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 2020  novembre 01 Domenica calendario

Biografia di Piercamillo Davigo


Piercamillo Davigo, nato a Candia Lomellina, in provincia di Pavia, il 20 ottobre 1950 (70 anni). Magistrato. Uno dei più famosi d’Italia • «Piaccia o no, un simbolo degli ultimi trent’anni della storia della Repubblica» (Elisa Chiari, Famiglia Cristiana, 16/10/2020) • Già sostituto procuratore a Milano durante gli anni di Mani Pulite. Già consigliere della Corte d’Appello di Milano. Già presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati (dal 2016 al 2017). Presidente della seconda sezione penale della Suprema Corte di Cassazione (dal 2016). Membro togato del Consiglio superiore della Magistratura (dal 2018) • «Il celebre inquisitore» (Giancarlo Perna, La Verità, 14/3/2019) • «L’eroe di Tangentopoli» (Giuseppe Salvaggiulo, La Stampa, 14/10/2020) • Definito da Matteo Renzi «un khomeinista giudiziario» • «Non si è mai capito perché abbiano iniziato a chiamarlo “Dottor Sottile”, una locuzione usata già in età medievale – si pensi al doctor subtilis Duns Scoto – per indicare filosofi e giuristi specializzati in argomentazioni sofisticate e anche un po’ bizantine. Davigo, in vita sua, per il sottile non ci è mai andato: al cesello ha sempre preferito l’accetta» (Il Foglio, 22/2/2019) • Già membro di Magistratura indipendente (Mi), la più antica delle correnti interne dell’Anm, ne uscì nel febbraio 2015 per fondare Autonomia e indipendenza assieme a un gruppo di colleghi, che lo elessero presidente • «Non è come formazione un magistrato di sinistra. Non è un ambizioso carrierista politico. Non è mai stato in ballo come portabandiera, come parlamentare, come sindaco, come ministro, come capo partito. In questi lunghi anni sono stati altri a gridare il loro “resistere resistere resistere”, altri a imbrancarsi nei gruppi parlamentari, altri a proporsi come ministri e leader più o meno telegenici, altri a correre da sindaco o a organizzare partiti. Mentre i Di Pietro, gli Ingroia, i De Magistris e numerosi apparentati giravano sulla giostra, il dottor Davigo compiva la sua carriera professionale di vincitore di concorso» (Giuliano Ferrara, Il Foglio, 10/4/2012) • «Ci sono politici e magistrati che hanno cambiato più idee che calzini, leader che lasciano sventolare le proprie opinioni al vento volubile dei sondaggi e compulsatori frenetici di tastiere che si contraddicono nel giro di un tweet. Di Davigo, invece, si sa sempre che cosa pensa, forse perché pensa sempre la stessa cosa. Dicono che solo gli stupidi non cambino mai opinione, ma ogni regola ha la sua eccezione e Davigo non è affatto uno stupido» (Massimo Gramellini, Corriere della Sera, 1/6/2017) • «Gli avvocati non lo amano, perché li ha accusati di essere una delle cause della lunghezza dei processi: “In Italia ce ne sono troppi, aumentano la conflittualità: per ridurre i processi bisogna ridurre gli avvocati”. Però lo temono, almeno secondo il dialogo tra un cliente e il suo difensore rivelato da una intercettazione telefonica: nel prendere accordi per la parcella, il legale chiedeva all’assistito chi fosse il pm che lo aveva messo sotto indagine. “Davigo”, rispondeva il cliente. E l’avvocato: “Allora voglio il doppio”» (Gianni Barbacetto, Il Fatto Quotidiano, 12/7/2018) • Ha detto: «Se appaiono mie frasi su un giornale, sono pronto a smentirle fin da ora».
Titoli di testa «Del pool Mani pulite è la mente indiscussa e il pm con l’ufficio meglio tenuto, nel cui ordine spiccano una boccetta di Acqua Velva e una cartellina titolata “Per una vecchiaia serena”. La cartellina è il terrore dei giornalisti: in essa sono contenute le decine di querele per diffamazione intentate dal magistrato. Le sue querele sono le più gustose. Un quotidiano è stato querelato per aver informato i lettori che Piercamillo è soprannominato Piercavillo. Un malaugurato refuso (“Pircavillo”) è stato considerato dal sostituto procuratore un’aggravante» (Pietrangelo Buttafuoco, Dizionario dei nuovi italiani illustri e meschini, Il Foglio, 10/10/1998).
