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 2021  gennaio 04 Lunedì calendario

Biografia di Lanfranco Dettori detto Frankie


Lanfranco Dettori detto Frankie, nato a Milano il 15 dicembre 1970 (50 anni). Fantino. Uno dei migliori talenti nella storia dell’ippica • Figlio del celebre fantino sardo Gianfranco Dettori (n. 1941), che lo fece esordire a tredici anni, e a quindici lo spedì in Inghilterra per farlo entrare nella scuderia di Luca Cumani, allenatore con licenza inglese. «Oggi è l’italiano più famoso e amato del Regno Unito, ricco e celebrato persino dalla Regina Elisabetta: eroe di uno sport antico – le corse dei cavalli – che da queste parti non è una tradizione, no. È una religione» (Massimo Calandri, il venerdì, 19/8/2016) • Più di tremila vittorie soltanto in Inghilterra. Trofei in tutto il mondo. Decine di milioni di euro in premi. Primo e unico fantino a conquistare sette vittorie ad Ascot in un solo torneo, il 28 settembre 1996 • «Una leggenda dell’ippica» (Elvira Serra, Corriere della Sera, 4/11/2017) • «Non c’è che da pronunciare la parola Dettori: e siamo a cavallo» (Enrico Sisti, la Repubblica, 26/7/2020) • «I francesi lo chiamano Le diable, gli inglesi The King» (Enrico Gaviano, La Nuova Sardegna, 15/12/2018) • «L’uomo più famoso a cavallo dai tempi di John Wayne» • «Si è fatto campione, conquistando col suo carattere latino un popolo ippico abituato ai capolavori di “Stone face” (faccia di pietra) Lester Piggott. Lo chiamano “il ragazzo che sorride”, ne vanno matti. Lanfranco e sempre allegro, disponibile verso la gente, i colleghi, i giornalisti. In pista diventa l’emblema della perfezione: per come tiene sotto controllo il cavallo, lo sostiene e per come gli chiede il guizzo che decide» (Michele Ferrante, Gazzetta dello Sport, 25/1/1997) • «Nella sua autobiografia Dettori racconta che una sera fu invitato a Buckingham Palace a una cena in onore del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Elisabetta lo convocò al tavolo. “Parlammo per diversi minuti. Naturalmente di cavalli”. Ciampi lo guardava incuriosito. “A un certo punto mi chiese: ‘scusi, ma lei chi è?’ Risposi: ‘un fantino, signor presidente’”» (Stefano Semeraro, La Stampa, 3/10/2011).
Titoli di testa «Lanfranco o Frankie?
 “Ormai Frankie, è più gioioso. Lanfranco è un po’ duro”» (Serra).
Vita «Ricorda la sua prima corsa? “A Milano, ricordo benissimo. Ero poco più che un bimbo. Tremavo come una foglia, emozione indescrivibile. Entro nella gabbia. Pochi attimi al via, a fianco c’è zio Sergio, il fratello di papà. Anche lui fantino. Mi guarda e bisbiglia: ‘Abbassa gli occhiali, li hai ancora sulla fronte’ . Arrivai ultimo”» (Michele Ferrante, La Gazzetta dello Sport, 25/1/1997) • Figlio di Gianfranco e Ines Maria Dettori. Il padre, origini sarde, piccolo uomo di granito, tredici volte campione italiano, così forte che lo chiamano «il Mostro». «Mio padre era un ragazzino che di giorno puliva le scuderie dell’ippodromo romano e la notte faceva il lavapiatti in un ristorante del centro. Figlio di un minatore di Serramanna, aveva lasciato la Sardegna in cerca di fortuna. È successo che c’era un cavallo ribelle, metteva paura a tutti e allora lui ha detto: “Ci penso io”. Che pazzia, non aveva mai montato in tutta la sua vita: ha accettato la sfida per orgoglio, noi Dettori siamo così. Però, me lo raccontava sempre da bambino, gli è venuto incredibilmente semplice. Naturale». La madre, invece, veniva da una famiglia di nomadi circensi: suo fratello è pagliaccio, lei contorsionista • Lanfranco è un ragazzo qualsiasi, senza pensieri, con poca voglia di studiare. Timido, dislessico, lascia la scuola a tredici anni. «Spesso in scuderia, o all’ippodromo, a veder vincere mio padre. Oppure al campo della Vercellese di Quinto Romano, a due passi da casa e da San Siro. Giocavo nei pulcini, difensore. Sognavo di poter vestire un giorno la maglia della Juventus. Ma il ricordo più bello sono i pomeriggi sui prati di Quinto Romano in sella al mio pony». Il suo primo pony, a 8 anni, si chiama Silvia • Il giorno in cui Lanfranco ne compie quindici il padre gli dice: «Da domani vai a vivere in Inghilterra: imparerai il mestiere». Così, il ragazzo arriva a Newmarket, a due ore di auto da Londra, 15 mila abitanti, 50 stalle, 3 mila cavalli e un abitante su sette che lavora nel mondo dell’ippica. «Avevo 14 anni, non avevo alcuna intenzione di lasciare l’Italia. C’erano i miei amici, i miei famigliari, la mia storia. E poi, parliamoci chiaro, trent’anni fa fare un viaggio