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 2020  novembre 01 Domenica calendario

Biografia di Marco Travaglio


Marco Travaglio, nato a Torino il 13 ottobre 1964 (56 anni). Giornalista. Opinionista. Scrittore. Dal 4 febbraio 2015, direttore del Fatto Quotidiano, giornale che ha contribuito a fondare nel 2009 e di cui è azionista • «Non nominatemelo. A sentire il suo nome mi viene l’orticaria» (Fausto Bertinotti) • «Marco dettaglio» (Giuliano Ferrara) • «Lo squadrista» (Adriano Sofri) • «Il secondino» (Filippo Facci) • «Una delle poche voci libere nel mondo dell’informazione» (Antonio Di Pietro) • Esperto di cronaca giudiziaria. Negli anni, ha scritto per tantissime testate, tra cui il Giornale, La Voce, la Repubblica, l’Espresso, Micromega e l’Unità • Premiolino per il giornalismo nel 2010 • Una certa difficoltà nel prender sonno, «sfoglia carte, recupera sentenze, rilegge verbali, e soprattutto scrive, anche fino alle quattro di mattina» (Jacopo Iacoboni) • Pubblica a raffica libri di grande successo • «Molti lo considerano un tremendo forcaiolo, un acritico giustizialista, un demonizzatore degli avversari politici che vorrebbe vedere tutti in galera. Per altri è un idolo, un coraggioso Robin Hood che combatte i ricchi e i potenti in difesa della legalità e contro la corruzione. Da quando parlò, nella trasmissione di Daniele Luttazzi, dei sospetti di rapporti mafiosi che si addensavano sul capo del leader di Forza Italia, è costantemente al centro di feroci polemiche» (Claudio Sabelli Fioretti, Sette, 9/11/2003) • «La scrittura di Travaglio è, alla lettera, questurina. E non perché la sua fonte principale sono i verbali di polizia, gli interrogatori e le intercettazioni, ma perché è quella di un moralista che fatalmente diventa immorale, dal momento che non conosce le lacerazioni della vita reale, bensì solo i codici che vorrebbero imprigionarla. Ne discende inevitabilmente un vocabolario povero e sciatto, ordinario e cupo e una prosa ferrigna e claustrofobica. Per accenderla, Travaglio è costretto a ricorrere, come i piccini, all’esplosione di miccette: “coglioni” e “dementi” e così via, spensieratamente» (Luigi Manconi, Il Foglio, 30/4/2013) • «Travaglio è di destra» (Francesco Cossiga) • «Travaglio non argomenta, mena» (Pierluigi Battista) • «Con Marco non si parla. In una discussione ha due reazioni: se è arrabbiato gira il collo a 37 gradi da un lato, tace e gli si gonfia una vena. Se non è d’accordo sorride. Non è interessato al dibattito democratico» (Luca Telese) • «Come ci si sente nei panni di un giornalista potente? “Io non sono potente. Che potere avrei, scusi?”. Quando apre bocca il Paese gorgoglia. “Allora diciamo ‘giornalista ascoltato’”. Un risvolto della stessa medaglia. “No. Il giornalista potente è quello in carriera, che ha un mercato. Io non ho alcun mercato e non ricevo mai offerte di lavoro da nessuno”. Lo dice con compiacimento. Come a sottointendere: ho la schiena dritta e questo mondo infame non fa per me. “Nessun compiacimento, è una constatazione”» (Raffaele Panizza, Magazine, 11/12/2009).
Titoli di testa «È un Grande Inquisitore, da far impallidire Vyšinskij, il bieco strumento delle purghe di Stalin. Non uccide nessuno. Col coltello. Usa un’arma molto più raffinata e non perseguibile penalmente: l’archivio. Immaginate il dossier che un simile segugio può aver compilato su Berlusconi, che a pranzo ha completamente dimenticato ciò che ha detto a colazione» (Indro Montanelli, prefazione a Il pollaio delle libertà. Detti, disdetti e contraddetti, di Marco Travaglio, Vallecchi 1995).
