1 dicembre 2020
Tags : Rocco Commisso
Biografia di Rocco Commisso
Rocco Commisso, nato a Marina di Gioiosa Ionica (Reggio Calabria) il 25 novembre 1949 (71 anni). Imprenditore. Magnate delle telecomunicazioni. Nella classifica 2020 degli uomini più ricchi del mondo della rivista Forbes era al 383° posto. Emigrato negli Stati Uniti quando aveva dodici anni. Molto conosciuto in Italia da quando, nel giugno 2019, s’è comprato la Fiorentina per una cifra stimata tra i 160 e i 170 milioni di euro • «Il classico self-made man che ce l’ha fatta a realizzare il suo sogno americano. Da una pizzeria del Bronx – quella del padre nella quale lavorava 40 ore a settimana mentre studiava – a miliardario padrone della società di tv via cavo MediaCom, oltre che della squadra di calcio dei Cosmos» (Massimo Gaggi, Corriere della Sera, 25/6/2018) • «L’italoamericano tornato nel Paese dove è nato per restituire all’Italia ciò che il calcio gli aveva dato fin da ragazzino (parole sue)» (Matteo Dovellini, la Repubblica, 6/6/2020) • «Un uomo straordinario, pacchiano e megalomane come solo i cittadini a stelle e strisce sanno essere» (Federico Brasile, Contrasti, 4/4/2020) • Ha detto: «Io sono innamorato del calcio e dell’Italia, il Paese in cui sono nato. Il basket o il football non mi sono mai piaciuti».
Titoli di testa «“Io c’ho un motto! Sai cos’è un motto, ah? Rocco non fa promesse che non può…” – mantenere! si affannano a completare giornalisti e tifosi presenti. Poi una battuta su una reporter con la camicetta a righe bianche e nere: “Ma che sei juventina, ah?”, e ancora, per arruffianarsi i tifosi presenti ma anche assenti: “Mi dicono tu non puoi andare a parlare con i tifosi, ma che sono mai ste cose?”. Così era sbarcato a Firenze il 6 giugno 2019 il presidentissimo Commisso – anzi solo Rocco, perché “ho 4500 lavoratori e non ce n’è uno che mi chiama Mr Commisso… Rocco okay?”» (Brasile).
Vita Figlio di Giuseppe Commisso, falegname. «Si era trasferito in America prima di noi, nel ’56. Era stato prigioniero di guerra in Africa e, come molti di quelli che avevano combattuto, era tornato in un’Italia senza lavoro, senza soldi, senza nulla. Dimenticato e da perdente, con una storia e una faccia simili a quelle che avrei rivisto anni dopo, negli Usa, guardando i reduci del Vietnam» (a Tommaso Labate, Corriere della Sera, 21/7/2019) • Quando ha dodici anni la madre gli dice che aveva preso un biglietto di sola andata per la Pennsylvania. «A scuola sono sempre stato bravissimo. Ma per una serie di intoppi ero stato costretto a ripetere la quinta elementare pur essendo stato promosso. Anche per questo non volevo andarci, in America, a raggiungere mio papà. “Non parlo la lingua, sono pure indietro con la scuola, laggiù penseranno che sono uno stupido”, mi ripetevo» • Il 1° aprile 1962 lo mandano per la prima volta in una scuola di Pittsburgh. «Non capisco neanche mezza parola di inglese. Quelli come me, negli Usa, di solito li iscrivevano una classe indietro. Per me era ancora più complicato, visto che già un anno l’avevo perso in Italia. Poi mio papà fa il miracolo che cambia la mia vita». Giuseppe riesce a convincere il preside che il figlio è un ragazzo molto capace, lui recupera tre anni scolastici in pochi mesi. «Se fossi rimasto indietro con gli studi, sarei stato costretto ad andare a lavorare. Invece, grazie a mio papà, mi metto in marcia» • L’anno dopo la famiglia si sposta a New York. «Anche qui, un mezzo dramma. Arrivo quando è troppo tardi per partecipare all’esame per iscriversi a una high school privata. Nel Bronx, dove abitavamo, entro in contatto con un talent scout. Inizio a suonare la fisarmonica in un teatro e lui mi propone di segnalarmi a un conservatorio. Io gli chiedo “ma scusa, perché questa lettera non la mandi al preside di una high school?”