13 maggio 2021
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Biografia di Cate Elise Blanchett
Cate Elise Blanchett, nata a Melbourne (Australia) il 14 maggio 1969 (52 anni). Attrice. Premio Oscar come miglior attrice non protagonista per Aviator di Martin Scorsese e premio Oscar miglior attrice per Blue Jasmine di Woody Allen. Ha vinto anche tre Golden Globe, tre Premi Bafta, tre Screen Actors Guild Awards e due Satellite Awards. «Mi piace guardare i miei premi per un po’, poi li nascondo. Non bisogna soffermarsi sui successi del passato, si deve guardare avanti altrimenti c’è il rischio di fallire la prossima volta» • «Bionda, delicata, sottile, capace di tramutare in eleganza perfetta una camicia e un paio di jeans, Cate Blanchett è il ritratto di quella upper class bianca e ricca che domina il Nord del mondo. “È così, vivo in uno dei quartieri privilegiati di Londra e sono figlia di questa società” conferma [...]» [a Giuseppina Manin, CdS 24/5/2006].
Titoli di testa «Ho deciso di diventare un’attrice quando mi sono resa conto che gli interpreti avevano il potere di commuovere gli spettatori».
Vita Da bambina sognava di vivere in una casa abitata da fantasmi per entrare in contatto con il padre morto [Ciak]. Robert DeWitt Blanchett, texano, ex soldato della Marina militare degli Stati Uniti, fu stroncato da un infarto quando lei aveva 10 anni appena • «Per anni ha visto ogni giorno la versione televisiva di MASH perché il protagonista Alan Alda le ricordava il genitore scomparso. “Sono due gocce d’acqua e mi sembrava un modo di tenerlo in vita”. Oggi però racconta sorridendo che il rimanere incollata di fronte al televisore l’ha fatta diventare anche una grande fan del cinema horror, in particolare della serie Halloween, della quale si definisce un’esperta» [Monda, cit] • Sua madre, June Gamble, si divideva tra un impiego da insegnante e un altro lavoro. «Io sono stata allevata soprattutto da mia nonna. Avevamo molto poco, io, mia sorella e mio fratello. Ne avevo coscienza piena nonostante fossi ancora un’adolescente. La mia non è stata un’infanzia agiata, la scarsità di mezzi era il filo conduttore delle mie giornate nella casa in cui sono cresciuta da piccola, a Sydney, in Australia» [a Silvia Bizio, OK Salute e benessere] • «Mia madre si è indebitata per farmi studiare e tutti noi ci siamo impegnati, con una volontà di riscatto che ha dell’incredibile. Ci è andata bene. Mia sorella, Geneviève, è una scenografa di talento, mentre mio fratello Robert lavora nel mondo dei computer. E io… Ho la possibilità di provvedere economicamente a chi nella mia famiglia dovesse averne bisogno» [ibid.] • Da bambina ha studiato ginnastica artistica, danza classica e pianoforte. All’università ha scelto Economia e Belle arti • A 15 anni ha deciso di rasarsi la testa completamente • A 18 fu invitata da un amico a passare una vacanza in Egitto. In realtà il ragazzo voleva darle una parte in un piccolo film che stava girando, così il giorno dopo la Blanchett si ritrovò a dover fare il tifo vestita da cheerleader durante un incontro di boxe tra un americano e un egiziano. L’esperienza la intimorì a tal punto che il giorno dopo lasciò il set [Piancatelli] • Tornata in Australia decise di iscriversi presso la Sydney’s National Institute of Dramatic Arts: «Solo per caso mi sono presentata per un’audizione alla Nida. E ho avuto la buona sorte di essere notata mentre in un teatro off recitavo in una pièce di David Mamet. Ma devo dire che se non fossi stata così affamata, anche in senso letterale, forse non avrei avuto quel fuoco dentro per farmi valere, per farmi largo a gomitate. Anche per mostrare tutta la mia gratitudine a mia madre, alla quale non è che il destino