4 gennaio 2021
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Biografia di Sinéad O’Connor
Sinéad O’Connor, nata a Dublino l’8 dicembre 1966 (54 anni). Cantautrice. Una delle rockstar più eccentriche e controverse della storia della musica • «La guerriera del pop» (Valeria Rusconi, la Repubblica, 18/8/2014) • «Tormentata, inquieta e incline al suicidio» (la Repubblica, 27/10/2018) • Diventata famosissima a 23 anni, nel 1990, con una cover di Nothing compares 2 U, scritta cinque anni prima dal cantante americano Prince per il gruppo The Family, ma di cui, fino ad allora, non s’era accorto nessuno • Capace di spaziare dal rock al folk al reggae. Undici album in studio, tre EP e due raccolte pubblicati tra il 1987 e il 2020. La sua interpretazione di Lay your head down per la colonna sonora del film Alberts Nobbs (Rodrigo García, 2011) è stata candidita al Golden Globe come miglior canzone originale • Celebre per i suoi capelli tagliati cortissimi, praticamente a zero e per aver strappato una fotografia di Giovanni Paolo II in diretta al Saturday Night Life nel 1992, sulla NBC • Anticonformista, femminista, pacifista, antirazzista. Agorafobica, bipolare, dipendente dalla marijuana. Ha detto di essere lesbica, ma ha avuto quattro figli da quattro uomini diversi. È stata ordinata sacerdotessa da una strana setta mezzo cattolica mezzo ortodossa che riconosce il sacerdozio femminile, ha avuto una fase rastafariana e, nel 2018 si è convertita all’Islam assumendo il nome arabo di Shuhada’ Sadaqat • «“Forse non dovrei parlare con lei”, gracchia al telefono con voce seccata. “E perché mai? Abbiamo un appuntamento”. “Perché sto scrivendo un’autobiografia che uscirà alla fine del 2020, se incomincio a regalare scampoli di ricordi il libro diventerà inutile”» (Giuseppe Videtti, la Repubblica, 7/12/2019).
Titoli di testa «A diciassette anni mi tagliai i capelli quasi a zero. Quello che mi piaceva aveva una passione per il videoclip in cui Sinéad O’Connor cantava Nothin’ compares 2U piangendo, e io decisi di somigliarle. Quello che mi piaceva si mise con una con dei capelli biondi lunghi fino al culo, ma non è di questo che voglio parlare. Lo psicanalista da cui andavo mi disse “Ah, quindi lei vuole tornare nell’utero, per quello si è rasata come i neonati”, ma neanche di questo voglio parlare» (Guia Soncini, Linkiesta, 25/11/2020).
Vita Terza dei cinque figli di Sean e Marie O’ Connor. Suo padre, ingegnere, poi barrister, diventerà uno dei capi del movimento divorzista irlandese • I suoi fratelli: Joseph, Eimear, John, and Eoin • Lei viene chiamata Sinéad Bernadette, come Sinéad de Valera, moglie del patriota irlandese Éamon de Valera. Secondo nome: Marie, come la Madonna. Terzo nome: Bernadette, come Santa Bernadette di Lourdes • «Sono nata in Irlanda, un paese in cui il cattolicesimo ha avuto forme di teocrazia fondamentalista non riscontrabili in altre nazioni. Così fin da piccola ho pensato che l’umanità dovesse liberare Dio dalla religione. Tutti quei dogmi e quei precetti non fanno che allontanarlo dalla nostra portata e ci impediscono di condividere il suo messaggio d’amore [...] Avevo 12 anni e stavo per promettere di servire lo Spirito Santo, un passo molto importante per me. Poi scopro che il sacerdote, terminato il rito, chiude l’ostia nel tabernacolo. Strano, mi son detta, prima ti insegnano che lo Spirito Santo è una colomba e poi lo chiudono in una gabbia d’oro. Da quel momento ho cominciato pensare che ci fosse qualcosa di sbagliato nella religione cattolica» (ad Alberto Dentice, L’Espresso, 29/9/2005) • Sua madre muore in un incidente d’auto. Lei va a vivere con il padre e la nuova donna di lui. È una ragazza ribelle: marina la scuola, ruba dai negozi e per diciotto mesi finisce in un collegio della rete Magdalene Asylum, gestito dalle suore dell’Ordine di Nostra Signora della Carità. Una delle volontarie dell’istituto è la sorella di Paul Byrne, batterista nei In Tua Nua. Sentita Sinéad cantare Evergreen di Barbra Stresand, pensano di prenderla come cantante nella loro band, ma poi lasciano perdere: è troppo giovane. «Cantare era un sogno che coltivava fin da bambina? “No, da adolescente. Avevo 14 anni quando ho cominciato. Lo facevo anche prima, ma non credevo che sarebbe diventato un lavoro. A casa successe un pandemonio quando comunicai la decisione. A mio padre per poco non venne un infarto. Mia