4 marzo 2021
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Biografia di Marco Paolini
Marco Paolini, nato a Belluno il 5 marzo 1956. Attore. Autore. Regista. Inizi negli anni Settanta, interprete del cosiddetto teatro civile. Ha raccolto il successo più grande con il monologo Il racconto del Vajont 1956/9 ottobre 1963, portato a teatro nel 1995 (Ubu per il teatro politico) e trasmesso in diretta televisiva su Raidue il 9 ottobre 1997 (tre milioni e mezzo di telespettatori, Oscar tv come miglior programma dell’anno). «Vajont è stato il passaporto per il successo. Poi vennero Ustica e Il milione, Porto Marghera, Le storie di plastica. Ma lui, per molti è sempre ”quello di Vajont”».
Titoli di testa: «Mi piacerebbe avere una compagnia che fa scherzi, pantomime e lazzi dell’arte. Oppure far recitare al pubblico commedie per 90 personaggi scritte ieri e già vecchie domani - continua Paolini - Farei anche suonare le bande di pifferi e ottoni per accompagnare parate di trampoli, giocolieri e clown. Invece faccio un monologo, anzi racconto storie, faccio Teatro tra parentesi… Sul palco sto da solo e cerco di fare in modo che non se ne accorga nessuno. Non è il caso di seminare tristezza».
Vita «Mio padre faceva il ferroviere, nella sua famiglia erano tutti rossi, tranne un fratello maggiore che era un alto prelato. Mia madre era cattolica. Non hanno mai cercato di farmi fare qualcosa, l’unica cosa che volevano era che studiassi per poter fare una vita migliore di quella che avevano fatto loro. Al teatro mi sono avvicinato a 16 anni, come conseguenza della politica, era una delle attività culturali di questo gruppuscolo di cui facevo parte (eravamo stati espulsi dall’oratorio proprio per la nostra attività “sovversiva”)» • Nonostante le raccomandazioni dei genitori abbandona l’università per fare l’attore a tempo pieno: «Studiavo agraria perché pensavo che per essere utili all’umanità bisognasse avere qualche competenza tecnica, però ho abbandonato prima dell’esame di chimica» • Si dà prima al teatro politico poi inaugura una fortunata esperienza di affabulatore solista con la quadrilogia autobiografica Gli album di Marco Paolini (Adriatico, 1987; Tiri in porta, 1990; Liberi tutti, 1992; Aprile ’74 e 5, 1994) [Treccani] • Il successo arriva con il teatro di narrazione e Il racconto del Vajont (1993): «Un racconto concitato, crudo come la scatola nera di un jet che precipita, terribile proprio perché privo di immagini. E davvero non era facile aggiungere immagini a tutto questo, andare oltre la forza evocatrice della parola, alla “bava di ragno che tiene unita la montagna” che si rompe per un soffio alle 22.39 del 9 ottobre 1963, alla luce che va via a Longarone, giù in fondovalle; alla tv che si spegne, le bestemmie per la partita Rangers Glasgow-Real Madrid che sparisce dallo schermo, poi il tuono cupo sopra la diga, il vento marcio che riempie i polmoni, diventa acqua e ti porta via con la forza di cinquemila treni uno dentro l’altro lanciati a ottanta all’ora dentro la forra a picco sul Piave» [Rumiz, Rep.]. Per questo spettacolo ha ricevuto l’Oscar della televisione come miglior programma del 1997 e il premio Flaiano 1998 per l’interpretazione • Segue Il Milione (1997), racconto di un viaggio che si snoda su una grande carta della Laguna con salti nel tempo e nello spazio • Nel 1999 viene messo al bando dalla città di Treviso per aver protestato in mutande, con gli orchestrali e l’amico Mario Brunello del Teatro Comunale, per la vendita dello stesso alla Fondazione Cassamarca: «Paolini, pur assicurando di non voler prendere di mira nessuno, ha indirettamente accusato il sindaco leghista Giancarlo Gentilini ritenuto tra i responsabili della chiusura del teatro» [Rep] • I-TIGI Canto per Ustica (2000), incentrato sulla tragedia del DC 9 esploso in volo sopra Ustica il 27 giugno 1980: «Io sono un commediante costretto dalla storia del mio paese a raccontare tragedie». Seguono Parlamento chimico. Storie di plastica (2002); Binario illegale (2003); Song n. 32 concerto variabile (2003) e nel 2004 ha portato in scena Il sergente, tratto dal romanzo autobiografico di Mario Rigoni Stern Il sergente nella neve (1953) • Da segnalare per il periodo successivo il grande successo di pubblico ottenuto