9 marzo 2021
Tags : Ignazio Marino
Biografia di Ignazio Marino
Ignazio Marino, nato a Genova il 10 marzo 1955 (66 anni). Medico. Specialista in trapianti di fegato. Professore di chirurgia. Per un periodo tentò la carriera politica, fu eletto al Senato nel 2006 con i Ds, nel 2008 e nel 2013 con il Pd (si dimise poco dopo l’ultima elezione per candidarsi al Campidoglio). Fu sindaco di Roma dal 12 giugno 2013 al 31 ottobre 2015, quando la sua giunta decadde per le dimissioni simultanee di ventisei consiglieri comunali (inclusi i diciannove del suo stesso partito) • «I tuoi consiglieri ti hanno tradito. Tutti. “Tutti e 19. Sono l’unico che è riuscito a compattare il Pd. Non si è mai visto”» (Claudio Sabelli Fioretti, il venerdì, 19/7/2019).
Titoli di testa «Il professor Ignazio Marino si sta imbarcando su un aereo che da Santiago de Querétaro, in Messico, lo porterà a Philadelphia, negli Stati Uniti. Quindi, niente interviste. Cioè, no: spiega che farà scalo per pochi minuti a Houston, ad un paio di giornali propone perciò che qualche domanda gli sia spedita via e-mail, proverà a rispondere quando l’hostess dirà ok, potete accendere telefonini e tablet. Va bene. Poi vedremo se ha cose interessanti da raccontare» (Fabrizio Roncone, Corriere della Sera, 11/4/2019).
Vita Madre svizzera, padre di Acireale. Primo di tre fratelli. «Perché ti hanno chiamato Ignazio? “Il mio papà era di grandi vedute, ma era siciliano e il nome del primogenito per un siciliano deve essere quello del nonno”» (Sabelli Fioretti) • A 14 anni si trasferisce a Roma con la famiglia • Educazione cattolica. «Ho fatto il chierichetto con il cardinal Giuseppe Siri, uno dei più conservatori» (a Alessandro Capponi, Corriere della Sera, 9/4/2013). «Da giovane eri scout. “Facevo parte del gruppo Roma Nono, che creò problemi alla Chiesa. A quei tempi non si potevano mettere insieme maschi e femmine. Noi ci battemmo perché questo avvenisse. La Chiesa si opponeva”. E alla fine? “Potemmo fare i campi insieme. Il problema era la promiscuità in tenda”. Non oso pensare. Tu hai approfittato della promiscuità? “No, ero un ragazzino molto timido”. Anche Renzi era uno scout. “Non riesco a immaginarmelo, Renzi scout. Lo scoutismo è democratico. Quelli che inseguono posizioni di comando incontrastato vengono emarginati”» (Sabelli Fioretti) • «Studiavi al liceo Tasso. “Non era facile. Era tra il ’68 e il ’69. Più assemblee che lezioni”. E il ’68? Il ’77? Slogan truci? “Mai da giovane. Da sindaco ho detto ‘Fascisti tornate nelle fogne’. Mi è costato due processi”. “Fascisti carogne tornate nelle fogne”. “No, carogne no, non l’ho detto, mi sembrava eccessivo”» (ibidem) • Finito il liceo, Marino sceglie la facoltà di Medicina e chirurgia della Cattolica, a Roma, e si laurea con 110 e lode. Primo impiego: nella capitale, al policlinico Gemelli. Poi va a Cambridge, in Inghilterra, e a Pittsburgh, negli Stati Uniti, per specializzarsi in trapianti d’organo. «In America Marino è diventato l’“erede” di quel Thomas Starzl che inventò il trapianto di fegato, intervento chirurgico tra i più difficili. E poi il primo direttore straniero dell’unico centro trapianti federale americano» (Arnaldo D’Amico, la Repubblica, 3/1/2003) • All’estero, il nostro fa carriera. Nel 1989 è professore di chirurgia all’Università di Pittsburgh. Il 28 giugno 1992 e il 10 gennaio 1993 fa parte dell’équipe che esegue i primi due trapianti di fegato da babbuino a uomo. Thomas Starzl lo chiama Rocky l’Indistruttibile. «Diceva che ero capace di tollerare qualsiasi tipo di fatica». «Quanti fegati hai trapiantato? “Almeno seicento come primo operatore. Ma ho partecipato a più di duemila trapianti”. Quando operi hai le tue manie... “Prima di entrare in sala non voglio nessuno attorno a me. Mi lavo e dico il Padre Nostro. Poi chiedo