2 aprile 2021
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Biografia di Valerie Jane Morris-Goodall
Valerie Jane Morris-Goodall, nata a Londra (Gran Bretagna) il 3 aprile 1934 (87 anni). Etologa • «Leggenda vivente dell’etologia, prima e più autorevole studiosa del comportamento degli scimpanzé [...] ambasciatrice di pace delle Nazioni Unite dal 2002 [...] fatta di miele e di acciaio, Jane della Giungla, di coraggio e idealismo, di inflessibile determinazione e smisurata generosità» [Di Forte, Mess] • «Ha visto sciogliersi i ghiacci del Kilimangiaro, massacrare elefanti e rinoceronti nelle savane africane e deforestare la “sua” giungla equatoriale, quella attorno al lago Tanganika, in Tanzania, dove agli inizi degli anni Sessanta cominciò a studiare il comportamento degli scimpanzé» [Del Re, Rep]. Su di lei e i suoi scimpanzé sono stati girati più di 40 documentari. L’ultimo - Jane - è della National Geographic Documentary Film e dura 120 minuti.
Titoli di testa «Ogni scimpanzé ha una personalità unica e ciascuno/a ha la propria storia individuale».
Vita Valerie Jane Morris-Goodall manifestò sin da bambina un profondo amore per gli animali e un forte desiderio di lavorare con loro in Africa. «Il mio primo insegnante è stato un cane. È arrivato nella mia vita quando avevo 10, 11 anni. Resty non era nemmeno il nostro cane in realtà: viveva in un hotel dietro l’angolo ma veniva da noi ogni mattina alle 6, poi andava a casa sua per pranzo e quindi tornava da noi fino alle 10» [Maffioletti, Corriere] • La sua famiglia non aveva le risorse per farla studiare: «Come ogni bambino coltivavo il sogno di andare in Africa. Ma non avevamo soldi, ero una ragazza e tutti ridevano di questo mio sogno. Tutti, tranne mia madre. Quando ho lasciato la scuola, non c’erano soldi che mi permettessero di andare all’università, così ho subito iniziato a lavorare come segretaria». Lavorò a Oxford e poi per una casa di produzione di documentari a Londra. Nell’estate del 1956 tornò a casa e lavorò come cameriera in un locale per pagarsi il biglietto di una nave per il Kenya [Gerber, NatGeo] • Giunta a Nairobi ebbe il coraggio di chiedere un appuntamento al paleontologo Louis S.B. Leakey, che la assunse subito come segretaria e, riconoscendo in lei le qualità di una scienziata, fece in modo che studiasse i primati • Nel 1957 l’archeologo e paleontologo Louis Leakey cercava un’assistente per una spedizione nel Parco Nazionale di Gombe, in Tanzania. Bisognava osservare il comportamento di un gruppo di scimpanzé selvaggi per acquisire nuovi elementi sull’evoluzione umana. «Le ci vollero tre anni per preparare il viaggio, per raccogliere i soldi necessari e per gestire le reazioni contrarie di quelli che la conoscevano. Ma nel 1960 Jane riuscì finalmente a coronare il suo sogno e partì per Gombe accompagnata da sua madre, su espressa richiesta delle autorità inglesi che non l’avrebbero lasciata andare da sola. Laggiù cominciò il lavoro di osservatrice rompendo tutti gli schemi convenzionali e senza seguire nessun protocollo di ricerca tradizionale. Al contrario, scelse di seguire il suo istinto e di provare a stabilire un legame affettivo con gli animali, per poterli avvicinare» [Diamante, Vanity] • «Ho sempre desiderato fare una vita che, soprattutto allora, era considerata “da uomini”. Per esempio, sognavo di essere un’africana e di vivere nel bush. Dicevo a tutti che un giorno ci sarei andata e che avrei scritto dei libri. Mi rispondevano che ero solo una ragazza, ma io non mi sono arresa e quando finalmente riuscii a mettere piede in Africa per la prima volta, sentii immediatamente di appartenere totalmente a quel luogo» • «Sin dall’inizio Jane condusse le sue ricerche affidandosi all’istinto. Non conoscendo la prassi scientifica in uso all’epoca di identificare i singoli animali con un numero, diede un nomignolo agli scimpanzé oggetto delle sue osservazioni – Fifi, Flo, Mr. McGregor, David Greybeard – descrivendone i comportamenti, le caratteristiche fisiche e le diverse personalità. La studiosa trascorreva la maggior parte del giorno a