4 gennaio 2021
Tags : Stefano Bonaccini
Biografia di Stefano Bonaccini
Stefano Bonaccini, nato a Modena il 1 gennaio 1967 (53 anni). Politico. Del Pd. Presidente della Regione Emilia-Romagna, eletto la prima volta nel 2014, la seconda nel 2020 • Ha iniziato a fare politica negli anni ’90, dal 1993 al 1995 è stato segretario provinciale della Sinistra giovanile, nel 1995 è diventato segretario cittadino del Pds. Dal 1999 al 2006 è stato assessore al comune di Modena con delega ai lavori pubblici, al patrimonio e al centro storico. Dal 2009 al 2015 segretario regionale del Pd. Ha coordinato la campagna nazionale delle Primarie 2013 per Renzi che lo ha chiamato anche a far parte della segreteria nazionale del Pd. Dal 17 dicembre 2015 è presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome. È stato eletto per la prima volta presidente dell’Emilia-Romagna il 23 novembre 2014, con il 49% dei voti, sconfiggendo i candidati del centrodestra Alan Fabbri (29%) e del Movimento 5 Stelle Giulia Gibertoni (13,3%). Alle del 26 gennaio 2020 ha raggiunto il 51,4% dei voti contro il 43,6% della candidata del centrodestra Lucia Borgonzoni.
Titoli di testa «Sono nato e cresciuto nella regione meglio governata d’Italia. Ho sentito i miei avversari che dicevano di voler ridare l’orgoglio agli abitanti, come se vivessero in una landa desolata. Prima di parlare a vanvera bisognerebbe conoscere la realtà delle cose».
Vita «Cresciuto nella provincia della provincia di Modena, istruito nelle giovanili della sinistra, figlio di un camionista e di un’operaia comunisti» (Salvatore Merlo, Il Foglio 25/1/2020) • «Mia madre, orfana, era casalinga e ogni tanto lavorava confezionando maglieria. Mio padre era un camionista, fondatore di una delle prime cooperative di autotrasportatori» (a Vittorio Zincone, Sette 10/4/2020) • Diplomato al liceo scientifico. «Entrato nella Federazione dei giovani comunisti sul finire degli anni Ottanta, all’inizio dei Novanta è diventato assessore a Campogalliano, il paese in cui è nato. Poi, segretario del Pds di Modena e, più tardi, assessore della stessa città. Infine, capo del Partito democratico in Emilia-Romagna e presidente della Regione, cinque anni più tardi (2014). Ogni ascesa nel partito (democratico di sinistra e derivati), ha corrisposto a un passo avanti nelle istituzioni. Giacché, in Emilia, le due cose si tengono strette [...] Il padre e la madre di Bonaccini, ma soprattutto la madre, fin da bambino lo portavano alle feste dell’Unità. Lì Bonaccini ha incontrato i movimenti per la pace, durante la prima guerra nell’ex Jugoslavia e dell’Iraq, ai chioschi dell’Arci. Poi, è arrivato il partito. Nel momento più tormentato della sua storia. Quando il muro di Berlino è caduto e il comunismo italiano è andato in crisi. L’assessore del comune di Campogalliano, Luisa Zaccarelli, che conosce Bonaccini fin da ragazzo, racconta che quando si trattò di decidere il cambio del nome del Pci, la federazione dei giovani comunisti andò in ritiro a Zocca, dove vive Vasco Rossi. Un giovanissimo Gianni Cuperlo illustrò la linea del segretario, Achille Occhetto. E, nella divisione in favorevoli e contrari, Bonaccini era tra quelli più inclini alla svolta. “Senza il gesto coraggioso di Occhetto – disse vent’anni dopo la Bolognina – il Partito democratico non esisterebbe”. Detto quando il nome di Occhetto era meglio non pronunciarlo troppo ad alta voce» (Nicola Mirenzi, Linkiesta 25/1/2020) • «Da uomo di partito vecchio stampo, fedele alla linea, su richiesta della segreteria, in un paio di occasioni Bonaccini ha sacrificato le velleità nazionali sull’altare del territorio: “Nel 1995 ero uno dei candidati alla successione del mio amico Nicola Zingaretti per la leadership della Sinistra Giovanile e finii per guidare il partito a Modena. Nel 2014 stavo per diventare il segretario organizzativo del Pd renziano e mi chiesero di correre in Emilia-Romagna”» (a Zincone, cit.) • «Gli era stato affibbiato (da Matteo Renzi) il