4 gennaio 2021
Tags : Franco Morbidelli
Biografia di Franco Morbidelli
Franco Morbidelli, nato a Roma il 4 dicembre 1994 (26 anni). Motociclista. Corridore • Detto «il Morbido» • «Allievo primo e prediletto di Valentino» (Giorgio Terruzzi, Corriere della Sera, 29/10/2020) • «L’apprendista dottore» (Massimo Calandri, la Repubblica, 25/10/2020) • Già alle elementari correva in 125. Campione europeo Superstock 600 nel 2013. Campione del mondo della Moto2 nel 2017. Passato alla MotoGP nel 2018, dal 2019 corre con la scuderia Petronoas Yamaha SRT alla guida di una Yamaha YZR-M1. Primo podio in carriera a Brno il 9 agosto 2020 (arrivò secondo). Un mese dopo, il 13 settembre 2020, ottenne la sua prima vittoria in classe regina. Dal 2021 avrà proprio Rossi come compagno di squadra • «Ha dimostrato di poter ambire all’élite del motociclismo (Paolo Ianieri, La Gazzetta dello Sport, 14/9/2020) • «A 11 anni l’ho visto girare più veloce dei professionisti» (Guido Mancini, detto il Mago, classe 1938, che ha cresciuto anche Valentino, Dovizioso, , Fenati e Capirossi) • «Mi piace tanto. Un bravo ragazzo, umile e di grande talento. Una persona come si deve, che ha superato tante avversità nella vita. E ha la faccia pulita» (Maria Herrera, classe 1996, unica donna a gareggiare nel mondiale Supersport) • Animo sereno, grande serietà, per niente guascone. Mezzo italiano, mezzo brasiliano, ha detto di avere nel sangue la svogliatezza tipica dei brasiliani «che si lasciano andare finché non sono nella merda. Ma per fortuna ho un po’ di testa italiana e tendo a recuperare tutto all’ultimo».
Titoli di testa «Dal casco colorato spunta il codino. Sventola come uno stendardo ribelle. La visiera nasconde un sorriso dolcissimo. Furia da MotoGp e tenerezza dell’anima» (Terruzzi).
Vita Figlio d’arte. Il padre, Livio, meccanico, è stato campione italiano nelle classi 80 e 125. La madre, Cristina, brasiliana di Recife, fa la parrucchiera • «Sono nato a Roma, quartiere San Giovanni» • La sua prima parola: moto. La seconda: babbo. Quando il bimbo ha nove mesi, con buona pace della moglie, Livio Morbidelli mette il pupo su un triciclo a tre ruote. «A 2 anni mi ha messo sulla prima minimoto, quasi non sapevo camminare» (a Massimo Calandri, la Repubblica, 3/6/2017) • «Due anni? E cosa ti ricordi? “Nulla”. Scoppia a ridere, sdrammatizzando il momento. “Ci sono dei video, altrimenti non mi ricorderei nulla di quei tempi. So che mio papà aveva tentato con mio cugino prima che con me. Voleva trasmettere la sua passione per la moto ma mio cugino saliva in sella e cominciava a piangere. Aveva paura. Poi quando sono nato io, aveva già tutto l’occorrente: minimoto, casco, tuta, eccetera. Mi ha preso e mi ha messo in sella a due anni. Io non piangevo, anzi. È stata una scelta scellerata”. Magari è grazie a quella scelta che sei diventato campione del mondo… “A vederla così, non è affatto male in effetti. Non ci avevo mai pensato. Ero piccolo…” Ma qual è il primo ricordo che hai di te in moto? “Avevo circa quattro anni e mi ricordo che dei ragazzini mi prendevano in giro perché non ero ancora bravo come loro. Questo è il primo ricordo che ho sulle due ruote. Per fortuna le cose sono cambiate”» (Fabio Fagnani, Rolling Stones, 15/4/2019) • Morbidelli cresce in fretta. «Andavo alle elementari, già salivo sulle moto da grandi: la 125». Livio si rende conto di avere un figlio talentuoso. Così, nel 2004, vende la casa e l’officina di Roma, molla tutto, e si trasferisce con moglie e rampollo a Tavullia, in provincia di Pesaro, il paese di Valentino Rossi. «Grazie all’amicizia di papà Livio con Graziano Rossi, il babbo di Valentino, Franco diventa il primo allievo dell’Academy VR46» (Daniele Dell’Orco, Il Giornale, 3/7/2017) • «Graziano Rossi, padre di Valentino, vi invitò alla “cava” dove s’allenava il figlio. “Che emozione! Però i ricordi più belli da bambino sono altri: le feste brasiliane di Roma coi miei genitori, tutta quella gente