4 gennaio 2021
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Biografia di Paolo Giordano
Paolo Giordano, nato a Torino il 19 dicembre 1982 (38 anni). Scrittore. Fisico. Dottorato all’università di Torino con tesi sui decadimenti del mesodrone B. Premio Strega 2008 per La solitudine dei numeri primi (Mondadori), suo romanzo d’esordio, oltre due milioni di copie vendute. L’autore più giovane di sempre ad aver vinto lo Strega, il secondo esordiente dopo Ennio Flaiano • «Biondino, capelli corti, barba chiara non troppo lunga, occhi chiari» (Ranieri Polese, Corriere della Sera, 17/7/2018) • «Di lui ricordiamo. Il nome evangelico e il cognome da idrografia mistica. Un libro dal successo storico, storicizzato, e dal titolo riuscito» (Davide Brullo, Linkiesta, 18/5/2018) • Dal suo esordio, ha pubblicato altri tre romanzi: Il corpo umano (Mondadori 2012), Il nero e l’argento (Einaudi 2014), Divorare il cielo (Einaudi 2018). Nel marzo 2020 ha pubblicato Nel contagio (sempre con Einaudi), saggio sull’epidemia di covid19. Scrive per il teatro e la televisione. Co-autore della serie tivù We are who we are (Luca Guadagnino, 2020). Collaboratore del Corriere della Sera • «La prima intervista della sua vita l’abbiamo fatta insieme, dieci anni fa. “Ero talmente agitato che non mi ricordo nulla. Dove eravamo?”. Era per il suo libro d’esordio, La solitudine dei numeri primi. Paolo Giordano aveva 25 anni, un dottorato in fisica delle particelle, e giurava che mai avrebbe fatto lo scrittore di professione: “Non posso immaginare le mie giornate in casa, davanti a un computer: diventerei pazzo”» (Silvia Nucini, Vanity Fair, 12/5/2018).
Titoli di testa «Nella notte romana, mentre il gesso stride il risultato, piange il giovane Giordano (“Mi cambierà la vita, anche se molte cose sono già cambiate”), che ha già venduto i diritti cinematografici del libro, Ermanno Rea si congratula, i vincitori si complimentano. E perfino le novità più gridate in questo eterno Premio Strega, si sciolgono in un’afa soffocante. Come il lavoro scientifico del vincitore, dottorando in fisica all’Università di Torino, che si è lamentato di aver trascurato nelle ultime settimane i suoi studi sui “decadimenti del mesodrone B”. Il vincitore dello scorso anno Niccolò Ammaniti si era quasi laureato in Scienze biologiche con una tesi intitolata “Rilascio di acetilcolinesterasi in neuroblastoma”. Allo Strega, da sempre, nulla si crea e nulla si distrugge» (Paolo Fallai, Corriere della Sera, 4/7/2008).
Vita Il padre, Bruno, è ginecologo. La madre, Iside, insegnate di inglese, di origini piacentine. Una sorella, Cecilia, tre anni più grande di lui • «Mi sarebbe piaciuto avere radici in una terra forte. Invece vengo da quella che a Torino si chiama la prima cintura. Una periferia di prossimità» (a Concita De Gregorio, la Repubblica, 5/5/2018) • «Sono cresciuto a San Mauro, qualche chilometro a monte, sotto la collina di Superga. Il fiume dominava il paesaggio, riempiva la mia finestra. Qualche volta colmava anche le strade: da ragazzo ho visto la grande alluvione del ’94, la notte in cui l’acqua sembrava inarrestabile. Nel mio primissimo abbozzo mentale, La solitudine dei numeri primi doveva concludersi in quella notte, e intitolarsi Dentro e fuori dall’acqua» (a Michele Concina, Il Fatto Quotidiano, 5/1/2015) • «Lei, dunque, Torino si è trovato a scoprirla. “Sono sbarcato qui per le superiori, iscritto al liceo scientifico Segrè, dall’altra parte di quel ponte. La prima volta che tentammo la spedizione con i bus, assieme a una compagna delle medie, fu difficilissimo raccapezzarci. Orientarmi socialmente fu ancora più arduo: era una delle zone più ricche della città, i miei compagni avevano qualcosa, un piglio, che a me mancava. Ci volle del tempo, ma poi Torino divenne il luogo e lo strumento della crescita, dell’emancipazione; me ne innamorai”» (ibidem) • Dopo il liceo pensa di iscriversi a filosofia. «Mi piaceva molto Kant, però mi è