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 2021  gennaio 04 Lunedì calendario

Biografia di Maria Fida Moro


Maria Fida Moro, nata a Roma il 17 dicembre 1946 (74 anni). Figlia primogenita di Aldo Moro. Giornalista. Politico • Decisa, intraprendente, eccentrica. Capelli tagliati cortissimi, come se avesse deciso di darci un taglio, non adeguarsi e rompere con il passato • «Segnata dalla tragedia familiare con ventisei tumori in trentaquattro anni e con tre preinfarti negli ultimi due mesi» (Giovanni Fasanella, Panorama, 20/3/2012) • Già senatrice della Repubblica (dal 1987 al 1992, eletta con la Dc, passata prima a Rifondazione comunista, poi al gruppo misto). Candidata a sindaco di Fermo nel 1993 con il Movimento Sociale Italiano, ottenne il 5,4%. Candidata al Parlamento europeo nel 1999 (con Rinnovamento – Lista Dini) e al consiglio comunale di Roma nel 2016 (con Più Roma – Democratici e Popolari, a sostegno della candidatura a sindaco di Roberto Giachetti). Nel 2013 lei e il figlio hanno fondato un movimento chiamato Dimensione Cristiana con Moro, ispirato alle idee politiche di Aldo • «Una donna che incute timore: il volto è segnato dai medesimi tratti del padre, ma i suoi sono più appuntiti, come lo sguardo che fiuta, che non dà scampo. Ho sempre pensato che non riuscirei a sostenerlo, quello sguardo. C’è tutto nei suoi occhi: rabbia e pietà, rancore e bisogno di giustizia. C’è racchiuso il sunto della pretesa, vale a dire la coniugazione della responsabilità giuridica e della responsabilità politica. Un’esigenza imperitura che non è stata mai appagata» (Alessandro Moscè, Pangea, 6/4/2018) • Ha detto: «Non essendo una ex terrorista neppure la Caritas mi ascolta. Non essendo un’assassina nessuno s’interessa a me. Non essendo più la figlia di un potente pago doppia la mia solitudine e la mia debolezza. Pago perfino l’età: ho troppi anni per cominciare a prostituirmi».
Titoli di testa «Mia madre ci ha insegnato ad amare la montagna, e a cantare quei canti popolari che papà adorava. Eravamo in quattro e cantavamo a quattro voci... Monte Canino era la canzone preferita di papà, racconta la sofferenza degli alpini costretti a combattere e a morire. Un canto di guerra. E non c’è altro che possa descrivere la vicenda assurda di mio padre se non la guerra. Perché una guerra è qualcosa che lascia traccia. Che lascia morte e dolore» (a Raffaella Fanelli, Oggi, 7/5/2015).
Vita «Quel 16 marzo 1978 il presidente Aldo Moro avrebbe dovuto partecipare, a Montecitorio, al dibattito sulla fiducia al quarto governo Andreotti. I brigatisti, che lei ha perdonato, hanno sempre sostenuto di aver “scelto” suo padre perché Giulio Andreotti godeva di una protezione più alta. Che Moro o Andreotti sarebbe stata la stessa cosa: l’importante era colpire un simbolo del potere... “Ed è falso. È una menzogna reiterata! Mio padre non è stato ucciso per sbaglio. Non è stata un caso la sua morte. Ma è stata voluta, ordinata. Aldo Moro aveva, in Italia e in Europa, una funzione di mediazione, di scomoda pacificazione. È stato eliminato perché si voleva arrivare a dove siamo arrivati adesso. A una non politica. A un mondo di soli affari”. Di soli imprenditori sopraffini. Con tanto senso del potere e poco dello Stato. “La politica è un servizio. Va fatta gratuitamente come la facevano una volta. Per ideali e non per soldi. Mio padre era un docente universitario e ha continuato a fare il suo lavoro: quel 16 marzo sarebbe andato in Montecitorio e poi in Università dove lo aspettavano per discutere le tesi. È per arrivare al nulla di oggi che è stato ucciso, e papà sapeva che sarebbe morto ammazzato”» (Fanelli) • «“Qualche giorno dopo il sequestro, i miei fratelli non volevano che io partecipassi ai funerali degli uomini della scorta. Il motivo? Poteva essere pericoloso per mio figlio Luca... Io ci andai lo stesso, ma fui bloccata all’ingresso della chiesa. Per fortuna un agente mi riconobbe e mi fece entrare. Quell’episodio fu l’inizio della guerra in famiglia contro di me e costituì uno dei punti di svolta dell’intera vicenda Moro. La tensione era tale che un giorno mia madre si gettò in ginocchio e, in lacrime, mi supplicò di andarmene via di casa”. Perché lei non poteva rimanere in casa?