del genere era come andare sulla Luna: tutto era diverso, tutto era distante da quello che avevo imparato a conoscere. Mio padre riuscì tuttavia a convincermi a trasferirmi in Inghilterra per sei mesi, con l’obiettivo di imparare il mestiere e cominciare a confrontarmi con i fantini più promettenti» (a Dario Pellizzari, Avvenire, 9/9/2015) • «Spaesato, Lanfranco implorava telefonicamente il genitore affinché disponesse per un ritorno in famiglia. Una concessione che il padre, sordo ad ogni lamento, gli ha sempre negato» (a Mario Fossati, la Repubblica, 8/10/2001) • «Col senno di poi fu la sua fortuna. Ma all’epoca l’hai mai odiato? “Io, ai miei 5 figli, non riuscirei a fare una cosa simile. Ma erano altri tempi. Fu tremendo. Non sapevo una parola d’inglese, non conoscevo nessuno, nel 1985 un italiano era solo “l’emigrante”: io ero l’escluso, senza amici, vittima dei bulli. Tante notti piangevo. Poi mi sono fatto coraggio. E iniziare a vincere aiuta sempre, ti fa diventare amici i nemici...”» (Luigi Ferrarella, Corriere della Sera, 5/10/2019» • Il leggendario Lester Piggot, uno dei più grandi fantini inglesi gli dice che non sarebbe mai diventato bravo. «Avevo 15 anni e in Inghilterra, visto che iniziavano a paragonarmi a lui, un giorno disse: “Ma non avete visto che manone che ha? Non diventerà mai un fantino!”. Poi le “zampe” mi sono rimaste grosse, ma per fortuna io sono rimasto piccolo...» • A Frankie piace anche divertirsi. Alla vigilia della Breeders’ Cup a Belmont Park, fa festa per tutta la notte con alcool e ragazze nella suite dell’hotel di New York: «Avevo un morso sul collo, che cercavo di nascondere tenendo alto il collare della giubba. Persi la corsa, e Cumani, che aveva visto il caos nella mia stanza, mi fece una solenne ramanzina: ricordati sempre di ripulire tutto dopo un’orgia». Nel dicembre 1992, a Hong Kong, si ammala e passa la convalescenza in compagnia di splendide bellezze cinesi. «A 20 anni mi era venuto tutto troppo facile e troppo in fretta: successo, soldi, casa, auto, pensavo a divertirmi piuttosto che lavorare, facevo il gradasso, il bulletto. Quando vivi una vita da rockstar, anche se non la vuoi, è lei che ti viene addosso lo stesso. Poi, per carità, non è che abbia ammazzato qualcuno: però capitò che con alcuni amici in auto comprassimo della cocaina, e la polizia ci fermò. Fu il calcio nel sedere di cui avevo bisogno» (a Luigi Ferrarella, Corriere della Sera, 15/11/2012) • «Avevo in mente solo le ragazze e i festini, ma soprattutto volevo diventare un bravo fantino» • «Quando ha preso coscienza di essere diventato un campione? “A 20 anni sapevo che sarei diventato molto bravo. Dopo aver vinto le sette gare al Royal Ascot ho capito che avevo fatto il definitivo salto di qualità”» (Pellizzari) • «Sette corse, altrettante vittorie ad Ascot, una delle piste più prestigiose del mondo: evento unico nella storia del galoppo inglese che ormai si avvicina ai tre secoli. Come se un giocatore di calcio segnasse dieci gol nella finale di Champions League, o se un pilota di Formula Uno vincesse tutti i gran premi della stagione. “E pensare che quel pomeriggio sentivo poco feeling con le corse. Il giorno prima avevo montato male. In serata ne ho parlato con Catherine, la mia fidanzata. Domani combinerò qualche guaio, le confessai. Arrivai ad Ascot teso, nervoso. Poi accadde l’incredibile”» (Ferrante) • «L’Inghilterra sbigottisce, in pochi minuti la notizia fa il giro del mondo. Ne parlano tutti i giornali, compresi quelli non sportivi […] Per un giorno sui tabloid nazionali il calcio deve fare spazio a qualcosa di inaudito. Se prima di quel 28 settembre Frankie era una celebrità nel mondo dell’ippica, da quel momento si tramuta in leggenda dello sport mondiale» (Diego Mariottini, Contrasti, 28/9/2020) • «Beh, quella è davvero una storia fantastica. Ricordo anche i nomi di tutti i cavalli: Wall Street, Diffident, Mark of Esteem, Decorated Hero, Fatefully, Lochangel e Fujiyama Crest. Man mano che si andava avanti la gente impazziva sempre più. Nell’ultima corsa Fujiyama Crest era dato inizialmente 12 a 1, ma prima di partire era sceso a 2 a 1» (a Graviano) • «Come è nato lo spettacolare salto dalla sella sulla testa del cavallo che fa dopo ogni Gran premio vinto? “In America c’era un fantino molto forte che lo faceva, Angel Cordero. Quando nel 1994 vinsi la mia prima Breeders’ Cup negli Usa, per scherzo lo feci anch’io e da allora sono schiavo di questo gesto: ormai se non lo faccio la gente mi grida buuuu...”» (Ferrarella, 2011).
