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 2021  aprile 09 Venerdì calendario

Biografia di Claudio Magris

Claudio Magris, nato a Trieste il 10 aprile 1939 (81 anni). Scrittore. Germanista. Il maggiore studioso italiano delle letterature mitteleuropee. Già professore di lingua e letteratura tedesca alle Università di Trieste e di Torino • «Famoso per il suo stile elegante e raffinato e per la ricchezza dei suoi riferimenti culturali» (Il Post, 19/6/2013) • «È un uomo curioso, vitale, dal carattere aperto. Parla velocemente. Ma le sue parole traboccano di riflessione, un po’ come accadeva di leggere in certi grandi romanzi viennesi» (Antonio Gnoli, la Repubblica, 3/11/2013) • «Vagabonda spesso in giro per l’Europa, altrimenti si rintana nella sua Trieste, nei suoi caffè, in quella vita letteraria tra passato certo e presente opaco» (Antonio Gnoli, Robinson, 7/12/2019) • Fra i suoi principali studi critici: Il mito asburgico nella letteratura austriaca moderna (era la sua tesi di laurea, poi pubblicata da Einaudi) e Lontano da dove. Joseph Roth e la tradizione ebraico-orientale (idem). Fra i suoi libri che hanno avuto maggior successo di pubblico: Danubio (Garzanti, pubblicato nel 1986 e scritto quasi tutto al tavolo del caffè Tommaseo di Trieste), Il Conde (Il melangolo, 1993), Microcosmi (1997, Garzanti, premio Strega), Alla cieca (ancora Garzanti, 2005). Da ultimo ha pubblicato Croce del Sud. Tre vite vere e improbabili (Mondadori, 2020) • Eletto al Senato nel 1994 con una lista indipendente di centrosinistra, aderì al gruppo misto. Premio Principe delle Asturie nel 2004. Premio Kafka nel 2016. Premio Thomas Mann 2019. Dal 2006 è membro dell’Accademia dei Lincei. Collaboratore del Corriere della Sera dal 15 ottobre 1967, quando aveva 28 anni • «Io uso ancora la penna. La penna segue il corso del pensiero, che scorre attraverso la mano con una sua armonia. Battere sui tasti del computer invece è come pensare una parola alla volta, per me è come parlare inglese, invece che in italiano, tedesco o francese, lingue in cui il mio pensiero scorre senza pensare a quello che dirò tra poco».
Titoli di testa «Arriva con passo veloce, ufficiale imperial–regio con l’inseparabile borsa di pelle piena di carte…» (Corrado Stajano).
Vita «Anche i miei erano triestini. Mio padre originario del Friuli, mia madre di origine greco dalmata» • «Entrambi i nonni sono morti prima della mia nascita. Il nonno materno era Francesco de Grisogono, curiosa figura di filosofo, matematico. Era stato ufficiale della marina imperiale austriaca pur essendo un patriota italiano. Aveva sognato di elaborare un sistema di calcolo che permettesse di affrontare e risolvere qualsiasi problema con rigore matematico. Ha vissuto in una crescente malinconia vedendo appassire le sue idee. Ma non ha mai assunto l’atteggiamento del genio incompreso. L’altro nonno era Sebastiano Magris, nato a Malnisio (Pordenone), che a tredici anni arrivò a Trieste prima a fare l’operaio e poi l’impiegato. Era stato bersagliere. Tornato a casa in licenza durante un ballo del paese, richiamò la nonna, che “già si parlava con lui”, al grido di “fermo il ballo”. Mantenne uno stretto legame con la campagna, dove suo padre aveva pochi e amati libri e leggeva il Conte di Montecristo nella stalla» • Legatissimo allo zio Nello, giocattolaio, che gli regala un teatro di burattini. «È stato, davvero, il mago della mia infanzia. Dotato di una manualità prodigiosa costruiva i giocattoli e a volte immaginavo che li animasse. La sua morte fu per me un dolore fortissimo. Si uccise per una vita sempre in bilico tra dissipazione e debiti, tra generosità e insensatezza. Decise di togliere il disturbo in un albergo, dentro una vasca da bagno per paura di sporcare» (Gnoli) • «Come è stata la tua vita di bambino? “Felice, pur nell’introversione”. Cioè? “Diciamo la solitudine come autosufficienza. Il che non mi ha impedito crescendo di socializzare nei giochi. Ma ricordo certi pomeriggi passati al giardino pubblico. Capitava che, tra gli alberi e le piante, restassi incantato davanti alle statue che ne segnavano il confine”» (Gnoli, 2019) • «I primi libri letti da bambino furono le avventure di Salgari. Compresi, quasi immediatamente, che raccontare storie è fondamentale nelle nostre vite» • «Ancora oggi con gli amici facciamo grandi sfide sui dettagli e i personaggi dei romanzi di Salgari. “Quanto è grosso lo zaffiro che incastona l’elsa della scimitarra di Sandokan?”