Vita Lombardo del pavese. Bravo figlio di una famiglia perbene. Padre rappresentante. Mamma impiegata. Il nonno materno era segretario comunale • In prima elementare, secondo giorno di scuola, il piccolo Piercamillo è traumatizzato. Il maestro dice alla classe: «In Italia l’istruzione è obbligatoria per almeno otto anni, questo significa che potete fare otto volte la prima elementare. Come accade a lui». Poi fa alzare un ragazzo altissimo, bocciato cinque volte. Racconta Davigo: «Questa storia mi levò il sonno: pensavo al mio triste futuro, otto volte in prima elementare. La scuola dei miei tempi era irragionevolmente autoritaria». «Non farà l’elogio dell’anarchia? “Una cosa che mi ha colpito nel Piccolo principe di Saint-Exupéry è quando il re spiega al piccolo principe che l’autorità riposa soprattutto sulla ragione. Se ordini al tuo popolo di andare ad affogarsi in mare, farà la rivoluzione» (Silvia Truzzi, Il Fatto Quotidiano, 2/11/2014) • Liceale nel 1968, quando il ministro della Pubblica istruzione autorizza le assemblee studentesche. «Il preside rispose così alle nostre richieste: non se ne parla neanche. Un professore, con cui ci lamentavamo del diritto negato, ci disse che era giusto. Noi ci indignammo: “Ma è un nostro diritto!”. E lui: “Diritto? Se io vado dal sarto con una stoffa per fare un vestito, il sarto ha dei diritti, io anche, ma la stoffa no. I vostri genitori vi hanno mandato qui per prendere la maturità: loro hanno dei diritti, noi abbiamo diritti. Voi siete la stoffa”» • «È vero che ha preso 7 in condotta? “Io ero molto vivace, però allora la disciplina era di ferro”» (Truzzi) • Universitario negli anni della contestazione. «Mi facevo dare i volantini: su di me non avevano effetto, ma almeno ne toglievo un po’ dalla circolazione. Chiedevo: posso averne altri?». Laurea in Legge a Genova, poi in Scienze politiche a Torino. «Perché due lauree? “I giuristi non hanno nessuna preparazione nelle scienze sociali e questo significa che in genere non capiscono i fenomeni sottostanti alle norme. Mentre Giurisprudenza qualcosa che sia suscettibile d’immediata applicazione t’insegna, Scienze politiche serve a poco da un punto di vista pratico, molto da un punto di vista culturale”» (Truzzi) • Servizio militare come ufficiale. «Ci sono punti in comune tra il magistrato e il militare, l’uno e l’altro sono al servizio dello Stato ed entrambi usano la forza» • Primo lavoro: in Confindustria, a Torino, si occupa di relazioni sindacali all’Unione industriale. «Stavo dalla parte del padrone, perciò, quando sento parlare di “toghe rosse”, mi viene da sorridere». «Una volta, dopo una dura trattativa, apparve sul muro di una fabbrica: “Davigo fascista, sei il primo della lista”. Non era vita. Si buttò sui libri, perse qualche diottria, inforcò gli occhiali e vinse il concorso in magistratura» (Perna) • In servizio dal 1978. Prima sede: Vigevano. «Eravamo in sei magistrati, sette con il presidente». Primo caso importante: l’ufficio Iva di Pavia. Su trenta impiegati ne vengono arrestati ventinove, con l’accusa di corruzione. Lui è giudice istruttore. «“Dovevo interrogare tutti questi qui, far tornare i conti delle mazzette, che non tornano mai perché se li dividono e ognuno deruba gli altri. Andai a interrogare il mio primo imputato di corruzione. Un giovane funzionario che aveva già confessato di aver ricevuto denaro in quattro occasioni, la prima volta 250mila lire. Mentre lo aspettavo cercavo d’immaginarmelo: quasi la stessa età, avrebbe potuto essere un mio compagno di università o di serate in discoteca” Scusi, lei andava in discoteca? “Sì, certo, e ballavo anche” Torniamo al suo primo corrotto. “L’unica domanda che gli feci fu: come fa un ragazzo di 27 anni a vendersi per 250 mila lire? È un’età in cui bisognerebbe essere pieni di entusiasmo, di ideali… Lui rimase un po’ in silenzio e poi mi disse: ‘Lei non può capire, perché fa parte di un mondo dove essere onesto o disonesto dipende soltanto da lei. Io dopo qualche giorno che ero arrivato lì ho capito, non solo che rubavano tutti, ma anche che non sarebbe stato tollerato un comportamento differente: sarebbe stato un pericolo per gli altri. Quando il mio superiore mi ha messo in mano i soldi la prima volta, ho temuto che se non li avessi presi mi avrebbero cacciato. E non ho avuto il coraggio che ci voleva per essere onesto. Lei non lo può capire perché a lei questo coraggio non è richiesto’. Questa risposta me la sono portata dietro per tutta la mia vita professionale. A oggi non è mi è mai capitato che qualcuno mi offrisse dei soldi” Solo un matto potrebbe pensare