26 gennaio 2021
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Biografia di Michail Nikolaevič
Michail Nikolaevič, Baryšnikov. Riga, Lettonia, 27 gennaio 1948. Ballerino, coreografo e attore sovietico naturalizzato statunitense. Fondatore della compagnia White Oak Dance Project e il Baryšnikov Arts Center, un centro creativo nel cuore di Manhattan pensato per artisti emergenti. «Il più grande danzatore del mondo», il Time Magazine, «il più perfetto ballerino che abbia mai visto», per Clive Barnes del New York Times. Ha ballato per Balanchine, Robbins, Ashton, Tudor, Twyla Tharp, Mark Morris, Mats Ek, Petit e Béjart. «Non conta quanto alta riesci a tenere la gamba. La tecnica riguarda trasparenza, semplicità e la volontà di provarci sempre con onestà».
Titoli di testa «Non cerco di ballare meglio di chiunque altro. Cerco solo di ballare meglio di me stesso».
Vita Figlio di un ingegnere colonello sovietico, dal padre prese «i suoi manierismi e le sue abitudini militari» per metterli «nella mia interpretazione». Tuttavia i due non andavano d’accordo: «Non era un uomo piacevole» • «Mio padre, staliniano, insegnava la topografia alle spie. Quando Stalin è morto, avevo 5 anni e lui pianse per giorni» • Abitavano in appartamenti comunitari: «Ricordo che a un certo punto condividevamo la casa con cinque famiglie. Un inferno per chiunque ma per noi era normale» • Da piccolo «fantasticavo della Francia leggendo Il Conte di Montecristo o I tre moschettieri, vedevo i film di Bresson e ascoltavo Jacques Brel ed Edith Piaf» [Grassi, Cds] • «Ho iniziato a ballare da piccolo: i miei primi ricordi risalgono a un novembre, il giorno della rivoluzione. C’era una parata militare, e io, mia madre e mio fratello andammo a vedere mio padre che marciava lungo il fiume alla parata militare. E dopo la parata ci si riuniva tutti. I grandi, ubriachi creavano un cerchio e i bambini ballavano nel mezzo. È stato il mio primo pubblico. E probabilmente ero abbastanza bravo perché ho sentito un applauso. Mia madre e mio padre erano, piuttosto, sorpresi e, naturalmente, orgogliosi» [a Larry king, cit.] • «Mia madre aveva un figlio dal precedente matrimonio e suo marito è morto nella seconda guerra mondiale» [a Larry King, cit.] • Iniziò a studiare danza a 11 anni • A 12, sua madre, Alexandra Kiselyova, «la donna che mi ha portato alla danza», s’impiccò nel bagno del loro appartamento comunitario: «Mia madre era meravigliosa, molto semplice, talentuosa, adorabile; mi ha portato al cinema a vedere Charlie Chaplin, Fred Astaire, al museo e al balletto. Sono stato subito rapito. I bambini sono animali divertenti. Ero un bambino felice perché mi sono innamorato del mondo del teatro» • A 14 anni entra all’Accademia di Ballo Vaganova e diventa allievo prodigio del coreografo Alexandr Puškin, stesso maestro di quello che poi sarà uno dei suoi più cari amici: Rudolph Nureyev: «Nessuno al mondo può paragonarsi a lui» • Al concorso di fine anno del 1966, si esibì nel passo a due Corsaire superando tutte le attese: «Nessuno era pronto alla perfezione classica della sua grande pirouette, del tutto bilanciata con la gamba alzata a 90 gradi, o dei suoi doubles tours en l’air eseguiti con un brio assolutamente privo di sforzo» [Smakov, I grandi danzatori russi]. Vince la medaglia d’oro • L’anno dopo Misha entra a far parte del Kirov Ballet e, a soli diciotto anni, diventa solista. Interpreta tantissimi ruoli e balla per Vinogradov, Sergeyev, Jacobson con mostri sacri della danza del calibro di Natalia Makarova. In Vestris, balletto che Jacobson cuce per lui Baryšnikov: «Ha l’occasione di mostrare al pubblico per la prima volta, una capacità espressiva e interpretativa degna di un attore vero e proprio» [Ronchetti, dancehall] • Del 1974 la prima tournée all’estero, in Canada • A Toronto dopo la sua esibizione con il Bolshoi Ballet di Mosca s’infila nell’auto di un avvocato canadese che gli era stato presentato da alcuni amici. Baryšnikov chiede asilo politico e il Canada glielo concede: «Il sistema sovietico mi ha dato il mio mestiere. Mi ha istruito, e questo è il regalo più grande che un governo possa fare a un giovane. Quando me ne