. Però tra le letture vorrei aggiungere Defoe, i lirici greci e cinesi. A tredici o quattordici anni leggevo i grandi poemi epici come Il libro dei re» (a Alain Elkann) • Da piccolo, Claudio crede al padre di poter festeggiare il proprio compleanno il 9 aprile, anziché il 10. «Lui mi rispose: se proprio vuoi, ma posso sapere perché? E io: perché il 9 aprile 1863, ad Appomattox, in Virginia, Abramo Lincoln ha dichiarato liberi gli schiavi neri. Sembravo Enjolras, disse poi, quando, nei Miserabili, proclama: cittadino, mia madre è la Repubblica!» (a Cristina Taglietti, Corriere della Sera, 9/4/2019) • «Ricordo che una volta, a tredici anni, durante una partita di calcio, io, pessimo calciatore, nel ruolo di terzino, ho avuto inopinatamente un pallone tra le gambe mentre l’attaccante avversario si precipitava verso di me per cercare di fare un gol. In quel momento, in quella frazione di secondo, ho pensato: “Io sono in generale un ragazzo studioso, faccio i compiti, rispetto le regole e i principi, i comandamenti e i divieti. Ma adesso sono qui liberamente, solo per giocare e divertirmi, e quale legge, quale dio mi impone di tirare il pallone da una parte piuttosto che da un’altra? Io lo tiro dove, in questo momento, mi va di tirarlo”. Così mi sono girato e l’ho tirato nella nostra porta, facendo un autogol e venendo espulso» (a Anna Crespi, sito degli Amici della Scala di Milano, 25/9/2014) • Claudio studia al liceo Dante. Agli esami di maturità, il commissario d’esame è Giovanni Getto, professore di lettere all’Università di Torino, che lo sprona a iscriversi alla sua facoltà. «Non posso immaginare che cosa sarebbe successo se non lo avessi incontrato. Mi ha insegnato un mestiere, sono uscito dall’università come un garzone che ha imparato dal sarto a fare la manica, a stringere qua, ad allargare là. È stato anche un rapporto molto affettuoso. Getto era un uomo con una vita personale infelice, gli ultimi suoi anni sono stati tristissimi. Era infelice per molte ragioni ed era un eccellente professore anche per questo: dedicava tanto allo studio, non aveva altro. Organizzava dei seminari notturni, una volta alla settimana si apriva il palazzo Campana e così ho conosciuto Giorgio Bàrberi Squarotti, Lorenzo Mondo, Stefano Jacomuzzi, scrittore finissimo, altro amico fondamentale. Si facevano domande, si presentava qualche lavoretto. Vedevamo nascere i loro libri» (alla Taglietti) • Per quattro anni, Magris vive al collegio Einaudi per studenti meritevoli. «Cosa amava fare nel tempo libero e quali attività extra universitarie svolgeva? “Non so bene rispondere a questa domanda perché non ho mai capito che cosa s’intenda per ‘tempo libero’, parola che fa venire in mente il cosiddetto e per me stupido hobby. Nel tempo libero, ossia non sacrificato allo studio, al lavoro, a qualcosa da fare entro tempi stretti e così via, uno fa quello che gli sta a cuore; quindi, chiacchierare con gli amici, leggere quello che gli pare, andare a spasso, in caffè o in birreria, giocare a carte, fare gite, andare al cinema (durante gli anni del Collegio, andavo quasi ogni sera al Museo del Cinema, dove ho visto i grandi capolavori classici del cinema. Poi tornavo al Collegio e studiavo fino a notte tarda)» (dal sito del collegio) • «Gli anni della mia formazione furono belli, prima a Trieste poi a Torino: la solidarietà tra i compagni, l’amicizia, lo scherzo come invenzione E se ripenso a quei giorni provo solo la tristezza per coloro che non ce l’hanno fatta, e che, nel lungo corso degli anni, sono morti suicidi. Mi chiedo anch’io cos’è stato tutto questo» (a Gnoli, 2013) • «“Dal 1962 al 1964 fui all’Università di Friburgo. Vivevo, grazie a una borsa di studio, in una stanzetta nella Selva Nera sopra un’osteria tenuta da due sorelle. Poi ho saputo che quel locale, alberghetto compreso, è stato venduto ed è strano, perché è come se improvvisamente mi fossi sentito sfrattato. E devo dire un po’ mi manca”. Era il periodo in cui la stella di Heidegger ricominciava a splendere. Visto che eri nella Selva