madre è morta nel 1995, lui invece è vivo e vegeto e continua a dire: ‘Avresti dovuto seguire i miei consigli e trovarti un lavoro serio’”» (Videtti) • Lei invece segue la classica strada di chi vuole fare l’artista. Lascia la scuola prima del diploma. Si mantiene facendo la cameriera. Canta con vari complessini di Dublino. Primo grande successo: la colonna sonora del film Captive, scritta e eseguita assieme a David Howell Evans , detto The Edge, chitarrista degli U2 • Capisce di essere pronta per il suo primo album. «Il successo di The lion and the cobra (1987) cambiò la sua vita. Un carico di responsabilità che non si aspettava? (Esita molto prima di rispondere) “Lo dico col senno di poi, fu un peso troppo grande per una ragazza di vent’anni. L’ho capito crescendo, ora saprei come affrontare la situazione, all’epoca ero molto naïve”» (Videtti) • «Pretendevano che fossi femminile al massimo, che mi comportassi in maniera seducente, un concetto che ho fatto sempre fatica ad afferrare. Ne scrissero di tutti i colori sulla mia testa rasata: perché volevo mortificare la mia bellezza, perché avevo paura della mia femminilità, ecc. Lo star system è sempre stato malato e, spesso, feroce con le donne che non soddisfano certi requisiti» (a Videtti) • «Lei, bellissima e innocente, il viso immacolato e gli occhi grandi, la ricordano tutti nel video di Nothing Compares 2 U, il capolavoro scritto da Prince che nel 1990 una cantante appena 24enne, con la testa rasata e le lacrime (vere) che le solcavano le guance, cantò come nessuno sarebbe riuscito, in uno dei primi piani più intensi della storia della musica e del videoclip. Riuscì a trasformare quella che poteva essere una semplice canzone d’amore in un crescendo dolente, sempre in bilico tra desiderio per l’amore perduto e la follia pura, con delle parole e una voce che sembrava spezzarsi, contando i minuti trascorsi "da quando te ne sei andato”. Un brano che in realtà era stato cantato pensando al rapporto conflittuale con la madre morta, ma la cui intensità, l’ossessione quasi maniacale per un’altra persona, ricordava molto da vicino quella di Every Breath You Take dei Police» (alla Rusconi) • «Con la sua testa pelata, il suo modo di essere passionale e mistico in scena e nella vita, quei movimenti sbarazzini innestati su un look che è la negazione della femminilità, quella voce potente capace di muoversi nelle partiture più complesse, Sinead è diventata una leggenda nel giro di poco tempo. La scenografia è pulita e rigorosa: tre cornici di tendaggi vaporosi che si colorano di violetto, rosso, verde e arancione, due tastiere ai lati, batteria al centro e, di tanto in tanto, la compagnia discreta delle chitarre e del basso. Lei indossa stivaletti a punta, pantaloni neri attillati e una lunga maglietta bianca che ogni tanto solleva con innocente malizia. La voce, capace di destreggiarsi anche senza accompagnamento musicale fra motivi ballabili e citazioni bibliche []…, ha un fascino ipnotico e viene usata in modo decisamente inconsueto. Il suo modo di ballare come un robot, con scatti quasi meccanici sempre in avanti, trasmette allo spettatore un’ansia impalpabile. Si tratta di una creatura umana o di un mutante nato in qualche laboratorio sonoro a quarantotto piste? È umana, non c’è dubbio. Soprattutto quando con la chitarra acustica si sbaglia, si ferma, ride, si scusa e ricomincia. Nel suo modo di esprimersi ci sono la profonda tristezza e la carica rabbiosa del punk, filtrate però da una ricerca di perfezione e di assoluto che si manifesta soprattutto nel piccolo gioiello scritto per lei da Prince Nothing compares 2 U, che viene cantato con proiezione di diapositive di volti enigmatici di statue antiche. E anche nei motivi più ricchi di suoni come Jerusalem c’è un trasporto mistico che lascia il segno Qua e là emerge naturalmente la carica rivoluzionaria dell’irlandese ribelle, come in Black boys on Mopeds con duri attacchi alla signora Thatcher: “L’Inghilterra non è più la mitica terra di Madame George e delle rose, è la patria della polizia che ammazza i ragazzi neri”. Un concerto dunque di grande intensità» (Mario Luzzatto Fegiz, Corriere della Sera, 4/11/1990) • Sinéad non si limita a criticare la signora Thatcher. Nel 1990, in gara per il premio Grammy, l’Oscar della musica, si ritira dalla competizione: non vuole che il suo nome venga votato, e anche dovesse