. E così entro alle superiori, caso più unico che raro, senza sostenere l’esame» • Rocco cresce nel Bronx. «Da bambino ho preso l’abitudine di alzarmi alle 5:30, per andare alle 6 ad aiutare mio fratello che gestiva una tavola calda a preparare e servire le colazioni. Poi mio fratello ha aperto la prima pizzeria a domicilio del Bronx, “Pizza Time” si chiamava, e io alle 8 andavo a scuola e nel pomeriggio tornavo in pizzeria». Piano piano impara l’inglese, ma rifiuta di cambiarsi nome in Rocky. Tifa Juventus e gioca a calcio. Gli altri ragazzini della colonia calabrese lo chiamano «pitozzu», il sasso che cade e non si spezza, perché si butta a volo d’angelo sui palloni • «È vera la storia del provino per la nazionale olimpica di calcio degli Usa? “Questa è del 1970. Pur non avendo giocato nella squadra della scuola superiore, con il calcio ottengo una borsa di studio del 50 per cento della retta alla New York University. Il problema è che non avevo l’altro 50 per cento. Il mio professore di educazione fisica mi segnala alla Columbia che, invece, mi offre una borsa che copre interamente la retta”. E il provino? “Studiavo e lavoravo, ci eravamo allenati da settembre a novembre e il provino era nella primavera successiva. Ero arrivato spompato e, diciamola tutta, non ero poi così forte a calcio. Giocavo bene per come giocavano gli americani all’epoca, non di più. E poi stavo per cominciare alla Pfizer”. L’industria farmaceutica di Brooklyn. “Esatto. Ero l’unico manager dell’azienda che entrava al lavoro alle 4 del pomeriggio e usciva a mezzanotte. La mattina facevo il master alla Columbia e poi avevo anche aperto una discoteca. Casa e discoteca nel Bronx, studi a Manhattan, lavoro a Brooklyn, fidanzata a Toronto: tutti i giorni, dalle 7 alle 2 di notte, il mio giro era quello. Dal ’62 al ’73 non ho mai fatto vacanze”» (Labate) • La sua discoteca si chiama Act III, diventa un punto di ritrovo per gli italo-americani di New York. Riesce a portare negli Stati Uniti i cantanti italiani più famosi dell’epoca: i Camaleonti, Gianni Nazzaro, i Cugini di campagna. «All’inizio mettevamo solo discomusic piuttosto veloce, ma sapete come sono gli italiani, gli piace ballare stretti alle loro fidanzate, così decidemmo di alternare, quaranta minuti di disco e venti minuti di lenti. Ho fatto sposare un sacco di gente» • Rocco è in gamba. Inizia a lavorare alla Chase Manhattan Bank, la banca di Rockfeller. «Qui, sul più bello, Commisso si sentì rivolgere il primo no razziale: gli tolsero il cliente migliore, la General Motors. Sei troppo vistoso, disse il capo, hai un nome buffo e vesti male. I capelli lunghi e neri alla Spadino di Happy Days e la camicia a punte lunghe non sarebbero mai stati un viatico per la scalata nel mondo finanziario americano. Commisso venne spostato al settore autotrasportatori, dove c’erano i “mafiosi”, gli italoamericani» (Brasile) • Un suo amico che lavora in borsa gli dice: «Rocco, sai qual è il problema? Tu non sei né ebreo né irlandese» • «Com’è diventato un magnate della tv via cavo? “Anni dopo. Alla Chase Manhattan Bank nessuno voleva avere a che fare con questi signori delle tv via cavo. Era gente con metodi spicci, che non metteva la cravatta. Io sì, divento uno specialista del settore ‘tv via cavo’. Fino a che non mi chiama uno di loro per andare a lavorare con lui. In meno di dieci anni saliamo di fatturato da 50 milioni a 550. Lui voleva fare un miliardo e ritirarsi. Infatti nel ’95 ha venduto alla Time Warner. Io no, credevo nel business e mi sono messo da solo fondando Mediacom con tutto quello che avevo”. Era una partita già vinta. “Tutt’altro. I primi investimenti li faccio con dei sistemi tv via cavo a Ridgecrest, in California. Venticinque scosse di terremoto in poco tempo. Un niente e avrei perso tutto, tutto quello che avevo costruito. Non ho rischiato, però. Semplicemente, ci credevo”» (Labate).