Nera sei mai stato tentato di visitare la sua “capanna” a Todtnauberg? “È vero in quel periodo c’era un pellegrinaggio di filosofi e poeti, tra cui il grande Paul Celan. Ero sì tentato dal provare a fargli visita. Poi vidi una di quelle foto che lo ritraevano in costume tirolese. Mi sembrò uno dei sette nani. E rinunciai”. Vuoi dire che c’era qualcosa di ridicolo? “Thomas Bernhard in Antichi maestri ne fa un ritratto impietoso. Non discuto la sua grandezza filosofica, mi colpiva il kitsch con cui l’aveva avvolta. E che doveva piacere perché se lo papparono a grandi cucchiaiate”» (Gnoli, 2019) • «“Il libro che mi ha un po’ inchiodato a una certa immagine, molto amato ma anche respinto, è stato Il mito absburgico”. Era la tua tesi di laurea, mi pare. “Sì, il mio correlatore Giorgio Melchiori, oltretutto anglista, la propose a Einaudi. Cesare Cases la lesse e alla fine venne fuori questo libro sul destino della letteratura austriaca” […] Sei arrivato relativamente tardi alla forma romanzo. “È stato, in un certo senso, un approdo naturale. Il prolungamento sotto un’altra veste del mio lavoro di saggista […] Certo, passare al romanzo non è stato semplice. Al di là dei problemi tecnici, ho dovuto vincere le mie timidezze - ne sarò capace? - e soprattutto le diffidenze che provenivano dal mondo universitario: ma cosa potrà mai scrivere un accademico!”» (ibidem).
Libri «Ci sono libri che ti arricchiscono l’informazione, altri che ti danno una preparazione intellettuale. E poi i libri della vita» • Sono due, secondo Magris, gli elementi necessari alla nascita di un libro: il primo è l’interesse per un personaggio, una storia, che a volte è consapevole a volte latente, il secondo è «un’occasione, una causa spicciola che fa da levatrice»: «Per quanto mi riguarda di solito c’è una piccola idea, poi una lunga gestazione durante la quale scrivo appunti, annotazioni volanti dove mi capita, fino a quando scatta un clic e ho l’impressione che tutto ciò si coaguli intorno a qualcosa. Allora c’è una fase di scrittura selvaggia. Poi faccio una pausa, a cui segue una riscrittura più attenta, un’altra pausa fino al momento della rifinitura, del controllo: qui la letteratura assomiglia a quel vecchio banchiere di Musil che soppesa, taglia, divide» • «Ho pubblicato il mio primo libro all’età di 24 anni e ho avuto la fortuna di vederlo recensito sul Corriere della Sera. Ne sono stato subito orgoglioso, non posso negarlo, ma eravamo negli anni Sessanta, in un periodo in cui i libri, anche se non ottenevano visibilità sui mass media, avevano comunque una loro vita, una loro dignità. Oggi, invece, un libro non recensito è, semplicemente, un libro che non esiste» (a Alessandro Zaccuri).
Incontri «Un giorno ebbi occasione di intrattenermi con Isaac Singer, uno scrittore che amo molto. Mi azzardai a dirgli che i suoi racconti erano “ottocenteschi”. “Scrivo quel che so scrivere” mi rispose imperturbato. Feci ammenda affermando che io ero soltanto un critico, lui un genio. Mi congedò con una sonora risata» (a Lorenzo Mondo, La Stampam 1/4/2014).
Amore Vedovo della scrittrice Marisa Madieri (1938-1996). Due figli, Francesco e Paolo. Ora è risposato con la scrittrice triestina Jole Zanetti.
Dolore «Quando, dopo una lunga malattia, morì mia moglie Marisa sembrò che il mondo mi crollasse addosso. Acuta fu la frustrazione e la perdita di senso» (Gnoli) • «Marisa era l’aria che respiravo. Al di là della nostra storia, il suo viaggio verso la morte l’ha vissuto impedendo che si tingesse di nero. Faceva tutto quello che c’era da fare senza disagio, sapendo benissimo di non poter essere ingannata. Ogni tanto ebbe il dispiacere e la paura di morire. Ma nessuna ansia né angoscia. Si spense il 9 agosto e ricordo che avevamo passato dei giorni bellissimi in giugno. Fino all’ultimo la nostra vita fu piena. Poi il penultimo giorno, sebbene fosse completamente cosciente, si sentì sfinita. E in quel momento la qualità della nostra esistenza fu diversa. Il ridere, il giocare, la luce stessa, tutto improvvisamente si rese opaco e poi scomparve. La bilirubina le salì alla testa e cominciò a delirare. Fu straziante. Poi, il giorno dopo, è morta. Mi sono chiesto come sarebbe stata la nostra vita se quel giorno fosse durato anni» (a Gnoli).