avesse riservato molta fortuna» [a Bizio, cit.] • Esordio in teatro («Sono stata marinata nel teatro australiano»): «Le cronache riportavano che era stata superlativa in ruoli diversissimi come Clitennestra e Ofelia» [Monda, Sta]. Il giorno in cui le offrirono quella parte pianse: «È il massimo, non mi capiterà mai più un’opportunità del genere: da questo momento tutto potrà solo andare peggio» [IoDonna] • «Il teatro permette un rapporto visibile con il pubblico ed è un lavoro di squadra. Nel film invece c’è un aspetto letterale, un lavoro sulla narrativa per cui il personaggio ha una grande elasticità» • Appare per la prima volta sul grande schermo nel 1996 in Parklands di Kathryn Millard («Avevo 25 anni e mi dicevano: se non ti sbrighi a fare cinema la tua carriera è segnata»), il primo ruolo significativo lo ottiene in Oscar e Lucinda di Gillian Armstrong ma il primo successo arriva nel 1998 con Elizabeth di Shekhar Kapur, film che le vale la prima nomination agli Oscar: «La prima volta che ho visto Cate Blanchett è avvenuto sullo schermo, e ne sono rimasto folgorato, come gli spettatori di ogni parte del mondo. La sua interpretazione di Elizabeth era a dir poco straordinaria, e riusciva a essere nello stesso tempo sensuale ed algida, antica ed estremamente moderna. Era riuscita a dare spessore e profondità all’unica intuizione di un film estremamente rozzo: per tenere uniti i suoi sudditi, molto religiosi, Elisabetta I capisce che deve rinunciare all’amore fisico e diventare la vergine madre dell’Inghilterra anglicana. Cercai di capire chi fosse quell’apparizione folgorante, e appresi che era australiana e lavorava prevalentemente con il marito Andrew Upton, un ottimo regista teatrale» [Monda, cit] • Il film va anche a Venezia. «Ero una giovane attrice emergente, non avevo idea di cosa fosse un Festival, mi sussurravano all’orecchio: la gente applaudirà, o lascerà la sala in disaccordo, e non ne capivo bene il senso. Ricordo che me ne andai in gondola col terrore negli occhi» [a Valerio Cappelli, CdS] • «Dopo Falso tracciato (1999), Un marito ideale (1999) e Il talento di Mr. Ripley (1999) è passata dalle atmosfere horror di The gift (2000) a quelle melodrammatiche di The man who cried (2000) e anche nelle sue scelte successive ha dato prova di grande versatilità. È stata protagonista accanto a Kevin Spacey e Julianne Moore di The Shipping News (2001)» [Rep] • Nel 2000 Peter Jackson è Galadriel, regina degli elfi nel Signore degli Anelli. Dice di aver accettato il ruolo perché suo marito trova le orecchie a punta molto seducenti [Quadri, Io Donna] • Recita per Joel Schumacher, Jim Jarmusch, Ron Howard, Wes Anderson e, nel 2004 per Martin Scorsese in The Aviator. Ed è nel ruolo di Katherine Hepburn che riceve il primo Oscar • «Nel film di Richard Eyre del 2006, Diario di uno Scandalo, recita al fianco di una bravissima Judi Dench che definisce “fantastica. Il mio lavoro acquistava qualità vicino a lei. È una donna forte, piena di senso dell’umorismo”. E, commentando la scena mostrata in cui loro due litigano aspramente, racconta: “Ero terrorizzata di dover sbattere Judi contro la libreria. Sembrava una tartaruga ninja per l’attrezzatura che le avevano fatto indossare per evitare che si facesse male e lasciare a me la libertà di agire”» [Rogolino, Elle] • Nel 2007 interpreta una delle molte vite di Bob Dylan in Io non sono qui di Todd Haynes: «Ho accettato di fare questo viaggio con Todd per vedere dove ci avrebbe portato. All’epoca stavo finendo di girare Elizabeth e, se ci fate caso, dimagrivo da una scena all’altra perché già mi stavo preparando per il ruolo di Dylan. Io adoro Bob Dylan e quella è stata l’unica volta che mio marito è stato geloso» • Quella