29 gennaio 2021
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Biografia di Stéphane Lissner
Stéphane Lissner, nato a Parigi il 23 gennaio 1953 (68 anni). Direttore teatrale • «Monsieur Lissner» • «Fisico attraente, gran ciuffo di capelli biondo-grigio sempre composti, occhi azzurri in apparenza innocenti, una carriera folgorante nel mondo della lirica» (Natalia Aspesi, la Repubblica, 4/4/2007) • Già sovrintendente e direttore artistico della Scala dal 2005 al 2015, primo straniero in assoluto. Già direttore dell’Opéra national de Paris dal 2014 al 2019. Dal 2019 è sovrintendente e direttore del San Carlo di Napoli • «È abile, ambizioso, preparato» (Laura Putti, la Repubblica, 22/4/2005) • «Abile nei rapporti con il sindacato, fascinoso con le donne, carattere a volte arrogante, assai attento ai soldi» (Chiara Beria di Argentine, La Stampa 5/12/2010) • «È molto bravo» (Claudio Abbado) • «Molto competente, molto innovativo» (Franco Zeffirelli) • «È un grande direttore di teatro. In qualsiasi luogo abbia lavorato, mi ha sempre chiamato» (il tenore Roberto Alagna) • Nell’ambiente teatrale francese c’è chi non esita a definirlo un requin, uno squalo • Ha detto: «Io sono stato accusato, in Italia, di fare poche opere della vostra tradizione. E in Francia di inserire troppi titoli italiani».
Titoli di testa «Il consiglio di amministrazione della Fondazione Teatro alla Scala ha nominato ieri Stéphane Lissner nuovo soprintendente in via Filodrammatici. Sia concesso, all’opinione obbiettiva del critico musicale del Corriere, apporre una premessa di carattere personale. Convinzione di chi scrive è che se la Santa Chiesa non fu per duemila anni distrutta nonostante taluni Pontefici credenti, ciò si deve all’azione combinata di Cardinali e Pontefici atei e Cardinali e Pontefici veramente santi. Tanto dedotto, ripigliamo il tono impersonale che ci compete. Una delle sempre più venerate memorie è quella di Sua Eminenza Alfredo Ottaviani, prefetto del Sant’Ufficio, oggi con eufemismo chiamato Congregazione per la Dottrina della Fede […] Orbene, è abitudine frequentissima che statue, santini, quadri raffiguranti la Deipara semper Virgo si mettano a piangere, in ogni angolo del pianeta: richiesto di un commento sul fatto miracoloso, il volterriano Porporato rispondeva, invariabilmente: “La Chiesa resta in posizione di attesa”. Il Corriere resta in posizione di attesa; gelida nell’Inquisitore, speranzosa nel Corriere» (Paolo Isotta, Corriere della Sera, 22/4/2015).
Vita «Figlio di madre ungherese e di padre moscovita diventato parigino, a sua volta figlio di un Lissner lettone e di una Spandikov russa» (Aspesi) • Famiglia bene, suo padre è dirigente d’azienda. Studi al collegio Stanislao e liceo Henri-IV, prestigiosissimo, nel V arrondissement • Fin da giovane si porta dietro un oggetto particolare. «È un teatro in scala: avevo 14 anni quando la mia mamma me lo regalò. Ha dentro la struttura, le scene, tutto. Sopra, c’è scritto: Opera. A volte lo osservo, ci guardiamo. Mi accompagna da sempre» (Conchita Sannino, la Repubblica, 9/10/2019) • «Negli Anni 70 ho fondato il Théâtre Mécanique. All’epoca ero segretario generale del teatro Aubervilliers e condirettore del Centro nazionale di arte drammatica di Nizza» (a Alain Elkann, La Stampa, 26/7/2020) • «Dal 1988 al 1998 Lissner è alla testa dello Châtelet. Quando lo prende in mano è un teatro musicale molto parigino, con un passato di programmazione di operette e commedie musicali. In dieci anni Lissner né farà una scena internazionale con un ruolo di creazione e di innovazione. E dire che il momento non è favorevole: poco distante dallo Châtelet avanza la costruzione di quello che nei piani del governo dovrà diventare il tempio francese della musica, la scena più all’avanguardia d’Europa: l’Opéra Bastille. Lissner non parte quindi favorito. Chirac è sindaco di Parigi, ma Mitterrand è il presidente della Repubblica. Il braccio di ferro tra destra e sinistra si gioca anche in palcoscenico. Alla testa delle due Opéra (Bastille e Garnier) Mitterrand nomina Pierre Bergé che si rivelerà non all’altezza della situazione. Il mancato decollo della Bastille lascia la pista libera a Lissner. Sarà la sua fortuna. Tanto che, da teatro municipale, lo Châtelet diverrà (e resterà per dieci anni) il punto di riferimento e di incontro internazionale dei direttori e dei registi più importanti […] Dopo Châtelet arriva il festival lirico di Aix-en-Provence. Lissner ne prende la guida nel ‘98 (fino al 2009), alla cinquantesima edizione, e nel giro di sei anni triplica il budget» (Putti) • «Quando nel maggio del 2005 Lissner arrivò coraggiosamente a Milano, il mitico teatro, scintillante per i recenti restauri, era un guscio vuoto, prostrato dai licenziamenti, dalle dimissioni, dai contrasti politici, dagli scioperi, da una livida rabbia che era dilagata nella città: “Non c’era un programma, neppure per la stagione imminente, mentre il Metropolitan di New York stava già organizzando quella del 2011-12. Il ritardo mi pareva incolmabile”. Il 2 aprile Riccardo Muti, monarca assoluto e venerato della lirica milanese per 19 anni, se ne era andato, sdegnato per l’ammutinamento dell’orchestra, lasciando orfani