14 aprile 2021
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Biografia di Gianni Letta (Giovanni Letta)
Gianni Letta (Giovanni Letta), nato ad Avezzano (L’Aquila) il 15 aprile 1935 (86 anni). Giornalista. Politico. Braccio destro e fidatissimo amico di Berlusconi • Sottosegretario alla presidenza del Consiglio nei Berlusconi I (1994-1995), II (2001-2005), III (2005-2006), IV (2008-2011). Dal 2007 nell’advisory board della Goldman Sachs. Sempre dal 2007 Gentiluomo di Sua Santità, (unico politico italiano mai nominato), accompagna capi di Stato e di governo durante le visite ufficiali in Vaticano. «Nella mia vita sono stato un avvocato mancato e un giornalista perduto».
Vita Padre avvocato, Vincenzo, tre sorelle e quattro fratelli. Laurea in Giurisprudenza. «Volevo e dovevo fare l’avvocato, negli anni del liceo andavo in uno studio legale, dove in pratica facevo il dattilografo. Ma avevo anche la passione per il giornalismo e il mio professore di liceo, che scriveva corrispondenze per Il Messaggero, mi chiese di occuparmi di sport, un argomento che a lui non interessava» (al Meeting di Rimini del 2018) • Primo lavoro come stagionale in uno zuccherificio, di cui diventò poi direttore del reparto chimico: «Cominciavo il turno alle 18 e uscivo dalla fabbrica alle 6 del mattino» • È passato al giornalismo nel 1956, come corrispondente dall’Aquila per la Rai e l’Ansa. «Fare il giornalista in provincia è una grande scuola perché tutti si conoscono e ti conoscono, e magari c’ è chi conosce meglio di te i fatti di cui scrivi, perciò il controllo dell’opinione pubblica è immediato e costante» • «Il primo impiego nello zuccherificio sotto casa gli donò l’imprinting al glucosio e anche la fidanzata, Maddalena, figlia del direttore, con la quale convolò a nozze, inaugurando una nuova vita a Roma, nella redazione centrale del Tempo, quotidiano del senatore Renato Angiolillo, giocatore d’azzardo estremo e politico moderatissimo, ma dotato di una formidabile moglie, Maria Girani Angiolillo detta Maria Saura, collezionista d’arte e d’alti papaveri, che all’ombra di Andreotti regnò per cinquant’anni sui salotti romani, dal suo villino settecentesco, fiorito in cima alla scalinata di Trinità dei Monti, apoteosi d’ogni carriera politica e vanità. Quando morì il marito-editore, anno 1973, Maria scelse Letta alla direzione del Tempo e insieme lo nominò complemento d’arredo dei suoi famosi tre tavoli da cena: Alba, Meriggio e Tramonto, metafora d’ogni carriera, dove sedevano i suoi trenta invitati, rinnovati a ogni risacca» (Pino Corrias) • «Ero caporedattore e un giorno Angiolillo scelse di nominarmi anche direttore amministrativo. Non capivo nulla di amministrazione, ma feci bene e sei mesi dopo divenni amministratore dell’editrice e della stampatrice. Poi Angiolillo si ammalò è mi offrì la direzione del giornale. Accettai considerandolo un incarico provvisorio, ma poi sono rimasto direttore e amministratore per 15 anni. Non potendo litigare con me stesso (come a volte capita fra editore e direttore), ho fatto il giornale che volevo» (al Meeting di Rimini) • «“Sono provvisorio”, scrisse nel suo primo articolo da direttore. Infatti mantenne la direzione del quotidiano per appena 15 anni, fin quando i nuovi assetti della Democrazia cristiana, il suo partito di riferimento, lo costrinsero a lasciare. Di questo lungo periodo non si ricordano suoi editoriali (non era Indro Montanelli, diciamo), ma la capacità di capire le vicende della politica e i suoi protagonisti, unite a una memoria da elefante e a una educazione rara tra i democristiani, se non altro perché priva di ruffianeria. “Gianni è un doroteo solo in apparenza, non ha il cedimento doroteo all’inciucio’, racconta un ex fanfaniano come lui» (Fausto Carioti) • Berlusconi lo assunse in Fininvest 1987, quando fu sostituito alla direzione del Tempo da Gaspare Barbiellini Amidei: «L’anno dopo il Biscione entra nel capitale della Mondadori e inizia la guerra di Segrate. Berlusconi è l’ultimo arrivato e gli serve chi faccia da grande mediatore tra lui e il sistema della politica: Letta, diventato