volta che al Festival del Cinema di Roma raccontò che suo cognato parlò per ore con il cantante senza sapere chi fosse: «Era ad una festa a Malibu negli Anni 80 e ha parlato con questo tizio di piante e fiori. Quando un amico si avvicina e gli dice: ma conosci Bob? Lui gli risponde: Chi è Bob? Io pensavo fosse il giardiniere» [Rogolino, Elle] • A Venezia, con Io sono qui, la Blanchett si aggiudicò la Coppa Volpi, che però non poté ritirare • Il 5 dicembre 2008 entra a far parte della famosa Walk of Fame • Torna a lavorare con Kapur (Elizabeth: The Golden Age, 2007), con Peter Jackson (Lo Hobbit - Un viaggio inaspettato, 2012) e poi con Steven Spielberg (Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo, 2008), David Fincher (Il curioso caso di Benjamin Button, 2008), Ridley Scott (Robin Hood, 2010), Joe Wright (Hanna, 2011) • Nel 2013 con Blue Jasmine di Woody Allen arriva il secondo Oscar: «Interpreto la ricca newyorchese, depressa e disillusa. Ho amato quel film ma ho dovuto inventarmi una camminata chic che mi dava la nausea. Dei miei personaggi, come nella vita, mi piacciono i momenti di svolta» • Intervistata dopo la cerimonia ha dichiarato: «Non vedo l’ora di non dovermi più pettinare i capelli, indossare abiti puliti, mettere il profumo. Da lunedì voglio essere sciatta» • Dal 2013 Cate Blanchett è la testimonial – con un contratto da 10 milioni di dollari – di Sì, la fragranza di Armani: «È una relazione cresciuta piano, in modo organico, non mi sembra nemmeno sia passato tutto questo tempo. Ho sempre ammirato il lavoro del signor Armani da una certa distanza e poi, quando mi ha contattata, mi sono sentita incredibilmente lusingata. Mi piace pensare che condividiamo un insieme di sensibilità e influenze culturali». In altre interviste ha ricordato quanto l’abbia colpita vederlo ai suoi piedi a sistemare l’orlo di un abito: «È un uomo riservato, credo che molto di lui si possa capire dalle sue creazioni e dai progetti che decide di sostenere, anche tramite l’Armani Silos. Abbiamo una relazione molto “tattile”, perché il mio italiano è misero e il mio francese scolastico. Quando penso a lui, mi viene in mente l’intensità del suo sguardo» [Bonazzi, Marie Claire] • L’anno successivo recita in The Turning, che produce in parte: «Trovo che recitare sia come una conversazione. Quindi dipende da con chi dialoghi. Il mio rapporto con i registi è molto importante, come con gli sceneggiatori. Quando recito penso sempre a tutto. Quindi, per me, produrre è solo un’estensione del mio impegno» [a Ghisi, cit] • Sempre nel 2014 è diretta da George Clooney in Monuments Men, e presta la sua voce a Valka in Dragon Trainer 2 della Dreamworks. Nel 2015 riceve la sua prima statua di cera, esposta al Madame Trussauds di Hollywood, è la matrigna nella Cenerentola di Kenneth Branagh, interpreta la giornalista americana Mary Mapes, coinvolta nell’inchiesta Bush-Guard per la Cbs News, in Truth – Il prezzo della verità ed è protagonista del film Carol, accanto a Rooney Mara. Antonio Monda: «Le chiesi se avesse avuto difficoltà a interpretare una omosessuale in Carol, il bel film di Todd Haynes tratto da Patricia Highsmith. Senza perdere minimamente la calma, e con il sorriso sulla bocca, mi spiegò che il suo mestiere era quello di attrice, e che nessuno le aveva mai chiesto quali fossero state le difficoltà a interpretare un elfo nel Signore degli Anelli» • Scandalo al Festival di Cannes: «Mi avevano chiesto se avevo mai amato donne e ho detto sì, perché ho avuto ottimi rapporti con tante di loro; hanno omesso la seconda parte della frase: “Se per amore intende relazione sessuali, la risposta è no” • Tornerà a lavorare con Terrence Malick in Song to Song e con Clooney