Vita Nato in una famiglia della piccola borghesia torinese. «Famiglia religiosa, quasi bigotta». Suo padre, geometra, è progettista di treni. «Unico stipendio in una famiglia con tre figli, tutti maschi. Io sono il primogenito». Spesso, il papà di Marco gli rifila degli schiaffoni. «Volevo sempre avere l’ultima parola» • Alle elementari è compagno di scuola di Alba Parietti. Lui: «Ci conosciamo da sempre, anche se non ci siamo frequentati perché avevamo due giri di amici diversi. Siamo nati nello stesso quartiere a poche decine di metri di distanza l’uno dall’altro». Lei: «Con Marco siamo stati anche compagni di asilo, anche se Marco ci tiene a dire che ha tre anni meno di me. E poi siamo andati anche alla stessa scuola, la Gaspare Gozzi, e frequentavamo lo stesso oratorio». Lui di nuovo: «La ricordo benissimo, girava per il quartiere con il suo cagnolino al guinzaglio, era una bellissima ragazza. Aveva sempre un vestito bianco con le frange. Noi giocavamo a calcio nel parco e cercavamo di colpirla col pallone per attirare la sua attenzione, perché se la tirava un po’». «Mi ricordo quando Alba recitava nel teatro parrocchiale, faceva il personaggio di Cecilia nella pièce L’importanza di chiamarsi Ernesto». A chi gli chiede se ci abbia mai provato con lei, Travaglio risponde: «No, lei era bellissima, ma noi non osavamo, lei era più grande: era già una donna mentre noi eravamo degli sbarbatelli che giocavamo a pallone» • Liceo classico dai salesiani al Valselice di Torino. Il motto della scuola è: «Prima buoni cittadini, poi buoni cristiani» • «Studiavo un terzo degli altri, ma ero abilissimo a menare il can per l’aia. Mi sapevo vendere quel poco che mi rimaneva in testa». «Dai Salesiani come Berlusconi. “Ma lui vendeva i compiti, che è una cosa diversa”. Che tipo di ragazzo era? “Abbastanza sulle mie, molto timido con le ragazze”» (Faillaci) • «Prime litigate con mio padre, elettore democristiano, sul mio concetto di separazione tra Stato e Chiesa, Ero troppo laico per i suoi gusti. Sulla politica filoaraba della Dc, troppo filoaraba per i miei gusti» • «A qualcuno sembrerà strano, ma sono stati i salesiani a insegnarmi che si può essere cattolici e laici allo stesso tempo» • «Ho sempre detestato il cattocomunismo, il terzomondismo, il giustificazionismo cattolico, anzi democristiano che ha rammollito le difese immunitarie e legalitarie dello Stato» • Alla maturità prende 58/60. Poi si iscrive alla facoltà di Lettere, indirizzo storico. «Mi sono appassionato fin da piccolo alla storia, soprattutto a quella risorgimentale. Il mio idolo era Camillo Benso di Cavour, lo statista che in una lettera a Urbano Rattazzi confessava il proprio imbarazzo per aver ricevuto in regalo una trota pescata in acque demaniali, dunque di proprietà pubblica. E quando il banchiere Rothschild gli prospettò una speculazione finanziaria su certi titoli ferroviari, Cavour lo diffidò bruscamente dal proporgli mai più affari che configurassero un simile conflitto d’interessi» • È negli anni dell’università che comincia a fare il giornalista. La sua prima testata è Il nostro Tempo, piccolo foglio cattolico di Torino. Suo collega è Mario Giordano «Me lo ricordo. Arrivò tutto bello grassottello da Canelli con le guanciotte bianche e rosa. Era bravo» • «Come ha conosciuto Montanelli? “Era il mio mito da sempre. A vent’anni volevo fare il giornalista solo per lavorare con lui. Molestai per mesi la sua segretaria al Giornale, finché non ottenni un appuntamento. Lui mi invitò a pranzo con Giovanni Arpino, lo scrittore. Al caffè gli consegnai i miei articoli. Non ebbi notizie per sei mesi”. E poi? “A Pasqua dell’87 mi telefonò la sua segreteria: ‘Le passo Montanelli’. Pensai fosse uno dei miei amici che mi prendeva per il culo. Invece era davvero lui: mi propose di collaborare da Torino”» (Faillaci) • Dal 1987 al 1992 Travaglio fa l’abusivo al Giornale. È vice-corrispondente da Torino. «Sono sempre stato un liberale conservatore. Quando c’erano elezioni cruciali seguivo il consiglio di Montanelli: mi tappavo il naso e votavo Dc. Altrimenti Pli o Pri. Sempre anticomunista, finché c’erano i comunisti» • «Nel ’92 Repubblica mi offrì l’assunzione: a me, che scrivendo due pezzi al giorno guadagnavo al Giornale un milione e seicentomila lire, offrivano uno stipendio da 4 milioni e mezzo. Ma io consideravo Repubblica il diavolo: ero molto anticomunista, e allora i comunisti c’erano ancora. Avevo 28 anni, mi dovevo sposare. Andai da Montanelli e gli dissi che ero pronto a rinunciare se mi avesse assunto lui per un milione e mezzo. Ribaltò l’amministrazione pur di prendermi» • Al giornale Marco si fa apprezzare. «“Montanelli fu perfino convocato da Agnelli per causa mia”.
Montanelli andò a rapporto da Agnelli?