 “Il nodo è tutto qui. Io mi sarei battuta per fare esattamente quello che papà ci chiedeva dalla ‘prigione del popolo’. Voleva che ci mobilitassimo, che facessimo qualcosa per tirarlo fuori da lì. E probabilmente io sarei riuscita a convincere anche la mamma. Ma forse era quello che qualcuno temeva”. Ma, scusi, la liberazione di Moro non era proprio l’obiettivo della famiglia? “È ovvio che fosse così. Ma a giudicare dai fatti, chi dava suggerimenti al resto della famiglia doveva essere proprio un pessimo consigliere. Un gruppo esterno aveva ‘occupato’ casa nostra sin dal giorno del sequestro: quelli del movimento Febbraio 74 diretto dall’avvocato Giancarlo Quaranta, cui aveva aderito mio fratello Giovanni”. Quindi, lei in casa avrebbe infastidito?
 “Molto”. Ma perché? “Bisognerebbe capire come ragionavano i leader di quel movimento, dove volevano andare a parare e se a loro volta erano consigliati da altri. Certo è che avevano la pretesa di ‘gestire’ l’atteggiamento della famiglia: loro, non Aldo dalla prigione, non Eleonora dall’esterno, e tanto meno la figlia primogenita Maria Fida che era stata cacciata di casa. Papà, nonostante la sua condizione, se n’era accorto”. Come fa a esserne sicura? “In due lettere inviate a mamma le diceva di non ascoltare i consigli di nessuno, tanto meno di estranei, e di andare in televisione per invocare una trattativa. Non si fidava di nessuno. E voleva che fosse lui dalla prigione, e noi da casa, a gestire la situazione”» (Fasanella) • Le cose vanno diversamente. Paolo VI si offre di celebrare una messa funebre nella basilica di San Giovanni in Laterano per il presidente della Dc, ma la cerimonia si svolge senza il suo corpo. La famiglia rifiuta i funerali di Stato. Le esequie si svolgono in forma privata nella chiesa di San Tommaso di Torrita Tiberina. «Quel 10 maggio del 1978 avevo in tasca il sonaglietto del mio piccolo Luca, lo avevo stretto in mano per tutto il tempo della messa perché suonava con niente. Al cimitero, davanti a un loculo preso in prestito, pregai il segretario personale di mio padre di appoggiarlo sulla bara. Nel silenzio più assoluto il sonaglio si illuminò lasciando echeggiare il suo campanellìo celestiale. La mia famiglia non sarebbe stata più la stessa. La nostra vita finì quel giorno. E con la nostra anche quella di questo Paese».
Amore Un figlio: il cantante Luca Bonini, avuto da Demetrio Bonini. È lui il «carissimo nipote» nelle lettere dalla prigionia dello statista • «Vorrei che tu fossi ricordato vivo/ perché la forza del tuo pensiero/ a distanza di 30 lunghissimi anni/ possa suonare in questo blues/ e cadere come una lama sulla coscienza di chi ancora cerca di ucciderti» (Se ci fosse luce, la sua canzone dedicata al nonno, ascoltala qui).