in Ocean’s 8 di Gary Ross: «Cosa l’ha spinta a lavorare in Ocean’s 8? “Ma, scusi, ha visto chi mi trovo di fianco? Sandra Bullock, Anne Hathaway, Helena Bonham Carter, Dakota Fanning… Ho vinto la lotteria! Non capita spesso, anzi è piuttosto raro (ride). L’abbiamo girato due anni fa ed è un progetto al femminile anomalo, ma ora ci sono in produzione decine di film con donne protagoniste: assisteremo a una vera esplosione. Alla presentazione del film mi ha colpito la varietà del pubblico, donne e uomini di ogni età, colore e nazionalità. Ocean’s 8 infatti non è di nicchia: è un film ad alto budget bello e divertente”» [a Io Donna] • Nell’agosto del 2017 viene inserita dalla rivista Forbes, all’ottavo posto fra le attrici più pagate, con un guadagno di 12 milioni di dollari, ex aequo con la collega Julia Roberts [Wikipedia] • Nel 2018 è membro della giuria della 71° edizione del Festival di Cannes: «È stato uno dei grandi onori della mia vita; e una grande responsabilità. Il mio compito principale era di ascoltare l’opinione di tutti e fare in modo che tutti fossero rispettati; scegliere è difficile, a volte doloroso». Apre anche la Festa del Cinema di Roma: «Cate Blanchett quando entra nella Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica per incontrare il pubblico della Festa del Cinema di Roma 2018 e ripercorrere la sua carriera, rispondendo alle domande del direttore Antonio Monda. Indossa un prezioso tailleur nero, ma quello che attira inevitabilmente l’attenzione sono le scarpe, delle décolleté di un verde brillante che ricordano Il Mago di Oz» [Rogolino, Elle] • «C’è un altro episodio che mi sento di rivelare di quel soggiorno romano: il mio compleanno coincideva con il giorno del suo evento, e decisi quindi di invitarla alla festa. Quando lo seppe, Valerio De Paolis mi disse che conservava in ufficio la Coppa Volpi che lei aveva vinto interpretando Bob Dylan in I am not there, di cui lui era distributore: Cate era dovuta andare via da Venezia prima delle premiazioni e non era riuscita a ritirarla. Decidemmo con Valerio di portare la coppa alla festa, e gliela presentai a sorpresa, scherzando sul fatto che era la prima volta che un premio di Venezia veniva consegnato a Roma. Lei rimase a bocca aperta e mi invitò a brindare dalla coppa: anche in quel gesto c’era tutto il suo essere glamour con nonchalance» [Monda] • Nel 2019 è la protagonista Che fine ha fatto Bernadette?: «Il mio personaggio, una donna in carriera, è uno dei più coinvolgenti ruoli da me interpretati anche se la critica si è divisa. Ho avuto gratificazioni straordinarie dal mio lavoro ed è curioso che proprio per un profilo femminile al quale tengo infinitamente la mia prova sia stata discussa» [Grassi, CdS] • Nel 2020 si dà alla tv ideando e producendo due serie. La prima serie è Mrs. America in cui interpreta Phyllis Schlafly, la scrittrice antifemminista che nel 1970 creò un movimento per mobilitare i conservatori contro le battaglie per la parità dei diritti: «La serie parla di politicizzazione dell’equità, di come la richiesta di parità e uguaglianza sociale da parte delle donne sia diventata una richiesta politica. È la stessa cosa che sta succedendo adesso con le mascherine. Indossarle si sta trasformando in un gesto politico che, alla base, non lo sarebbe: dovrebbe riguardare soltanto la responsabilità, il rispetto e la democrazia [a Susanna Macchia, Vogue], la seconda è Stateless (Apolide): «I problemi affrontati nella serie hanno una risonanza universale, ma sono spesso dimenticati a causa del silenzio dei media e sono confusi dalla paura e dalla disinformazione. La nostra speranza è che gli apolidi generino una conversazione globale sui nostri sistemi di protezione