14 maggio 2021
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Biografia di Rosetta Loy
Rosetta Loy, nata a Roma il 15 maggio 1931 (90 anni). Scrittrice. Premio Campiello alla carriera nel 2017 • «Grande narratrice di guerra e sentimenti» (Simonetta Fiori, la Repubblica, 17/4/2015) • «La scrittrice che nei suoi libri trova sempre le parole per spiegare un tradimento, la fine di un amore, l’arrivo del male» (Fabrizio Roncone) • Tra i suoi libri: La bicicletta (Einaudi 1974, premio Viareggio opera prima), La porta dell’acqua (Einaudi 1976), Le strade di polvere (Einaudi, premio Viareggio 1988), All’insaputa della notte (Garzanti 1990), Cioccolata da Hanselmann (Rizzoli 1995), Nero è l’albero dei ricordi, azzurra l’aria (Einaudi 2004, la versione francese vince nel 2006 il Prix Jean Monnet de Littérature Européenne), La parola ebreo (Einaudi 2006), La première main, testo autobiografico scritto appositamente per i lettori francesi (Mercure de France, 2007), pubblicato in Italia nel 2009 (La prima mano, Rizzoli) e Gli anni fra cane e lupo 1969 – 1994 (Chiarelettere, 2013). Più di recente: Forse (Einaudi, 2017) e Cesare (Einaudi, 2018), biografia del critico letterario Cesare Garboli, con cui ha vissuto una storia d’amore • «Cosa è stata la letteratura per te? “La vita che non finisce. La vita perenne attraverso i libri. Uno scrittore – come Proust, o Joyce, o Stendhal muore, ma i suoi romanzi lo tengono in vita accanto a te. Senti il suo respiro”» (Antonio Gnoli, la Repubblica, 6/3/2016).
Titoli di testa «Non ci vediamo da un po’. Ma ha conservato la grazia e quel bel sorriso che rende accattivante ogni cosa che dice» (Gnoli).
Vita Ultima di quattro figli, ha due sorelle e un fratello più grande. Cognome da nubile: Provera. Famiglia dell’alta borghesia, ricca e devota. Il padre è ingegnere. «Uomo religiosissimo, mi aveva inculcato i principi del credo cattolico. Avevo studiato dalle suore. Ero la classica bambina dell’alta borghesia, timorosa di Dio e delle istituzioni» (a Gnoli) • Scrivere le è sempre piaciuto. «Fin da piccola ho avuto questa predilezione». A nove anni, viene operata per un problema all’orecchio: si isola dagli altri bambini, legge moltissimo e compone i suoi primi racconti. «Scrivevo a mano, devo avere ancora un paio di quei libri in soffitta. A scuola ci facevano fare le “cronache”, ma siccome a me non capitava nulla allora inventavo. Mio padre mi disse: se uno vuol fare lo scrittore deve essere bravo almeno come Alessandro Manzoni! Ma fu lui a regalarmi la prima macchina da scrivere, a sedici anni» (Alberto Riva, il venerdì, 18/8/2017) • Rosetta ha nove anni quando l’Italia entra in guerra. «È stato un momento importantissimo e terribile. Il primo bombardamento di Roma eravamo ancora lì, uscivamo dalle cantine con il rimbombo nella schiena. Cerchi la sicurezza negli occhi dei genitori e non la trovi, sono terrorizzati pure loro. Siamo una generazione con una gamba di qua e l’altra di là. Di quelli nati prima di noi alcuni si sono sacrificati, altri salvati, come Natalia Ginzburg o Elsa Morante» (a Riva) • «Cosa sono state la ricchezza e il censo per te? “Dei privilegi. Un padre costruttore. Una famiglia gradevole e distratta. Gli amici dei quali presto mi stancai. Ricordo le feste. I primi turbamenti. Ma anche un senso di futilità per tutto quello che vi accadeva. E poi il cinismo. Sì, quell’atteggiamento provocatorio e sciocco che hanno certi giovani allevati da genitori convinti che ai loro figli sia dovuto tutto. Per fortuna mi innamorai di qualcuno fuori dal mio ambiente e fui corrisposta”. Ti innamorasti di chi? “Di un ragazzo. Che si staccava dalla fauna che frequentavo. Credeva nei valori del comunismo. Si occupava di fotografia e di cinema. Si chiamava Peppe, era il fratello di Nanni Loy. Ci mettemmo insieme nel 1949. Mio padre provò ad ostacolare in tutti i modi la relazione. Convinto che le sue idee avrebbero portato scompiglio. Ma alla fine ce la facemmo. Ci sposammo nel 1955. Siamo stati insieme fino alla sua morte, nel 1985. L’ho amato e l’ho tradito. Ma a lui debbo la mia quiete e la mia forza. A lui debbo i miei quattro figli. A lui che non ha mai chiesto niente debbo molto» (Gnoli) • Rosetta segue il marito sui set. Conosce Alida Valli, Yves Montand e Federico Fellini. «C’è un foto che la ritrae con la Ginzburg e Fellini... “Oh, erano molto amici. Federico andava spesso a casa sua a pranzo e un giorno Natalia ha chiamato anche me; mi sono precipitata, ero fanatica dei suoi film. Ho sempre amato il cinema. Fellini era un uomo assolutamente semplice, simpatico. Io divenni abbastanza amica di Giulietta Masina. Oggi si danno tutti un tono...”» (a Riva) • «Come pubblicò il suo primo libro? “Piacque molto a Niccolò Gallo che lo raccomandò a Einaudi, ma Gian Carlo Roscioni lo bocciò. Però fece una cosa importante: mi diede da tradurre Dominique di Eugène Fromentin, un libro bellissimo. Ci impiegai due anni e capii l’importanza di scegliere la parola giusta. Alla fine riscrissi il mio romanzo in terza persona, che finalmente uscì”» (a Riva).