alla Madonna di liberarmi la mente, di lasciarmi solo il pensiero del paziente”» (Sabelli Fioretti) • «Nel 1997 diventò il trait d’union tra l’Università di Pittsburgh e la Regione Sicilia per la nascita a Palermo dell’Ismett, un supercentro per trapianti. Tornò in Italia e ne fu il mattatore, accentrando le cariche. Nonostante la bravura trapiantologica, si fece fama di arrogante, più autoritario che autorevole, incapace di lavorare in èquipe e motivare i collaboratori» (il Giornale, 13/5/2013) • Grande rivalità col collega Carlo Marcelletti, «epici i loro scontri al tavolo della direzione generale, al secondo piano della palazzina del Civico di Palermo con le finestre sulla statua di Padre Pio» (Felice Cavallaro, Corriere della Sera, 8/5/2008) • Quando Salvatore Cuffaro diventa governatore della Sicilia «si fecero quattro conti e si scoprì che l’Ismett era un pozzo senza fondo. Ogni posto letto costava alla Regione, 1,7 milioni l’anno, contro una media della sanità siciliana di 200 mila euro a letto. Marino capì che per lui non era più aria e, col tono di chi dice ingrata patria, ruppe nel 2002 con Cuffaro, l’Ismett, l’Università di Pittsburgh e tornò negli Usa» (il Giornale) • «Tornerà a lavorare in Italia? “Non credo. Almeno sino a che prevarrà la cultura del privilegio personale, sino a quando si creeranno ostacoli a chi sa far bene invece di cercare di far meglio, che poi è l’interesse del malato”» (D’Amico).
Politica «Marino l’americano si riaffaccia sulle nostre coste nel 2006. Vuole dare una sterzata alla sua vita e si rivolge a Max D’Alema, suo amico per ragioni mediche e di cui era collaboratore nella Fondazione Italianieuropei. Detto fatto. Max lo affida a Goffredo Bettini, il king maker del Pd […] e Ignazio è eletto senatore. Il giorno dopo, cosa inaudita per un pivello, diventa presidente della commissione Sanità» (il Giornale) • In parlamento Marino si batte per i temi etici. Nel 2008, durante la vicenda di Eluana Englaro, chiede una legge sul testamento biologico. Si dice favorevole ai matrimoni gay. A un certo punto scrive un libro a quattro mani con il cardinal Martini, arcivescovo emerito di Milano, che si intitola Credere e conoscere. Un confronto sui temi etici contemporanei. «Marino avrebbe potuto essere uno dei tanti professori peones parlamentari che, dopo qualche anno, escono di scena lamentando l’impossibilità di agire in politica perché questa non s’adegua ai loro schemi perfetti. Fu il dialogo col cardinale di Milano ad arricchire il cursus honorum del Nostro di quel surplus necessario a innalzarlo sopra i corpi dei comuni mortali. È grazie a quell’opera che il Nostro smise di essere solo un “cervello” prestato alla politica e divenne icona. Icona di cosa? Dei diritti civili, della salute, della laicità e dell’ambiente. Con tanto di fiocchetto sulla medaglia, e cioè quella professione di fede cattolica che nel suo caso si fa sempre necessaria premessa per prendere le distanze da certe credulonerie medioevali. E così Credere e conoscere è tutto un florilegio di zone grigie e interpretazioni, sofferte riflessioni e indagini sul “campo oscuro, profondo, magmatico, difficilmente definibile” della sessualità. “Un viaggio, un’ascesi, un’immersione in caverne oscure e impenetrabili” dove la “coscientia perplexa” di Marino – pare di vederla – s’arrovella in “sfere spesso difficili da sondare”» (Emanuele Boffi, Tempi, 19/2/2015) • Nel luglio del 2009 si candida alle primarie per la segreteria nazionale del Partito Democratico, in competizione con Pier Luigi Bersani e Dario Franceschini. Programma tutto incentrato su diritti civili, salute, laicità e ambiente. Ad appoggiarlo, tra gli altri, l’ex magistrato Felice Casson, Beppino Englaro (il padre di Eluana), Stefano Rodotà, Umberto Veronesi, Paolo Flores d’Arcais, i