soprannome di “Bruce Willis di Campogalliano” (il paese del modenese dove tuttora fa base con moglie e figlie), ai tempi in cui Bonaccini, prima bersaniano (primarie 2012), poi renziano (primarie 2013), veniva a Roma da Bologna per le riunioni della segreteria Pd, dove sedeva come coordinatore Enti Locali, mentre si apprestava a correre per il primo mandato da governatore» (Marianna Rizzini, Il Foglio 30/11/2019) • «Modestamente mi sono fatto il fegato come quello di un’oca a mangiare in giro per circoli pd, sedi Arci, osterie, mense e tavole calde. Facciamo una sfida. Lei mi dice il nome di un Comune e io le dico il sindaco. Li conosco tutti, anche quelli di Forza Italia, Lega e M5s, che per fortuna sono pochi» (a Marco Imarisio, CdS 22/11/2014) • «Il suono della campana che annunciò la fine delle certezze emiliane Stefano Bonaccini l’ha sentito il 23 novembre del 2014, il giorno in cui è stato eletto alla presidenza dell’Emilia-Romagna. A votare, andò il 37,67 per cento degli aventi diritto, la metà delle persone che erano andate a votare la volta precedente. Pochissimi, considerati gli standard della regione. Certo, c’era stato lo scandalo delle spese pazze. Che, addirittura, portò Vasco Errani a dimettersi anticipatamente (poi, tutto si sgonfiò nei tribunali). Stefano Bonaccini, che sentì su di sé il dolore del colpo, parlò di uno “schiaffo” che gli elettori avevano dato al Partito democratico, al centro-sinistra, al governo allora guidato da Matteo Renzi» (Mirenzi, cit.) • Più di recente ha ringiovanito l’immagine: fisico palestrato, barba curata, occhiali Rayban chiari a goccia, giacche avvitate e pantaloni con il risvoltino. «Barba hipster e fisico squadrato, non ha soltanto dalla sua la forza del buon governo, che gli viene riconosciuta persino dalla destra. Ma in Bonaccini c’è qualcosa di più del buon amministratore. Questo signore abbastanza grigio, che alcuni incauti consiglieri d’immagine nell’ultimo anno hanno rivestito da capo a piedi pervestendo di giovanilismo la sua fisicità bella perché spenta, è a modo suo il portatore di uno stile. L’antropologia dell’essere discreto, temperante, talvolta sommesso, nel paese dove tutti sentono invece il bisogno di ritagliarsi il loro quarto d’ora di eccesso sgangherato, di esibizione sopra le righe» (Merlo, cit.) • «Come è cambiato, Stefano Bonaccini. Nel 2014, quando a malincuore venne caldamente invitato da Matteo Renzi a candidarsi, era il classico prodotto di quel che restava del “partitone” emiliano. Serio, serioso, austero nell’abbigliamento, con il complesso dell’irraggiungibile Roma, che da queste parti per i figli del Pci fin dai tempi dell’ostracismo di Togliatti è un classico come i tortellini. Ce l’aveva quasi fatta, quando una faida interna obbligò l’allora segretario del Pd a rispedirlo a casa, rinunciando a nominarlo responsabile nazionale dell’organizzazione dei democratici. Lui accettò, per vincere le elezioni meno partecipate della storia della sua Regione. Adesso è un Bonaccini con barba hipster e Ray-Ban chiari a goccia, divenuto logo di sé stesso, irrobustito dall’ora quotidiana di palestra nel fisico e dai cinque anni di governo della Regione nella testa» (Marco Imarisio, CdS 8/12/2019)
Libri Nel maggio 2020 ha pubblicato per Piemme La destra si può battere. Dall’Emilia Romagna all’Italia, idee per un Paese migliore. «Dieci giorni per scrivere 160 pagine, un diario che è un po’ un’autoanalisi – e forse anche analisi collettiva – dopo la campagna elettorale più lacerante: Stefano Bonaccini contro Lucia Borgonzoni, Stefano Bonaccini contro Matteo Salvini, l’Emilia-Romagna rossa ultimo fortino d’Italia contro la macchina della Lega in ascesa. Finisce, il 26 gennaio, 51,4% a 43,6%. E il governatore, a capofitto dal 28 gennaio, mette in ordine aneddoti e retroscena per dire che sì, La destra si può battere, un titolo che sa già di impegno nazionale, un trampolino verso il Pd in cerca di vigore» (Valerio Baroncini, Resto del Carlino 12/5/2020).