vincere il premio, non andrà a ritirarlo: vuole denunciare «i valori falsi e distruttivi dell’industria musicale». Quando, in New Jersey, si rifiuta di cantare dopo l’inno americano, Frank Sinatra, 75 anni, dichiara che verrebbe «prenderla a calci nel sedere» • «Era il 3 ottobre del 1992 quando, dopo aver fatto calare il silenzio nello studio del Saturday Night Live durante la sua esecuzione a cappella di War di Bob Marley, Sinéad strappò davanti alle telecamere una foto di Woytjla al grido di “Fight the real enemy!” (combatti il vero nemico). Piccola nota a margine per chi allora non era nato o non aveva le orecchie sufficientemente sturate: durante la canzone Sinéad sostituì un paio di parti del testo (originariamente dedicate ai regimi dittatoriali africani e alle popolazioni vittime delle loro violenze) con le parole “child abuse” e “children”, ripetendole e marcandole visibilmente. Durante le prove, per tranquillizzare la produzione, la cantante aveva portato con sé la foto di un bambino soldato, ma in vista della diretta la cambiò di nascosto con la celebre foto del Papa. Stracciando la foto del Pontefice, Sinéad sperava di sensibilizzare il pubblico americano sullo scandalo – allora ancora insabbiato ad arte – delle accuse di pedofilia nel clero irlandese, ma le cose non andarono proprio così. Si prese mazzate da destra e da sinistra e si giocò la carriera. Il suo gesto, infatti, destò molto scalpore e causò un’ondata piuttosto unanime di sdegno, ma nessuno ne colse (o ne volle cogliere) il vero significato. Oggi che […] la pedofilia tra i preti è una realtà davanti alla quale il Vaticano non può più far finta di nulla, l’atto di Sinéad ha smesso di sembrare una provocazione fine a se stessa e suona come la pura e semplice manifestazione di rabbia di una ragazza che per un attimo si era illusa di poter cambiare il mondo» (Costantino della Gherardesca, Il Foglio, 1/11/2018).
Polemiche «Quell’immagine era appesa sul muro della camera da letto di mia mamma fin dal giorno in cui il coglione fu investito della carica di Papa» • Telefonate di protesta ricevute dalla NBC dopo la puntata: 4 mila 400 • «Ancora oggi si parla della foto strappata del Papa. Quella clamorosa presa di posizione le costò in pratica la carriera, oltre che la salute mentale» (Marco Pipitone, Il Fatto Quotidiano, 18/1/2020).
Pretessa Fine anni 90. Una setta scissionista cattolica, la Irish Orthodox Catholic and Apostolic Church, la ordina sacerdotessa. Lei si fa fotografare in abito talare, dice di voler abbandonare le scene, chiede che la si chiami Madre Bernadette. «Ho sempre desiderato essere un prete, ma non avrei potuto essere protestante: io credo nella Vergine Maria» • «Sono gli anni forse più duri, quelli del declino artistico, delle droghe, della depressione, di un presumibilmente reale bipolarismo» (Gabriele Fazio, Agi, 27/10/2018).
Mariti Quattro. Il produttore John Reynolds, dal 1987 al 1991. Il giornalista Nick Sommerlad, dal 2001 al 2004. Il musicista Steve Cooney, dal 2010 al 2011 • Nel 2011 pubblicò un annuncio sul suo sito. È stufa di vivere «come una suora» e sta cercando un uomo. Requisiti del prossimo amante: «Non deve avere meno di 44 anni», «con un lavoro, deve vivere in Irlanda, ma non mi importa se proviene dal pianeta Zog», «deve essere abbastanza orbo per trovarmi carina», «trattamento preferenziale per coloro che indossano pantaloni di pelle: poliziotti, pompieri, contadini, giocatori di rugby o Robert Downey Jr.», «no tinture per capelli, no gel, no dopobarba», «non deve chiamarsi Brian o Nigel», «vorrei uno peloso, astenersi depilati o glabri», «dev’essere un tenerone e non solamente uno per una sveltina», «va bene uno per una botta e via», «deve voler bene a sua madre». La soluzione ideale sarebbe «un uomo molto dolce e affamato di sesso». Nell’attesa che il prescelto si facesse avanti, disse di aver iniziato a usare frutta e verdura al posto dell’uomo stesso. Trovato un Barry Herridge, terapista, lo impalmò con una cerimonia nella Little White Wedding Chapel di Las Vegas, con tanto di Caddilac rosa. «Il matrimonio è durato 16 giorni. Abbiamo vissuto insieme solo per 7 giorni. Dal momento in cui ci siamo sposati mio marito è stato vittima di una grande pressione, soprattutto da persone a lui vicine. Gente che non mi ha mai incontrata di persona, ma che aveva già la propria opinione preconfezionata su di me».