radicali di Emma Bonino (che non hanno dimenticato la sua partecipazione ai funerali di Welby), l’Unità allora diretta da Concita De Gregorio (che titola a tutta pagina “Ecco il Terzo uomo”). Ad avversarlo, D’Alema e Rosy Bindi, con cui ha litigato. «L’aria di superiorità lo ha reso odioso a molti, tanto che piace solo a Nichi Vendola e ai giustizialisti» (il Giornale). Alla fine arriva terzo prendendo poco più di 380 mila voti, pari al 12,5%, oltre le aspettative iniziali • La sua candidatura a sindaco di Roma è sponsorizzata da Goffredo Bettini e dalla parte del Pd che fa riferimento a Nicola Zingaretti. Alle primarie del 7 aprile 2013, per le quali votano circa 100 mila persone, prende il 51% dei consensi, staccando di molto il favorito David Sassoli (28%) e Paolo Gentiloni (15%). «Mentre i candidati forti Gentiloni e Sassoli riempivano Roma di manifesti, anche abusivi, Marino sceglieva una campagna low cost: poco più di 30 mila euro e spese pubblicate on line prima del voto; agile squadra di una dozzina di militanti, per lo più giovani, nel comitato a San Lorenzo; niente dirigenti di partito; slogan popolari – “Daje!” – e civici – “Non è politica, è Roma”» (Giuseppe Salvaggiulo, La Stampa, 9/4/2013) • «La città era stanca di Gianni Alemanno (“Lupomanno”, come lo chiamavano), il pugliese popolare, figlio della destra sociale, cresciuto macinando chilometri in campagne elettorali, fra gazebi e mercati, riunioni bibliche davanti a migliaia di persone o sul pianerottolo di un condominio a Torpignattara. Alemanno era tutto ciò che Marino non era, e fu intuizione non banale di Goffredo Bettini capirlo al volo. Fu sua l’idea di puntare sul re dei trapianti: prendere l’esperto, il chirurgo che aveva lavorato in Pennsylvania e trapiantarlo a Roma, che sarà anche caput mundi ma anche una città italiana, cioè provincia dell’Impero, con relativo complesso di inferiorità. E cosa c’era di meglio del luminare venuto dagli States, tutto curriculum e trasparenza, merito e competenza, per far intravedere ai romani la redenzione? Basta scandali e raccomandazioni, basta gabole e sotterfugi, basta Er Batman e Lupomanno. Arriva Marino» (Boffi).
Marziano Eletto al ballottaggio del 9 e 10 giugno 2013 con il 63,9% dei voti (664.490) contro il 36,1% (364.337 voti) dello sfidante Gianni Alemanno • «Gli elettori della sinistra romana al gran completo, ma anche molti non di sinistra, gli avevano dato una delega in bianco. Vai! Roma fa schifo! Pensaci tu! Seguirono due anni sorprendenti e incredibili» (Sabelli Fioretti) • «Per qualche settimana l’innesto del presunto corpo estraneo funzionò. Famiglia Cristiana lo immortalò bici-munito davanti ai fori imperiali, i quotidiani gli tennero bordone, lui promise, nella città delle bustarelle, delle magagne e della spartizione politica, di fare tutto on line, in base a merito e competenza» (Boffi) • Marino gira in bicicletta, con il suo zainetto sulle spalle. «In bicicletta ci è andato pure dal Papa nonostante sua madre, 91 anni, svizzera, gli abbia telefonato apposta la sera prima: “non ti sognerai mica di andare dal Papa in bicicletta vero?”» (Pino Corrias, il venerdì, 16/8/2013) • A sollevare uno dei primi polveroni è «la storia delle nozze gay: con Marino che nella Sala della Protomoteca organizza una cerimonia ufficiale, s’infila la fascia tricolore e trascrive gli atti di matrimonio che sedici coppie avevano stipulato all’estero. Il giorno dopo esplode un putiferio, il prefetto dell’epoca s’infuria e gli intima di cancellare tutto “in tempi rapidi”. Sembra la battaglia di un sindaco moderno; ma nel volgere di poche settimane i romani scoprono altro: è pure un sindaco che non paga le multe» (Fabrizio Roncone, Corriere della Sera, 9/10/2015) • «La storia della Panda rossa. “Sì. Ignazio Marino, che era senatore, una volta