vicepresidente della Fininvest, è l’uomo perfetto al posto giusto. È l’inizio di un’avventura» (ibid.) • «In quello stesso periodo nacque l’idea di allestire la prima trasmissione politica nelle televisioni del Biscione, cui io diedi un piccolo apporto, e Gianni fu chiamato a condurla. Così, con il successo di Italia domanda, registrata negli studi del Palatino, Letta iniziò la sua avventura a fianco del Cavaliere» (Luigi Bisignani. L’uomo che sussurra ai potenti, Chiarelettere 2013) • «Per vent’anni è stato lo schermo del Divo Giulio, addestrando epigoni come Luigi Bisignani, il più giovane piduista della Loggia, tra i flutti di governi provvisori e inflazione a due cifre. Per poi diventare – nell’anno 1987, tarda apoteosi craxiana – la cornice e il chiodo dell’altro suo benefattore, il nascente Silvio Berlusconi, con il compito di rimboccare le coperte alle sue tre tv che ancora pativano il trascurabile malanno di essere illegali. Compiendo il miracolo di fabbricare la medicina della legge Mammì, detta anche Polaroid, perché fotografava l’esistente voltando il misfatto in status quo: tre reti Rai ai Palazzi romani, tre a quelli nascenti di Cologno Monzese, con dotazione adeguata di spot a moltiplicare i miliardi e il potere. […] Una sola volta pescato con l’omaggio di 70 milioni di lire, a nome Fininvest, per i socialdemocratici di Antonio Cariglia, più o meno gli ultimi della fila, peccato ammesso con infinita cortesia a Di Pietro, nel bel mezzo di Tangentopoli. E poi sparito per prescrizione. Ma che segnò un mutamento d’indole nel Nostro che fino ad allora, soprannominato “il signor Tavola rotonda”, si affacciava in tv e nei simposi a ogni ora del giorno e della notte, comprese le rubriche di Medicina dentale e i convegni sull’alta sartoria, convincendolo a eclissarsi. Indossò da allora i panni ammiratissimi dell’invisibile esploratore dei corridoi romani, l’ombra buona di Silvio – essendo di Previti e Dell’Utri quella cattiva – che vegliava con il cardinal Ruini sui broccati d’oltre Tevere in qualità di Gentiluomo pontificio, e sulle condiscendenze del Quirinale, amico prima di Cossiga, che lo definì “eminenza azzurrina”, poi di Ciampi, poi di Napolitano, oggi di Mattarella che sempre gli riconoscono “l’alto senso delle Istituzioni”, omaggiato con gran croci al merito e segrete missioni» (Corrias) • «Dopo le elezioni del 1994, a cui Gianni Letta non aveva partecipato “rimanendo in azienda con Confalonieri” perché contrario alla discesa in campo, Berlusconi lo chiamò: “Devo arrivare a Roma ma non conosco nessuno, aiutami”. “Questo posso farlo”. La prima cosa che fece Letta fu telefonare a Oscar Luigi Scalfaro, per chiedere un appuntamento riservato prima dell’avvio delle formali consultazioni con i partiti. L’obiettivo era sondare le intenzioni del presidente della Repubblica. Fu la prima volta, e in segreto, che il capo dello Stato vide Berlusconi, accompagnato da Letta. A sorpresa Scalfaro, che pur lo detestava, disse a Berlusconi: “Lei ha vinto le elezioni, quindi io le conferirò l’incarico di formare il governo. Ma non pensi di andare a Palazzo Chigi senza questo signore”» (Giuseppe Salvaggiulo, Io sono il potere, Feltrinelli 2020) • Non ha mai preso la tessera di Forza Italia. Non è mai stato eletto in Parlamento • «Non è un politico, certo. L’avesse ascoltato, Silvio Berlusconi non sarebbe più tornato a Palazzo Chigi, anzi non ci avrebbe mai messo piede. Perché Gianni Letta era contrario a un nuovo accordo con la Lega dopo il ribaltone, e prima ancora era stato contrarissimo alla discesa in campo del Cavaliere. Ma senza di lui il premier non sarebbe riuscito a governare. In anni di guerra e di terrore ha gestito i passaggi più difficili, compresa la trattativa per la liberazione delle due Simone. I leader dell’opposizione non dimenticheranno le sue telefonate notturne, le rassicurazioni su quei messaggi di morte via Internet. È un errore dipingerlo come un semplice esecutore, o come un mediatore, sebbene tutte le Italie convergano su Letta e in Letta trovino una sintesi: dalla sinistra radicale alla nobiltà