Figli Quattro. Jake Reynolds (n. 1985), avuto dal primo marito. Rosin (n. 1995), avuta dal giornalista John Waters, che poi le ha fatto causa per ottenerne la custodia. Shane (n. 2004), dal musicista Donal Lunny. Yeshua Francis Neil (n. 2006), da tale Frank Bonadio.
Nipoti Uno, figlio del suo primo figlio, nato nel 2015.
Soldi «Sono grata ai fan. Mi permettono di mantenere i miei figli senza dover sposare un miliardario schifoso con un pene di cinque centimetri».
Droga «Grazie a Dio non ho mai avuto problemi di alcol o droga. Ho sempre solo fumato erba. E lo faccio tutt’ora. Senza esagerare» (a Dentice). Nel 2016 è dovuta andare a disintossicarsi, perché aveva esagerato.
Solitudine La volta che, a Chicago, postò un video delirante su Facebook: «Mi considerate feccia, invisibile. Finalmente vi sbarazzerete di me». Poi scomparve per trenta ore. Tutti pensarono si fosse suicidata. La polizia dell’Illinois la ritrovò in stato confusionale.
Politica Dice di provare compassione per Donald Trump. «Personalmente provo sempre un po’ di compassione per chi soffre di qualsivoglia malattia mentale e sono convinta che lui ne soffra. Ma poi ricordo ciò che ha fatto al confine tra Stati Uniti e Messico separando le famiglie, dividendo i bambini dai genitori, e allora la compassione scompare e tutto ciò che mi ritrovo a pensare è che Trump è l’incarnazione del male, un fascista» (a Raffaella Oliva, Rolling Stones, 19/12/2019).
Magda Nel 2017 disse di essersi re-iscritta all’anagrafe come Magda Davitt. Voleva rinnegare il nome paterno. «Mio padre è adorabile ma io rifuggo il concetto di patriarcato». Una donna, disse, non appartiene né al padre né al marito.
Shuhada Nel 2018 si è presentata in pubblico con l’hijab dicendo di aver assunto il nome di Shuhada’ Sadaqat. «Questa è la naturale conclusione del viaggio di un qualsiasi teologo intelligente. Tutte le scritture portano all’Islam, il che rende tutte le altre scritture superflue».
Curiosità Ha subito un aborto e un’isterectomia • Suo fratello Joseph è uno scrittore • Vive in Irlanda. «“Sfortunatamente sì” Perché sfortunatamente? “
Perché fa freddissimo!!! Sto morendo di freddo! (ride, nda)”» (Oliva) • Musicista preferito: Burning Spear • Miley Cyrus l’ha definita «un modello, un’ispirazione per la mia carriera» • Da tempo prova a convincere Frank Bonadio, padre del suo quarto figlio, a pubblicare il suo profilo sui siti di dating online: «Ma è troppo timido» • «Il momento più difficile? “L’ostracismo che ho subìto dopo aver strappato in diretta tv la foto di Giovanni Paolo II”. Lo rifarebbe? “In quel momento era giusto”» (Videtti) • «Cosa le fa più paura? “Che tutto dipenda dal denaro. Vagheggio un’epoca in cui il denaro possa essere eliminato e gli esseri umani vivano dello stretto necessario. Ogni volta che sono costretta a mischiare musica e business mi sento di merda”» (ibidem) • «La fede mi è tutt’oggi vicina, moltissimo. Specialmente quando canto: prima di salire sul palco prego, ciò che chiedo è prima di tutto il perdono, in secondo luogo che il pubblico a fine concerto si senta come dopo essere stato in chiesa» (Oliva) • «Ormai ascolto solo canti, di qualsiasi natura, indù, gregoriani, islamici. Musiche di pace, sono diventata vecchia».
Titoli di coda «Infelicissima Irlanda, ha sostituito i suoi santi con gli U2» (Giulio Meotti, Il Foglio, 17/6/2018).