23 marzo 2021
Tags : Pasquale Natuzzi
Biografia di Pasquale Natuzzi
Pasquale Natuzzi, nato a Matera il 24 marzo 1940 (81 anni). Imprenditore. Fondatore e presidente del gruppo Natuzzi • «Il re dei divani imbottiti» • Famoso per il marchio Divani&Divani • «Qualcosa di Yul Brinner, giacca e pantaloni in pelle, camicia Versace, pupille chiare dietro agli occhialini rotondi, abbronzatura e denti perfetti» (Valeria Sacchi, La Stampa, 10/6/1993) • «È un imprenditore tutto casa e bottega. Il portone della sua villa dista appena pochi metri dall’ingresso della fabbrica di Santeramo in Colle, sede e luogo di nascita di un bel successo industriale del Mezzogiorno» (Rinaldo Gianola, l’Unità, 16/10/2009) • «Era considerato come un messia laico dell’economia. Un signore che aveva capito tutto. Un tipo eccentrico, amante dell’Oriente e dell’America, delle cose belle» (Giuseppe De Bellis, il Giornale, 2/7/2013) • Ha detto: «Dove sta scritto che la Brianza deve essere l’unico paradiso del mobile?».
Titoli di testa «C’è stato un tempo in cui Pasquale Natuzzi era l’uomo che faceva stare comodo il mondo. Tu tiravi una leva di uno dei suoi divani e, così all’improvviso, le tue gambe venivano tirate su da un poggia piedi. Era un simbolo: stai tranquillo, rilassati» (De Bellis).
Vita «L’epopea Natuzzi è da film di Tornatore: nato a Matera da genitori di Santeramo, papà ebanista e mamma con negozio di alimentari» (Paola Pilati, la Repubblica, 6/6/2016) • «“Loro mi hanno trasmesso l’idea che ogni cosa vada conquistata. Con la cultura del sacrificio e con l’esempio dei genitori, si può partire da un sottoscala: se si ha grinta, serietà e voglia di fare, la povertà non è un problema. È l’educazione al lavoro che conta”. Nascere al Sud è stato uno svantaggio? “Facciamo impresa nel Sud da sempre. Non ho scelto io di nascere qui, ma di restarci, questo sì”» (Paolo Federici, Chi, 19/11/2015) • Il piccolo Pasquale, prima della scuola, per guadagnare qualche soldo, va in giro a consegnare il latte a domicilio: finisce per addormentarsi sul banco. «“Sono un imprenditore che non ha neanche completato gli studi” ha raccontato. “Da ragazzino, già a nove anni lavoravo nel pomeriggio con mio padre ebanista. A tredici mi chiese di lasciare la scuola”. Però quel lavoro non l’appassionava, era attratto molto di più dal laboratorio di tappezziere nella bottega vicina. Prese coraggio e cambiò mestiere» (Antonella Piperno, Panorama, 6/11/2015) • «Ricominciò, vendendo mobili con suo padre, che nel frattempo aveva diversicato l’attività. “Ho aperto 27 piccoli negozi a Matera, ma a un certo punto alla fine degli anni Sessanta i mobili non si vendevano più e arrivai punto di non poter più pagare i fornitori. Divenni l’uomo più indebitato d’Italia”. Una crisi con un risvolto positivo visto che lo spinse a riprendere il mestie di tappezziere, la sua vera vocazione, a ripianare tutti i suoi debiti» (Piperno) • «Nel 1972 fonda la Natuzzi Salotti S.r.l. e un anno più tardi, a causa di un incendio che distrugge completamente il suo stabilimento, trasferisce l’attività a Santeramo in Colle (Bari – Italia), dove ancora oggi ha sede il quartier generale del Gruppo» (dal suo sito) • Racconta Giuseppe Desantis, vice presidente della società: «All’inizio, quando guardavamo prevalentemente al mercato nazionale era difficile convincere la gente che dovesse comprare un salotto fatto a Matera, invece che in Brianza, dove c’era una consolidata tradizione» • «Siamo a metà degli anni Settanta. La fabbrica incomincia a esportare, verso il Nord Europa e verso il Medio Oriente. Astutamente, Natuzzi assume gli emigrati di ritorno che avevano imparato le lingue per dialogare con i nuovi mercati. Negli anni ‘80, la svolta: durante un viaggio a New York» (Pilati) • «Natuzzi si rende conto che i divani di pelle esposti a Manhattan costano 3.000 dollari e che lui potrebbe offrire un prodotto di analoga qualità a un terzo. Con i primi contratti Usa inizia la corsa del fatturato e il successo dell’azienda che punta tutto sull’informatica con il processo just in time. Ovvero: produzione programmata al secondo, senza bisogno di magazzini» (Marvelli) • Dice di lui «un giovane professionista di Altamura» all’Unità: «E come se avesse inventato la 600 nel campo dei divani». «E Pasquale Natuzzi, l’inventore dell’“utilitaria” dei divani in pelle, si butta a capofitto in questa nicchia di mercato […] Natuzzi incrocia un mutamento dell’uso del divano in pelle indotto dalla televisione (da bene di lusso collocato nell’angolo “buono” della casa, a bene di