nera. I difetti di cui era accusato in passato – per via di quei modi inamidati e ossequiosi – si sono trasformati in pregi agli occhi dei suoi avversari. La cortesia gli serve come arma di difesa. La riservatezza gli consente di non apparire, e al tempo stesso di esser sempre presente. Anche dove non c’è, tutti immaginano infatti che ci sia. “C’è quel democristianone di Letta dietro ’sta roba”, imprecava Umberto Bossi ogni qualvolta le cose gli andavano storte. E dopo essersi rasserenato invitava i suoi a fare un salto a palazzo Chigi: “Parlatene con Letta per risolvere ’sta roba”. Il Senatùr aveva capito qual era l’altro polo del bipolarismo berlusconiano, e quando il Cavaliere gli chiese di entrare al governo, rispose: “Sì, ma a un patto. Voglio la stanza accanto a quella di Gianni”» (Francesco Verderami) • «Arriva Berlusconi con il suo decoder» (Paolo Cirino Pomicino) • «Da direttore del Tempo, mai un editoriale. Da uomo di governo, mai un intervento in Parlamento. Ma Letta non ne ha bisogno: il suo è un potere che disdegna l’apparire, che non ha il problema di vincere le elezioni. È una rete di rapporti, amicizie, parentele. Molto trasversale: da Berlusconi a Veltroni, da Cesare Geronzi a Luca di Montezemolo. Da Andreotti, Letta ha ereditato i fondamentali dell’arte di governo: disinteresse totale per il partito (mai visto a un incontro di Forza Italia) e dedizione ai poteri che contano: il Vaticano (i cardinali Camillo Ruini e Giovanni Battista Re), i vertici dei ministeri, l’Opus Dei, le banche. La Rai con Bruno Vespa – pupillo dai tempi in cui Letta era il capo della redazione aquilana del Tempo – l’unico autorizzato a trascriverne qualche pensiero nei suoi libri» (Marco Damilano) • «Nel berlusconismo, Letta è stato l’uomo del Vaticano (fulgido esempio: la lobby del cardinale Bertone che promuove lo sconosciuto Simeon, altro gay), della filiera finanziaria Geronzi-Caltagirone, dei servizi segreti» (Fabrizio d’Esposito) • «Una volta Giuliano Ferrara gli ha imputato una carenza “nell’arte di decidere con dolore”. Lui che Berlusconi ha definito “il più bravo di tutti, anche di me” (2000), “il vero premier” (2001), “e ora fate un bell’applauso a Gianni Letta, anzi facciamoglielo doppio, che se lo merita” (2002). Lui “che lavora sempre e ho paura – detto ridendo – che mi sgridi” (2003). Lui, addirittura, “candidato al Colle” (2004). Come se il potere vero si potesse graziosamente concedere; e non fosse un peso terribile, a volte una autentica sofferenza» (Filippo Ceccarelli) • Era molto amico di Francesco Cossiga. «Quasi ogni mattina Cossiga chiamava Letta a casa. Una volta sua moglie Maddalena rispose che il sottosegretario stava facendo la doccia. Il “Picconatore” allora prese carta e penna per un comunicato in cui deplorava che un membro del governo privilegiasse la doccia alla chiamata di un presidente emerito» (Bisignani, cit.) • Nella conferenza stampa di fine anno del 2005 Berlusconi lo ha candidato al Quirinale (se lui fosse rimasto presidente del Consiglio) o alla presidenza del Consiglio (se lui fosse andato al Quirinale) • Dal 2009 è Cavaliere dell’Ordine della Legion d’onore • Dopo anni di ostinato silenzio, nel 2007 ha deciso di uscire allo scoperto in un libro di Luigi Tivelli, Chi è Stato - Gli uomini che fanno funzionare l’Italia (Rubbettino-Rai Eri) • «Sul culto per la riservatezza del personaggio esiste un’ampia leggenda, e per sostanziarla nei suoi aspetti perfino genetici basterà ricordare il testo del necrologio pubblicato in occasione della scomparsa della mamma di Gianni: “Gli otto figli la ricordano con amore e profonda gratitudine, ma anche con quella discrezione che lei ha sempre praticato e insegnato. Avrebbe preferito il silenzio, con l’annuncio dopo l’ultimo commiato”. Celebre anche per lungimirante cautela, acume volpino, capacità di lavoro (estesa alla fedele segretaria Lina fino a Natale o a Ferragosto), nonché per quella speciale forma di cortesia che gli inglesi definiscono “grace under pression”, grazia sotto pressione, qualità comunque non molto diffusa tra i potenti» (Ceccarelli).