di offrire a lei del denaro. “Vabbè adesso perché sono famigerato, ma non lo sono sempre stato”» (Truzzi) • Davigo fa carriera. Diventa «uno dei più brillanti e pungenti esponenti della Procura di Milano» (Sergio Romano). Il 23 maggio 1992, sollecitato da Gerardo D’Ambrosio, entra nel pool di Mani Pulite: «Lo ammetto con un po’ di vergogna. Pensai: “Qui si passano un sacco di guai”. Ma il giorno in cui dovevo dare la mia risposta ci fu la strage di Capaci, e mi pentii moltissimo di aver pensato di dire di no» • «Nacque un’alleanza tra opposti: Di Pietro fu soprannominato il “troglodita”, Davigo il “dottor sottile”. Fecero squadra, cooptando il pm Gherardo Colombo. Il trio si divise i compiti: Di Pietro interrogava impaurendo gli imputati con urlacci, l’occhialuto Colombo compulsava le scartoffie, il più tecnico Davigo vergava richieste di carcerazione, rifiuti di scarcerazione, prolungamenti di carcerazione. Talvolta si scambiavano i ruoli. Quando interrogarono il dc Enzo Carra, Di Pietro si tenne in ombra e Davigo recitò la sua parte, roteando gli occhi e sbattendo a terra un codice, prima di ammanettarlo. Ci vorrebbe un libro per raccontare quante avventure hanno passato insieme e quante polemiche hanno intrecciato con la politica e la stampa sull’uso esagerato della carcerazione preventiva» (Perna) • Per anni è oggetto di attacchi furibondi: «Dal ’93 al ’98 ho sporto più di ottanta querele. Nessuna prima e nessuna dopo. Prima ero buono, poi cattivissimo e poi sono tornato buono? Evidentemente ero oggetto di attacchi furiosi per i processi che facevo. Ricordo una trasmissione in cui si sosteneva che io ricattavo il presidente di una sezione del tribunale di Milano per far condannare degli imputati. Sullo sfondo un quadro con due maiali in toga abbracciati e un coltello insanguinato» (da un’intervista a Claudio Sabelli Fioretti) • Viene definito «la mente» dell’inchiesta su Tangentopoli. Il giornalista Maurizio Tortorella lo descrive come «il più ruvido fra i magistrati del pool». Gli attribuiscono l’intenzione di voler «ribaltare l’Italia come un calzino». «Non l’ho detto io. Lo disse Giuliano Ferrara. Il quale poi ebbe l’impudenza di sostenere che l’avevo detto io. È finita con una querela» • «Passammo subito per toghe rosse poi per toghe nere, poi dissero che eravamo pagati dalla Cia, poi che eravamo comunisti e avevamo risparmiato il Pci. In pratica avremmo salvato il Pci coi soldi della Cia» • «Nel 1994, si disse che Ignazio La Russa avesse insistito per farlo Guardasigilli del primo governo di Silvio Berlusconi. Davigo è considerato di destra e le falene politiche gli hanno spesso girato attorno. Ma ha sempre rifiutato le avances, ripetendo che preferiva la toga al Palazzo. Non è di quelli che fanno la grancassa con le loro inchieste per finire in tv ed entrare in politica. Altra pasta, insomma, dai Pietro Grasso, Luigi De Magistris e, soprattutto, Totò Di Pietro» (Perna) • «È stato quando Piercamillo Davigo è diventato presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, per un anno, nell’aprile 2016, all’epoca in cui la giunta decise per quattro presidenti in quattro anni a rotazione, che il magistrato Davigo è diventato il “personaggio” Davigo. Un rischio calcolato: tra le ragioni per cui fu scelto, dato che al presidente tocca anche il ruolo pubblico di portavoce, c’era l’abilità comunicativa: Davigo è un battutista fenomenale, capace di esprimere concetti con una chiarezza feroce anche se, va da sé, talvolta un po’ troppo tranchant, un’inclinazione che torna utile quando sorge l’esigenza di “combattere” nell’arena televisiva senza provare disagio […] In quei frangenti la lingua tagliente, non da tutti amata, da alcuni anche giudicata forcaiola e biforcuta, viene alla bisogna, anche se in questi anni certe posizioni, un po’ massimaliste o con massimalismo espresse, hanno rischiato di oscurare agli occhi del mondo la professionalità di un magistrato, invece, molto preparato, rigoroso, operoso e corretto nelle aule di giustizia […] Con Gherardo Colombo, con cui le visioni di giustizia divergono, ha scritto un bel libro che si intitola La tua giustizia non è la mia, in cui l’ex magistrato che non crede più nel carcere e il giudice che lo ritiene ancora una triste ma ineluttabile necessità si sono confrontati con garbo, intelligenza e ironia sulle rispettive divergenze, nelle quali il punto di vista di Davigo si potrebbe sintetizzare brutalmente così: “Tu credi nell’educazione ed è bello, ma intanto che tu educhi la società a stare alle regole, io con uno che delinque, nel frattempo, che cosa faccio?”» (Chiari).