Dolore «Dopo la morte di suo padre, lei è potuta tornare a casa? “Sì, ma dopo tanto tempo. Intanto avevo perso il lavoro di giornalista alla Gazzetta del Mezzogiorno, conseguenza dei pessimi rapporti tra la famiglia Moro e la Dc”» (Fasanella) • «Mia madre era una donna molto dura e autorevole, divertente e simpatica quando voleva, ma non si metteva mai paura di nulla. Durante la guerra aveva in casa un comando nazista ma questo non le impediva di salvare la vita degli ebrei ricercati. Eppure, nonostante ciò, durante i cinquantacinque giorni del sequestro accadde qualcosa di grosso che la portò ad abdicare dal suo modo di essere, dal suo coraggio» (a Stefania Limiti, Il Fatto Quotidiano, 11/2/2016) • Nel settembre 1979 rivela a Luciana Tedeschi, capo della redazione romana della Gazzetta del Mezzogiorno, che un’auto di grossa cilindrata, forse un’Alfetta, di colore blu o nero, con cinque uomini a bordo, ha tentato di investire sua sorella Anna e la di lei figlioletta Astrid. «Solo la presenza di spirito di mia sorella ha evitato che la mia famiglia subisse per mano omicida altri lutti». La Tedeschi consigliò di sporgere denuncia. La procura aprì un’inchiesta • Prima candidatura al Senato nel 1983, con la Democrazia Cristiana, ma non viene eletta • Nel 1984, intervistata dal Popolo, dice di avere paura che la madre sia pedinata. Il 18 ottobre, festa di San Luca, lei e il marito vanno a Rebibbia, perché Valerio Morucci e Adriana Faranda, vogliono chiedere il suo perdono. Racconta di esserci andata per tre ragioni: «La prima è che sono una seguace di Gesù Cristo e per i cristiani perdonare è una necessità più che un obbligo. La seconda è che mio padre, al mio posto, sarebbe senz’altro andato a compiere quella che, tra l’altro, è un’opera di misericordia. La terza è che, anche soltanto dal punto di vista umano, sarebbe stata una esperienza importante e lo è stata» • «Dopo essere stata senatrice della Dc passò a Rifondazione comunista per prendere poi una sbandata per i socialisti in attesa di un ritorno nel grembo dicì. Concluse il  periplo con un articolo sul Popolo titolato “AAA Ex senatrice cerca lavoro qualsiasi purché onesto”» (Gian Antonio Stella, Corriere della Sera, 28/11/1997) • «La mia indennità parlamentare fu completamente bruciata per pagare i debiti della famiglia, che era rimasta senza reddito finché la mamma non ricevette la sua pensione. Ho dovuto vendere i miei regali di nozze e la mia stessa casa, per aiutare mamma e i miei fratelli. Una vita terrificante. Per le conseguenze subite sul piano emotivo, economico e persino fisico. Ma soprattutto a causa di un terribile, lacerante senso di colpa per non essere riuscita a fare quello che papà ci chiedeva» • Nel 2006, infastidita dagli esibizionismi degli ex terroristi (chi in Parlamento come Sergio D’Elia, chi a scriver libri e a presentarli con l’aria dei maestri), scrive una lettera aperta ad Adriana Faranda, che aveva appena pubblicato un’altra sua opera ispirata all’esperienza della clandestinità: «Tu hai finito e sei fuori, noi resisteremo nel carcere della disperazione a contemplare le nostre ex vite per sempre» • Nel 2007 attacca l’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga additandolo tra i responsabili della morte del padre • Nel 2008 annuncia l’intenzione di lasciare l’Italia, «Paese che ho amato tanto, ma è un Paese diverso da quello in cui sono cresciuta, è diventato privo di memoria e compassione». In maggio si scontra con Gianni Alemanno a proposito della Renault 4 nella quale venne ritrovato il corpo del padre: «Andrebbe in un museo», dice il sindaco di Roma. «Per noi andrebbe bruciata», risponde lei • Nel 2008 aderisce al Vaffa-day di Grillo a Torino • Nel luglio 2010 è l’unica dei quattro figli di Moro a non presenziare al funerale della madre • Nel maggio 2012 mette all’asta l’ultima lettera scritta ai figli dalla madre. «Se hanno messo all’asta i volantini delle Br, non posso fare la stessa cosa con l’ultima