18 febbraio 2021
Tags : Paco Rabanne
Biografia di Paco Rabanne
Paco Rabanne, nato a San Sebastián, nei Paesi Baschi, in Spagna, il 19 febbraio 1934 (87 anni). Stilista. Vero nome: Francisco Rabaneda Cuervo • «Nel 1966, creò una griffe con il suo nome e presentò la prima collezione di abiti (12 robes importables en matériaux contemporains). Le creazioni di R., contraddistinte da virtuosismi futuribili, sono spesso realizzate in materiali inusuali (plastica, fibre ottiche, plexiglass, carta crespa) e specialmente in metallo» (Treccani) • «Indiscusso interprete – e ispiratore – delle più innovative tendenze del secolo scorso» (Sky, 21/8/2015) • «Ha conquistato il mondo con le sue trovate rivoluzionarie come i vestiti di carta e plastica modellati sul corpo delle clienti e preparati a stampo, senza cuciture» (Marta Ghezzi, Corriere della Sera, 23/9/2020) • «Scrisse un capitolo fondamentale della moda affrontando battaglie e pregiudizi» (Paola Pollo, Corriere della Sera, 28/2/2020) • «È il secondo genio in Spagna, dopo di me» (Salvador Dalì) • Amico di artisti e architetti, che ne hanno influenzato il lavoro, è famoso anche per aver creato i costumi del film di fantascienza Barbarella (di Roger Vadim, con Jane Fonda, 1968). La sua eau de toilette, Paco Rabanne pour Homme, creata nel 1973, è il profumo maschile più venduto al mondo • Negli anni Sessanta, quando presentò i suoi abiti futuribili per la prima volta, si sentì dire da Coco Chanel: «Questo non è un sarto, è un metallurgico».
Titoli di testa «Come potremmo sottrarci all’influenza di Paco Rabanne questa estate? Pochi ignorano il nome e la fama di questo giovane basco, appartenente, si dice, all’inesauribile schiera degli alunni di Balenciaga, che ha conquistato Parigi e il mondo con la vittoria della plastica. Non sono bastate 25 mila paia di orecchini per la prima ondata di vendite nei grandi magazzini: nove donne su dieci portano ora appesi tigli orecchi i cerchi, le pasticche, le placche, i cilindri, i trapezi, i dadi e i fiori in grandezza naturale e le cascate a grappolo creati da Paco Rabanne utilizzando plastica di tutti i colori in sottili e trasparenti lamelle. Con la stessa materia l’ingegnoso Paco ha messo insieme reggiseni e bolerini, pagliaccetti e costumi a due pezzi fatti di piastrine, di grosse pasticche multicolori, iridescenti. Il re della plastica non riesce a soddisfare gli ordini che piovono da tutte le parti del mondo» (Elsa Robiola, Corriere d’Informazione, 8-9/6/1966).
Vita Origini basche. Suo padre è colonnello dell’esercito repubblicano, muore fucilato dai franchisti durante la guerra civile. Sua madre è capocucitrice dell’atelier Balenciaga. «Mia nonna mi ha introdotto all’irrazionale, al rispetto della natura, all’orologio biologico degli organi, e mia madre, una marxista convinta, mi ha instillato il pragmatismo» • Fuga a Parigi nel 1937, per sfuggire ai nazionalisti. Francisco prende un nome francese, studia la lingua e studia architettura all’École nationale des beaux-arts • «L’attitudine di Paco a lavorare i metalli si manifesta subito con la creazione di gioielli per Givenchy e Dior. Nel ’64, la prima sfilata multirazziale ante litteram, dove manda in passerella modelle di colore. Rabanne sarà anche il primo a usare la musica per i suoi défilé. Fonda la sua maison nel ’66 ed è subito choc per la borghesia, poiché lo stilista si distingue per l’uso di materiali alternativi: carta, plastica e metallo all’avanguardia sulla moda lunare del ‘69» (Gianluca Lo Vetro, La Stampa, 8/10/2020) • «Fin qui non avevamo preso molto sul serio il “caso Rabanne”. Ma la colpa non era completamente nostra. Paco Rabanne, metà basco (come Courrèges) e metà argentino, ha finora aspramente lottato per affermarsi e si è guadagnato da vivere mettendo la sua scoperta al servizio di diversi creatori. In che consiste questa scoperta? Nella portabilità, nella durevolezza, nella importanza della plastica. È vero che ciascuno di noi già da anni vive “plasticamente”, le cartelle in cui riponiamo i documenti sono di plastica come i nostri impermeabili o i nostri sacchetti della spesa. Ma Paco Rabanne sapeva che la plastica può anche essere divertente ed allegra, e cominciò con il sottoporre le sue idee a diversi “utilizzatori” americani o europei. Poi, finalmente, abbiamo visto una collezione Paco Rabanne. Non nel suo studio, dove regna la confusione, ma nei saloni dell’Hotel Georges V, affittati per un miracolo finanziario. Una collezione brevissima, venti minuti appena, una quarantina di capi. Quattro indossatrici, scalze o in calzamaglia, con capelli sciolti fin sulle reni (falsi), e qualche gioiello (raro). Tutto, ovviamente, in plastica, ma una plastica nobilitata, lustrata, colorata, utilizzata in dischi rotondi come gettoni o come monetine. Sono, esclusivamente, costumi da spiaggia: e