sono andato, sono sfuggito al controllo del governo sull’individuo» • «È stato traumatico? Non proprio. Lo sapevo: ero più preoccupato per mio padre, che a quel tempo era ancora vivo, per il mio fratellastro, per la mia sorellastra. Sapevo che sarebbero stati sotto il controllo del Kgb, ovviamente, anche per alcuni dei miei amici più stretti che poi sono stati interrogati duramente» • Da Toronto si trasferisce negli Stati Uniti. Nel 1974, durante un party in casa di Rostropovich, incontra per la prima volta il poeta Joseph Brodsky: «Il mio primo incontro con Joseph fu a una cena a New York. Ero appena fuggito dall’Urss, mentre Brodsky ne era stato espulso due anni prima. Dopo cena ci dirigemmo al suo appartamento nel Greenwich Village per bere un caffè. Quella sera consumammo ben più di un paio di espressi, tutti corretti con whisky Bushmills proprio come piaceva a lui. Mi sentivo un po’ fuori di testa e non mi riuscì di dormire per un bel po’; il cuore mi batteva all’impazzata. Certo non era solo colpa del caffè. “Non ci mancano argomenti di cui parlare” disse Joseph con sicurezza. E parlammo, senza sosta per ore. Entrambi avevamo vissuto a Leningrado gli anni della formazione. Amici e conoscenti, abitudini e situazioni: le nostre esperienze si rivelarono sovrapponibili e condivise. Ricordammo i luoghi dove abitavo nel mio decennio di Leningrado. Tutti gli erano familiari: egli amava quella città, rispecchiata nella Neva e nei canali, e ogni tanto trasfigurata nella tela di un astrattista da una raffica di vento del Baltico. Ricordo le ciglia di Brodsky sollevarsi in estasi al cielo quando gli dissi che il mio ultimo appartamento era a un tiro di sasso dall’Hermitage, sull’argine della Moika, proprio di fronte alla casa dove visse e morì Puškin. Con le labbra curvate in un triste e amaro sorrisetto, emise un sospiro. “Tutta quella bellezza – disse – e ce ne siamo andati lasciandola alle spalle”. Da quella sera in poi la nostra conversazione continuò senza sosta per oltre vent’anni. Parlavamo, se non ogni giorno, almeno ogni settimana. Mi telefonò la sera del 27 gennaio 1996 per augurarmi buon compleanno. Qualche ora dopo egli non c’era più» • «Molti miei amici temevano che il nostro rapporto potesse danneggiare la mia carriera. Credevano ci sarebbero state ripercussioni attraverso il calcolato terrorismo del Kgb. In Unione Sovietica Brodsky era stato definito una sorta di “parassita della società”» • Dopo quel primo incontro i due iniziarono a darsi del tu: «Fu lui stesso a proporre il cambiamento ma a una buffa condizione: lui mi avrebbe chiamato Mysh (Topo, in russo) invece di Misha, a causa dell’affinità fonetica. E si ribattezzò con un nome complementare al mio nuovo nomignolo: il Gatto Joseph. Dopo di che emise un miagolio allegro e interrogativo come per sollecitare la mia approvazione. Da allora in poi non ci chiamammo più in altro modo» • La sua prima performance da libero danzatore la fece al Lincoln Center di New York con Natalia Makarova: «La mia ballerina preferita» • Sempre nel 1974 Misha inizia il sodalizio con l’American Ballet, danzando come primo ballerino in tutti i ruoli del repertorio classico, ma anche moderno e interrompendo questo legame con la compagnia solo per un anno e mezzo, tempo necessario per Baryšnikov per lavorare al New York City Ballet con George Balanchine che gli affida opere di altissimo pregio come Apollon Musagéte e Il Figliol Prodigo, solo per citare i più famosi» [Rochetti, cit] • Di nuovo all’American ballet – prima primo ballerino poi direttore artistico e coreografo – interpreta un Don Chisciotte che farà storia accanto a un’incantevole Cynthia Harvey • Mai stanco di sperimentare si cimenta nei generi più svariati passando dal classico al moderno di Merce Cunningham ed Erick Hawkin • In Sinatra Suite, per la coreografia Twyla Twarp, Baryšnikov riesce a combinare ironia e tecnica straordinaria • Collabora con Liza Minelli in Baryšnikov on Broadway e sul grande schermo in The Turning Points, White Nights e Spie Contro • «In Due vite e una svolta è un ballerino russo tra Shirley McLaine e Anne Bancroft, il film ebbe 11 candidature e nessun Oscar compresa