mancato un professore in grado di appassionarmi». Si appassiona alla matematica, invece, e opta per fisica. «Devo tutto alla professoressa Borello, un’insegnante carismatica che mi ha dato l’imprinting giusto». Rimane a Torino per i cinque anni di università. Media del 30. Fino al 2005 vive con i genitori, poi si prende un appartamento alla periferia est, tutto arredato Ikea. «Perché va alla Holden? “Perché mi ero messo a scrivere”. Quando? “Alla fine dell’università. Prima facevo musica. A sei anni cominciai a prendere lezioni di chitarra: classica prima, poi moderna e jazz. Ero molto preso dalla musica dell’indie-rock anni ’90. Seguivo Mtv, ascoltavo fra gli italiani i Marlene Kuntz, gli Afterhours, i Baustelle”. Un’esperienza di formazione? “L’album Grace di Jeff Buckley”. A tredici anni gli regalano una chitarra elettrica, una Ibanez Steve Vai. “Poi l’ho venduta, ma ancora conservo una Fender, una Yamaha e una Ovation acustica. A un certo punto, comunque, lascio la chitarra: con un amico, al computer, ci mettiamo a creare musica elettronica. Una sorta di sperimentazione teorica, pezzi che non uscivano dal nostro studio, cose al limite dell’ascoltabile”. E perché smette? “Perché ero arrivato a un punto morto. Ci avevo dedicato moltissime energie, ma non vedevo sbocco. È sta to come chiudere con una ragazza quando ti accorgi che non sei più innamorato. Certo, ti restano le serate vuote, ti mancano le abitudini: ma lei non ti manca più”. Così ecco la scrittura. “Scrivo dei racconti, rigorosamente inediti. Li leggevo solo io, era un rapporto troppo ombelicale. Così, pensai, c’è questa scuola di scrittura a Torino, perché non provare?” Baricco l’ha mai incontrato? “A scuola mai, io non frequentavo i master, lui si occupa di quelli”» (Polese) • È grazie alla scuola Holden che incontra Raffaella Lops. «Dietro la folgorante rivelazione di Paolo Giordano c’è la mano, la sensibilità, il talento di Raffaella Lops [...] una figura anomala e defilata nell’editoria italiana. Per oltre dieci anni ha fatto la libraia all’angolo Manzoni (Via Cernaia, 36), una delle poche, vere, librerie sopravvissute allo tsunami delle grandi catene. “Lì” dice la Lops “ho imparato a conoscere la vita segreta dei libri”. Ora è supplente in una scuola media, lettrice per case editrici, casalinga. Giordano le è arrivato per caso. “Degli amici mi hanno dato alcuni racconti. Erano ancora acerbi, ma ho capito che era un talento, gli ho telefonato e l’ho spinto a scrivere un romanzo” […] “Io ho seguito lentamente, in silenzio il suo scrivere, consigliandolo, regalandogli la mia esperienza, ora sono la persona più felice perché il nostro lavoro ha funzionato” [...]» (La Stampa, 2/3/2008). Il 4 ottobre 2007 Antonio Franchini, curatore della narrative italiana per la Mondadori, telefona a Giordano e lo invita a Milano. Giordano vorrebbe intitolare il libro Dentro e fuori dall’acqua. Franchini gli suggerisce La solitudine dei numeri primi.
Amore 1 Titolo di Dagospia nel 2008. «Paolo Giordano: Strega sì, fidanzata no». Novella 2000 scrive infatti che avrebbe passato le vacanze in Turchia con la sorella Cecilia e due amici. «Faccio vedere la stampata pettegola a Giordano. E chiedo: scusi, ma lei una fidanzata ce l’ha? Mi guarda strano, con l’aria di chi non capisce che c’entri» (Polese). «C’è stata una fidanzata, una storia lunga e importante. Senza una convivenza, anche se da tre anni vivo da solo. È finita un anno e mezzo fa, così come finiscono le storie. Ma abbiamo ottimi rapporti, frequentiamo le stesse persone».«Una vera e propria fidanzata in questo momento non c’è. Anche se ora sono vincolato… Voglio dire che sono in mezzo a qualcosa che è in fase di definizione. Però è qualcosa che conta. Se non viene in vacanza è perché io all’inizio voglio costruire un’intimità, sono molto geloso degli ambiti di un rapporto. Solo quando sono sicuro, allora penso di iscrivere questa persona nel giro delle mie frequentazioni abituali».