localizzare gli animali con il suo binocolo per poi tentare di avvicinarsi gradualmente in modo che si abituassero alla presenza di quella donna che rimaneva seduta a prendere appunti» [Gerber, cit] • «Imparai quanto importante fosse essere calma, evitare i movimenti bruschi, avere pazienza. Quando sono arrivata a Gombe ho speso i primi mesi osservando gli scimpanzé attraverso il binocolo. Fuggivano, se mi avvicinavo troppo. Poiché vestivo sempre gli stessi indumenti e non dimostravo di essere una minaccia, ad un certo punto hanno smesso di avere paura e ho potuto sedermi serenamente vicino a loro. Così ho iniziato a conoscerli come individui e ho iniziato ad imparare gradualmente i loro complessi e affascinanti comportamenti. Ricordo quando la vecchia femmina dominante, Flo, mi accettò al punto che permise al suo bambino di 4 mesi, Flint, di avvicinarsi e toccarmi» [Bonpan, Sta] • Comincia così un nuovo capitolo del libro della scienza. Osservando uno degli esemplari, che Jane chiamava David Greybeard, s’accorse che rosicchiava la carne di una piccola carcassa – smentendo così che gli scimpanzè fossero esclusivamente vegetariani – , che ripulì un ramoscello dalle foglie per raccogliere le termiti da un foro nel terreno e mangiarsele golosamente – per la prima volta qualcuno dimostrava che l’uomo non è l’unico essere vivente a utilizzare uno strumento per facilitare un’operazione [Diamante e Gerber, cit.] • Le scoperte sensazionali di Goodall lasciavano però perplessa la comunità scientifica perché questa giovane donna non aveva nessuna qualifica. Leakey, allora, aiutò Jane a iscriversi a un dottorato di ricerca alla Cambridge University – è tra i pochi studenti senza laurea che l’ateneo abbia mai ammesso: «La prima volta che entrai in quell’università il mondo scientifico pensava ancora che ci fosse una differenza netta fra uomini e scimpanzé. Che incredibile prova di arroganza umana! Oggi invece è assodato che la struttura del loro cervello è uguale a quella del nostro e che fra il Dna degli scimpanzé e quello degli uomini c’è solo una differenza dell’1%». • Leakey chiese alla National Geographic Society di finanziare la Goodall mentre scriveva la sua tesi. «Quando la Society rifiutò sostenendo che “la signora... non è qualificata, nel senso che non ha una laurea di nessuna università”, Leakey infuriato spedì loro un elenco dei suoi risultati. Alla fine la Society assegnò un finanziamento a Jane ma a condizione che accettasse di essere accompagnata da un fotografo professionista. Su proposta di Leakey, National Geographic affidò l’incarico a Hugo van Lawick» [Gerber, cit] • Hugo arrivò a Gombe nell’agosto del 1962 • «So che non dimenticherai di scattare qualche foto della vita quotidiana nel vostro accampamento: Jane che cucina, scrive la sera alla luce delle lampade, fa il bagno, si lava i capelli, cose del genere» (Robert Gilka, assistente photo editor, a Hugo van Lawick) • Fu grazie a queste foto che Jane Goodall e la sua lotta per salvare gli scimpanzè diventarono note. L’articolo sull’attraente giovane donna inglese che viveva con gli scimpanzè, pubblicato nel 1963, ebbe un grande successo • Inizialmente a Jane tutta questa attenzione dava fastidio. Però «mi sono resa conto che se la gente mi vedeva in quel modo mi avrebbe ascoltato con più attenzione, come in effetti è stato. Così avrei potuto fare di più per salvaguardare gli scimpanzé e raggiungere gli altri obiettivi che mi ero prefissata» • Primo obiettivo sensibilizzare l’opinione pubblica: «Un secolo fa, in Africa, vivevano 2 milioni di scimpanzé. Negli anni 60, dopo il mio arrivo, erano circa un milione. Adesso sono, più o meno, 100 mila. Terribile. Un vero scempio. Le foreste in cui vivevano sono state quasi cancellate dalla crescita della popolazione umana, dalla richiesta di legna da ardere o come materiale per costruire. I bracconieri li vendono ai circhi o a istituti di ricerca medica ma, soprattutto, li uccidono per commerciare la loro carne. Continuando in questa direzione, si rischia di far sparire la specie animale più vicina all’uomo. Ecco perché è importante