la sua nomination come miglior attore non protagonista, ma Baryšnikov ottenne il David di Donatello speciale nel 1978, ma è il Sole a mezzanotte il suo film da protagonista, una storia di paradossi: un ballerino russo scappato in Occidente in seguito a un incidente aereo precipita in Siberia e viene riconosciuto da un colonnello del Kgb, costretto a dividere l’appartamento con un ballerino di tip tap afroamericano che invece è fuggito dagli Stati Uniti, dal razzismo e dall’arruolamento per il Vietnam. Nel cast anche una giovanissima Isabella Rossellini, un Oscar per la canzone di Lionel Richie Say You Say Me. Con grande senso del mezzo e senza alcun tipo di snobismo Misha è stato anche star di una delle serie tv più amate degli anni Novanta, interpretando un artista russo Aleksandr Petrovsky, uno dei fidanzati di Carrie Bradshow nello show Sex and the City» [Ugolini, Rep] • Al cinema «Ho fatto sei-sette produzioni. Avrei voluto recitare per Giorgio Strehler, parlavamo di fare insieme Cechov, Majakovskij, Pirandello. Poi morì. Sono cresciuto con i vostri Antonioni, Fellini, Bertolucci» [a Valerio Cappelli, Cds] • «Una giornata intera a spiare da un palco del Teatro Petruzzelli di Bari. A seguire di nascosto il passo a due da Giselle con Michail Baryšnikov e Alessandra Ferri per il film Dancers di Herbert Ross. Era un mattino di ottobre del 1986 e Misha era nervoso “perché il salto non gli riesce come al solito”, spiegava la sua assistente. Al pomeriggio, invece, salti prodigiosi e buon umore. Il giorno successivo, il ballerino, 38 anni, nel massimo splendore della forma, diceva a La Stampa: “Presto lascerò la danza classica, sono vecchio, dirigerò l’American Ballet Theatre, farò più film. Voglio stare di più con la mia famiglia”» [Trombetta, Sta] • Nel 1990, l’inarrestabile Misha fonda con Mark Morris, la White Oak Dance Project, di cui diventa direttore artistico dedicandosi in via definitiva alla danza moderna, e dando spazio ai giovanissimi talenti. Nel 2002, poi, l’addio alle scene • «I giovani magari non lo sanno, ma oltre alla danza ho avuto anche una carriera come attore. Ricordo il mio Gregor Samsa nella Metamorfosi di Kafka e lo spettacolo tratto da quattro atti unici di Samuel Beckett, uno degli scrittori che più amo» • Nel 2012 è di nuovo in teatro con In Paris: «La danza ha uno spazio minuscolo: l’amore e la solitudine hanno i ruoli principali. Perché nella Parigi degli anni Trenta un uomo e una donna molto più giovane si incontrano in un ristorante. Sono entrambi immigrati, esuli. L’essere esuli è una cosa che ti porti dentro. La ragazza, una cameriera, è bella e sola, il marito è lontano, in guerra in Jugoslavia. L’uomo è un ex generale dell’esercito imperiale. Ogni immigrato, ogni esule può proiettare sé stesso in questa storia» • Del 2015 Brodsky/Baryšnikov: «Sulla scia di questo filone, Baryšnikov è approdato in un lavoro meticoloso e avvolgente del regista Alvis Hermanis, la cui costruzione è durata per ben 15 anni. Per il regista lettone leggere Brodsky è un’esperienza fisica, dove le immagini create dalle parole divengono sensazioni percettive, spesso dolorose, di un sognare e di un vivere senza nessun futuro e forse nessuna possibilità di salvezza. Nello spettacolo Brodsky/Baryšnikov, l’ancora splendido Misha si esibisce in un lungo monologo sulle composizioni del poeta russo Joseph Brodsky, suo amico, configurando un commovente viaggio nel profondo delle viscerali e complesse composizioni del poeta premio Nobel» [Bernabini, Danzanews] • Sempre del 2015 Letter to a man: «È la storia di un artista fragile e monumentale su cui incombeva la follia, che lo avrebbe travolto: il ballerino Vaslav Nijinsky, di cui metteranno in scena i Diari» • Nel 2019, sempre per Alvis Hermanis è papa Benedetto XVI in The White Helicopter. Nella pièce racconta i giorni precedenti all’annuncio di dimissioni dal soglio papale: i suoi tormenti, dubbi e travagli, ma anche lo sconcerto del mondo dinanzi a una scelta radicale che ha aperto scenari inaspettati nel mondo cattolico e non solo. Il testo è stato concepito in un mix di lingue che comprende inglese, tedesco, latino, polacco e italiano.