uso quotidiano). Da quel momento i successi sono vertiginosi e la crescita sembra senza limiti» (Piero Di Siena, l’Unità, 12/6/1997) • «Nel 1993, mister Pasquale decise che valeva la pena provare a giocare pesante. La quotazione in Borsa. Milano? No, Wall Street. Perché aveva capito che l’Italia era troppo piccola, che i numeri, che i volumi, che i soldi si potevano e dovevano fare fuori. Gusto italiano, prezzi tutto sommato bassi e mercato internazionale. Doveva funzionare. Poteva funzionare. Ha funzionato» (De Bellis) • In pochi mesi, a Wall Street, le azioni passano da 15 dollari a 50. Negli anni d’oro vende la sua merce in 123 mercati dei 5 continenti, fattura 780 milioni di euro, ha 5.700 dipendenti e collaboratori. Le business school americane studiano le sue strategie. Il distretto pugliese di Natuzzi «dilaga parallelamente alla scoperta del Salento dei turisti e dei registi italiani (possibilmente corali) con la luce calda di Lecce, Edoardo Winspeare, la pizzica e la taranta» (Michele Masneri, Il Foglio, 31/5/2019) • «La Natuzzi è diventata l’azienda leader del mercato americano del mobile. Sulla stampa internazionale Pasquale è incoronato come “il Gianni Agnelli del Sud”, con tanto di contorni iconografici. Le foto al timone di una splendida barca a vela, la passione per il golf, la villa a Riva dei Tessali, il buen retiro della ricca borghesia pugliese» (Galdo).
Amori «Una famiglia numerosa: cinque figli che hanno tre mamme diverse. “Sono la mia forza”, dice il patriarca. I maggiori, le figlie Anna e Nunzia, e PJ (cioè Pasquale Junior), già lavorano in azienda, gli altri due vanno a scuola» (Pilati, nel 2016).
Crisi Il boom della Natuzzi dura fino al 2002, poi le cose iniziano a cambiare. «Il mondo è cambiato. Ad Oriente come ad Occidente milioni di senza speranza sono diventati abili produttori e avidi consumatori. Internet ha stravolto modi e tempi di lavoro. I mali italiani - alta tassazione, illegalità e corruzione - hanno finito per divorare il Paese. Così i segreti della Natuzzi di una volta non bastano più. Le vendite sono scivolate, spinte dalla concorrenza estera e dal calo della domanda interna» (Federica Bianchi, L’Espresso, 2012) • Primo segnale di cedimento: la decisione dell’Ikea di rinunciare alla fornitura dei divani fabbricati nel distretto delle Murge e di sostituirli con analoghi prodotti made in China. «Si racconta che una volta Natuzzi […] sia stato fermato da un connazionale durante un’importante fiera internazionale del mobile: “Complimenti Pasquale, ho appena visitato il tuo stand qui a fianco, i tuoi divani sono veramente eccezionali”. E Natuzzi, sorpreso: “Ma quale stand qui a fianco? Io lo stand ce l’ho dall’altra parte della fiera...”. In realtà lì a fianco c’era davvero uno stand con dei divani bellissimi, ma il marchio non era Natuzzi, bensì Natuzzy: a clonare perfettamente il logo, insieme con molti dei modelli della linea Divani&Divani, era stata una ditta cinese» (Nino Materi, il Giornale, 4/1/2014) • «È accaduto che l’Adriano Olivetti del Sud sia rimasto in qualche maniera prigioniero del mito che gli era stato costruito addosso» (Dario Di Vico, Corriere della Sera, 3/7/2013) • «Gli altri hanno avuto la bolla del web, il mezzogiorno italiano ha, tra le altre, quella dell’“imbottito”» (De Bellis) • «Calia, Chateau d’Ax, Nicoletti, Poltrone e Sofà, tutti hanno adottato lo stesso modello di business. E il presidente del distretto del salotto della Lucania, Tito Di Maggio, ha dichiarato ufficialmente di produrre al costo industriale di 25 centesimi al minuto. Ma come fa se il costo industriale di un’azienda in regola, tipo la mia, è di 92 centesimi!». Nel 2007 il fatturato netto consolidato scende a 634 milioni di euro, c’è un rosso di 62 milioni. Sono anni di crisi nera. Natuzzi reagisce moltiplicando gli stabilimenti (Romania, Brasile, Cina), dà fondo ai risparmi acculumati nel periodo d’oro, ma senza chiedere aiuto alle banche. Crisi aziendali, esuberi, ricorso alla cassa integrazione, interventi del ministero dello Sviluppo economico. Il distretto si asciuga a sole cento aziende. «Ma è soprattutto all’interno della fabbrica che le cose cambiano. Prima un divano era fatto dall’inizio alla fine da un singolo operaio, che lavorava in parallelo con l’operaia che cuciva il rivestimento. Oggi è stata introdotta la catena di montaggio: ciascun operaio fa un pezzo diverso dello stesso divano, che poi viene assemblato alla fine. In cinque ore un divano a tre posti è pronto per il negozio, azzerando magazzino e tempi morti» (Pilati).