lettera di mia madre? Voglio farlo per provocare le coscienze, visto che non abbiamo ancora la verità» • Nel maggio 2014 in una lettera aperta pubblicata sul blog di Beppe Grillo indirizzata a politici e intellettuali si dichiara contraria all’ipotesi dell’abolizione del Senato • Nel 2017 protesta per l’adattamento televisivo della Taodue della vita del padre. «Non riesco a convertirmi al racconto filmico, alla fiction, neanche al teatro... provo sofferenza, vado in tilt, non so darmi pace. Ci sono dei particolari anche in questo film che non posso riconoscere in mio padre. Mio padre non dava del "tu" a chiunque, non dava pacche sulle spalle, era la personificazione della riservatezza. Capisco che gli sceneggiatori, che hanno fatto un ottimo lavoro, abbiano avuto esigenze narrative e abbiano creato certe immagini per umanizzare il più possibile tutti i personaggi. Però, in una scena, un agente della scorta prende la chitarra e si mette a suonare: una bella immagine, drammaturgicamente, ma impossibile nella realtà... negli anni di piombo, ogni giorno era buono per morire» • Nel 2019 scrive al Papa per chiedergli di non fare beato il padre. «Il processo canonico di beatificazione oggi alle fasi iniziali (Moro è “servo di Dio”) è diventato a suo giudizio un’ignobile gara tra bande ecclesiastiche e politiche per far bottino dell’aureola paterna a scopi di potere. Ci sono, dice, “infiltrazioni ributtanti”» (Renato Farina, Libero, 7/5/2019).
Politica Dal 2008 è iscritta al partito radicale. «Nessun partito mi ha mai voluto veramente e di conseguenza la mia vicenda politica è stata giudicata negativamente in molti modi da coloro che scrivono, ma la gente comune ne ha colto, nella grandissima maggioranza dei casi, la linearità nascosta».
Curiosità Laurea in scienze politiche • Leonardo Sciascia scrisse la prefazione al suo La casa dei cento natali (Rizzoli 1982) • Ha vissuto per anni a Predazzo, in Val di Fiemme. Annunciò che se ne sarebbe tornata a Roma nel 2018, dopo che, a suo dire, il comune non l’aveva invitata a una commemorazione di Moro • Ha rivelato che il 4 agosto 1974 suo padre doveva viaggiare sull’Italicus (il treno sul quale una bomba causò una strage) per raggiungere la famiglia in vacanza in Trentino. Ma prima che il convoglio partisse lo statista fu fatto scendere per firmare delle carte importanti • Vladimiro Satta, in I nemici della Repubblica. Storia degli anni di piombo (Rizzoli 2016), esprime dei dubbi su questa ricostruzione • In via Gradoli, dove c’era il covo delle BR, nel 2009 vi fu un’esplosione di gas: tutti gli alberi si sono seccati e c’è voluto del tempo prima che la vegetazione rinascesse • «“Ho perdonato chi ha ucciso mio padre”. Maria Fida non ha dubbi. “Papà avrebbe fatto lo stesso se fosse stato al posto mio”. Regala il suo perdono a chi ha mentito, ritrattato, a chi ha mai voluto dire la verità? “Non tutti i brigatisti la conoscono. E chi sa preferisce tacere. Per paura. Ma non per loro, per i loro cari. Mio padre era convinto in quanto giurista che la pena ha un senso solo se riabilitativa. In caso contrario è vendetta”. E non è vendetta quella che cerca Maria Fida. Ma verità. “Finché tutti gli italiani, anche chi nel ‘78 non era ancora nato, non si assumeranno la responsabilità etica della morte di un innocente, ci sarà sempre un punto di inciampo. Se non si farà chiarezza a livello collettivo sulle reali responsabilità della morte di Aldo Moro questo Paese resterà nel fango”» (Fanelli).
Titoli di coda «Io, Maria Fida Moro, sono quella cattiva e anche pazza, perché ho sempre scelto di fare quello che chiedeva papà, unica in tutta la mia famiglia. Questo mi ha portato dei danni quasi irreparabili, dei quali però sono fiera, perché, se essere pazzi significa restare fedeli, fedeli a una persona che è stata veramente lasciata molto sola, per non dire totalmente sola, allora va bene così. Quindi, sono cattiva e pazza perché ho scelto di fare la volontà di mio padre».