Famiglia «È lo zio di Enrico Letta (Giorgio, il padre di Enrico, è fratello di Gianni), che lo ha sostituito nel ruolo di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri nel passaggio dal Berlusconi III al Prodi II. L’8 maggio 2008 Gianni ha poi ripreso l’incarico dalle mani del nipote • «Così democristiani da assomigliarsi nell’anima. Su un piano privato l’affetto ovviamente c’è. “Sono legato a zio”, ha detto in varie interviste il nuovo premier, “è un rapporto importante”, “ho un’alta stima”. Forse anche perché negli anni ha dimostrato di essere “la salvezza di Berlusconi” – e da questo punto di vista meriti e peccati un po’ si confondono. Per chi volesse indagare, sembra significativo che il 16 marzo del 1978 Gianni Letta, allora direttore del Tempo, caricò sulla sua Mini Morris il dodicenne Enrico Letta e insieme andarono a via Fani» (Ceccarelli) • «Poi c’è Giorgio, fratello di Gianni e padre di Enrico, l’uomo schivo che è apparso in qualche timido frammento televisivo negli ultimi giorni di fronte alla villetta borghese nella quale vive con la famiglia a Colignola in provincia di Pisa. È un accademico dei Lincei, niente di meno. Matematico, professore universitario di una materia che fa tremare le vene ai polsi: calcolo delle probabilità. C’è poi un Letta avvocato e dirigente di Assitalia a Milano, Luigi. Ma la stella di famiglia, per tacere della zia Maria Teresa, ex professoressa di francese al liceo e vicepresidente della Crocerossa italiana, è Cesare Letta. Ex allievo della Normale, è uno degli archeologi più celebrati della sua generazione, professore di storia romana, direttore della rivista di Studi classici e orientali dell’Università di Pisa, con un curriculum accademico che fa paura» (Salvatore Merlo nel 2013).
Amori Sposato con Maddalena Marignetti, due figli, Giampaolo, presidente di Medusa, e Marina, titolare col marito della Relais Giardini • È stato testimone alle nozze tra di Silvio Berlusconi e Veronica Lario, il 15 dicembre 1990, insieme ai coniugi Craxi e a Fedele Confalonieri.
Lavoro Da sottosegrario alla Presidenza del Consiglio lavorava tra le 15 e le 16 ore al giorno. Riceveva dalle 6 alle 21. Sempre puntualissimo • «Mi attivo subito» (sua frase ricorrente) • Dava una ventina di appuntamenti al giorno, più o meno settemila all’anno. Le tre modalità di ricevimento di Gianni Letta: 1) lui dietro la scrivania, tu dall’altra parte a testimoniare una formale distanza e mancanza di confidenza; 2) il dottore che si alza e si siede davanti alla scrivania insieme a te, segno che esiste già un rapporto di fiducia; 3) il dottore che ti onora del massimo rango di privilegio, al punto che si alza dal suo posto, ti riceve in piedi e poi ti porta con lui sul divanetto del salotto all’angolo. «Gianni Letta non offre mai niente. Anche un semplice caffè o un bicchiere d’acqua farebbero perdere tempo e incoraggerebbero divagazioni inutili, se non incresciose. Pasticcini e salatini, neanche a parlarne. Non per tirchieria o scarsa ospitalità, ma in ossequio a una delle regole fondamentali del galateo istituzionale: mai cibo per gli ospiti. Li si mette in difficoltà perché non potendo rifiutare il cibo offerto, sarebbero costretti a parlare con la bocca piena» (Io sono il potere, cit.) • «“Il dottor Letta non parla con i giornalisti”, come da sempre fa dire a chi sempre inutilmente lo cerca per una conversazione. Una buona parola certo, un’esasperante cortesia figurarsi, un sorriso gentile ci mancherebbe – mai niente di meno, se per caso lo incrociate per strada; mai niente di più, però. È l’ultimo uomo al mondo che qualcuno potrebbe immaginare twittare» (Stefano di Michele) • «Quando arrivo in ufficio, al mattino presto, lui è già arrivato. Quando vado via, sempre attorno alle 22, c’è ancora. Quando se ne va, passa a casa del presidente per far firmare ancora le ultime carte. E di notte, se lo chiami alle quattro per un’emergenza, lo trovi pronto a scattare. È un uomo incredibile…» (Antonio Catricalà) • Nessuno, o quasi, ha il cellulare di Gianni Letta. Per parlargli si passa per la sua segretaria o per la segretaria particolare, la mitica signora Lina (Io sono il potere, cit.)
Curiosità Si fa chiamare dottore e dal del lei a tutti • «È noto per la sua capacità di conservare la calma anche durante le crisi. Il suo sport preferito è il tennis, il suo hobby la musica classica. Non parla inglese e non è un membro del Parlamento» (da un rapporto della Cia) • «Da giovane era romanista e che al servizio di Berlusconi è passato con il Milan» (Ceccarelli).
Soprannomi «“Smorza Italia”, “l’Ombra Gentile”, “Bonbon”, “il Portasilenzi”, “Delikatessen”, “il Maestro di Palazzo”, “il Tessitore invisibile”, “il sottosegretario Piumino da cipria”, “il Gran Ciambellano”, “l’Uomo della crostata”, “il Cuccia della politica”, “il Cellini di palazzo Chigi”, “l’Eminenza azzurrina”, “il Pensiero pettinato” » (Ceccarelli) • «Il leghista Roberto Calderoli lo bollò come “il viscidone dei poteri forti”, altri si sono limitati a Gran Visir o a Eminenza Azzurrina (copy Dagospia)» (Fabrizio d’Esposito).