Anteprima, 18 febbraio 2021
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Biografia di Raffaele Cutolo
Raffaele Cutolo (1941-2021). Mafioso. Il più famoso capo della camorra napoletana del XX secolo. «Avrebbe compiuto 80 anni il 4 novembre. Ne ha trascorsi 58 in carcere, con due brevi parentesi di libertà. Raffaele Cutolo ha tenuto la scena nella storia della camorra per almeno 20 anni ed è l’unico boss campano su cui sono stati scritti decine e decine di libri, dedicato un film e centinaia di articoli di giornali. Tra mito, da lui stesso alimentato, e realtà si è sviluppata la storia criminale e umana di don Raffaele, nato nel 1941 a Ottaviano da un contadino soprannominato o monaco per la sua fede religiosa e una lavandaia. Finisce subito in carcere, a 22 anni, per l’uccisione di Mario Viscito, un giovane che aveva osato fare pesanti apprezzamenti sulla sorella Rosetta. Tutto avviene nel pieno centro di Ottaviano. È il primo ergastolo, poi ridotto a 24 anni di reclusione. Un giovane che fa il suo ingresso in carcere, subito rispettato per avere già ucciso. La singolarità della sua organizzazione criminale è che viene fondata in carcere. Cutolo è sempre stato detenuto, tranne due periodi brevi di libertà: uno per decorrenza dei termini e l’altro per una rocambolesca e organizzata evasione dall’Opg di Aversa nel 1978. E in carcere crea la sua Nuova camorra organizzata, su richiesta dei capi ndrangheta Piromalli e De Stefano che vogliono “faccia società” per ostacolare l’espansione dei siciliani. Un po’ di rimembranze delle regole piramidali della camorra ottocentesca, un po’ di rituali e termini presi dalla ndrangheta, ed ecco la Nco. Niente più frammentazione e vecchie famiglie, tutti devono fare i conti con Cutolo e i suoi uomini fuori dal carcere. Il capo dei capi è lui, “il Vangelo”. Sotto di lui i “santisti” e poi, su ogni territorio, i “capizona”. Nasce la “camorra massa”, con rigidi rituali di accesso. Sbandati, piccoli delinquenti, rapinatori, sottoproletari delle periferie finiti in galera vengono reclutati nell’illusoria ascesa sociale da “camorrista” […] Lo scontro, che fece più vittime di qualsiasi altra guerra di camorra del dopoguerra, esplose per la richiesta di una tangente alle famiglie che facevano affari con il contrabbando di sigarette. Per opporsi alla Nco centralizzata in Campania con un solo capo, le vecchie famiglie costituirono la Nf, Nuova famiglia. A Napoli, ne furono artefici i Giuliano, gli Ammaturo, i Maresca, Zaza. A Caserta, i Bardellino. Sangue e terrore per una decina d’anni dalla metà degli anni ’70 del secolo scorso. Morti di camorra, con numeri da guerra civile: 295 nel 1981, 273 nel 1982, 290 nel 1983. Una ecatombe. I rapporti con la politica e gli imprenditori, soprattutto dal dopo il terremoto del 1980, sanciscono l’ascesa di Cutolo e della Nco. Il rapimento dell’assessore regionale democristiano Ciro Cirillo, in cui la Dc chiese il suo intervento per il rilascio attraverso accordi con le Br, gli omicidi eccellenti intimidatori, come quello del vice direttore del carcere di Poggioreale, Giuseppe Salvia, e del sindaco di Pagani, Marcello Torre, furono l’acme della follia cutoliana. Le prime crepe, con i pentiti ancora non riconosciuti per legge, iniziarono con il famoso maxi-blitz del giugno 1983 che sancì la fine della Nco con oltre 800 arresti. Cutolo lanciava avvertimenti e ironizzava dalle gabbie nelle aule di tribunale, intervistato dai giornalisti. Anche minacce velate, come al capocronista del Mattino, Ciro Paglia, cui fu assegnata un’auto di vigilanza della polizia. La fine iniziò con la sconfitta militare che vide prevalere i clan della Nf, gli arresti, l’abbandono dei politici. Il capo dello Stato, Sandro Pertini, chiese il trasferimento del boss all’Asinara dopo le polemiche sul caso Cirillo e la detenzione “dorata” nel carcere di Ascoli. Fu l’inizio della fine. In carcere, Cutolo si sposò nel 1983 con Immacolata Iacone. Con lei, autorizzato, ha avuto la figlia Denise, che oggi ha poco più di 13 anni, utilizzando l’inseminazione artificiale. Il primo figlio Roberto, nato da una breve relazione giovanile, venne ucciso in provincia di Varese nel 1990 a soli 28 anni» [Di Fiore, Mess]. È morto ieri sera, poco dopo le 20, nel reparto sanitario del carcere di Parma, dove era ricoverato da 6 mesi per una malattia respiratoria. Come atto di pietà, la procura di Napoli ha concesso ai familiari di vederlo per l’ultima volta.