4 gennaio 2021
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Biografia di Jon Voight
Jon Voight, nato a Yonkers, nello stato di New York, il 29 dicembre 1938 (82). Attore. Nome completo: Jonathan Vincent Voight • Un premio Oscar. Quattro Golden Globe. Un premio Bafa. Un premio al miglior attore al festival del cinema di Cannes • Occhi azzurri, capelli d’argento, sorriso che gli dà un’espressione sorpresa, quasi infantile • «Il nuovo Gerard Philippe» (Andrej Konchalovskij) • «È da tempo una miracolosa stella evergreen del made in Usa. Oggi è percepito dalle nuove generazioni soprattutto come papà di Angelina Jolie, ma è uno dei grandi di Hollywood, e dei più inossidabili. Antico bello a tutto schermo, quasi un Brad Pitt degli anni Sessanta-Settanta» (Mario Serenellini, la Repubblica, 20/1/2008) • «Caratterizzato da un fisico massiccio, da uno sguardo dolce e indifeso, ma al contempo acuto e spietato, ha interpretato, nella sua lunga e pluripremiata carriera, ruoli molto differenti tra loro» (Cecilia Causin, Enciclopedia del Cinema, Treccani, 2004) • Tra i suoi film: Un uomo da marciapiede (John Schlesinger, 1969), Comma 22 (Mike Nichols, 1970), Un tranquillo weekend di paura (John Boorman, 1972), Conrack (Martin Ritt, 1974), Tornando a casa (Hal Ashby, 1978), Il campione (Franco Zeffirelli, 1979), A 30 secondi dalla fine (Andrej Konćalovskij, 1985), Mission: Impossible (Brian De Palma, 1996), Anaconda (Luis Llosa, 1997), U Turn – Invasione di marcia (Oliver Stone, 1997), L’uomo della pioggia (Francis Ford Coppola, 1997), Pearl Harbor (Michael Bay, 2001), Lara Croft: Tomb Raider (Simon West, 2001), Zoolander (Ben Stiller, 2001), Alì (Michael Mann, 2001), Holes – Buchi nel deserto (Andrew Davis, 2003), The Manchurian Candidate (Jonathan Demme, 2004), Il mistero dei Templari (Jon Turteltaub, 2004), Transformers (Michael Bay, 2007), Animali fantastici e dove trovarli (David Yates, 2016). Ha recitato anche nel ruolo di Mickey Donovan nella serie Ray Donovan (CBS, 2013-2020) • Ha detto: «Un mio nonno era tedesco e un altro slovacco. Per questo ho la faccia da slavo».
Titoli di testa «Se non fosse lui stesso una celebrità, tutti penserebbero sia il padre pazzo di un’attrice. E invece, in qualche modo, riesce a far sì che tutti pensino: “Lo conosciamo, l’abbiamo visto nei suoi film, non può essere pazzo”» (Angelina Jolie, nel 2006).
Vita Nato a Yonkers: 200 mila abitanti, appena sopra il Bronx, nota solo perché Linda Lovelace e Jon Voight sono nati lì • Famiglia di immigrati. Il padre, Elmer Voight (nome originale: Elemír Vojtka) è giocatore di golf professionista. La madre, Barbara Kamp, famiglia di sarti, è nipote di Joseph P. Kamp, attivista anti-comunista. Due fratelli: Barry Voight (n. 1937) e James Wesley Voight (n. 1940) • «Le donne sono state la calamita della mia vita. Ho avuto due mogli (la prima, Laurie Peters, l’ho conosciuta nel 1961 a Broadway sulle scene del musical The Sound of Music) e innumerevoli amori. Curioso: nel cinema mi ricordate per Un uomo da marciapiede, dove sono un prostituto, ma nella vita sono un devoto esclusivo della donna. È un peccato ereditario: lo devo a mio padre cèko-americano, campione di golf, fisico atletico e sguardo leale, che del cinema faceva polpette, non perdendo mai l’occasione di parodiare qualche scena epocale. Da lui mi viene una certa inclinazione all’istrionismo, al divertissement, anche tra le lenzuola: all’Università Cattolica di Washington, dov’ero stato spedito per ricevere un’educazione esemplare, il migliore apprendistato è stato nel dormitorio delle ragazze, dov’ero di stanza ogni notte» (a Serenellini) • Scuole religiose. Diploma all’Archbishop Stepinac High School di White Plains (un collegio solo maschile, in cui recita per la prima volta) nel 1956. Laurea in arte alla Catholic University of America di Washington, D.C., nel 1960 • «Nel 1960, all’indomani della laurea, rientrò a New York dove continuò ad affinare la recitazione con Stanford Meisner alla Neighborhood Playhouse» (Causin) • Debutto: nel 1964, a Broadway, nel musical The sound of music, dove si mette in mostra anche per le sue doti canore. La classica gavetta: serie televisive, particine, spettacoli teatrali. «Nella seconda metà degli anni Sessanta V., già affermato e stimato attore teatrale (nel 1967 aveva vinto il Theatre World Award per That summer ‒ That fall di F. Gilroy, adattamento da Fedra, al fianco di Irene Papas), prese parte a vari lavori televisivi e, nel 1967, fece la sua prima apparizione sul grande schermo in Hour of the gun (L’ora delle pistole) di John Sturges e in Fearless Frank di Philp Kaufman. Il suo primo grande successo cinematografico arrivò solo due