Cesare «Oggi è fin troppo difficile spiegare ai più giovani cosa mai è stato quel tipo di scrittore che un tempo si definiva “un grande critico”. È una figura così desueta che è come parlare di un ussaro, di un cocchiere, di un campanaro» (Emanuele Trevi, Corriere della Sera, 18/6/2018) • All’epoca Cesare Garboli, è un intellettuale riconosciuto e ammirato. Stile inconfondibile, allievo prediletto di Natalino Sapegno e Roberto Longhi, amico intimo di Elsa Morante, Sandro Penna, Natalia Ginzburg. «Come vi siete conosciuti? “Ci fece incontrare La bicicletta, il mio primo romanzo. Nel 1974 era uscito un estratto su Paragone, lui lo lesse e ne parlò con Natalia Ginzburg, che adorava Cesare e teneva in gran conto il suo giudizio”. Quindi lei era affascinata dal critico letterario. “Non solo. Cesare era anche un uomo bellissimo, eccentrico, un po’ folle. Persi la testa. Avevo 44 anni e fino a quel momento ero stata una moglie fedele”. Che cosa l’attrasse? “Una totale sincerità, nella vita e nella letteratura. Riteneva che mentire o imbrogliare fosse moralmente inaccettabile. Una forma di rettitudine che lui poteva esercitare anche con brutalità”» (Fiori) • «“Fin lì avevo resistito a molti corteggiatori, ma Garboli era bello, molto bello e molto intelligente, un po’ schizofrenico”. In che senso? “Imprevedibile, pazzo”» (Riva) • Lei va a trovarlo a Vado di Camaiore, dove ha una casa con giardino. Sono in un boschetto di meli dai rami contorti. È una notte d’autunno, c’è la luna piena. «Io mi appoggio a un tronco e Cesare mi tira su il bavero del giaccone per difendermi dal freddo». Dei primi tempi Rosetta ricorda «la felicità bruciante, un’esaltazione abnorme, spropositata» • «Tuo marito sapeva di quest’altra storia? “Non credo, o forse l’avrà sospettata, non lo so. Non gliel’ho mai detta. Non era una questione di slealtà, ma di un desiderio di tenerle separate. Sapevo che le parole potevano ferire, anche mortalmente, e non desideravo farlo. Sentivo la precarietà, questo sì”. Ma non la chiarezza. “No, ma chi ci assicura che la chiarezza sia sempre la scelta più opportuna?”» (Gnoli) • Ma è un amore tormentato. Tempo due mesi e Gaboli perde la testa per una ragazza molto più giovane e vanno a vivere insieme. «E lei, Rosetta? “Mi sono ammalata. Una depressione che forse veniva da lontano. Mi volli punire facendo un’operazione alle palpebre, l’unico intervento estetico che abbia segnato il mio viso. Ma quando riaprii gli occhi allo specchio vidi un mostro. Il periodo buio sarebbe durato un paio di anni. Se non avessi avuto i figli mi sarei uccisa”» (Fiori) • Rosetta cade in depressione. «“È qualcosa di terribile. Non muori, ma è come se tu fossi morta. Stavo così male che quel periodo ho cercato di cancellarlo. Mi è rimasta la paura tremenda; l’ansia di ricadere in quello stato”. Hai cercato un motivo a quello stato? “Forse qualcosa che veniva dall’infanzia. Qualcosa di remotissimo che è improvvisamente esploso. Ricordo che all’inizio tenevo sul comodino da notte del whisky. Bevevo per calmarmi. Poi non fu più sufficiente. Ero in montagna, durante una vacanza, quando mi sentii davvero male. Il medico di Santa Cristina mi suggerì di fare delle docce gelate. Ero nel panico. Mi graffiavo le gambe. Non mangiavo più. E quello che ingerivo aveva il sapore della paglia. Non avevo più saliva. Non avevo più sonno”. Poi ne sei uscita. “Mi portarono da un bravissimo psichiatra. Mi ha curato e ne sono uscita”. Sei guarita. “Sì, ma la guarigione non è mai per sempre. Resta l’ombra. La minaccia. In quegli anni il medico mi consigliò di lavorare e lavorai a Noi donne. Fu Peppe a curarmi, mi portava per mano in redazione. Seguiva con ansia il decorso. Fu straordinario e penso ancora a lui come all’artefice