Frasi «All’estero ci vuole coraggio per commettere un reato, in Italia ci vuole coraggio a rimanere onesti» • «I magistrati vengono sottoposti a procedimento penale da altri magistrati; in Parlamento in genere si perdonano vicendevolmente» • «Io non mi occupo di politica, solo di politici quando rubano» • «La classe dirigente, quando delinque, fa più danni dei criminali di strada» • «Non hanno smesso di rubare, hanno smesso di vergognarsi: oggi rivendicano con sfrontatezza quello che ieri facevano di nascosto» • «Se invito a cena il mio vicino di casa e lo vedo uscire con la mia argenteria nelle tasche, non devo aspettare la sentenza della Cassazione per non invitarlo di nuovo» • «Ancora: se il mio vicino di casa è stato condannato in primo grado per pedofilia, io in omaggio alla presunta innocenza gli affido mia figlia di sei anni? No! Perché la giustizia è una virtù cardinale, ma anche la prudenza è una virtù cardinale».
Barzellette «Un giovane magistrato fresco di assegnazione scoprì di avere 800 processi pendenti. E si preoccupò. Passato qualche giorno ebbe modo di accertare che in realtà le cause sospese erano 15 mila e si rasserenò. Capì immediatamente che a quel punto il problema non era più suo».
Paradossi «Fino a poco tempo fa eravamo l’unico Paese al mondo dove una procedura di separazione o divorzio aveva una durata maggiore della pena da espiare per la soppressione del coniuge» (guarda qui il video in cui racconta la storiella).
Politica «Se gli si chiede se è un magistrato “grillino” sbuffa e risponde: “Mi pare di aver dato sufficienti prove di indipendenza da chiunque durante la mia vita professionale”» (Liana Milella, la Repubblica, 11/5/2018).
Curiosità «Sono stato a casa sua e mi ha colpito la sua (dignitosissima) modestia: buon segno» (Gad Lerner) • Sui suoi biglietti da visita c’è scritto: «Il sì sia sì, il no sia no» • Soprannominato Davinomics per «le lucide analisi economiche che egli ama illustrare alle cene del Lyon’s» (Buttafuoco) • «Rifiuta commenti sui colleghi, qualsiasi accusa gli facciano» (Milella) • Pensa che in Italia ci siano troppi avvocati e troppo pochi ingegneri. «Proporrei modestamente di portare il corso di laurea in giurisprudenza a sei anni. In più al primo anno metterei l’esame di analisi matematica, in modo che qualche matricola possa rivedere in tempo la sua scelta e iscriversi a ingegneria» • Nell’ottobre 2020, avvicinandosi il suo 70° compleanno, e quindi l’età della pensione, ma scadendo i quattro anni del suo mandato di membro del Csm soltanto nel 2022, ci si chiese: può un ex magistrato rappresentare i magistrati nel loro supremo organo di governo? L’avvocatura dello Stato diede parere negativo, il suo mandato finì con due anni di anticipo • «Stare dalla parte dello Stato è un bello stare. Vuol dire sentirsi dalla parte giusta: le è mai capitato di avere un dubbio? “Non è affatto un bello stare, perché lo Stato dovresti averlo sempre dietro le spalle e qualche volta non accade”» (Truzzi) • «Citando Prendi i soldi e scappa di Woody Allen, lei sostiene che “alla lunga il delitto rende bene... è un buon lavoro”. Davvero gli italiani sono così? Non è una generalizzazione? “Non penso affatto che tutti gli italiani vivano così. C’è un dato inoppugnabile, il nostro sistema penale è inefficace. Da lontano fa paura, ma svolge solo la funzione dello spaventapasseri, in realtà è innocuo. Con una pena fino a quattro anni non si va in galera. E per essere puniti fino a quattro anni già si deve commettere un reato di una certa gravità. Allora tanto vale dire che la repressione penale non serve. Chiudiamo i tribunali. Ma dobbiamo chiederci perché negli altri Paesi le stesse regole funzionano. Non mi pare di esporre tesi forcaiole, ma solo di fare affermazioni di buon senso”» (Milella).
Titoli di coda «Alla domanda su cosa sarebbe il “populismo giudiziario” risponde: “Io non lo so... provi a chiederlo a chi ne parla....”» (ibidem).