Politica «Oggi la globalizzazione richiede la capacità di utilizzare le nuove tecnologie, cosa che i giovani sanno fare con naturalezza. Se noi allunghiamo l’età pensionabile, com’è avvenuto, il risultato che otteniamo è che i giovani vengono a fare i camerieri a Londra e le aziende italiane restano ingessate, non riescono a evolversi. Comunicare, essere digitali, richiede ragazzi giovani e bisogna trovare il modo di averli. E, poi... ci vuole un progetto Paese, non ho sentito un politico dire come saremo tra 10 anni. Non possiamo cambiarci dall’oggi al domani, ma dobbiamo sapere che cosa vogliamo essere e che gli investimenti e le leggi che andiamo a implementare guardino in questa prospettiva. Se un’azienda fa un business plan in base alle proprie forze, al proprio Dna ma, santo cielo, non lo deve fare un Paese?» (a Maria Silvia Sacchi).
Fisco «Io mi alzo la mattina per generare valore; gli altri imprenditori per evitare di pagare le tasse». Una delle sue massime: «Se viene la Guardia di Finanza non ho nulla da temere».
Erede Pasquale junior, classe 1990, laurea in management alla Bocconi, direttore creativo del gruppo, una presunta storia con Belen Rodreiguez alle spalle, è considerato «l’erede». «Devi sapere che mio padre, quando ha deciso di chiamarmi come lui, un piano se l’era fatto e un minimo di progetto su di me l’aveva già ipotizzato. Un progetto che nel corso della mia infanzia si rappresentava nelle continue convocazioni durante cene di lavoro, riunioni, eventi, quando mi chiamava sul palco davanti a 5.000 persone, e mi chiedeva “Che vuoi fare da grande?”, e io, “Il Presidente della Natuzzi”. Così per anni, come una specie di filastrocca. Già da adolescente mi portava nei laboratori, a guardare il prodotto, a giudicare se fosse più bello uno o l’altro, e a rovinarmi le estati mentre tutti gli altri erano al mare! La parte più critica arrivava quando rimanevamo soli macchina: quando sei in macchina con uno come mio padre, che è uno con gli occhi di ghiaccio ed è un uomo rigido, tutto d’un pezzo, che ti chiede “Allora come va” … ecco quelli mi sembravano i 40 minuti più lunghi della mia vita. Insomma è stato un percorso nato da bambino, difficile ma con tanti aneddoti belli che mi hanno formato» (a Serena Scarpello, Studio, 29/5/2020).
Curiosità Da giovane è stato campione di pattini a rotelle • Appassionato di ciclismo • Laurea honoris causa in Scienze dell’Educazione, conferitagli nel dicembre 2001 dall’Università di Bari • «Meticoloso, attento ai particolari» (Giorgio Lonardi, la Repubblica, 14/11/1994) • Non gli piace mettersi la cravatta • «Vive per metà dell’anno nella villa che si è fatto costruire a pochi metri dall’azienda, nella periferia senza garbo di questo paesone pugliese. L’altra metà la passa in viaggio, dagli Usa all’Australia, dalla Russia al Brasile all’India» (Pilati) • All’estero i suoi negozzi non hanno il marchio Divani&Divani, ma Natuzzi Italia • «Il suo segreto? “Tanto lavoro, tanta passione e tanto amore per la mia terra e per la mia gente. Il cambiamento non mi ha mai spaventato, il “futuro” mi affascina ed è l’orizzonte verso cui oriento tutte le mie decisioni. Ho un ottimo rapporto con tutto ciò che è “nuovo”, ma sui valori non cambierò mai idea. Che futuro può avere un mondo senza valori?”» (Federici) • Nel 2016 aveva detto: «Speravo di passare un anno sabbatico nel 2000 con la famiglia, ma poi ho rinviato al 2010. Ora spero almeno di poterlo fare nel 2020» • E ai figli: «Non fatevi illusioni. L’azienda è sacra».
Titoli di coda «Riguardo ai figli devo dire la verità che uno sono riuscito a “contagiarlo”, sono molto orgoglioso di lui, anche se non glielo dico. È giovane ma si fa apprezzare con l’autorevolezza, quindi per le capacità. Si sta occupando di digitalizzare l’intera azienda. Ma io amo il lavoro che faccio e per fortuna godo di ottima salute. E, poi, in questo percorso di riposizionamento e diffusione del marchio che stiamo facendo sono richieste non solo competenze ma anche la conoscenza di questo “giocattolo” che ho creato io» (a Maria Silvia Sacchi).