8 marzo 2021
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Biografia di Juliette Binoche
Juliette Binoche, nata a Parigi il 9 aprile 1964 (57 anni). Attrice, tra le più premiate di Francia. Ha vinto l’Oscar come miglior attrice non protagonista per Il paziente inglese.
Titoli di testa: «La sola cosa interessante è il presente».
Vita Figlia di Jean-Marie Binoche, un mimo, regista teatrale e scultore francese, e di Monique Stalens, un’attrice polacca originaria di Częstochowa. I suoi si separano quando lei ha tre anni e mezzo: «Mia madre non aveva tempo di portarmi al cinema e allora andavo da sola, o con la scuola, e la prima cosa che vidi fu una serie di cortometraggi di Chaplin. Ricordo esattamente dove fossi seduta, le mie emozioni, ero felice, ridevo e piangevo allo stesso tempo» • «A quattordici anni ero già decisa a recitare. Ricordo un pomeriggio in cui, durante la merenda, finita la scuola, mia madre mi chiese che cosa volevo fare da grande. Risposi subito “l’attrice”, lei mi disse che, per riuscirci, non bastava la bellezza, bisognava anche essere intelligenti e io, dentro di me, “allora vuol dire che sono bella”» [Caprara, Sta] • Nel corso della sua carriera ha girato una sessantina di film • Esordisce nel 1985 in Je vous salue, Marie di Jean-Luc Godard, poi Jacques Boillon la vuole in La Vie de famille. Nel 1986 gira per la prima volta per Leos Carax in Mauvais sang e si innamora di lui • Gli anni Novanta segnano l’inizio del successo internazionale. Con Carax gira Les amants di Pont Neuf, con Louis Malle Il denaro, con Jean-Paul Rappeneau Le Hussard sur le toit e con Krzysztof Kieślowski Tre colori: bleu, film che le porta il César e la Coppa Volpi – «Però non sono venuta a ritirarla: la sera della premiazione ero in ospedale, avevo appena partorito il mio primo figlio, Raphäel». Per girare il film con Kieslowski dice di no a Steven Spielberg che la voleva in Jurassic Park: «Però adorerei che oggi mi facesse un’altra proposta» • Nel 1997, con il Paziente inglese, arriva l’Oscar: «Quando portai a casa il mio primo Oscar quasi mi vergognavo. Poi ho lasciato che mio figlio di tre anni ci giocasse e... ora è rimasto nudo, senza oro» • «Scegliere i ruoli è anche una questione di fede, non si possono calcolare prima i risultati di un lavoro, bisogna credere e basta. A me succede spesso così, mi è capitato, per esempio, negli Amanti del Pont Neuf e nel Paziente inglese» [a Fulvia Caprara, Sta 20/1/2003] • Nel 2000 gira Chocolat di Lasse Hallstrom e fa sapere che «la mia cioccolata preferita è quella venezuelana. Piena di frutta, quasi profumata, con tanti diversi strati che ti riempiono il palato uno dopo l’altro: ti trasporta in diversi Paesi del mondo, ti senti come se fossi in un campo di cacao, è incredibile» • Nel 2008, a 43 anni, grazie al coreografo inglese originario del Bangladesh Akram Khan, studia danza contemporanea e parte per una tournée mondiale con lo spettacolo In I. Per promuovere questo spettacolo si mette fieramente a nudo sulla copertina del Playboy francese: otto pagine e due fotografi, Rankin per la copertina e Marianne Rosenstiehl per il servizio: «Un gesto coraggioso e militante» • Nel 2010 vince il Prix d’interprétation féminine al Festival di Cannes 2010, con Copia conforme girato in parte in Italia: «Ho trascorso momenti fantastici nella campagna toscana». A Cannes, grazie al ruolo di Elle, vince il premio come migliore attrice • Del 2014 è Sils Maria: «Quel film l’ho molto amato e voluto intensamente. Sono stata io a suggerire a Olivier il soggetto, dopo una vacanza sulle Alpi svizzere. Avevo voglia di un film profondamente femminile. Mi ha stupito la profondità del pensiero di Assayas sulle donne, e soprattutto sulla complessità delle attrici» • Nel 2015 recita nel film L’attesa di Piero Messina per il quale ottiene una candidatura al David di Donatello per la migliore attrice protagonista 2016. Seguono Ma Loute (Dumont, 2016), L’amore secondo Isabelle (Denis, 2017), Il gioco delle coppie (Assayas, 2018), Le verità (Kore’eda, 2019) e Il mio profilo migliore (Nebbou, 2019) • Nel 2019 ha presieduto il festival di Berlino: «Non chiamatemi presidentessa, presidente è no gender» • Da ultimo ha girato La bonne épouse di Martin Provost, ad aprile in Italia. «Non mi considero un’icona; davanti al pubblico e alla gente qualunque, continuo a sentirmi sempre uguale e, quando vado a fare la spesa al mercato, continuo ad essere semplicemente una che va a comprare le verdure punto e basta» [a Fulvia Caprara, cit.].