anni più tardi con Midnight cowboy (Un uomo da marciapiede) di John Schlesinger in cui recita la parte (fortemente voluta, al fianco dell’amico Dustin Hoffman) di un giovane cowboy texano che, giunto a New York convinto di fare soldi come gigolò, rimane scottato e deluso dalla dura e indifferente realtà della grande metropoli. Il cappello da cowboy sempre calcato sulla testa, le mani serrate nelle tasche, l’andatura spavalda e spaurita al contempo, oltre a caratterizzare felicemente un’intensa interpretazione che nel 1970 gli valse la sua prima nomination all’Oscar, erano destinati a imporsi con forza nella memoria degli spettatori» (Causin) • «Tra tutti i film che ho interpretato, direi che September Dawn e Un tranquillo week-end di paura, altro capitolo della nostra brutalità animale […] sono i due che meglio fanno da cassa di risonanza ai mali che oggi ci attanagliano”. E Un uomo da marciapiede? “È una gemma della mia carriera, grazie al regista e a un partner come Dustin Hoffman. Schlesinger aveva un innato sense of humour. Molti dialoghi li abbiamo improvvisati insieme sul set, tipo quello tra me e Dustin: ‘Curioso, non ti ho mai visto una volta cambiare gli slip’. ‘E tu, com’è che conquisti tutti con i tuoi abiti da cowboy? John Wayne era pederasta?’. ‘Parli come un prete...’. Sul set Schlesinger era un perfezionista, non tanto nella tecnica quanto nella sensibilità. Talvolta, davanti agli ostacoli, noi uomini miglioriamo le nostre capacità. Principio che vale più che mai sui set. I frequenti dubbi di Schlesinger avevano spinto Dustin e me a dare di più, in una sana gara a chi farà meglio. C’è una sequenza che rimane la mia preferita, non solo in questo film ma forse nella totalità di quelli che ho girato e che ho visto da spettatore: quando Dustin e io, grandi amici, ci battiamo, perché stiamo per prendere decisioni opposte. Un conflitto elementare, che diventa la scintilla, l’eruzione che illumina tutto quanto finora non era stato detto, che ciascuno aveva tenuto per sé. Un colpo di bacchetta magica ma anche un passaggio di grande complessità, costato a Schlesinger due notti insonni e incontri sfiancanti con lo sceneggiatore. Una sequenza perfetta perché scioglie in un attimo un intreccio aggrovigliato e restituisce intera, ai due personaggi, la loro personalità”» (Serenellini).
Amore Due matrimoni. Dal 1962 al 1967 con l’attrice Lauri Peters. Dal 1971 al 1976 con l’attrice Marcheline Bertrand. Da allora non ha più voluto sposarsi, ma, nel corso degli anni, è stato assieme a Linda Morand, Stacey Pickren, Rebecca De Mornay, Eileen Davidson, Barbra Streisand, Nastassja Kinski e Diana Ross • I suoi due figli, James Haven Voight (n. 1973) e Angelina Jolie Voight (n. 1975) hanno entrambi rinunciato al suo cognome.
Angelina «La faida Jolie-Voight è considerata tra le più acrimoniose nella storia del cinema. Alla stregua dei celeberrimi duelli familiari tra Demi Moore e la madre Virginia, tra Ronald Reagan e il figlio Michael e tra Julia Roberts e il fratello Eric» (Alessandra Farkas, Corriere della Sera, 19/06/2007) • Varie dichiarazioni di lei: «Per tenerlo alla larga, mi sono cambiata anche il cognome all’anagrafe» • «Non ho tempo da perdere con l’uomo che imbrogliò mia madre» • Rivelazioni dalla biografia non autorizzata della Jolie, scritta da Andrew Morton: «Voight era attratto dalle altre donne “come le falene dalla luce” e si fece beccare dalla madre, Marcheline, con una studentessa di teatro quando Angelina aveva pochi mesi. Matrimonio distrutto e bambina affidata alle baby sitter perché la madre non sopportava la somiglianza della piccola labbruta con il marito (era tanto arrabbiata che nel 2007, morendo, disse: “Non fate entrare Jon”). Secondo una delle baby sitter, una modella part time, “Angelina ha ereditato la libido dal padre” (cosa sapeva la baby sitter della libido del padre?) e cominciò presto, a 14 anni (prima dell’eroina, dell’anoressia e della passione per la raccolta di sangue in piccole fiale) a portare ragazzi in casa. La mamma era contenta, almeno poteva controllarla, e cedette ad Angelina la stanza matrimoniale col letto cinese delle nozze» (Annalena Benini, Il Foglio, 28/7/2010) • «Sulle fragilità padre-figlia, che l’han visto al centro d’una mini-soap-opera domestica […] lui preferirebbe glissare. Riassunto delle due puntate precedenti: Angelina detesta il padre per le ripetute scappatelle fatte subire alla madre adorata, l’attrice-produttrice francese Marcheline Bertrand, e il padre peggiora la situazione dichiarando in tv, anni fa, che la figlia è psicolabile, un po’ per causa sua. Terza, prossima puntata: riconciliazione, dopo la morte della madre» (Serenellini).