 “Non ci andò, naturalmente. Ci mandò Federico Orlando. Cesare Romiti e Gianni Agnelli gli dissero che non dovevo più occuparmi del processo alla Fiat. Gli dissero anche che sapevano delle difficoltà di Montanelli con Berlusconi e che loro sarebbero stati felici di aiutarlo se fosse stato costretto ad andarsene”. E Montanelli? “Disse: ‘Travaglio continua a scrivere tranquillamente di Fiat’. Per correttezza debbo dire che molto elegantemente Agnelli non reagì alla cosa. Insomma non gli tolse il saluto. Montanelli era unico”» (Sabelli Fioretti) • Racconta Lino Jannuzzi: «È un mascalzone tremendo però la sua capacità di documentazione è eccezionale. Per il 90 per cento del materiale sul quale lavoro debbo ringraziare lui. Dico ai giovani giornalisti: imparate a documentarvi come si documenta questo ragazzino. Io ne sono ammirato. Se Travaglio dovesse smettere io sarei nei guai. Purtroppo si concentra su Mani pulite. Avrei bisogno che si dedicasse di più alla Sicilia, mi farebbe più comodo» • Il 26 gennaio 1994 Berlusconi annuncia la sua discesa in campo. «“Intervenne in assemblea di redazione e disse che ci sarebbero stati gli investimenti che tutti chiedevano, ma che in cambio dovevamo partecipare alla sua battaglia. Un minuto dopo Montanelli si dimise. Gli diedi una letterina di saluto: “Ti prego, non lasciarmi qui”. E lui mi portò alla Voce” Quindi la sua crociata contro Berlusconi ha origini sentimentali. “Quell’episodio mi ha aperto gli occhi. A quell’epoca erano ancora in molti a credere alla rivoluzione liberale che propagandava Berlusconi. Ma le pare che un liberale butti fuori un Montanelli perché è troppo libero?”» (Faillaci).
Vita privata «A che età la prima ragazza? “La bambina che mi piaceva quando facevo le elementari: Elisa. Mia figlia si chiama come lei in onore suo”. Sarà contenta sua moglie. “Tanto lo sa. È stato un amore platonico” Amori meno platonici? “Tre o quattro ragazze in vacanza, al mare. Ma mi sono messo con mia moglie molto presto”» (Faillaci) • Sposato con Isabella, casalinga • Due figli: Alessandro (n. 1995), rapper, e, Elisa (n. 1999) • «A dar retta ai giornali, ho avuto relazioni con tutte le ragazze di Annozero: Beatrice, Margherita, Rula [Borromeo, Granbassi, Jebreal, ndr]. Basta che ci vada insieme al ristorante. A Libero, Lele Mora ha persino detto che ho un pied-à-terre a Brescia».
Politica Nel 1996 votò per Bossi. Aveva giurato di votare chiunque avesse fatto cadere Berlusconi. «Quel giorno mi ha fatto godere» • Nel 2008 votò Di Pietro. Nel 2013 per Rivoluzione civile alla Camera e per il Movimento 5 Stelle al Senato. Nel 2018 di nuovo per i 5 Stelle • Sostenitore del no al referendum costituzionale di Renzi nel 2016 e del sì a quello dei grillini sul taglio dei parlamentari nel 2020.
Religione «Vado a messa quando posso, ma so essere anche un mangiapreti. Mi va benissimo quando parlano di fede, ma quando mi dicono per chi devo votare, quanti embrioni posso impiantare, violano il Concordato: avere privilegi fiscali comporta che da certi temi debbano astenersi».
Vizi Astemio. Fuma Camel light, ma con moderazione.
Curiosità Alto 1 metro e 75, pesa sessanta chili scarsi • «Quante querele ha preso nella vita? “Ho perso il conto. Fino a un paio di anni fa circa 250 tra cause civili e penali. Da quando sono direttore responsabile siamo credo intorno alle 300, visto che rispondo anche delle cause che fanno ai miei giornalisti”» (Selvaggia Lucarelli, Rolling Stones, 1/2017) • «Per strada la riconoscono? “Sì”. Tutti fan? “Non tutti. Qualche mese fa stavo andando al concerto di Renato Zero, sono un grande fan, e a Villa Borghese un tizio che faceva footing mi ha urlato: ‘Travaglio vaffanculo’”» (Faillaci) • Tiene per la Juventus, ma se n’è un po’ disamorato dopo lo scandalo Calciopoli e da quando la società ha iniziato a reclamare i due scudetti revocati • Gioca a tennis • «Odio i radical chic» • Fan accanito di Distretto di Polizia • Ama i cantanti pop italiani anni Settanta, la disco music, gli Abba, i Bee Gees, Gloria Gaynor. «Tutte icone gay. E prima aveva detto anche Renato Zero. “Se vuole che peggiori la mia situazione, aggiungo i Boney M. Tutte cose che si ballano, molto carine” Manca solo la Carrà. “La adoro. Soprattutto da quando, ospite da Fazio, ha detto che legge il Fatto tutte le mattine. Me la sarei baciata”» (Faillaci).
Titoli di coda «Certo, per un direttore di giornale, avere sottomano un Travaglio, che su qualsiasi protagonista, comprimario e figurante della vita politica italiana è pronto a fornirti su due piedi una istruttoria rifinita nel minimo dettaglio è un bel conforto. Ma anche una bella inquietudine. Il giorno in cui gli chiesi se in quel suo archivio, in cui non consente a nessuno di ficcare il naso, ci fosse anche un fascicolo intitolato al mio nome, Marco cambiò discorso» (Montanelli).