Allenamento Ore 5.30. Sveglia. Caffè con la moka. «Ogni anno a Natale qualcuno prova a regalarmi quelle macchine artificiali che devi mettere la cartuccia, ma io sono old fashioned». Colazione: mezza scodella di yogurt con tre gherigli di noce sbriciolati, un cucchiaino di miele. Poi: a cavallo • Ore 7. Tornato a casa, sonnellino «Da ragazzo mi bastava dormire tre ore, adesso mai meno di otto: ho 45 anni, sono un vecchietto» (nel 2016) • Mattino. Seconda sveglia. Secondo caffè. Palestra: nove chilometri sul tapis roulant. «Di solito perdo un chilo e mezzo o due». Il peso è la condanna dei fantini. «Devo restare intorno ai 55, sono alto 1,63. Prendevo diuretici, lassativi, vomitavo. Sciocchezze. Col tempo ho imparato a mangiare poco: pollo, pesce, insalata. Saranno 15 anni che non tocco un hamburger. E quando penso al porceddu, alla pasta che cucina mio padre...» • Pomeriggio all’ippodromo, quattro giorni alla settimana. D’estate, con il sole, si inizia alle due e si finisce alle otto • «Spesso la sera ti ritrovi a casa con tanta voglia di sprofondare in un divano».
Amore Sposato con una Catherine Allen, dolce, bionda, innamorata. Figlia di William «Twink» Allen, cattedra a Cambridge, forse il più famoso veterinario di cavalli al mondo. «Il loro primo appuntamento fu un disastro. Lei portava il rossetto. A lui non piaceva. Litigarono. Immaginò una notte senza tenerezze. Invece si innamorarono. “Pensavo che nella mia vita contassero solo i cavalli. Poi è arrivata lei”» (Semeraro). Cinque figli: Leo, Ella, Mia, Tallula e Rocco.
Dolore «Son passati 19 anni ma non parla volentieri dell’elicottero precipitato in fiamme, da cui fu salvato dal fantino Ray Cochrane. “Per due anni non sono più stato la stessa persona. Ti continui a fare delle domande. Ti chiedi perché non sei morto tu e altri sì. Ti domandi perché è successo”» (Ferrarella, 2019).
Guai Nel 2012 si beccò sei mesi di squalifica perché trovato positivo alla cocaina. «Ho attraversato un periodo difficilissimo. Sentivo di non essere più accettato dalla mia squadra e questo mi ha provocato uno stress non indifferente. Certo, ho fatto un errore, la peggiore risposta possibile a quanto stavo vivendo, ma sono felice di esserne uscito più forte di prima» (Pellizzari).
Monarchia «Ormai è un habitué con la Regina.
 “La vedo spesso, la mattina viene a guardare i suoi cavalli galoppare, io li monto spesso e lei è appassionatissima. E poi sono stato più volte a Buckingham Palace e al Castello di Windsor”. È vero che non può rivolgerle la parola se non lo fa lei per prima?
 “Mah, non so... Io le parlo e basta. La chiamo sua maestà e poi ma’am. Sei anni fa è successa una cosa molto simpatica...”. Sono tutta orecchie.
“Avevamo dato una festa a casa, a Newmarket, c’erano tante persone, porte e finestre aperte. La mattina dopo i miei cani erano spariti. Hanno la medaglietta con il numero di telefono. A un certo punto premo il pulsante della segreteria telefonica e sento: ‘Abbiamo trovato il vostro cane’. Richiamo ed era Caroline, la moglie del manager della Regina: la conoscevo, abita nel villaggio dopo casa mia. Mi ha detto che il cane lo aveva lei ed era chiuso in cucina, ma se andavo a prenderlo alle sette avrei trovato la Regina, così la salutavo”. E lei?