Calcio La passione gli è sempre rimasta. Vuole a tutti i costi lasciare il segno nel mondo del pallone. Nel tempo gli hanno offerto Sampdoria, Pescara, Palermo, Catania, Reggina. Pallotta gli chiese di entrare nella Roma • Nel 2017 salvò i Cosmos dal fallimento • Gli sarebbe piaciuto investire nella Juve, anche in posizione di minoranza. «Pensavo a un ruolo alla Gheddafi, ma gli Agnelli non hanno bisogno dei miei soldi» • «Perché non ha preso il Milan l’anno scorso? “Eravamo alle firme finali. La sera prima, mentre aspettavamo i documenti, mister Li, che non ho mai visto di persona e con cui non ho mai parlato, cambia tutto. Cambia le banche, i consulenti, gli avvocati, le clausole. Tutto. Penso, in quei giorni, che ha un’offerta migliore della mia. Però non si rivelerà così, a quello che vediamo è andato a perderci 500 milioni in un anno e mezzo. Ma magari non conosco tutta la storia”. E la Fiorentina? “C’erano stati dei contatti ancora prima del Milan, nel 2016. L’anno scorso mi chiamano degli emissari dei Della Valle. ‘Non accettiamo cifre che non abbiano il 3 davanti’, mi dicono. ‘Trecento milioni?’, chiedo io. Li ho rimandati in Italia”. E poi? “Mi ricontattano tramite Jp Morgan, la mia banca da sempre. Loro sanno (parla di sé in terza persona, ndr) come Rocco fa gli affari, quanto Rocco sia serio. Il ‘3 davanti’ scompare, chiudiamo in due settimane quasi alla metà”» (Labate, 2019).
Vita privata Sposato con Catherine, originaria di Siderno, paese della Calabria vicino al suo. Due figli, Joseph e Marisa.
Politica «Lei è un immigrato, e in Italia il tema dell’immigrazione è molto caldo. Cosa ne pensa? “Molti dei miei giocatori nel Cosmos e anche alcuni della Fiorentina, guardate Boateng, sono figli di immigrati. Non conosco bene la politica italiana, ma sono favorevole all’immigrazione purché sia legale”» (Giuseppe Calabrese e Matteo Dovellini, la Repubblica, 27/8/2019).
Curiosità Vive a Saddle River, nel New Jersey • Ha salvato dalla bancarotta la Mount Saint Michel Academy, il vecchio liceo del Bronx che gli aveva aperto le porte nel 1963 • «Si sente più italiano o più americano?