Politica Eletto in Parlamento nel 1994 con una lista indipendente collegata alla coalizione fra Patto per l’Italia e Progressisti. «Berlusconi era “sceso in campo”, io in quel momento ho avuto la sensazione, sbagliata, di non potermi sottrarre. C’era un’alleanza, che andava dai vecchi liberali all’estrema sinistra, che sosteneva la mia candidatura; insieme costituirono un movimento e alla fine fui eletto in Senato. La destra si era spaccata in due qui a Trieste, e così ho vinto. Non ho fatto campagna elettorale, forse ho vinto perché non si sono potuti accorgere della mia inettitudine» (Silvia Truzzi, Il Fatto Quotidiano, 17/11/2013) • Racconta Corrado Stajano: «Magris sta seduto lassù negli spalti del Senato come in castigo» • «I miei anni in Parlamento hanno coinciso con un periodo difficilissimo della mia vita. Avevo fatto, accettando la candidatura, una scelta contro la mia natura. La mia natura non è di rappresentare, che significa anche una combinazione di convenienze e autenticità. Mi costava una fatica enorme, contro ogni principio di piacere. Come un omosessuale che faccia l’amore con una donna per contribuire all’incremento delle nascite: nobile sacrificio, ma pur sempre sacrificio» (alla Truzzi).
Religione «Crede in Dio? “Verrebbe da rispondere: qualche volta sì, qualche volta no. Se per Dio si intende l’assolutamente altro, l’imperscrutabile, e che il finito è la sola cosa di cui possiamo parlare, consapevoli che non basta, allora sì”» (Gnoli).
Vizi «Il vizio è il peccato divenuto abitudine» (Claudio Magris).
Curiosità Ha un cane: Jackson • Non crede all’oroscopo • Non tiene un diario. «Ho sempre scritto molto e non mi restava più energia, anche perché scrivo a mano… o forse perché ho riluttanza a concentrarmi troppo sui miei fegatini» • Non colleziona niente. «Detesto il collezionismo perché, nella dipendenza estrema dagli oggetti, si nasconde l’amore per la morte e il desiderio irrigidito dal possesso. Al tempo stesso mi affascinano coloro che ne sono prigionieri, perché rivelano la forza della mania» • Nel suo studio tiene un crocifisso in legno di ulivo di Mauro Corona («è un bravissimo scultore») • Nel ’68 era un giovane professore universitario, ma non aderì al movimento studentesco. «Forse perché capivo Eugène Ionesco quando, come ricorda Davico, ai ragazzi del maggio francese in corteo diceva: ‘Tra dieci anni sarete tutti notai”» • Nel 2013 un brano del suo L’infinito viaggiare è stato proposta per l’analisi del testo nella prova scritta di italiano della maturità • «Il sistema dei crediti è una sciocchezza che ha distrutto l’Università italiana. Una volta a uno studente che mi spiegava che non veniva a un seminario, che pure gli interessava, perché non dava crediti, ho chiesto: “Hai mai baciato gratis una ragazza?”» A Trieste è di casa al Caffè San Marco • Tra aprile e novembre, cerca di fare ogni giorno un tuffo in mare. «La prima cosa che guardo sul giornale la mattina è la temperatura dell’acqua» (al Piccolo) • «Devo confessare di avere una vocazione cinematografica frustrata. Se il professor Getto non mi chiamava all’Università di Torino, forse avrei frequentato il Centro sperimentale a Roma. Il raccontare è la pittura, il cinema, il teatro» • «Teme la morte? “In questo momento no, anche se so benissimo che diventa sempre più probabile”» (Cristina Taglietti, Corriere della Sera, 9/4/2019).
Titoli di coda «In estate vado al mare anche tardi. Una sera si avvicina una signora: posso leggerle una poesia? E attacca con un componimento ottocentesco. Cominciava a fare fresco. Azzardo: scusi signora vorrei fare il bagno. Mentre scendo dalla scaletta, mi punta il dito: Mi farebbe una prefazione? Per fortuna lì l’acqua è subito molto profonda. “No” ho risposto tuffandomi e riemergendo nel buio, dall’altra parte».