serena, la musica. E alcuni mesi passati a Recife, con la famiglia di mamma che non era ricca ma passavamo la giornata a piedi scalzi in spiaggia a giocare al pallone. Liberi”» (a Calandri) • La prima volta che Franco incontra il suo idolo è caduto dalla moto e ha un braccio ingessato. «Valentino mi si avvicina, mi tocca su una spalla e mi dice di non preoccuparmi, che sono cose che succedono per chi vuole fare il pilota. Stavo per avere un infarto a soli nove anni. Un’emozione incontenibile». La seconda volta, tre anni dopo, si sfidano a chi corre più veloce: «Lui aveva un antipioggia di un colore assurdo. Mi sorpassò e caddi dall’emozione: Valentino Rossi, una leggenda che avrebbe potuto permettersi di tutto e darsi ogni tipo di arie, stava lì a divertirsi con un ragazzino di tredici anni in moto e con addosso con una keeway improponibile. Come facevo a non cadere dall’emozione quando mi ha passato? Il giorno dopo comprai un antipioggia simile anche io» • «Ma a 15 anni è finito tutto all’improvviso. Dovevo partecipare al campionato spagnolo, però non c’erano più soldi. Sono stato fermo 10 mesi. Solo allora ho capito i sacrifici dei miei genitori. Talento e sacrificio non bastano. Abbiamo scelto una categoria più economica, la Stock 600, papà ha trovato qualche sponsor per due stagioni» (a Calandri) • Poi, la tragedia. La sera di giovedì 17 gennaio 2013, Livio Morbidelli viene ritrovato impiccato nella sua casa di Babbucce. Ha deciso di farla finita. Aveva 52 anni. «Possiamo parlarne? “È stato il fatto più forte e scioccante della mia vita. Ho reagito guardando avanti, mi sono rimboccato le maniche e mi sono detto, forza, lavora, cammina”» (Terruzzi). «Mamma ed io abbiamo dovuto imparare a farcela da soli! Non mi sono chiesto perché lo ha fatto, c’era solo da non lasciarsi rovinare da quell’atroce sofferenza e da quel terribile vuoto. Tra mille difficoltà». «Quando è accaduto quello che è accaduto, Valentino mi ha invitato a pranzo nella sua pizzeria di Tavullia. Mi ha detto “a te ci penso io, voglio seguirti e provare a portarti in Moto2” e io ho risposto con un sorriso di gratitudine e basta» • «Allenarmi con Vale è la più grande delle opportunità: seguendolo per 10 minuti impari più che in mille gare, è come per un bambino giocare al pallone con Messi. Ma ci sono altre cose, che capisci standogli accanto: sapere apprezzare la libertà, godere i pochi momenti semplici che questa vita da campione ti regala. Come quando all’una di notte mangia una pizza con gli amici veri in un ristorante dalle serrande abbassate a metà, senza nessuno che gli chieda un autografo, il cappellino o una foto» (a Calandri) • Franco trasforma il dolore e la rabbia in determinazione e orgoglio. Proprio in quell’anno, con una Kawasaki ZX-6R, vince il titolo europeo Superstock 600. «Il 2013 è stato un anno strano. Mi ha fatto stare bene da una parte e malissimo dall’altra. Però mi ha cambiato la vita». Dice di ricordarsi un insegnamento di suo padre: «Non mi correggeva mai, lasciava che mi guidasse l’istinto. In compenso mi ripeteva sempre che nello sport la serietà è indispensabile e tengo sempre a mente questa lezione» (a Cristina Marinoni, Wheels, 3/11/2018) • «Cos’hai pensato quando hai vinto il Mondiale nel 2017? “È strano perché ho ricevuto la notizia di aver vinto il mondiale quando era ancora domenica mattina e mi stavo recando in auto al circuito. Mi arriva un messaggio che mi avvisa che il mio avversario per il titolo, Tom Luthi, non avrebbe corso per infortunio e quindi ero aritmeticamente campione del mondo. Lì per lì non ci ho ragionato. Volevo vincere in gara e dimostrare che comunque sarei diventato campione del mondo. Alla fine sono salito sul podio e solo allora ho festeggiato con il team, i miei amici e la mia ragazza”. Hai pensato a tuo papà in quel momento? “Certo” Franco guarda per un attimo fuori dalla finestra, respira, è visibilmente commosso. “In realtà ci penso sempre”» (Fagnani).