della nostra vita fatta di quattro figli, di amore e di tanta solidarietà. Sono stata fortunata. Forse ho ricevuto più di quanto abbia saputo dare”» (Gnoli) • «Garboli non lo sentiva più? “Non sentivo più nessuno. L’unico conforto era tenere la mano di Peppe, mio marito” […] Poi però la storia sentimentale ricominciò. “Sì, nel 1979 riprendemmo a vederci, perché in realtà non era davvero finita. Io nel frattempo ero molto cambiata, la depressione mi aveva reso più guardinga. Però tra noi il trasporto era totale”. Non vi sareste più lasciati. “Fu molto buono con me dopo la morte improvvisa di Peppe. A 53 anni, un infarto nella notte. Uno shock terribile, con molti sensi di colpa. Come se una montagna mi fosse caduta addosso. Cesare a quel punto mi scelse”. La storia con la ragazza più giovane era durata poco. “Lui non era adatto alle convivenze. Poteva essere anche violento. Ire improvvise, terribili, ingiustificate”. Anche con lei? “Una volta mi diede uno schiaffo. Scesi dalla macchina e lui ci impiegò un bel po’ per farmi risalire. Per me era intollerabile. Perfino mio padre non mi aveva mai sfiorato, se non la volta che diedi un morso a mia sorella. Per farmi sorridere Cesare mi raccontò che s’era preso a ceffoni con Susanna Agnelli, per un periodo sua compagna. Non risi per niente. E lui non ci riprovò”» (Fiori).
Morte «Ho rischiato varie volte di morire. Da bambina, quando fui operata; durante il primo parto e poi quando sbagliarono una diagnosi ai polmoni. E ogni volta era come ricominciare da capo» (a Gnoli).
Politica «È intanto comparso un enorme cartellone allo svincolo fra Tor di Quinto e via Flaminia dove una bellissima bambina bionda mi sorride quanto torno a casa. Ha gli occhi azzurri e le labbra che si schiudono sul bianco dei dentini, mentre i riccioli dorati le ricadono sulla fronte e due meravigliose fossette rallegrano le guance. Sotto una scritta recita: “Fozza Italia”. La luminosità del suo viso accompagna il mio percorso mettendomi di buon umore. Ma la scritta mi rimane incomprensibile, e immagino che alluda a qualche nuovo formaggino che sta per essere messo in commercio» (Gli anni tra cane e lupo, in cui Rosetta racconta la storia d’Italia da Piazza Fontana alla discesa in campo di Berlusconi) • «Il berlusconismo, quindi, ha la sua origine in quegli anni tragici segnati dai tentativi di golpe, dalle stragi fasciste, dal terrorismo rosso, dalla mafia?
“Il berlusconismo è la conseguenza di quegli anni. Berlusconi compare a un certo punto come lo strumento perfetto per il cambiamento. Non dobbiamo dimenticare che all’inizio pensa di essere più abile della mafia, in qualche modo si ribella e immediatamente gli vengono incendiati i suoi magazzini e lui è persino costretto, per la sicurezza, a mandare i suoi figli in Svizzera. Essendo molto furbo e molto intelligente capisce che è meglio cavalcare la tigre e da quel momento compare Dell’Utri ad Arcore e diventa il suo grande mediatore» (Paolo Barbieri, Il Fatto Quotidiano, 22/12/2013).
Impegno Tra le promotrici della manifestazione femminile contro Berlusconi Se non ora quando? del 13 febbraio 2011 • Tra i firmatari del manifesto contro la svolta autoritaria del governo Renzi, che voleva abolire il Senato, promosso da Libertà e Giustizia, del 31 marzo 2014 (definiti «i romanticoni imparruccati» da Claudio Cerasa, sul Foglio) • Tra i firmatari di un appello pubblicato sul giornale il manifesto contro l’idea, ventilata durante la pandemia di coronavirus del 2020, di chiudere in casa gli ultrasettantenni. «Noi affermiamo con forza che questa discriminazione sarebbe incostituzionale, in quanto discriminerebbe una fascia di cittadini di serie B, privati della loro libertà con una imposizione del tutto ingiustificata».
