Anteprima, 1 ottobre 2020
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Biografia di Vittorio Mathieu
Vittorio Mathieu (1923-2020) «“Sono un plotiniano a tempo pieno che ama giocare a bridge”. Con questa auto definizione scherzosa Vittorio Mathieu, il filosofo scomparso ieri a 96 anni nella sua villa di campagna nel Torinese, ci aveva lasciato un piccolo ritratto veritiero dello studioso che sfidava la modernità e il materialismo ormai imperversante contemplando le emanazioni dell’Uno di Plotino che “irradia come la luce del sole splendente intorno a se stesso” l’anima e la bruta materia; il migliore dei mondi possibili e l’armonia prestabilita di Leibniz (autore culto di un’intera vita); lo slancio vitale presente nel creato di Henri Bergson. E capace contemporaneamente di calarsi appieno nella vita politica del nostro Paese con rara influenza ed efficacia pratica, come in quel fatidico 1996 quando fu tra i fondatori di Forza Italia insieme al politologo Giuliano Urbani e ai filosofi Lucio Colletti e Marcello Pera, poi Presidente del Senato, mentre lui perse il seggio del collegio di Settimo Torinese dove era candidato per il mancato sostegno dell’allora Lega Nord.
Nonostante quella sconfitta rimase influente e autorevole consigliere, fondò la Fondazione Ideazione e il suo nome tornò in ballo nel 2005 per la presidenza della Rai. Marcello Pera oltre ad esprimere un dolore personale ricorda così lo studioso: “Mathieu era un maestro, un’autorità mondiale nel campo degli studi su Kant e Leibniz ed era un filosofo originale, con un suo pensiero, non solo un autorevole professore di filosofia”.
Con 400 pubblicazioni all’attivo, ancor prima dell’avventura politica, Mathieu era stato uno dei principali accademici dell’università di Torino, vicepresidente del consiglio esecutivo dell’Unesco, membro del Comitato Nazionale di Bioetica e dal 1987 socio dell’Accademia dei Lincei e della Accademia delle Scienze di Torino. Non ultimo, dal 1994 al 1997 è stato il rappresentante italiano nella Commissione contro il razzismo e la xenofobia istituita al vertice di Corfù dell’Unione Europea, mostrandosi alfiere di una destra moderna e aperta all’integrazione.
Non poteva essere altrimenti per un filosofo che aveva eletto sin da subito Kant tra i suoi riferimenti irrinunciabili tanto che, quando venne minacciato dalle Brigate Rosse, era riuscito a ottenere una sorta di timore reverenziale da parte degli studenti contestatori che su un muro scrissero “Mathieu Kant che ti passa”.
Ma Kant era soprattutto il filosofo che permetteva di concepire i rapporti tra scienza e filosofia in maniera adeguata potendo così ricercare in filosofi spiritualisti come Leibniz e Bergson, e poi nell’ermeneutica, le vie d’uscita praticabili di una filosofia che volesse andare oltre il semplicistico materialismo della scienza. Con Leibniz c’era stata una identificazione anche esistenziale.
All’inizio della sua introduzione per la famosa collana sui filosofi di Laterza su cui si sono formate generazioni di studenti, Mathieu ricordava come l’interesse manifestato dal giovanissimo Leibniz per il sapere “non fu mai disgiunto dal proposito di migliorare, mediante il sapere, la vita dell’uomo. Non fu neppure rivolto, d’altro canto, ad un sapere veramente pragmatico e strumentale, appunto perché solo uno studio disinteressato avrebbe potuto, per lui, condurre alla conoscenza di quelle verità fondamentali da cui tutte le applicazioni teoriche e pratiche discendono”. Forse questa precisazione nasconde un rispecchiamento particolare che di rimando ci fa comprendere il perché di molte scelte e di molte azioni compiute dall’intellettuale e dal politico Vittorio Mathieu.
Simile al Leibniz che frequentava la residenza del principe elettore di Magonza, sottoponeva a Luigi XIV piani per campagne militari ed era in dialettica costante con la regina di Prussia, così Mathieu non ha disdegnato di essere un filosofo vicino ai potenti nel tentativo di dare loro prospettive illuminate per migliorare in qualche modo la vita dell’uomo.
Consapevole che c’è qualcosa oltre tutto questo: la realtà integrale che emerge dal recente Trattato di ontologia pubblicato per Mimesis dal mondo delle qualità arcane e del mefistofelico esplorato nello splendido Goethe e il suo diavolo custode (2002, Adelphi); l’orfico e il Dio di Rilke; il mistero del silenzio e dell’ascolto che gli fece scrivere «Grande è la potenza significante di ciò che non significa nulla, perché è il nulla a far emergere l’essere delle cose. E la musica e la luce si situano proprio in questo iato insuperabile fra l’essere e il nulla» [Velardi, Mess].