Giustizia Indagato due volte. Prima accusato di abuso d’ufficio nell’ambito del cosiddetto processo Chioscopoli, che aveva al centro la concessione di un chiosco al Parco Ferrari proprio ai tempi in cui Bonaccini era assessore al Patrimonio di Modena, è stato assolto da tutte le accuse nel 2013. Nel settembre 2014 è stato poi coinvolto, insieme ad altri 40 consiglieri regionali, nell’inchiesta Spese pazze, sui rimborsi spese dei gruppi, e indagato per peculato. Su richiesta della Procura, il 4 febbraio 2015 il Gip ha archiviato definitivamente la posizione di Bonaccini.
Malattie Il 1° novembre 2020 è risultato positivo al Covid-19 e nei giorni successivi ha sviluppando una polmonite bilaterale che l’ha costretto a letto per oltre un mese.
Amori Sposato con Sandra, «piccola imprenditrice nel settore abbigliamento, conosciuta quando era assessore a Modena, durante una riunione con i commercianti della zona» (Rizzini, cit.). Due figlie, Maria Vittoria (1993) e Virginia (2002). «Purtroppo le ho sempre viste poco: di solito esco verso le 7 di mattina e torno a mezzanotte. Abbiamo un bellissimo rapporto. Penso di aver dato loro un buon esempio di dedizione al lavoro» (a Zincone, cit.).
Sport Tifoso della Juventus e del Modena. Centravanti fino in Promozione. «Se non fossi diventato presidente di Regione, comunque, sarei stato calciatore. A nove anni ho subìto un’operazione al cuore che mi ha tenuto fermo parecchi mesi. Forse avrei avuto poco futuro come professionista, però da dilettante ho giocato fino ai miei 38 anni. Confesso: ho una chat di soli juventini in cui ci sono Evelina Christillin, politici anche leghisti e critici d’arte come Luca Beatrice» (a Zincone, cit.) • «Negli ultimi mesi Bonaccini ha perso circa nove chili. Merito di una dieta ferrea, ma anche di tanto esercizio fisico. “Ci alleniamo insieme da una decina d’anni, ma da quest’estate molto di più: è stato bravissimo”, racconta Giulio Manfredi, amico dai tempi dei campi da calcio e oggi personal trainer del presidente. “Ci vediamo tre giorni alla settimana, all’alba. Quando non riesce per impegni istituzionali – spiega Manfredi – gli suggerisco degli esercizi da fare a casa”» (Francesco Rosano, Corriere di Bologna 10/10/2019).
Vizi Ama guidare. «La mia prima Seat Ibiza l’ho cambiata dopo che aveva percorso trecentoquarantamila chilometri. La seconda duecentoottantamila. L’ho buttata qualche mese fa, dopo un brutto incidente. Erano le due di notte e stavo rientrando da un comizio elettorale. Per schivare un Tir sono entrato nella coda di un camion: impatto, esplosione di airbag... ho avuto la sensazione di morire. Se non fossi diventato presidente di Regione, comunque, sarei stato calciatore» (a Zincone, cit.).
Titoli di coda «Io sono un mediano, e diffido dei grandi funamboli, spesso s’incartano».