Amore «Cita spesso Valentino Rossi come una figura fondamentale. È stato una specie di secondo padre? “Direi più uno zio. La persona che più ammiro e alla quale devo tantissimo. Dopo la morte di mio padre mi chiuse in una stanza e disse: se hai bisogno, sono qui. Mi ha insegnato, aiutato, ispirato. Lui e Carlo Casabianca, preparatore atletico. Forse Carlo ha svolto una funzione paterna. Poi c’è Francesca, la mia morosa. Eravamo a scuola insieme, mi accompagna con amore, senza paura. Le donne sono più forti di noi”» (Terruzzi).
Politica Stima Lewis Hamilton, che porta avanti le sue battaglie. «Io non sono ancora nella posizione di rendere palesi e pubbliche le mie idee al mondo, ancora non ho la risonanza necessaria» (a Ianieri).
Curiosità Alto un metro e settantasei • Pesa sessantaquattro chili • Va pazzo per la Nutella • Numero di gara: 12, come il mese di dicembre, in cui è nato. Arrivato in Moto, il 12 era già occupato da Thomas Lüthi, e scelse il 21 • Simbolo: la caricatura di un pappagallo con cresta tricolore e bandiera brasiliana sul petto • «Mi descrivi la sensazione di vincere una gara?
”Indescrivibile. Vincere è una droga.Ti piace e non vuoi smettere, ne vuoi sempre di più, sempre di più. In Moto2, quando ho vinto il mondiale, avevo vinto otto gare. È stato bellissimo, mi sentivo felicissimo”» (Fagnani) • «Le capita di avere paura, prima di una gara? “Sì, la paura è sempre al mio fianco. Per fortuna: l’apprensione ti evita di prendere rischi troppo azzardati. Senza la paura non esiste il coraggio, secondo me: sei audace solo quando sai di affrontare qualcosa che ti spaventa”» (Marinoni) • E spesso sogna di essere un altro: «Uno studente universitario. Uno normale» • «Quando devo andare a Bologna per prendere un aereo prima di una gara, parto con un giorno di anticipo. Mi fermo a casa di un vecchio compagno che fa l’Università, passiamo il pomeriggio sui libri. La sera usciamo nei pub, incontriamo altri ragazzi e ragazze. Avrei voluto anch’io continuare con la scuola, diventare ingegnere. Sarebbe così bello avere due vite. Invece ho dovuto scegliere, e ringrazio i miei per avermene dato la possibilità. Fatelo anche voi: lasciate ai figli la libertà di scegliere» • «Ha raccontato di aver corso in uno stato di grazia magico e perfetto. La frase porta ad Ayrton Senna, il suo profondo misticismo... “Non sono religioso come Senna. Si tratta piuttosto di razionalità. Di un livello assoluto di concentrazione che perseguo con tutto me stesso. Il benessere interiore serve per raggiungere una condizione mentale accurata. Tutto si allinea. Ma ho bisogno di tempo. E di calma”. Ma come? Corre ad altissima velocità e parla di lentezza? “Per me si tratta di rispettare una natura. Se forzo va peggio. Devo lavorare secondo il mio sentire. Mi aiuta. Divento più veloce se mi prendo il tempo che serve”» (Terruzzi).
Titoli di coda «Valentino punta al decimo titolo, lei al primo. Su chi scommette? “Oh, questa domanda è pericolosa. Posso evitarla? È una questione troppo scaramantica”» (ibidem).