d’altronde anche Emanuele Ungaro non ha fatto altro. Sono però costumi da spiaggia molto speciali, alcuni guastati da un eccessivo tintinnio, altri compatti e brillanti. E costano poco» (Irene Brin, Corriere d’Informazione, 9-10/2/1966) • «Supponiamo che abbiate trent’anni, una fama già solida a Parigi e nel resto del mondo, una quantità di denaro da investire nell’organizzazione di una nuova sartoria. Supponiamo, infine, che vi chiamiate Paco Rabanne, e che abbiate inventato l’utilizzazione della celluloide nella moda. Quale quartiere parigino scegliereste? È un problema importante non solo urbanisticamente. Parigi si inorgoglì, successivamente, del Faubourg Saint Honoré, di rue de la Paix, poi di rue Cambon dove tuttora abita Chanel e del quartiere disposto intorno agli Champs Elysées, dove, da Dior a Balmain, da Simonetta a Courrèges, ancora oggi risiedono tutti. Unica eccezione, Saint Laurent, nella periferica, anche se ben quotata, rue Spontini. Ebbene, Paco Rabanne ha lasciato il suo quinto piano di rue du Caire per trasferirsi in un vasto locale al pianterreno, con annesso appartamento privato, magazzini, laboratorio, depositi — in rue Bergère, a pochi passi dalle Folies Bergère, tra un negozio di commestibili e l’altro, tra un banchetto di verdure o un banchetto di fiori, in una zona dove non ci sono bar o ristoranti raffinati, ma solo bistrò. Abbiamo passato con lui e suo fratello (elettronico, convertito alla moda per aiutare Paco, come si sono convertite la mamma e la sorella Olga), una piacevole mattinata guardandoli rifinire la loro bottega, che si inaugura ufficialmente giovedì. Pareti nere, moquettes nere, come nere sono le poltrone imbottite, ricavate da vecchie automobili, neri i sedili ricavati da vecchie selle. Paco Rabanne ha lungamente resistito anche al desiderio di questa bottega: “Il tempo scivola via troppo in fretta — spiega - la gente si stuferà subito di me, almeno qui, in rue Bergère potrò sparire, amalgamarmi con tutto il resto, lasciarmi dimenticare...”. Ma i suoi mantelli di cuoio, piume, specchi, i suoi abiti grondanti cristallo e rifrangenti luci, non saranno scordati tanto preso. In Paco Rabanne, come in Courrèges o in Balenciaga, bisogna saper riconoscere un maestro» (Irene Brin, Corriere d’Informazione, 25/1/1967).
Eredi «Nel 1999, dopo oltre trent’anni di carriera si è ritirato dalla sua attività e ha affidato la realizzazione delle sue collezioni ad altri creativi, tra i quali R. Rodriguez, P. Robinson dal 2005 e J. Dossena dal 2013» (Treccani).
Curiosità Ha inventato l’abito da sposa a placche di rodoid. Nel 1990 ha lanciato caschi con l’antenna, per simboleggiare la simbiosi uomo-tecnologia • Oggi abita in Bretagna • «Romina Power era una sua insospettabile fan, prima della fase bucolica dopo il matrimonio con Al Bano» (Lo Vetro) • Grande appassionato di parapsicologia, negli anni Novanta scrisse un libro (1999, fuoco dal cielo) per annunciare che il 1° agosto 1999, durante una eclissi di sole la stazione orbitale Mir sarebbe cascata su Parigi provocando un disastro nucleare • Crede nella reincarnazione. «Giura d’essere stato gran sacerdote d’un faraone e inquisitore a Toledo, nonché in questa vita medium praticante» (Cesare Medail, Corriere della Sera, 11/6/1993) • Ha anche detto: «Nostradamus aveva parlato di cammelli che si abbeverano sul Danubio. Sapevo che la Terza Guerra Mondiale era alle porte» • Grande ammiratore di Cristina Piaget e di Carla Bruni: «una modella fantastica perché sa nascondersi dietro il vestito» • Nel 1995, in una intervista al quotidiano madrileno Diario 16, dichiarò: «Claudia Schiffer? Una vacca tedesca che non sa nemmeno sfilare». Spiegazione: «È l’unica che odio. Certo, è una bella ragazza e in posizione orizzontale, sopra un letto, deve essere fantastica. Ma in verticale è un orrore. Non sa sfilare, non sa portare i vestiti che indossa, non ha grazia né spirito» • Sui modelli maschi dice: «contrariamente a quanto alcuni credono, devono essere molto virili» • «L’eleganza è uno stile di vita, non sono vestiti. Ma i vestiti devono rappresentare l’armonia tra ciò che sei e i tuoi desideri, quindi l’unico consiglio che posso dare è che ogni donna capisca la sua personalità in modo che, attraverso i suoi vestiti, possa mostrarlo agli altri».
Titoli di coda «Qualche anno fa, in una festa a Madrid, Paco Rabanne la salutò e io gli chiesi la ragione di quella cortesia, visto che suo padre, il generale Rabaneda, fu fucilato solo perché era un militare repubblicano. Mi rispose che bisognava farla finita con le due Spagne ed estirpare il rancore. “Molto generoso da parte sua. Nutrire rancore è un male per la persona che lo nutre. Si alimentano sentimenti negativi. È preferibile essere concilianti”» (Carmen Franco, la figlia di Francisco, a Maria Eugenia Yagüe, il venerdì, 18/12/2015).