Politica Da sempre repubblicano. Definì Barack Obama: «Un socialista», «Un Giulio Cesare dalla retorica eloquente». Uno dei pochissimi attori di Hollywood ad aver sostenuto apertamente Trump. «Mr. Voight, com’è essere un repubblicano a Hollywood? Anzi, un Trumpiano? “Sono a Hollywood da molti decenni. Quando ero un giovane ragazzino era una città molto patriottica. Tutti i grandi attori del passato avevano combattuto nella Seconda guerra mondiale. Ora la gente pensa che gli attori siano degli eroi, ma i veri eroi sono i poliziotti e i pompieri dell’11 settembre. Quello è eroismo. Comunque io ero lì quando c’è stato questo passaggio all’anti-patriottismo e a un certo punto ci ho pensato anche io. Negli Anni 60 sono stato parte della sinistra, anche perché volevo avere successo a Hollywood e così andavano le cose. La gente che stava prendendo in mano l’industria era tutta da quella parte, era una questione di sopravvivenza. Comunque anche oggi ci sono molti conservatori in città. Non parlano molto perché il farlo non li aiuta. Tornando a Trump, quando ho detto che ero dalla sua parte ho fatto molto scalpore. Pochi hanno compreso il mio entusiasmo nell’appoggiare quest’uomo e hanno pensato che fossi un po’ fuori. Beh, lo avevano sempre un po’ sospettato, ora avevano l’evidenza!”» (Lorenzo Soria, La Stampa, 31/7/2017).
Religione Da sempre cattolico. Dopo aver interpretato Giovanni Paolo II in un film della Rai ha voluto continuare a indossare il finto anello papale indossato in scena. «Sentivo qualcosa. E mi sono detto: fermati un attimo Jon, stai indossando questo anello, dovresti sentirti diverso. Sono molto grato a questo anello, lo indosserò per il resto della mia vita».
Curiosità Alto 1 metro e 87 • Fervente sostenitore della causa sionista, ha visitato spesso Israele • Nel 2020, dopo la vittoria di Joe Biden e i ricorsi intentati da Trump per ribaltare l’esito delle elezioni, pubblicò un video su Twitter esortando i suoi seguaci a impegnarsi nella «più grande lotta dai tempi della guerra civile, una battaglia tra la giustizia e Satana» • L’anno più proficuo della sua carriera: il 1997, recitò in sei film • La parte di Franklin D. Roosevelt in Perl Harbor all’inizio fu offerta a Gene Hackman, ma lui la rifiutò perché, avendo una moglie di origini giapponese, non voleva dover dichiarare guerra al Giappone neanche sul set • Pensarono a lui per la parte di Clark Kent in Superman (1978), che poi andò a Christopher Reeve • Rifiutò la parte di Matt Hooper in Lo squalo (1975), che poi andò a Richard Dreyfuss • Unico rimpianto: non essere riuscito a entrare nel cast di Qualcuno volò sul nido del cuculo • Nel 2001 apparve al Muppet Show vestito da pollo gigante • Pare che Benedetto XVI si sia commosso guardando il suo film su Wojtyla • I suoi fratelli sono diventati famosi, anche se non come lui. Barry diventò vulcanologo, professore di geologia alla Penn State University di Filadelfia, predisse l’eruzione del 1980 del Monte Saint Helens, nello stato di Washington. James divenne cantante con lo pseudonimo di Chip Taylor (sua la canzone Wild Thing, molto di moda nel 1966, ascoltala qui) • Oggi la città di Yonkers è famosa anche perché, nel 1980, il governo federale e la National Association for the Advancement of Colored People citarono in giudizio l’amministrazione comunale per ottenere la desegregazione delle sue scuole, dando inizio a un processo che si sarebbe trascinato per 27 anni e trasformando la città in un simbolo della questione razziale negli Stati Uniti • «Qualche amore sbagliato? “Uno, con Dustin Hoffman! È successo sul set di Tootsie, dove lui è travestito da donna. Era con altre sue pari, vere. Abbiamo cominciato a parlare, non l’avevo riconosciuto: in versione femminile non era un granché, ma aveva una bella energia, uno sguardo deciso. È stato lui a un certo momento a scoprire le carte, cambiando voce di colpo: “Jon, sono Dustin!”. È lì che, a parte l’imbarazzo del momento, ho capito, o meglio, ho avuto la conferma che tra uomo e donna entra in ballo un flusso elettrico tutto speciale: anche quando la donna è un uomo...”» (Serenellini)
Titoli di coda «Un’ultima domanda su sua figlia Angelina. Avete avuto momenti difficili, come è il rapporto tra voi due di questi tempi? “Buono. Adoro i miei momenti con lei e con i suoi figli. E amo sentirla parlare”» (Soria).