Anteprima, 10 dicembre 2020
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Biografia di Paolo Rossi
Paolo Rossi (1956-2020). «Paolo Rossi, “Pablito”, l’eroe del Mundial del 1982, è morto all’età di 64 anni. L’annuncio è stato dato dalla moglie, Federica Cappelletti, con un post su Instagram. La foto ritrae i due coniugi stretti e sorridenti ed è accompagnata dal commento “Per sempre”, seguito da un cuore» [Rep]. «Era malato da una anni, se ne va troppo presto, a 64 anni, tradito dal solito male. Ha combattuto, ma non ce l’ha fatta, nascondendo il suo dolore e le sue sofferenze» [Dallera, CdS].
«Calciatore. Campione del mondo nel 1982 (capocannoniere del torneo), Pallone d’Oro nello stesso anno. Cresciuto nella Juventus, lanciato dal Vicenza (capocannoniere nel 1977 in B e nel 1978 in A, doppietta ripetuta solo trent’anni dopo da Alessandro Del Piero), poi al Perugia (squalificato per il calcioscommesse), con i bianconeri vinse gli scudetti del 1982 e 1984, la coppa dei Campioni del 1985, la coppa dell Coppe del 1984 ecc. Ha giocato anche con Milan e Verona. Poi commentatore su Sky • “Pallido e fragile, tre menischi fra i sedici e i diciannove anni, la sua carriera è un romanzo. Allodi lo scopre quindicenne e lo acquista per una dozzina di milioni di lire. Tirocinio a Como, con Bagnoli, poi il boom a Vicenza, con Gibì Fabbri. Nel 1978, Rossi trascina il Lanerossi al secondo posto dietro alla ”sua” Juve. Riscattato da Farina (alle buste, due miliardi e rotti contro gli 800 milioni di Boniperti), girato al Perugia, viene coinvolto nello scandalo del calcio-scommesse e squalificato per due anni. Finalmente, la Juve lo riacquista e comincia tutta un’altra storia. Scudetti, coppe e, soprattutto, il titolo mondiale del 1982 con la Nazionale di Bearzot, che già se l’era portato in Argentina. Tripletta storica al Brasile e sei gol in tutto. Dall’Alaska alla Patagonia per tutti è Paolorossi, Pablito. Un intuito straordinario, sempre al posto giusto nel momento giusto. Sembra Zorro. In campionato, con i bianconeri, 83 presenze e 24 reti; 2 scudetti (1982, 1984), 1 Coppa Italia (1983), 1 Coppa delle Coppe (1984), 1 Supercoppa d’Europa (1985) e la tragica Coppa dei Campioni dell’Heysel (1985). Pallone d’oro 1982, 48 presenze e 20 reti in azzurro» (La Stampa, 2/2/2004). «Non ero un fenomeno atletico, non ero nemmeno un fuoriclasse, ma ero uno che ha messo le sue qualità al servizio della volontà […] Non ho scheletri nell’armadio, mi sono fatto due anni di squalifica per lo scandalo delle scommesse senza colpe […] Sono il centravanti che fece tre gol ai brasiliani. Sono anche altre cose, ma essenzialmente quella. Mi rivedo con la maglia azzurra numero 20 e mi fa piacere perché la nazionale unisce mentre le squadre di club dividono. A volte passano anni senza che mi arrivino telefonate speciali, ma quando mancano due mesi al mondiale comincia a squillare il telefono. E tutti mi chiedono del Brasile» (Maurizio Crosetti, la Repubblica 25/4/2002). “Nel ’78 in Argentina diventò Pablito, un nomignolo al quale quattro anni dopo in Spagna s’aggiunse la definizione di ‘hombre del partido’, l’uomo-partita. Merito dei tre gol rifilati al Brasile, prologo al titolo di capocannoniere nel Mondiale vinto dall’Italia. Abbandonato il calcio a poco più di 31 anni (“Colpa di un martoriato ginocchio sinistro”) [...] Quando ho smesso di giocare, ho deciso di staccare completamente la spina, dedicandomi al mestiere di immobiliarista” Invidia i compensi stratosferici che circolano attualmente nel calcio? “No, ogni epoca ha le sue regole e le sue implicazioni. Anche noi, del resto, guadagnavamo bene, magari faticando di più a strappare un ritocco all’ingaggio. Ricordo che nel 1982, di ritorno dal Mondiale, dovetti sudare per convincere Boniperti ad aumentare del dieci per cento i 125 milioni del mio stipendio annuo”» (Mario Gherarducci, ”Corriere della Sera” 24/5/2001) [Giorgio Dell’Arti - Massimo Parrini Catalogo dei viventi Marsilio].