inconsolabili i suoi devoti» (Aspesi) • Muti, però, non era simpatico a tutti. «“Era un dittatore – ricorda un autorevole esperto che, come tanti, preferisce non comparire come se il tema fosse ad alta tensione – Tormentava l’orchestra, come d’altra parte aveva fatto Claudio Abbado prima di lui, ma ha svolto un lavoro straordinario, raggiungendo risultati artistici innegabili”. Ma con due risvolti negativi. Non permetteva quasi a nessun altro di salire sul podio: “Se fosse stato per lui – commenta ironico un altro esperto che pure lo ammira – avrebbe diretto anche lo zecchino d’oro”. In più era diventato un capo assoluto, un padre-padrone: non solo nel suo ambito musicale, ma nell’intera vita del teatro era la sua l’unica parola che contasse. È stato anche (ma non solo) questo che ha portato al duro scontro fra lui e l’allora sovrintendente Carlo Fontana, che ha diviso la città in due tifoserie e si è risolto nel 2005 con l’uscita di scena di entrambi» (Gianni Gambarotta, Il Foglio, 17/2/2009) • «Lissner, chiamato come sovrintendente e direttore artistico, riuscì in brevissimo tempo ad affidare l’incombente “prima” del 7 dicembre 2005, l’Idomeneo di Mozart, a Daniel Harding, iniziando con lui la chiamata di giovani direttori d’orchestra poco o mai visti alla Scala» (Pierluigi Panza, Corriere della Sera, 23/7/2014) • «A sostenere la sua candidatura è stato soprattutto Bruno Ermolli, fondatore di Synergetica, società di consulenza aziendale fra le più quotate. Ermolli è anche vicepresidente della Scala e, in generale, si può dire di lui che è un signore che conta in tutto quello che conta, a Milano e non solo. Con il suo appoggio, Lissner ha unito alla carica di sovrintendente anche quella di direttore artistico. “Penso sia stata fatta la scelta più opportuna. Un grande teatro lirico è una macchina per produrre arte. E va gestita. Quindi è giusto che le due componenti, quella artistica e quella gestionale, coincidano nella stessa figura. D’altra parte avviene così ovunque in Europa: Milano, in questo, era un’eccezione”. Lissner all’inizio non ha voluto riempire la terza (e più significativa) casella del vertice teatrale, quella di direttore musicale, preferendo alternare diversi maestri alla guida dell’orchestra. Solo nel 2006 ha chiamato Barenboim come maestro scaligero, carica che gli assegna un primato rispetto agli altri colleghi, ma ancora non un vero ruolo di direttore musicale. Perché? Certamente ha fatto tesoro di quanto era successo al suo predecessore, Fontana, che faticava a contenere Muti. E ha scelto Barenboim non solo perché è uno dei migliori al mondo, ma anche perché è perennemente in tournée, con un carnet fittissimo di impegni sia come direttore, sia come pianista. Di fatto non può trascorrere moltissimo tempo a Milano, e questa sua propensione all’ubiquità scongiura il rischio che possa trasformare il podio nella stanza dei bottoni della Scala, mettendo in ombra il sovrintendente» (Gambarotta) • Il giudizio di Paolo Isotta, quando arriva, è implacabile: «Lissner è stato solo capace di darla da bere ai milanesi. Gli spettacoli della Scala sono spesso non buoni, i cast fatti male perché nessuno è in grado di selezionare i cantanti giusti. Il sovrintendente non ha voluto chiamare accanto a sé delle professionalità con competenze musicali, certi suoi collaboratori capiscono di musica meno del mio bassotto […] Così come è sbagliata la scelta di unire i due ruoli di sovrintendente e direttore artistico: devono restare divisi» • «Nei circoli dell’alta borghesia lumbard c’è chi (ma non vuol apparire) lamenta una crisi d’identità della Scala e circolano idee assai diverse sulla mission della prestigiosa istituzione. Pillole dal Lissner pensiero: “Il teatro di prosa è il luogo giusto per dare spunti a pensare. Vogliamo finire a Disneyland? Io no...”. E ancora: “L’italianità come si è codificata nella storia del belcanto è una definizione dell’anima e dell’espressione musicale e può essere difesa validamente da chi non è italiano”» (Beria di Argentine) • «Il caso, presto detto “il bubbone”, o “la gatta da pelare” dai melomani milanesi turbati nella quiete del loro sabato mattina, viene reso pubblico ieri da un corsivo di trenta righe sul Corriere. Siglato da f. de b., cioè dal direttore: vi si legge che “Paolo Isotta, critico musicale del Corriere della Sera, è stato bandito dalla Scala. Non vi potrà più entrare. Decisione del sovrintendente dopo un articolo non proprio benevolo nei confronti di Daniel Harding e, indirettamente, di Claudio Abbado”. Prosegue Ferruccio de Bortoli: “Chi scrive, al contrario del suo critico, ama entrambi i direttori d’orchestra, l’allievo e il maestro, ma ha sempre ritenuto e ritiene che la libertà di critica sia sacra purché non scada mai nei toni e nei contenuti”. Racconta poi di come, già il 18 ottobre 2011, Stéphane Lissner avesse chiesto “con arroganza” la testa di Isotta. E conclude che “non la ebbe e non l’avrà nemmeno questa volta”. Isotta, già arrivato da Napoli in un albergo milanese, nella giornata di venerdì avrebbe chiesto il biglietto per la prima del Nabucco della sera e sarebbe stato respinto “perché era troppo tardi e non c’era più posto”» (Egle Santolini, La Stampa, 3/2/2013).