Amori Ha amato il regista Leos Carax, il sub André Halle dal quale nel 1993 ha avuto Raphaël («Già a 11 anni sognavo di diventare madre. Parlavo al mio figlio immaginario»). Poi ha conosciuto gli attori Benoît Magimel, padre di Hannah nata nel 2000, e Mathieu Amalric. Dal 2005 al 2009 ha avuto una relazione con Santiago Amigorena. Ha rispedito al mittente almeno quattro proposte di matrimonio. «Ho avuto un periodo – durato un anno e mezzo – in cui non provavo più desideri: né sul lavoro, né nelle relazioni. Niente. Mi prendevo soltanto cura dei miei figli perché era il mio “contratto”. È stata dura» • Pare che oggi abbia un fidanzato segreto in pianta stabile a Los Angeles.
Critica Secondo Gérard Depardieu, l’attrice Juliette Binoche «non vale niente»: «Mi piacerebbe sapere perché gode di tanta stima da anni».
Curiosità Non ha paura di invecchiare: «Il tempo è uno strumento e abbiamo bisogno di tempo. È come per il vino, è necessario che l’uva sia nata, che la linfa inizi a circolare e che il frutto sia maturo. È un passaggio che deve essere fatto» • Era appassionata di pittura: «Astratta, figurativa… Quando posso dipingo, e con grande gioia. Alla fine credo sia lo stesso lavoro dell’attore, un movimento dall’interno verso l’esterno. Per dipingere come per recitare bisogna aprirsi, lasciar fluire le emozioni. Abbandonare il mentale e lasciar parlare il corpo, il mistero» [a Giuseppina Manin, Cds]. Ora ha smesso: «Per essere sincera l’ultima volta che l’ho fatto è stata sul set di Words and Pictures (diretto da Fred Shepisi, 2013): mi è piaciuto, ma da allora la mia vita è stata troppo piena».
Attivista Nel 2018, assieme all’astrofisico Aurelien Barrau, aveva lanciato su Le Monde una petizione internazionale, riuscendo a raccogliere 200 firme nel mondo dello show biz e accademico, per sensibilizzare l’opinione pubblica della necessità di un cambio di rotta nei consumi, nelle abitudini, nello stile di vita • Ha affermato di appoggiare le idee dell’attivista José Bové, raccontando di essere rimasta affascinata dalle sue posizioni: «Sono stata d’accordo con la sua lotta contro il sistema della Monsanto, che schiavizza il mondo contadino senza impunità, la sua lotta contro i test sugli OGM, il cibo spazzatura dalle catene industriali...È uno dei primi ad aver respinto l’idea della globalizzazione» • «Alcuni sono sorpresi che gli artisti sostengano idee su argomenti umani e sociali. Sartre non ha detto che la parte dell’artista è avere il dovere di provocare per evolvere, riflettere, aprire i cuori, a volte ribellarsi per non morire nell’indifferenza. Tutti dovrebbero essere coinvolti nelle relazioni sociali: tutto dipende da noi. Questo è il motivo per cui ho voluto sostenere i gilets jaunes, perché credo che lo sfondo di questa rivolta sia autentico, indipendentemente dalle sue ricadute» • Ha protestato con le donne polacche pro aborto, per la parità dei diritti delle donne nel mondo arabo, e per la libertà di stampa e di opinione. Si mobilitata per la lotta contro l’aids e anche per difendere gli indiani del Brasile dal coronavirus.
Religione e Politica «Non sono credente anche se da piccola ho frequentato scuole cattoliche. Diciamo che la mia famiglia mi ha cresciuto nel segno di altre “fedi”: comunismo, femminismo, ecologismo. Oggi sono il risultato di questo mix» [a Donna Moderna] • Il 3 settembre è stata ricevuto da papa Francesco assieme a una delegazione di attori e ricercatori per discutere di ambiente.
Titoli di coda: «Penso che l’artista debba essere apolitico, ma impegnato umanamente».