eletto sindaco di Roma lasciò la Panda rossa parcheggiata negli spazi riservati ai senatori, e non poteva. Interrogazioni parlamentari, bagarre eccetera. Rimossa la Panda, che qualcuno aveva anche sfregiato, il sistema elettronico della città registrò che una Panda rossa con la targa della Panda rossa del sindaco era entrata in centro senza permesso per otto volte. Nuova bagarre, interrogazioni parlamentari e perfino una conferenza stampa dell’oppositore Andrea Augello, gran testa di politicante, che fu anche consigliere di Alemanno e relatore in difesa di Berlusconi quando si trattava di farlo decadere da senatore. Augello rivelò che c’erano state manomissioni nel sistema informatico del comune, manomissioni perpetrate, a suo dire, per consentire al sindaco di non pagare le multe della Panda rossa. Seguirono notizie di ogni tipo, dalle quali però risultava senza dubbio che anche il Partito democratico s’era stufato del suo uomo» (Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport, 19/11/2014) • «La città, intanto, agonizza. Sporca, insicura, strangolata dal traffico» (Roncone) • «Dagospia ha aperto una rubrica fotografica in cui fa vedere almeno una volta al giorno un tizio o una tizia che fa la cacca per strada. Il clima da fine del mondo o da ultimo ballo del Titanic c’è tutto» (Dell’Arti) • «La decisione di pedonalizzare via dei Fori Imperiali – il provvedimento con cui Marino si era presentato ai romani – peggiora la viabilità di interi quartieri. Altri quartieri insorgono per motivi diversi: a Tor Sapienza si scatena la caccia all’immigrato e Marino arriva in ritardo, dimostrando di non conoscere il territorio, la struggente rabbia di certe periferie. Abita nel cuore del centro storico, un vicolo dietro piazza del Pantheon. Un giorno apre il portone e trova i cronisti: “Oh, volete farmi festa già di buon mattino?”. Quindi prova il solito numero, mettendo su un sorrisone e alzando il dito medio e l’indice aperti in segno di “V”, vittoria. Niente feste, signor sindaco, è appena esplosa l’inchiesta Mafia Capitale. Marino l’attraversa, per tragiche settimane, ripetendo sempre una frase, qualcosa tra un mantra e un esorcismo: “Io non mi sono accorto di nulla”. In Campidoglio, il suo soprannome diventa “Bambi” (copyright Walt Disney)» (Roncone, 2015) • In citta impazza la polemica. Il partito A dice: lo scandalo Mafia Capitale dimostra che Marino non deve dimettersi, perché indagini e intercettazioni rendono evidente che il nuovo sindaco non è disponibile a scendere a patti con i ladroni. Il partito B risponde: lo scandalo Mafia Capitale dimostra che Marino deve dimettersi, perché l’amministrazione capitolina è compromessa a tal punto che prima o poi, inevitabilmente, il prefetto Gabrielli dovrà commissionare la città • Giorgia Meloni dice: «Nessuno vieta a Marino di ripresentarsi. E, se è tanto innocente, di essere rieletto». I cinquestelle sono più duri: nel magna-magna c’entra anche lui, inutile che faccia la santarellina. Beppe Grillo lo chiama «Ignaro» invece che Ignazio • Anni dopo, Marino si difenderà così: «“Un mese dopo essere stato eletto sindaco, in una intervista con Carlo Bonini, dicevo che percepivo la presenza della mafia a Roma. Tutti dicevano che la mafia non c’era, a partire dal prefetto Pecoraro...”