. Ci si accorge subito di noi di quell’epoca: davanti a una telecamera, per noi, è impossibile non sorridere».