con lo spettacolo teatrale ITIS Galileo (2011), trasmesso su La7 nel 2012 in diretta dai laboratori sotterranei del Gran Sasso • Piccole parti al cinema (La lingua del Santo, A cavallo della tigre, entrambi di Carlo Mazzacurati e Il sole a catinelle di Checco Zalone nel 2013), nel 2008 è in teatro con Miserabili. Io e Margaret Thatcher con i Mercanti di Liquore (ne hanno fatto anche un disco) e Song n. 32 (sul tema dell’acqua). «Mi piacerebbe essere considerato un mediatore culturale, se la definizione avesse ancora un senso». Nel 2011, trasmesso in diretta televisiva su La7, dall’ospedale psichiatrico Paolo Pini (un tempo, il manicomio di Milano), ha dato vita a Ausmerzen. Vite indegne di essere vissute, una rappresentazione dedicata alle teorie naziste sulla selezione della razza, meglio agli esperimenti di eugenetica condotti sulla pelle di malati psichici e portatori di handicap fra il 1934 e il 1945 • Nel 2017 è in scena con Le avventure di numero primo • Del 2014 Quanto vale un uomo, lo spettacolo, nato da un’idea di Andrea Camilleri, rappresenta la storia della trasvolata sull’artico del 1928 del Generale Umberto Nobile finita con un drammatico incidente • Nel luglio 2018, la sua vita è stata sconvolta da un terribile incidente stradale sull’autostrada A4, in cui è morta Alessandra Lighezzolo, una donna di 53 anni. Lui, in preda a un attacco di tosse che l’attanagliava da tempo, è finito con la sua station wagon su una 500: «L’ho speronata. E l’ho vista volare sulla strada di sotto, sulla tangenziale. Dietro una siepe. Rovesciata. Per fortuna il traffico si fermò quasi subito. Senza ulteriori tragedie. Eravamo lungo una piazzola d’emergenza. Mi sono fermato, ho dato l’allarme. Ricordo il rumore del cozzo contro l’utilitaria. E ricordo di aver ammesso subito che era stata colpa mia. Che ero io il responsabile, io ad aver sbagliato. Una signora di là della siepe, vedendomi molto agitato, mi gridò di non muovermi. Il resto, scusa, preferisco non raccontarlo. Ero lì bloccato, stupito di non essermi fatto assolutamente niente mentre avevo ferito gravemente altre persone. Mi rendeva furibondo. Era ingiusto. Spaventoso. Ho ammesso di avere torto, ho patteggiato. Ma sono sicuro che le vittime di questo incidente che ho provocato non saranno dello stesso avviso. Li capisco. Se io pensassi a qualcuno che mi ha portato via la donna che amavo nessuna pena mi sembrerebbe adeguata… Farei fatica ad accettare una cosa così accaduta a causa della negligenza... Perché questa è la mia colpa: ne-gli-gen-za» [al Corriere]. Paolini cancellò tutti i suoi spettacoli: «Unica eccezione, impossibile da spostare perché coinvolgeva troppe persone in una data speciale, la commemorazione in cima al Monte Tomba della Grande Guerra, a cento anni dalla fine della carneficina, in una pièce teatrale con Simone Cristicchi, Senza vincitori né vinti, scritta anni fa a quattro mani da Francesco Niccolini e dallo stesso Mario Rigoni Stern • Il suo ultimo spettacolo è Nel Tempo degli Dei, il calzolaio di Ulisse scritto con Francesco Niccolini per la regia di Gabriele Vacis.
Critica «Marco Paolini ci pone sempre di fronte a scelte radicali, estreme, quasi proponesse una cerimonia iniziatica. Le sue orazioni civili (che hanno fatto scuola) presuppongono però una condivisione rituale, un’immersione devota, speso in contrasto con i canoni televisivi» (Aldo Grasso) [Cds 28/1/2011] • «Mi colpisce la contraddizione che l’accompagna: artista terragno e strutturalmente popolare, benché raffinatissimo e sottile» (Cristiano Gatti) • «Ama le storie che hanno angoli segreti e contengono una misura di luce e una almeno doppia di furore. Come i suoi celebri Vajont, Ustica, Parlamento chimico, che raccontavano di una montagna inghiottita da un lago artificiale, di un aereo inghiottito dai radar, di una laguna blu inghiottita dal Petrolchimico di Marghera. Erano storie piene di vittime cancellate, di vivi dimenticati, di verità da risarcire, e di un narratore che dentro alla polvere delle parole, dentro alla luce teatrale dei fatti, sa farsi vittima e testimone, ferita e cicatrice, pianto, risata e profezia» (Pino Corrias) • «É diventato un cantastorie di culto a rischio di essere considerato un guru, “l’erede” di Dario Fo» [Cds].