. Eppure tutti citano quella frase che hai detto allo scoppio di Mafia Capitale: “Non me ne ero accorto”... “L’ha scritto solo Fabrizio Roncone sul Corriere della Sera. Ma io non l’ho mai detto. Detesto questa maniera di fare giornalismo in cui si inventa tutto”» (Sabelli Fioretti) • «È circondato da persone che fanno affari con Salvatore Buzzi e Massimo Carminati, “er cecato”: così gli arrestano assessori e consiglieri, il suo partito sprofonda nel fango, arrivano Matteo Orfini, che del Pd è presidente, a fare il commissario straordinario e un ex cacciatore di mafiosi come Alfonso Sabella, a fare il super assessore alla Legalità. Il governo della città traballa, ma la macchina amministrativa lentamente si riaccende. I camion bar della famiglia Tredicine, che erano davanti al Colosseo, vengono spostati. Chiusa la discarica di Malagrotta. Introdotte norme ferree per i cartelloni pubblicitari. Scatenata un’offensiva ai tavolini abusivi in piazza Navona. Abbattuti i muri abusivi sul lungomare di Ostia. Poi Ignazio Marino parte. Va in vacanza, al mare. Ma non va a Fregene o a Sabaudia, a un’ora di macchina dalla città, come facevano altri sindaci (Francesco Rutelli e Walter Veltroni). No, va a tuffarsi nelle acque dei Caraibi. Una mattina (fuso orario) quelli del suo staff, gli telefonano: “L’altro ieri ci sono stati i funerali di un Casamonica… hai presente quella famiglia mezza nomade e mezza malavitosa? Beh, era il loro capo… si sono allargati un po’”. Petali di rosa da un elicottero che sorvolava la chiesa di Cinecittà, musiche dalla colonna sonora del Padrino, vigili urbani di scorta al feretro. Poteva bastare per farlo tornare. E invece no. Finisce le vacanze con comodo, poi torna e riparte. Destinazione Filadelfia. Al seguito di Papa Francesco. Ma da imbucato. “Ho chiesto agli organizzatori e neanche loro lo hanno invitato”, precisa – gelido – il Pontefice» (Roncone, 2015) • «Si è imbucato accanto al Papa che pareva quello dei preservativi. Come si chiamava? Paolini, quello che spuntava a tradimento in tv. Imbucarsi con la fascia tricolore vicino al Papa? Non esiste. È solo un presuntuoso assoluto, Marino. Un ricottaro. Un tipo pieno di narcisismo affetto da un egotismo senza limiti» (Antonio Pennacchi a Malcom Pagani, il Fatto Quotidiano, 11/10/2015) • «“Quello che disse il Santo Padre non corrispondeva al vero. Io ero stato invitato dagli organizzatori, dal sindaco e dall’arcivescovo di Filadelfia. Mi sistemarono in prima fila, a pochi metri dal Papa. Conservo ancora il badge”. Poi hai sentito il Papa? “Ci siamo anche visti. Ci siamo seduti accanto e io gli ho fatto vedere la lettera di invito a Filadelfia firmata dall’Arcivescovo”. E lui? “Mi ha ascoltato. Gli ho detto: ‘Santo Padre, lei una volta mi disse che spesso per perseguitare i cristiani li fanno sbranare vivi dai cani. Quando lei ha pronunciato quella frase sull’aereo, il messaggio, per molti, è stato: lanciate pure i cani contro Marino’”. Pesantino. “Il Santo Padre mi disse che dovevo assolutamente rendere pubblica quella lettera di invito. Io dissi: ‘Santità, lei porta l’anello del pescatore, il simbolo dell’autorità del Santo Padre, le pare che io possa rettificare quello che ha detto l’uomo che porta l’anello del pescatore? Se lei avrà modo e intenzione, lo farà lei’”. Ancora più pesante. E lui l’ha fatto? “No, ma mi ha assicurato che l’avrebbe fatto”» (Sabelli Fioretti) • «Certi casi politici sono casi umani. Ignazio Marino non molla. È, ormai, l’oco del Campidoglio. E detto così non suoni offesa perché mi limito a raccogliere la voce di una sua supporter: “Come le oche a guardia della città nell’antica Roma, così lui”» (Pietrangelo Buttafuoco, Il Foglio, 27/10/2015) • L’ultima grana è la storia degli scontrini. «Cos’è questa storia degli scontrini? “Secondo le accuse, Marino andava a cena con la famiglia e poi diceva di avere invitato dei diplomatici o dei medici, insomma gente ricevuta per motivi di lavoro. Pagava con la carta di credito da diecimila euro del Comune, che all’ultimo voleva restituire con un rimborso di ventimila euro (quasi un’ammissione di colpa). L’accusa è piuttosto circostanziata, i giornali hanno descritto i menu, il costo dei vini, e tutto il resto. La Procura starebbe preparando un avviso di garanzia per peculato. Un caso tipicamente marinesco, se mi passa