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 2021  marzo 28 Domenica calendario

Biografia di Leonard Blavatnik (mister Dazn)

Dopo l’exploit di Dazn, la app digitale che in cordata con Tim si è assicurata i diritti per trasmettere il calcio italiano nelle prossime tre stagioni, mettendo in difficoltà un colosso come Sky, in molti si chiedono chi sia l’artefice di questa sfida all’ultimo respiro.
L’uomo dietro Dazn è Leonard Blavatnik, imprenditore nato in Ucraina 64 anni fa e che ha costruito la sua fortuna negli Stati Uniti dove è arrivato con i genitori quando aveva 21 anni. Sul suolo americano Blavatnik si è sentito subito a suo agio. Prima di fondare il suo gruppo, la Access Industries, nel 1986, ha studiato Computer science alla Columbia University, ha lavorato per i grandi magazzini Macy’s, per la società di revisione Arthur Andersen e nel 1984 è diventato a pieno titolo un cittadino americano.
Ma senza troncare del tutto i legami con la sua terra di origine, anzi. La sua svolta arriva dopo il crollo del Muro di Berlino, nel 1989, grazie alla famosa “guerra dell’alluminio” scatenatasi a seguito della massiccia privatizzazione delle aziende statali ex-sovietiche nei primi anni ‘90. È da lì che Blavatnik costruisce il suo impero che lo ha portato in quarant’anni, secondo la rivista Forbes, a diventare il 45esimo uomo più ricco del mondo con un patrimonio di 25,2 miliardi di dollari. E a farsi conoscere anche per le sue doti filantropiche: la sua fondazione tra il 2009 e il 2019 ha donato più di 700 milioni di dollari, di cui 65 milioni alla Tate Modern e più di 100 a università come Harvard, Yale e Oxford.
Blavatnik per molti anni è sembrato non sbagliare un colpo. Nel 2010 acquista il colosso della chimica statunitense LyondelBasell, che ha poi quintuplicato il suo valore dagli 1,8 miliardi di investimento iniziale; poi vende la partecipazione nella società petrolifera Tnk-Bp per 7 miliardi di dollari e nel 2011 fa sua anche la Warner Music, terza casa discografica del mondo, pagata 3 miliardi di dollari.
Nel suo portafoglio partecipazioni in anni più recenti figurano anche nomi come Snapchat, Spotify, Zalando, le app che riscontrano grande successo nel pubblico più giovane. Nell’ultimo decennio Blavatnik ha mostrato un grande fiuto per settori che poi hanno conosciuto un forte sviluppo. Per esempio, ha capito prima degli altri che il mercato della musica, nonostante la pirateria, si stava muovendo verso lo streaming digitale e con questa idea in testa ha puntato gran parte dei suoi quattrini sulla Warner, riuscendo a moltiplicare il fatturato e i risultati. Quando è tornato in Borsa il marchio americano è stata valutato 16 miliardi di dollari e oggi il 60% del suo fatturato arriva dalle vendite digitali. «La sua esperienza nel campo degli investimenti dimostra un’acuta capacità di individuare le tendenze in anticipo e scoprire le opportunità», ha detto a Bloomberg Edgar Bronfman Jr., che era presidente del settore discografico all’epoca dell’acquisizione di Blavatnik. «Len ha la determinazione e la voglia di affrontare qualsiasi sfida aziendale». Ora Blavatnik sta affrontando una sfida ancora più difficile: portare gli appassionati di sport di tutto il mondo a vedere i loro eventi preferiti via internet, sul cellulare, sulla tv o sul tablet. Il suo obiettivo è creare una Netflix dello sport, spodestando i colossi mondiali della pay tv. Il modello di business, però, non è ancora consolidato, le perdite sono ancora ingenti – 1,4 miliardi nel 2019 – ma l’imprenditore americano non si fa certo spaventare dalle difficoltà e la sua capacità di investire non sembra sia venuta meno.
Il momento più difficile è arrivato un anno fa, con la gran parte degli eventi sportivi fermati dal Covid e gli 8 milioni di abbonamenti che venivano disdettati. Eventi che sui mercati finanziari avevano fatto pensare che Blavatnik stesse cercando un socio e magari ipotizzasse di passare la mano. Ma così non è stato: ad agosto 2020 ha cambiato il management al vertice di Dazn e ha continuato a investire sul portafoglio dei diritti, conquistando anche la Formula 1 per il mercato spagnolo e un grosso pacchetto di partite della Uefa Champions League per la Germania. Ora ha puntato una fiche da 1,5 miliardi sul calcio italiano ma per far tornare i conti deve conquistare almeno 3 milioni di abbonati da strappare con le unghie a Sky. Se ce la farà si presenterà a Wall Street pronto all’incasso.