Amori Marco Paolini è sposato con la collega Michela Signori, diventata sua moglie dopo anni di felice fidanzamento. I due s’erano conosciuti negli anni 90 quando lui era ancora un artista emergente, lei un’operatrice teatrale. Nel 2015, la coppia ha avuto un figlio, Giacomo.
Vizi Fuma la pipa.
Frasi «L’attore è un corpo antico fondato sul lavoro» • «Il pericolo non è la vecchiaia, ma la vecchiezza» • «Penso che gli attori ogni cinque anni dovrebbero essere chiamati da un ufficio di reclutamento. Tre mesi a fare prove in una grande caserma, il teatro, agli ordini di un sergente, il regista. Sarebbe la salvezza di tante solitudini bestiali che come me lavorano in proprio. Il mio sogno è fare la naia con un sergente come Toni Servillo» • «Sono un ibrido, i puristi del teatro mi rinfacciano di avere successo, di portare a teatro gente che prima non c’era mai stata: di essere nazionalpopolare. E un po’ ne soffro» • «Per me il viaggio è una scrollata, è un togliersi quello che hai addosso, un modo per sentirsi leggeri e a disagio» • «La Thatcher ha imposto il mercato, l’individuo e il pensiero delle crocchette. Una volta i gatti mangiavano carne, pane, riso. A un certo punto in America pubblicizzano le crocchette e i gatti cominciano a mangiare crocchette. Dopo qualche anno lo stesso fanno i gatti italiani, francesi, tedeschi... il pensiero unico delle crocchette» • «È più costoso chiudere un programma che tenerlo in vita, sia dal punto di vista finanziario, sia da quello umano» • «Io ho fatto un solo provino in tutta la mia vita, quasi un omaggio affettuoso a Glauco Mauri che mi “bocciò” e aveva ragione: anziché portargli un monologo, gli raccontai una storia, e lui rimase interdetto ma mi fece lo stesso i complimenti. Per fortuna, in parallelo, senza scalzare l’edificio delle regole, s’affermava un’altra prospettiva del teatro, quello delle piazze, del “passare una sera assieme”, dei festival».
Curiosità «Sono sedentario, poco propenso a viaggiare, lo faccio sempre meno… Il mio ideale di vacanza è circoscrivere un lembo di terra e cominciare a vagarlo. Magari livellandolo, tirando su un muretto a secco, cambiando il profilo di un pezzetto di collina. Quindi la mia “mission” è quella di svegliarmi la mattina in competizione con il contadino a fianco. Per dimostrargli che io “cittadino”, quando sono in campagna, vado a lavorare quei tre minuti prima dell’alba, quando arriva lui. Ohilà Marco… ohilà Bepi… Basta, non dobbiamo dirci altro durante l’intera giornata. Ma deve avermi visto sul campo prima di lui, ne va della mia reputazione. Ecco, vacanze terribilmente impegnative le mie, non vedo l’ora che finiscano per tornare a lavorare. Perché io faccio un lavoro in cui, per lo più, ci si diverte» • Grande appassionato di rugby: «Mi ha sempre affascinato lo sforzo di questi uomini non rivolto alla palla, ma ad ammorbidire il fronte avversario. Sembrano dei mitocondri, quindici gregari e nessun capitano. Come in una tragedia greca, il coro è il protagonista» • Viaggia in seconda classe, va a fare la spesa • Adora i libri di Crichton: «Ha una capacità di elaborazione straordinaria».
Tv «Non voglio partecipare a trasmissioni, non scrivo sui giornali, anche se a volte mi interpellano. Il mio ruolo è diverso, le mie opinioni personali non hanno e non devono avere un peso, le espongo ai miei amici, ma non ha senso che vada in tv a dire la mia. Anche perché tante volte la risposta che mi verrebbe è “non so”» • «Per me la televisione è un elettrodomestico, una cosa che, quando sto con la mia donna o con gli amici, devo spegnere subito perché mi distrae. Questo non vuol dire che non abbia i miei periodi di bulimia, che non senta la nostalgia di abbruttirmi passando nottate intere a vedere di tutto. Insomma, per la fase dell’autismo la tv va benissimo e, nel mio lavoro, offre anche la contropartita della durata nel tempo. [...] Il Paese che incontro quando vado in giro non assomiglia a quello che si vede lì dentro, nel piccolo schermo. La tv è un mezzo che rappresenta alcune cose, ma non tutto. E in ogni caso non è la carta d’identità del Paese» [Fulvia Caprara, Sta15/9/2003].
Politica «Ero rosso. Allora si diceva extraparlamentare, anche se oggi il termine fa ridere. Forse perché gli extraparlamentari di allora sono già ex parlamentari».
Titoli di coda: «Io non faccio né teorie né avanguardie. Faccio pratiche».