Amori Subito dopo la fuga negli States intreccia una love story con la ballerina Gelsey Kirkland, che quando viene lasciata scrive una biografia scandalo dicendone un gran male • Geloso della sua vita privata, dei suoi nipoti nati dalla figlia Aleksandra “Shura”, che lui ha avuto con l’attrice Jessica Lange, e degli altri suoi figli Peter, Anna e Sofia, nati dal legame con l’ex ballerina, oggi giornalista, Lisa Rinehart • Non crede nel matrimonio: «Non sono una persona religiosa e il matrimonio davanti all’altare non mi direbbe niente» ma nel 2006 sposa Lisa • «Cosa pensa della nuova carriera di sua moglie? “Be’, a volte è fastidiosa. Arrivi a casa, vuoi bere qualcosa e chiacchierare, ma apri il frigorifero e trovi solo ciò che è rimasto della cena di ieri sera!» [Liz Hoggard, The Observer] • «È rimasto amico di Jessica Lange? Moltissimo. È la persona a me più vicina. Ho una straordinaria ammirazione per entrambi, Jessica e Sam [Shepard], sai. Queste persone sono superbe, assolutamente superbe» • «Non sono stato un buon padre. Sono stato spesso assente per via del mio lavoro».
Politica «Io sono stato sempre un democratico, anche prima di diventare cittadino americano» • Grande estimatore di Obama. Nel 2016 appoggiò Hillary Clinton. Dopo la vittoria di Trump disse: «Sento la sua elezione come una sorta di sconfitta personale. Come molti altri americani sono profondamente preoccupato dell’atteggiamento esistente negli Usa nei confronti di immigrati e rifugiati. Storicamente gli Stati Uniti hanno sempre accolto chi aveva bisogno. E ne è nato un reciproco scambio culturale proficuo per entrambe le parti» [a Larry King, cit]. Dal 2017 cittadino onorario della Lettonia, a tornare in Russia non ci pensa proprio: «Mi sento ancora a disagio».
Curiosità Nel 1989 lancia un profumo Misha e una linea di abbigliamento da uomo • «Una volta, a un ricevimento, si è trovato seduto al tavolo della principessa di Galles, oggi scomparsa. Diana gli chiese: “Di sicuro lei non si ricorda di me”. “Mi scusi, altezza?”. “Prima di sposarmi, non mi perdevo nessuna delle sue rappresentazioni a Covent Garden. Un giorno con altri suoi ammiratori l’ho attesa all’uscita dello spettacolo, e lei mi ha rilasciato un autografo”. “E che cosa le scrissi?”. “Soltanto il mio nome. Sembrava essere molto di fretta…”» [Shenkman, Russia Beyond] • Nel 2018 ha ricevuto una laurea magistrale ad honorem in Scienze dello spettacolo dall’Università di Firenze. Il 9 maggio 2020 il dottorato onorario dal Conservatorio di Boston • Per molti anni è stato comproprietario del leggendario ristorante Russki Samovar a New York, dove dagli anni Ottanta e ancora oggi hanno l’abitudine di ritrovarsi gli emigrati russi, dall’élite degli intellettuali alla feccia di Brighton e ai gangster [Shenkman, cit.] • Quella volta che al Samovar si presentò un gruppo di delinquenti che se le davano di santa ragione, il suo socio iniziò a preoccuparsi ma Baryšnikov scoppiò a ridere: «Lasciali andare e non ti intromettere, perché sarebbero anche capaci di spararti: tu te la dovresti vedere con le pene dell’inferno e io con una pena vera e propria» [ibid.] • Ama giocare a golf • L’11 settembre stava andando a un torneo di golf nel New Jersey organizzato dal suo amico Joe Pesci: «E proprio accanto al Lincoln Tunnel sul lato del New Jersey, ho visto quella nuvola, erano le 9 del mattino. Pensavo fosse un incendio. Poi ho messo la radio e hanno detto che era un aereo. Poi, quando sono arrivato al country club, il secondo aereo» [a Larry King, cit.]. Nonostante fossero tutti scioccati dalla notizia scesero lo stesso in campo per tirare qualche colpo poi bevvero qualche Martini per intorpidirsi prima di tornare a casa: «Ci misi tre ore» • Si è operato cinque o sei volte al ginocchio destro • Mente «occasionalmente» solo «quando rilascio interviste» • Se si dovesse reincarnare in un oggetto vorrebbe essere un candelabro: «È utile e può anche dare un po’ di piacere» • Il suo motto è: «Mai guidato un motocicletta» • Nel 2017 ha comprato un appartamento di tre stanze da letto a Manhattan per 1 milione e 4 mila dollari.