Amore 2 «Sua moglie, Raffaella Lops, è anche la sua editor. Sulla carta non sembra una cosa facile ricoprire i due ruoli. “È complicato, a volte ci sono anche dei momenti di tensione. Ma negli anni […] abbiamo imparato un paio di regole fondamentali. La prima è che per scrivere io vado lontano da casa e così parliamo di lavoro al telefono. Questo dà a lei il tempo di capire come dire le cose, senza avere uno intorno, cioè me, che la scruta costantemente; e a me dà il tempo – quando metto giù il telefono – di non avere reazioni scomposte: mi posso leccare le ferite da solo. La seconda regola è che qualsiasi scambio di materiali e opinioni non deve avvenire la sera, se no non dormo”. Non sarebbe più facile lavorare con un estraneo? “Raffaella è la persona che vive con me l’intero processo creativo: gravitiamo insieme intorno alle cose. Non saprei reggere la solitudine di vivere la creazione da solo. La mia scrittura e mia moglie sono due cose che non riesco a scindere”. Sua moglie ha due figli. Che ruolo si è ritagliato con loro? “Mi è sempre stata affine l’idea della paternità, intesa come cura e aiuto. Però il salto dalla teoria alla pratica è alto: ho scoperto la realtà nel suo bello inaspettato, e nel suo faticosissimo inaspettato. I ragazzi hanno un padre, io sono una figura altra, che può essere un aiuto ma anche una rottura di coglioni”» (Nucini).
Politica «Esperienze politiche? “Nessuna. In famiglia si facevano discussioni politiche, ma emotivamente non ero interessato. Come i ragazzi della mia generazione”. Ora, dice, si sta formando una coscienza politica. Alle ultime elezioni ha votato» (Polese, 2008).
Religione 1 «C’è un sospeso che dura ormai da molti anni, almeno quindici, fra me e la religione. All’inizio ero ateo, poi sono stato credente, poi non sono più stato nulla. Attendevo che qualche convinzione si producesse da sé, ma non è mai accaduto. Le diatribe sull’esistenza o meno di Dio, sulla conciliabilità fra scienza e fede, mi sembravano tutte insoddisfacenti. Idiozie, per lo più» (in un reportage dal Monte Athos, La Lettura, 9/8/2015).
Religione 2 «Lei crede in Dio? “Sì, e non saprei risponderle che così, senza aggiungere altro”» (Simonetta Sciandivasci, Il Foglio, 17/5/2020).
Vizi «Paolo Giordano si rolla una sigaretta, tabacco Golden Virginia. Arrotola “a bandiera”. Dice che “è il sistema più evoluto di rollare”, e la sigaretta viene perfetta, non bitorzoluta, storta. Perfetta, come tutte le cose che fa questo ragazzo» (Polese, 2008).
Curiosità Vive a Roma dal 2018 • Casa a San Michele Salentino, nella campagna pugliese • Maniaco del controllo • Non gli piace viaggiare. «Parto poco, amo sempre meno fare il turista: ho viaggiato solo leggendo i libri degli altri» (alla De Gregorio) • Tempi di incubazione molto lunghi. «Scrivere per quattro anni lo stesso libro non porta, almeno in alcuni momenti, a odiarlo?
”Di solito arrivo sfinito al fondo dei libri, li termino con un senso di liberazione”» (Nucini) • «Per le ricerche usa Internet? È lì che ha trovato, per esempio, l’esilarante, meticoloso corredo dell’esaltato caporalmaggiore protagonista del Corpo umano? “No, quella lista l’ho composta leggendo riviste per appassionati di cose militari. Ne compravo a pacchi, all’epoca, e il mio edicolante mi guardava strano”» (Concina) • Autori preferiti: David Foster Wallace, Raymond Carver, Michael Cunningham. Libri che detesta: Il piccolo principe e Pinocchio. «Questi bambini con messaggio non li tollero» • Film preferiti: American Beauty di Sam Mendes, La promessa dell’assassino di David Cronenberg, In questo mondo libero di Ken Loach e Il treno per Darjeeling di Wes Anderson • È stato Membro della giuria di qualità del Festival di Sanremo 2013 • Non è sui social e non gli piace andare in televisione per promuovere i suoi libri. «Amo il tempo monastico, pieno di vuoto. Non frequento i social network, ma in generale: non frequento se non gli intimi. Mi sento in questo di appartenere a un mondo antico. Preferisco il silenzio».
Titoli di coda «Ho studiato fisica all’università e mi sono specializzato in fisica delle particelle. Quello è stato il centro della mia vita per molti anni. Poi, quando ho cominciato a lavorare sul serio nella ricerca, mi sono accorto che una parte di me stava soffrendo, che non ero tagliato per un mestiere che ammettesse così poca presenza umana e sentimentale. La scrittura è stata la mia via di fuga. E di salvezza, posso dire oggi. Nel mio primo romanzo, però, ho voluto immaginare la vita che sarebbe stata se avessi continuato sulla strada della scienza. Per questo il narratore è un fisico».