Amore Trovò moglie negli anni milanesi. «Valentina Da Rold, già sposata a Piero Maranghi, figlio dell’ex presidente di Mediobanca, proprietario di Sky Classica... I salotti intellettuali, finanziari e mediatici s’incontrano» (Luigi Mascheroni, il Giornale, 8/12/2013).
Politica «Lei è stato direttore dello Châtelet, il teatro d’opera della città di Parigi, quando sindaco era Chirac, di destra. Con Chirac presidente, è andato al festival di Aix. Alla Scala, è stato nominato dalla destra e confermato dalla sinistra. All’Opéra va con la gauche. Un uomo per tutte le stagioni... “Un professionista. A me non interessa se chi mi chiama sia di destra o di sinistra, ma solo se ci posso lavorare bene. La competenza conta più della politica”» (Mattioli).
Curiosità Legione d’onore e Ordine al Merito della Repubblica Italiana • A Parigi ha casa nel Marais • Da direttore della Scala la Bmw, sponsor del teatro, gli aveva messo una berlina extralusso serie 7 con autista. Aveva a disposizione anche una casa a Brera • Ha scritto Purquoi l’Opéra aujourd’hui? (Premieres Loges, 2019) • «Per me il più grande direttore e regista d’opera del secondo Novecento è uno e si chiama Strehler» • «Esiste al mondo un teatro d’opera più brutto della Bastille? “Oh, sì. Anche in Italia, fra le sale moderne, ce ne sono di terribili”» (Mattioli) • Nel 2015, intervistato da da Hedwige Chevrillon per il programma Qui êtes-vous? su BFM Business, una tivù francese, gli chiesero di indovinare brani d’opera che venivano messi in onda, con suo grande imbarazzo. «Non è andato benissimo. Il primo brano non è famoso: Ebben? ne andrò lontano dalla Wally di Catalani. Lissner muove nervosamente la mano sul bracciolo: “Non lo so”. Il secondo è facile, Son giunta! dalla Forza del destino: mani nei capelli e sguardo al pavimento... la presentatrice dà la soluzione. Lissner ritrova il sorriso: “Non si deve nominare quest’opera, porta sfortuna”. Buona questa! Terzo brano: la Carmen. Di nuovo mani nei capelli ma risponde. Poi Vissi d’arte dalla Tosca: sorride, ma è la Chevrillon che dà la soluzione. Ultimo: Un bel dì vedremo dalla Butterfly: ascolta muto con espressione di sufficienza» (Corriere della Sera) • «“Ho tempo per un aneddoto?”. Siamo qui per questo. “Era, forse, 30 anni fa. Ero venuto a Napoli per vedere uno spettacolo con Peppe Barra. Per me era abituale, sono venuto a vedere anche il mio amico Toni Servillo. Martone ha fatto una regia in un mio cartellone. Dunque sono seduto, mi godo Barra e all’improvviso sento un rumore forte, un boato... Ma non capivo, mi sembrava non fosse in relazione a un’azione di scena, o forse mi era sfuggita qualche battuta...”. Cosa scopre? “Chiedo: ma cos’era quel rumore? Mi spiegano tranquillamente: ma era un goal del Napoli contro la Juve. E io capisco che c’era qualcuno che si era portato la radiolina in teatro”» (Sannino).
Titoli di coda «Stéphane Lissner è stato oggettivamente un pessimo sovrintendente della Scala. Non parlo del profilo gestionale perché avrei bisogno di essere meglio documentato. Ma di quello artistico posso dire: la sua direzione è stata terribile. Ciò che è successo nel dopo Lissner però è stato ancora peggio» (Isotta).