Religione Ha smesso di essere credente quando le sbagliarono una diagnosi ai polmoni. «Dov’era Dio mentre morivo? Dov’era la religione che ti confortava con le sue promesse? Ricordo che a quasi 40 anni, con l’infarto polmonare in corso, la sola cosa a cui disperatamente pensavo era il piccolo Angelo, il figlio che avevo avuto e che probabilmente mi avrebbe perso» (a Gnoli).
Dolore Anche dopo essere rimasta vedova, non è mai voluta andare a convivere con Cesare Garboli, che se n’è andato nel 2004. «Cosa è stata la sua morte per te? “Un altro scavo interiore. La sera in cui non pensava di morire era ricoverato al “Quisisana”. Erano i giorni di Pasqua. Mi pare che stesse lavorando con Carlo Cecchi su Dante. Andai via dalla sua stanza alle 6.30 di sera. Carlo poco dopo. In piena notte fui svegliata da una telefonata. Era l’infermiere che mi disse: corra subito, il professor Garboli sta molto male. Arrivai trafelata. Non c’era un medico all’altezza. Mi agitai. Lo vidi in coma. E poi giunse la fine”. Come reagisti? “Mi sembrava impossibile. Tutto di un colpo. Seppi che poche ore prima Cesare era entrato in una strana eccitazione. Cominciò a chiamare gli infermieri. Disse che voleva assolutamente parlare con Carlo Cecchi. “Chiamatelo, ho una cosa importante da dirgli”. Era agitato. Lo calmarono. Gli fecero un’iniezione. Il resto te l’ho detto. Non so cosa volesse dire a Carlo. Non fece in tempo. Tutto qui”» (Gnoli).
Curiosità Vive in una casa con giardino poco fuori Roma • Ha dei cani • Un giorno Natalia Ginzburg le regalò un gatto. «Aveva un sacco di gatti e cercava di piazzarli. Così ci incontrammo a Piazza del Popolo. Voleva studiarmi, vedere come avrei accolto Ciumaco, così si chiamava il gattino. Lo presi, ma non fu molto fortunato: io avevo i cani e finì che un giorno perse la coda con un morso» • Anche dopo la morte del marito ha continuato a firmarsi con il cognome di lui. «Per l’editore suonava meglio» • Sua figlia, Benedetta Loy, nel 1984 ha sposato lo scrittore Edoardo Albinati • Pippo Baudo è un suo lettore • Tra i suoi amici: Corrado Stajano, Giorgio Pressburger, Franco Fortini, Mario Soldati • «Scrivo ancora tutti i giorni e se non scrivo sono un po’ infelice» • Cesare Garboli l’ha tenuta fuori dal suo testamento. «Ti sei data una spiegazione? “Devo confessarti che l’ho trovato strano anch’io. Forse pensava che io avessi tanti soldi e che era inutile menzionarmi”» (Gnoli) • Lei ricorda le sue scenate di gelosia in pubblico, il modo in cui al ristorante intratteneva commensali e camerieri, la sua velata paura di non piacere, il suo odio per gli psicoanalisti, la sua intelligenza folgorante, la sua incapacità di piangere, il fatto che, cascasse il mondo, non si perdeva una puntata dell’Ispettore Derrick • Lui definì lei «scrittrice pomeridiana». «Voleva significare la distanza dal mattino e dalla sera, quando i demoni notturni non bussano ancora alla mente o se ne sono già andati e ci si sente in piena sintonia con quanto vediamo, viviamo e raccontiamo». E aggiungeva che «Rosetta, come certi scrittori dell’Ottocento, si esalta in quegli argomenti sui quali finiamo sempre col misurare, per abitudine, il talento dei romanzieri: l’amore, la guerra, i bambini, la morte» • «Rosetta si alza e mi dice di seguirla in camera da letto: per terra ci sono due bustoni gonfi. “Sono i libri di Garboli, siccome volevo scrivere un libro su di lui me li sono riletti tutti. Ha scritto cose meravigliose, folgoranti, anche se talvolta è un po’ prolisso. Ma del mondo aveva capito tutto”».
Titoli di coda «Ha pubblicato con tutti i grandi: Garzanti, Rizzoli, Mondadori... “I grandi di una volta... Oggi non esistono più quegli editori. Da Mondadori mi sono fatta irretire, mi offrirono molti soldi. Ti fai comprare, stupidamente... Quando ti danno molti soldi pensi che ti considerino, invece non è vero. Gli scrittori sono molto vanitosi, me compresa”» (Riva).