delle frontiere e su come la nostra umanità ne sia stata colpita» [Casiraghi, Vanity] • L’idea nasce dall’impegno di Blanchett come ambasciatrice dell’agenzia Onu per i rifugiati: «Non posso dire alle persone quel che devono fare e nemmeno mi interessa avere questo atteggiamento. Non vedo il mio ruolo come politico. Da attrice la mia funzione è raccontare storie, far iniziare una conversazione attorno al tema». Ha persino portato suo figlio in una missione in Giordania: «Iggy è venuto con me nel campo profughi di Azraq. Sono temi di cui normalmente parliamo in famiglia, attorno al tavolo, perché non cerchiamo di proteggere i ragazzi da ciò che accade nel mondo. Sapevo avrebbe incontrato altri ragazzi della sua età, hanno giocato a calcio. Anche se non parlavano la stessa lingua e c’era un abisso tra le loro vite, non si percepivano differenze spirituali o emotive tra di loro. È un’esperienza di cui Iggy ancora parla» [Bonazzi, Marie Claire] • «In questo periodo stiamo guardando molto il piccolo schermo, più di quanto abbiamo fatto in passato. E quindi è stato un momento fantastico per far uscire due serie televisive. Ormai sono perennemente alla ricerca di soggetti» [Ghisi, cit].
Teatro Dopo l’Oscar torna a teatro al fianco di Hugo Weaving, in Hedda Gabler di Henrik Ibsen, interpretazione che le vale il primo Helpmann Award come miglior attrice teatrale • Dal 2009 co-dirige in Australia la Sydney Theatre Company assieme al marito e interpreta Blanche DuBois in Un tram che si chiama Desiderio, diretta dall’attrice norvegese Liv Ullmann: «A Broadway le recensioni furono eccezionali, e se Jane Fonda parlò della “più grande interpretazione di tutti i tempi”, Meryl Streep dichiarò “erano anni che non vedevo su un palcoscenico qualcosa di ugualmente sincero e straziante. Fa paura per quanto è brava, e nonostante conosca a memoria il testo, grazie a lei ho avuto l’impressione di averlo visto per la prima volta”» [Monda] • Nel 2009 riveste due ruoli nel ciclo The War of the Roses, adattamento tratto dall’Enrico VI e dal Riccardo III di William Shakespeare. Nel 2010 calca il palcoscenico con l’opera Zio Vanja di Anton Čechov, mentre nel 2011 è Lotte in Groß und klein del drammaturgo tedesco Botho Strauß; la sua interpretazione in quest’ultima opera le vale la candidatura agli Evening Standard Theatre Awards come migliore attrice» [Wikipedia]. E poi Le serve di Jean Genet (2015) e ancora Platonov di Čechov (2017).
Amori È sposata dal 1997 con lo sceneggiatore e regista australiano Andrew Upton con lui ha co-diretto la Sydney Theatre Company e ha quattro figli: tre maschi – Dashiell John (nato nel 2001), Roman Robert (2004) e Ignatius Martin (2008) – a cui nel 2015 si è aggiunta la piccola Edith, adottata: «Spesso mi chiedono se sia diverso crescere una figlia dopo tre maschi, ma io non ragiono in questo modo. Anzi rimango sorpresa quando le persone le parlano o la trattano in modo diverso dai fratelli. Anche io non mi fermo mai a pensare al mio essere donna, a meno che non me lo chiedano» • Cate Blanchett e Andrew Upton si incontrarono per la prima volta nel 1996 su un set ma non fu amore a prima vista. «Pensava che fossi distaccata e io pensavo che fosse arrogante» [a Jay Leno al The Tonight Show nel 2013] • Il primo bacio arrivò dopo una partita di poker e tre settimane dopo, il fidanzamento: «Una sera mi misi ai fornelli. Decisi di farcire una trota con noci e formaggio di capra. Pensavo fosse una buona idea ma mi sbagliavo. Dopo che finì quel piatto disgustoso, forse in preda a un’allucinazione mi chiese di sposarlo. Mi sento quindi di dire che il segreto non è conquistare lo stomaco di un uomo ma dargli un’intossicazione alimentare» [a Ellen DeGeneres nel 2015].