“Mettiamola così: in America mi sento italiano, in Italia mi sento americano”» (Roberto De Ponti, Corriere della Sera, 29/9/2020) • È stato fotografato assieme ai tifosi viola con una sciarpa che diceva «Juve merda» • «Il suo uomo a Firenze si chiama Joe Barone, braccio destro da quasi vent’anni in tutte le attività, Cosmos compresi. Anche lui ha dovuto attraversare l’Oceano in tenera età, a otto anni, arrivato a Brooklyn da Pozzallo (Ragusa), curiosamente lo stesso paesino da cui proveniva il primo cittadino più amato della storia di Firenze, il “sindaco santo” Giorgio La Pira. In un certo senso Barone, aiutato da una corporatura da runningback, funge anche da guardia del corpo di Commisso. A giugno il Corriere dello Sport ha raccontato un episodio a metà tra Little Italy e la commedia dell’arte. Durante una delle tante conferenze stampa il nuovo presidente aveva rassicurato i tifosi sul destino di Federico Chiesa (“Non sarà un nuovo Roberto Baggio”) e un signore aveva manifestato ad alta voce la sua indignazione: “Avete insultato la nostra famiglia!”. A quanto pare quel signore era un discendente della famiglia Pontello, proprietaria della Viola ai tempi dell’affaire-Baggio, e doveva essersi sentito punto sul vivo. Barone l’aveva affrontato fisicamente chiedendo spiegazioni, e alle rimostranze del tipo (“Siamo i Pontello, i nobili di Firenze!”) aveva risposto: “E io sono il nobile di Pozzallo”» (Pastore) • «Io non sono il nipote del nonno o il figlio di quello che sta in Cina. Io sono un nonno. E sono differente. Non sono straniero, sono italiano, conosco la lingua. Vediamo se mi accettano. Lo spero. Anche perché ho delle idee, ho ottimi rapporti con le banche di mezzo mondo e con tante grandi aziende. Potrei essere una risorsa per il calcio italiano» • «Vorrei portare il calcio italiano in America, penso a una sede distaccata della Lega calcio a New York. Dobbiamo far crescere il brand Serie A fuori dall’Italia. Dobbiamo fare marketing per poter competere con Liga, Premier o Bundesliga. Noi siamo abituati a lavorare veloci. Fast, fast, fast … Per il momento il progetto è lì, vedremo in futuro» • Ha detto che vorrebbe abbattere il vecchio Franchi e costruire un nuovo stadio con centro sportivo e centro commerciale. Obiettivo: 2 milioni di visitatori l’anno. «Io non sono venuto qui a fare i soldi, però non sono venuto nemmeno a buttarli». Stima di quanto gli costerebbe: 550 milioni. «“Per trovare qualcuno che abbia fatto a Firenze investimenti del genere bisogna tornare ai tempi dei Medici” Dovremo chiamarla Rocco il Magnifico? “Non scherziamo. Però voglio lasciare qualcosa di bello alla città”. Le Belle Arti si oppongono. “E io dico: ma secondo voi io voglio realizzare qualcosa di brutto? Io, la mia famiglia, vogliamo lasciare un bel ricordo. Le persone che vedranno lo stadio dovranno dire: quello l’ha fatto Rocco. E di sicuro non voglio lasciare qualcosa di brutto”» (De Ponti) • «Pensa a un ingresso in Borsa della Fiorentina? “No. Ci sono stato in Borsa, e grazie alla Borsa ho fatto quello che ho fatto, ma non ho intenzione di quotare la Fiorentina”» (Calabrese e Dovellini) • «Forse sarò romantico, ma vorrei che ci fossero i giocatori bandiera, come un tempo. Giocatori che vengono da noi e restano cinque, dieci anni e non che dopo tre vanno via» • «Oggi Mediacom che ha la sede principale a Chester (New York), conta 4500 dipendenti e un fatturato annuo di oltre 1,5 miliardi di dollari. Forbes attribuisce a Commisso un patrimonio personale di 4,9 miliardi di dollari» (Il Sole 24 Ore, 26/5/2019) • Dice di svegliarsi ancora alle 5.30 del mattino per lavorare.
Titoli di coda Nel 2019, subito dopo essere sbarcato a Firenze: «Tra due mesi ho 70 anni, credete che sia venuto qui a guardare? Voglio partecipare. Come? Vincendo. Datemi solo un po’ di tempo».