 “Mia moglie non mi ha creduto. Allora ho detto a mia figlia Ella, che aveva 10 anni, di mettersi un bel vestitino e siamo andati io e lei. La Regina era vestita di viola con i bottoni d’oro, perfetta come sempre: stava bevendo un gin tonic davanti al fuoco. Ho preso anch’io un gin tonic e abbiamo fatto due chiacchiere, abbiamo parlato del matrimonio del nipote, bla bla bla. Poi hanno fatto uscire dalla cucina Scrooby, il mio bassotto, così contento che ha fatto la pipì sul tappeto. Mia figlia con i piedini cercava di coprirla, la Regina si è messa a ridere, le ha chiesto se montava i pony, ma Ella non riusciva a spiccicare parola. Simpatica no?”» (Serra)
Politica Il padre della moglie, il veterinario di cavalli professore a Cambridge, è esponente di Ukip, il partito di Nigel Farage, quelli della Brexit. «Sono italiano, non ho votato. William è uno scienziato, parla difficile: diciamo che a volte non lo capisco, ecco. La Gran Bretagna esce dall’Europa?». Ride. «Speriamo non mi caccino».
Religione «È credente? “Sì, ma a messa vado solo due o tre volte l’anno. Dio è dappertutto, lo sento dentro di me, nel mio lavoro, in quello che faccio”» (Serra).
Tifo «Lei come Gianfranco Zola è stato insignito dalla Regina Elisabetta dell’onorificenza di Membro dell’Ordine dell’Impero Britannico. “Con Gianfranco ci conosciamo. Sa che siamo alti uguale? Lui un grande campione. Io avrei voluto fare ugualmente il calciatore. Ma avevo solo la voglia. Mi resta la passione per l’Arsenal e la Juventus. Il Cagliari? Ah, beh, sì. è la squadra della mia terra, ci tengo comunque tantissimo...”» (Gaviano).
Tatuaggi I quattro mori bendati sulla spalla destra. «Mi sento sardo fin nel midollo». Sulla spalla sinistra, la scritta «Italia» e cinque stelle: una per ciascun figlio.
Curiosità Fuori dall’ippodromo di Ascot c’è una sua statua • Legge il Racing Post. «La nostra bibbia: è come la Gazzetta dello sport, però delle corse» • Ghiotto di ravioli • Durante i mesi in cui era squalificato per cocaina ha partecipato a Celebrity Big Brother, edizione britannica del Grande Fratello Vip • A Newport s’è fatto costruire una villetta • Ha una scuderia con otto pony, due struzzi, un maiale, due gatti, tre cani e i pavoni selvatici • Ha anche una catena di ristoranti a Londra • «Ma la carne di cavallo la mangia?
 “L’ho mangiata in Italia e dico la verità: non mi ha fatto nessun effetto. In questo sono abbastanza italiano, con origini sarde: mangio tutto. E poi se sei un fantino hai sempre fame!”» (Serra) • «Mia moglie Catherine dice che ho la pazienza di un moscerino. Io dico che, come molti italiani, ho solo degli alti-alti o dei bassi-bassi, nelle corse come nella vita. Per fortuna, sono molti più gli alti-alti...» • «Si lamenta per come dormo: stanza buia, mascherina sugli occhi, braccia incrociate sul petto. Dice che le sembro dentro una bara» • Dopo tanti anni in Inghilterra gli dà fastidio vedere gli italiani parcheggiare in doppia fila. «Pero c’è l’altra faccia della medaglia. Gli inglesi non sanno godersi la vita come gli italiani: passano la serata a bere birra in un pub, e questo a volte mette un po’ di tristezza» • «La vita è divisa in tre parti. La prima è quella dei sogni. Immagini dove vuoi arrivare. La seconda parte è il cammino, lo sforzo che ti serve per realizzarli. La terza è adesso: il raccolto. Faccio quello che amo senza nessuna pressione addosso» • «Fra i suoi 5 figli, c’è qualcuno che può seguire le sue orme? “Vanno tutti a cavallo. Ho tre ragazze, Ella, Mia, Tallulah che mi sembra non siano adatte per le corse. Il maschio più grande, Leo, è alto 1,80 e quindi lasciamo perdere. C’è Rocco, il più piccolo. Per ora monta i pony. Ma per fare qualcosa di serio bisogna che si sacrifichi. Vedremo...”» (Graviano) • «Con cosa baratterebbe il prossimo successo? “Con Adriano Celentano”. Prego? “Mia madre, Ines Maria, faceva la contorsionista in un piccolo circo che nel 1963 fu distrutto da un incendio. E Celentano si presentò per portare solidarietà, ho ancora un vecchio filmato della Rai che racconta tutto. Lei mantiene un bellissimo ricordo di quella visita: gli piacerebbe incontrarlo, ancora una volta”» (Calandri, Rep, 2017).
Titoli di coda «Quante fratture ha?
 “Ne ho contate dieci”. Pensavo peggio.
(Mi guarda storto). “Fanno male tutte”» (Serra).