che l’opinione pubblica reagisca e si fermi il massacro”» [Di Forti, cit] • Nel 1963 Jane fu invitata a parlare sul palco della DAR Constitution Hall di Washington (con 3.700 posti a sedere). I membri della National Geographic Society le chieserero una sorta di prova generale da montare sul documentario che stavano preparando: «Li sentivo bisbigliare: “Forse sarà meglio annullare tutto. Potrebbe essere un disastro! Vogliamo davvero che il nome della Society sia associato a questa ragazza inesperta? A quanto pare non ha idea di cosa dirà”. Io sapevo benissimo di cosa avrei parlato, ma non avevo intenzione di tenere un intero discorso in quella situazione assurda» • «Durante la conferenza alla Constitution Hall, Jane parlò delle sue scoperte scientifiche, definendole “risultati che hanno superato le mie più rosee aspettative”. Definì Fifi “agile e acrobatica”, Figan, il fratello maggiore di Fifi, come un adolescente che “si sente un po’ superiore”. E per sottolineare la necessità di proteggere gli scimpanzé ed evitare che fossero uccisi o venduti ai circhi, Jane parlò a lungo di David Greybeard, la scimmia fiduciosa grazie a cui era arrivata alle scoperte più importanti: “David Greybeard si è fidato ciecamente dell’uomo. Ora sta a noi fare qualcosa affinché almeno qualcuna di queste creature straordinarie, quasi umane, possa continuare a vivere indisturbata nel suo habitat naturale”. La relazione fu un trionfo e una pietra miliare nella costruzione di quel personaggio pubblico che Jane non aveva voluto ma avrebbe imparato a gestire a proprio vantaggio [Gerber, cit.] • «David Greybeard s’è accorto presto che lo stavo seguendo. Dopo un po’ si è fermato in uno spiazzo nella foresta e si è seduto. Piano, mi sono seduta vicino a lui. Mi ha guardata dritto negli occhi per qualche istante, poi mi ha preso la mano e ha iniziato a stringere delicatamente ogni dito: aveva capito che le mie intenzioni erano buone» [Maffioletti, Corriere] • Di Orson Welles è la voce narrante di Miss Goodall and the Wild Chimpanzees, un documentario che ottenne un enorme successo ma che secondo Jane e Hugo è poco veritiero • Quella degli scimpanzé è una società molto violenta. Sono mai stati aggressivi con lei? «Sì, sono stata trascinata, calpestata, mi hanno lanciato delle pietre che potevano uccidermi. Ma mi hanno anche amato molto. In realtà, credo che, anche se il loro comportamento è a volte brutale, non siano capaci come noi di atti di crudeltà deliberata […]. Uno scimpanzé mi strappò la falange di un pollice mentre cercavo di rassicurarlo. Lo avevano messo in una gabbia molto piccola, era orribile, un posto spaventoso. Ho visitato molti posti simili» [Antòn, Rep] • Paura? «Solo una volta, nel 1975, quando un gruppo di ribelli arrivò dal Congo, sull’altra sponda del lago Tanganika, e rapì quattro dei miei studenti. Dopo il pagamento di un riscatto e settimane di terrore, furono liberati» [Occorsio, Rep] • Nel 1977, per proteggere i primati, fondò il «Jane Goodall Institute for Wildlfe Research, Education e Conservation» che ora ha sedi in mezzo mondo • Che lezione ha tratto dall’aver vissuto tanti anni a stretto contatto con gli scimpanzé? «Che nella giungla hanno un comportamento molto simile al nostro, perché anche loro si baciano, si abbracciano, si tengono per mano o si arrabbiano. La scienza si sta finalmente rendendo conto che gli animali sono molto più intelligenti di quello che pensavamo, e non soltanto i primati, anche gli uccelli, i polipi o anche alcuni insetti. Il che è sicuramente un bene, sia per l’uomo sia per il resto del Creato» [Del Re] • Nel 1986, dopo la pubblicazione del suo primo lavoro scientifico, Il popolo degli scimpanzé, interrompe il suo lavoro di ricercatrice per dedicarsi a diffondere in tutto il mondo la sua opinione sulla necessità di salvare la Terra e con essa tutti i suoi abitanti, umani e non: «A volte bisogna lasciare ciò che si ama per salvarlo». Nel 1991 ha lanciato Roots & Shoots: il programma presente in quasi cento paesi nel mondo che incentiva le nuove generazioni a battersi per il futuro del pianeta.