Covid «Come ha trascorso l’isolamento? Ho passato sei mesi a parlare con le mie galline e miei maiali quindi non mi sembra vero di fare finalmente una conversazione adulta» [ad Alessandra De Tommasi, Vogue] • «Riesce anche a leggere? Ci provo… Avevo iniziato La terra inabitabile di David Wallace-Wells e ora sono passata a Strange Tools di Alva Noë, che analizza il concetto di arte. In questo periodo sarei più incline a leggere saggistica, ma alla fine sono lì a ritagliare unicorni di stagnola con mia figlia, e a cucinare di continuo. Oggi è stata la giornata dell’aspirapolvere, e mi è parsa una conquista…» [Venezia, Io Donna].
Femminista «Io mi sono resa sempre riferita a me stessa come “attore”, non ho mai usato un pronome specifico e un linguaggio di genere nella mia professione. E non lo dico come dichiarazione politica. Una performance è buona a prescindere che sia stata realizzata da un uomo o da una donna e così andrebbe giudicata» [ad Alessandra De Tommasi, Vogue] • «Lei ha sostenuto dall’inizio il movimento Time’s Up, che aiuta le vittime di molestie sessuali nello spettacolo. Crede che trasformerà Hollywood sul serio? Lavoro in un’industria dove ogni cosa tu dica, persino il vestito che indossi, diventa argomento di discussione pubblica. Per me è essenziale usare questa piattaforma in modo funzionale e responsabile: credo tocchi a ciascuno di noi apportare i cambiamenti necessari a ogni professione. L’uguaglianza dei compensi, così come l’abuso di potere, non riguarda solo attori e attrici: è una questione principalmente umana, prima che politica. È vero che di recente ha rifiutato un ruolo perché non c’era parità di salario? Sì, succede di continuo. Io ho lavorato anche per 10mila dollari; a volte li ho anche regalati alla produzione perché il film potesse essere ultimato. Non ho scelto questo mestiere per arricchirmi ma se il mio co-protagonista fa lo stesso lavoro che faccio io, non vedo perché debba essere pagato più di me» [a Io Donna] • «E che cosa succederebbe, mi chiedevo, se iniziassimo a guardare la realtà attraverso lenti femminili? Se gli uomini iniziassero veramente a condividere il potere? Potremmo ridisegnare un mondo che rispetta tutti. Questa è la mia utopia, ma non accadrà, se non ci diamo da fare» [Bonazzi, Marie Claire].
Curiosità Non si mette più le scarpe: «Ho smesso di indossarle circa dieci mesi fa, il che è fantastico» [a Giancarla Ghisi, Cds nel marzo del 2021] • Nelle sue vene scorre sangue francese da parte del padre mentre la mamma vanta origini inglesi • Ha anche la cittadinanza americana • Si divide tra due case: una in Inghilterra, l’altra in Australia • In Inghilterra le hanno dedicato diversi francobolli, in edizione limitata • Non sopporta l’influenza che il mondo della blogosfera esercita sulla celebrità: «È una fottuta piazza di paese. I pettegolezzi su Internet sono proprio come la porta del bagno: “Cate si è fatta sbattere da Tizio”, “Cate ha fatto un pompino a Caio”» [a Ingrid Sischy, Vanity] • Nella borsetta di Cate Blanchett non mancano mai: due stick di burro di cacao, («non sai mai dove li lasci, tanto vale portarne due»), fazzoletti di carta e buste di plastica del supermercato Sainsbury’s, il suo preferito [Guardian] • Ritiene Renzo Piano responsabile di avere reso il mondo più bello [Monda].