Frasi «In teatro si realizza quanto lenta sia l’anima… Un punto è più visibile di una realtà…Un corpo posto nello spazio viene spostato anche dallo spazio stesso» • «Quando ballo posso essere un cucciolo obbediente, ma fuori dal palco mi piace pensare di essere un cane grande. Non voglio prendere ordini da nessuno. Non sono sempre stato paziente come avrei dovuto, mi aspettavo troppo, troppo velocemente e mi sono sentito frustrato dal tempo» • «Quando invecchi ti liberi di molti oggetti, dei rimpianti, della voglia di essere primo, ma conquisti altre cose. Come la voglia di sperimentare, di confrontarti, di stupirti per ciò che avevi scelto di fare e che sognavi in gioventù» • «Il riposo è essenziale ma mi è difficile trascorrere lunghi periodi di ozio. Il non far nulla mi renderebbe difficile ritornare a ballare» • «La vita mi ha dato magnifiche opportunità. E io ho sempre cercato di usarle saggiamente. Per questo mi ritengo davvero un uomo super fortunato» • «Le proposte ti arrivano quando meno te le aspetti e questa dannata, inquieta curiosità che ho dentro mi dice: dai provaci, che ti costa?» • «Mi piace baciare, ma non lo scriva» [a Alison Beard, Harvard Business Review] • «La definiscono l’angelo inquieto. Non mi ci ritrovo. Sono tutto fuorché un angelo» [a Cappelli, cit.] • «Non sono sempre così bravo, chiedilo a mia moglie» [a Beard, cit.] • «La mortalità è molto più sentita dagli uomini. Forse perché sanno che le donne vivono più a lungo» [Cappelli, cit].
Hanno detto di lui «Non molto tempo fa sono entrato in una drogheria di New York vicino a Queens Boulevard. Appeso al muro c’era un enorme ritratto di Mikhail Baryšnikov, privo di firma. Così, all’improvviso ho capito che cosa vuol dire davvero fama: è quando il tuo ritratto può essere appeso in una drogheria. Non nella hall di un teatro dell’opera o nella redazione di una rivista di moda, ma proprio in una drogheria. Significa che ti conoscono tutti!» (Sergei Dovlatov) • «Se fosse rimasto in Russia sarebbe diventato un alcolizzato» (Joseph Brodsky) • «Non si riesce a credere che un corpo umano possa fare tutto ciò» (Liza Minelli) • «È il più grande ballerino vivente di tutti i tempi e un uomo curioso e interessante. È anche sexy e intelligente, colto e ultraterreno. Quando ho pensato a lui [per Sex and the city] ero sotto la doccia» [Sarah Jessica Parker a Oprah] • «Che splendore a notte alta, fuori dalla Vecchia Russia, /guardare Baryšnikov: il suo talento non ha perso vigore! / Lo sforzo del polpaccio, il fremito del busto / rotante intorno al suo asse, dà inizio / a quel volo che l’anima ha bramato dal destino, come / le vecchie serve festeggiano i sogni mutandosi in troie. / E per lo spazio e il tempo che tocca la tua scarpetta: / beh, la terra è dura ovunque; prova gli Stati Uniti» [Joseph Brodsky nella sua poesia Il balletto classico è un castello di bellezza].
Titoli di coda «Il lavoro è una schicchera sul sedere al passare del tempo. Ogni volta mi chiedo, quanto tempo mi rimane per il prossimo spettacolo? Il tempo è crudele, i secondi diventano sempre più veloci».