Covid «Vivo rinchiusa in casa ed esco per portare fuori i cani o cose di questo genere. Normalmente viaggio 300 giorni all’anno. Il lockdown mi ha fatto capire come sarà la mia vita quando non potrò più viaggiare. Inizialmente mi sono sentita arrabbiata e frustrata ma poi ho pensato che, con un atteggiamento di questo genere, non avrei aiutato nessuno. Quindi ho studiato con il mio team come celebrare il 60° anniversario delle attività in Gombe e il mio 86° compleanno sfruttando la tecnologia. C’è una Jane virtuale là fuori che legge libri per bambini, incide podcast, realizza interviste come questa con Skype, stampa e radio e risponde a centinaia e centinaia di email. Sto cercando di sfruttare questa opportunità per essere in tutto il mondo anche se in realtà sono a casa mia in Inghilterra» [Andriani, NatGeo].
Amori Poco dopo avere assunto Jane come segretaria, Leaky, di trent’anni più grande e sposato, le confessò di essersi innamorato di lei. A Virginia Morell, autrice di un libro sulla famiglia Leakey, Jane dichiarò: «Ciò di cui avevo più paura erano le possibili conseguenze del mio rifiuto sui miei studi sugli scimpanzé». Leakey, tuttavia, non le fece mai mancare il suo sostegno. Nel 1963 Jane si innamorò del fotografo Hugo van Lawick: «Siamo una famiglia felice. Hugo è affascinante e andiamo molto d’accordo», scrisse ad una amica. In un’intervistata del 2015, Jane ricordò che «Louis ha scelto Hugo pensando anche a un eventuale incontro sul piano sentimentale oltre che professionale. Non c’è dubbio. E poi lo ha anche ammesso» • Durante le vacanze di Natale del 1963, che trascorse con la famiglia a Bournemouth, sulla costa meridionale dell’Inghilterra, ricevette un telegramma: “Vuoi Sposarmi Stop Hugo”. Jane rispose di sì e i due fissarono come data del matrimonio il 28 marzo». Dalla loro unione, nel 1967 nacque Hugo Eric Louis “Grub” van Lawick, ma mente lei continuava le sue osservazioni in Gombe, Hugo se ne andò nel Serengeti. I due divorzieranno nel 1974. Nel 1975 Jane sposò Derek Bryceson, il direttore dei parchi della Tanzania che ha difeso il suo lavoro dagli speculatori turistici. A otto anni Grub viveva con la nonna e andava a scuola a Bournemouth. Dopo appena cinque anni di matrimonio, nel 1980, Derek morì di cancro. Hugo morì di enfisema nel 2002.
Frasi «Finché non avremo abolito la povertà, negli ambienti rurali ci saranno sempre degli affamati che distruggeranno le foreste per sopravvivere, e in quelli urbani ci sarà gente che comprerà i prodotti meno cari, fabbricati dalle aziende più inquinanti, che peggiorano il surriscaldamento» [a Pietro Del Re, Rep] • «Essere stata donna e aver fatto quello che ha fatto è stato mai un problema? “No, non lo è stato perché non ero una donna a competere in un mondo dominato dagli uomini, che è generalmente quello che succede. Sono stata fortunata perché ero una donna a fare qualcosa che nessuno, allora, stava facendo” [Maffioletti, Corriere] • «Io non lotto per dare agli scimpanzé dei diritti come i nostri, lotto perché noi esseri umani siamo coscienti delle nostre responsabilità nei loro confronti e nei confronti della natura in generale» [Antòn, Rep] • «Se non si ha speranza nel futuro allora non ha senso nulla».
Religione Crede in Dio? «Sì, credo in un grande potere spirituale – dice, spiazzando ogni pronostico -. Non ho altre parole se non chiamarlo Dio. Credo che ci sia qualcosa oltre la nostra vita» [Maffioletti, Corriere].
Curiosità Porta sempre capelli raccolti a coda di cavallo e ha un pelouche di scimpanzé stretto fra le braccia: «Non mi abbandona mai». È vegetariana. Fino a prima della pandemia girava il mondo per tenere conferenze.
Titoli di coda «Non mi ritirerò. Continuerò a lavorare fino a quando potrò farlo. Smetterò solo quando morirò, sarò fisicamente incapace, perderò la testa o qualcosa del genere».