Frasi «Non esiste un talento duraturo senza una sana disciplina. La privazione alimenta la disciplina» • «Per me, essere al meglio, ha a che fare con l’umore. Qualche esempio? Un rossetto che ti fa subito apparire bellissima, oppure avere vicino persone che ti fanno sentire davvero bene, ma anche la musica. Insomma, qualunque cosa serva per spostare il tuo umore verso la felicità. Quindi dico: ci vuole coraggio» [Ghisi, cit.] • «Ho una apparenza fragile, ma un carattere di ferro: mi appassiono, come attrice e spettatrice alle storie che tramutano le contraddizioni interiori in azione» [CdS] • «I profumi contribuiscono a renderci felici. Ricordo spesso l’odore del mare. Ma alla fine penso che il mio preferito sia probabilmente l’odore dei bambini. Profumarsi è un gesto, per me, estremamente importante, è il modo in cui inizio la giornata. Proprio come con le attenzioni per la pelle: sono indispensabili per la mia mente e per il mio spirito» [Ghisi, cit] • «La medicina cinese ci insegna che l’intestino è il nostro secondo cervello. Sono dell’idea che occorra essere sani internamente. Provo a mangiare bene: mi affido a succo di limone, aceto di mele, tutte quelle cose che mantengono il sistema alcalino» [ibid.] • «La bellezza deve avere delle imperfezioni per essere tale» • «Ogni cosa diventa più interessante proprio quando inizia a decadere» • «La morte non sarà meno triste, se quando arriva hai la faccia bloccata in una smorfia» [Vanity, 2007] • «È tutto così precario in questo mestiere che è più saggio divertirsi» [Monda] • «Per me è cruciale l’onestà, celebrare le differenze e non solo soffermarsi sulle somiglianze» [a Bonazzi, Marie-Claire] • «Il mondo di oggi è polarizzato: se rimani intrappolato nelle notizie che ti selezionano gli algoritmi, rischi di finire in una bolla solipsistica dove ricevi solo conferme di ciò in cui già credi».[Bonazzi, Marie Claire]. Una volta mentre «pranzavamo a La Grenouille, bastione della gastronomia francese tradizionale. Improvvisamente è scoppiata a ridere: «Mi sono messa il maglione al contrario. Ecco perché mi sentivo strana. Be’, almeno le mutande le ho messe dritte» [Ingrid Sischy, Vanity].
Hanno detto di lei «Non occupa le prime pagine dei giornali scandalistici. Non è andata a disintossicarsi. Non si è fatta cogliere in flagrante mentre scippava qualcuno. Non si è presa il marito o la moglie di qualcun altro. Non si è fatta lasciare per una ragazzina. Su di lei non circolano voci compromettenti […] Certo, è una donna stupenda, ma non risponde a nessuno dei canoni che Hollywood applica alle star. Per certi aspetti – il naso, forse – la si potrebbe prendere per un pugile. Quasi salisse ogni volta sul ring per scontrarsi con il ruolo da interpretare. Proprio come Muhammad Ali contro George Foreman nel leggendario match del 1974, a Kinshasa» [Ingrid Sischy, Vanity] • «Soderbergh, che l’ha diretta sia a teatro che al cinema (in Intrigo a Berlino, il film del 2006 dove interpretava la parte scomoda di una collaborazionista): “È una specie di cometa di Halley. Non se ne vedono spesso”. “Cate soffre di una malattia rara e sublime”, spiega il regista Alejandro Iñárritu, che a sua volta ha lavorato con lei, in Babel» [Monda, cit] • «Ha sviluppato intensamente entrambi gli emisferi del cervello. È una specie di alieno» [Sischy, cit] • «Blanchett ama fare i complimenti ad altre donne» [Bonazzi, Marie-Claire].
Titoli di coda «Io sono convinta di una cosa: se devi fallire, è meglio fallire in grande» [Monda, Sta].