il termine, cioè di uno che ha fatto dell’onestà una specie di segno distintivo e poi frega sulle note spese (se è vero). C’è anche il precedente di Pittsburg, dove faceva il medico ed ebbe questioni con quell’amministrazione sempre per le note spese. L’altro giorno Renzi non ci ha visto più e se l’è presa con il suo uomo di Roma, Matteo Orfini: “L’hai sempre difeso, e adesso la sconti anche tu”. I vertici del Pd hanno comunicato al sindaco che o si dimetteva o l’avrebbero fatto dimettere» (Dell’Arti) • «Se volevano fregarti non facevano prima a tirare fuori una escort o a metterti una bustina di droga nel cassetto? “Forse ci hanno provato, e non essendoci riusciti si sono dovuti limitare a denigrarmi con stratagemmi che la Cassazione ha liquidato con frasi severissime, come ‘indagini infondate’ e ipotesi di reato ‘frutto di fantasia’”. Ti sei dato una spiegazione? “Ho dato fastidio a tanti, ma qualcuno coordinava il gioco. Mi sono spesso chiesto come mai quotidiani che erano in competizione tra loro pubblicassero gli stessi titoli, le stesse parole, gli stessi aggettivi. Tutto per ridicolizzare la persona del sindaco”. I peggiori? “Galli Della Loggia scrisse, sulla prima pagina del Corriere, della ‘inconsistenza ridanciana e vagamente imbrogliona del sindaco Marino’”» (Sabelli Fioretti) • «Ignazio, come siamo messi a risentimento? “Quando scoppiò la polemica inventata sulla Panda rossa si presentò in Campidoglio, accompagnato da Virginia Raggi e da Luigi Di Maio, uno dei più spietati nemici, il grillino Marcello De Vito, con delle arance: secondo loro dovevo andare in galera. In prigione c’è finito lui, ma io ne ho sofferto. Non c’è nulla da gioire se uno va in prigione”» (ibidem).
Amore Sposato, una figlia. La moglie, Rossana Paisen Toldin, origini venete, bionda, occhi azzurri, elegante, molto schiva, è un’ex infermiera del Policlinico Gemelli. Quando lo accompagnava nelle occasioni istituzionali, chiedeva ai fotografi di lasciarla fuori dall’obiettivo.
Calcio Romanista tiepido.
Curiosità Dopo la fine della sua carriera politica, è tornato alla Thomas Jefferson University di Filadelfia, dove aveva mantenuto la cattedra. «Dall’inizio del 2017 è Senior Vice President per gli Affari Strategici: si occupa di didattica, di ricerca, di programmi internazionali, ma soprattutto continua a lavorare nella medicina, impegnato da sempre nei trapianti d’organo» (Monica Coviello, Vanity Fair, 12/5/2018) • «Domanda impegnativa: tu lo mangi il fegato alla veneta? “L’odore del fegato alla veneta è lo stesso che si sprigiona quando tocchi il fegato con l’elettrobisturi. Insopportabile. Non l’ho mai mangiato né mai lo mangerò”» (Sabelli Fioretti) • Continua a girare in bicicletta. Le infermiere le chiamano Iggy • Ha tre gatti: Napoleone, Paolina e Annibale • Ha la cittadinanza americana • È parente alla lontana dell’arcivescovo emerito di Palermo Paolo Romeo • Nel 2016 ha pubblicato Un marziano a Roma. La mia verità • «Che cosa ti rimane di quei due anni? “L’orgoglio. Nessuno tra qualche decennio ricorderà chi ha pedonalizzato Piazza di Spagna e i Fori Imperiali, chi ha chiuso Malagrotta, chi ha avviato la Metro C, chi ha registrato i primi matrimoni gay. Eppure sono cambiamenti epocali, che rimarranno”» (Sabelli Fioretti) • «Ti viene voglia di riprovarci? “Per carità! Oggi correrei di nuovo solo per vincere al primo turno col 70 per cento con un partito che non è il Pd. E poi il giorno della vittoria mi dimetterei dopo aver dimostrato chi ha perso il contatto con la città”» (ibidem) • «Bilancio delle liti e delle polemiche? “Venticinque procedimenti, assolto con formula piena in tutti”. Ti avranno chiesto scusa... “Nessuno. Mai”» (ibidem).
Titoli di coda «Ovviamente, è scontato che la mia intervista avrà il richiamo in prima pagina. O no?» (a Roncone).