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 2020  ottobre 04 Domenica calendario

Biografia di Anna Lou Leibovitz


Anna Lou Leibovitz, nata a Waterbury, Connecticut, il 2 ottobre 1939 (71 anni) • Detta «Annie» • «La fotografa forse più brava in circolazione, certamente tra le più note e pagate» (Egle Santolini, La Stampa, 7/9/2016) • «Nota per l’attenzione maniacale al dettaglio, e l’abitudine a creare complicità con il soggetto da ritrarre» (Stefano Montefiori, Corriere della Sera, 2/11/2007) • «Lontanissima anni luce dallo stereotipo della star volubile e esigente: camicetta e pantaloni neri, scarpe basse, capelli grigi lunghi, occhiali dalla montatura nera e un sorriso in certi momenti disarmante» (Stefano Bucci, Corriere della Sera, 6/9/2016) • «Non si esagera dicendo che Annie Leibovitz è una leggenda vivente. Nessun’altra fotografa ha avuto una simile influenza sulla visione del ventesimo secolo» (Sven Schumann, L’Espresso, 19/3/2009) • Pubblicò i suoi primi scatti nel 1970 sulla rivista Rolling Stones. Ha lavorato per Time, Newsweek, Life, Vogue e Vanity Fair • «Non c’è personalità politica, dello spettacolo o dello sport che non sia passata davanti al suo obiettivo» (Riccardo Romani, Corriere della Sera, 6/1/2010) • Nota anche per essere stata la compagna di Susan Sontag (1933-2004), una delle più influenti intellettuali americane della sua epoca, autrice di diciassette libri, femminista, impegnata nell’arte e nelle battaglie a favore dei diritti umani • «È l’unica vedova lesbica che riesca a far notizia. Per fare mente locale: è lei l’autrice delle foto di Demi Moore nuda e incintissima, di Whoopi Goldberg nera a bagno nel latte, della regina Elisabetta, di chiunque. Snobbata dalla critica alta; apprezzatissima dal pubblico medio; sicuramente fotografa che ha fatto epoca, ha reso quasi simpatici, quasi disneyani moltissimi personaggi antipatici e a volte importanti. Lei è la stessa che nella sua mostra A Photograph’s Life ha affiancato foto di divette scosciate a immagini della sua Susan ridotta malissimo a fine vita» (Maria Laura Rodotà, Corriere della Sera, 5/3/2009) • Ha detto: «Quando dico che voglio fotografare qualcuno in realtà voglio conoscerlo, scoprirne la personalità».
Titoli di testa «La fotografia: un rifugio di tutti i pittori mancati, scarsamente dotati o troppo pigri per compiere i loro studi» (Charles Baudelaire).
Vita «Sono la terza di sei figli. Deve essere per questo che quando parlo tendo ad alzare troppo la voce» • La loro è una famiglia di ebrei mitteleuropei, emigrati in America da un paio di generazioni. Suo padre, Samuel Leibovitz, è un militare. Sua madre, Marilyn, insegnante di danza • «Ogni due o tre anni eravamo costretti a spostarci con la nostra station wagon per seguire papà, ufficiale d’aviazione. Durante i vari pellegrinaggi mamma, patita di storia, ci faceva fermare a visitare tutti i cippi, le targhe e i monumenti d’interesse storico lungo il cammino» (ad Alessandra Farkas, La Lettura, 29/1/2012) • «Sono cresciuta con una madre che faceva sempre foto alla famiglia, e quello ha rappresentato per me l’inizio dell’ispirazione» (a Schumann) • A diciassette anni, mentre i suoi sono nelle Filippine, Annie va a studiare arte a San Francisco. Vuole fare la pittrice. Presto però si rende conto di preferire la fotografia a ogni altra disciplina. «Nel 1967 e nel 1968 mi sembrava che fosse l’ambiente della fotografia quello in cui c’era un maggior senso della comunità» • «Manda due o tre scatti a Rolling Stone, che ha appena cominciato a uscire, e viene chiamata a lavorare: “A quel tempo Rolling Stone era un rag”, ha detto, “una specie di tabloid di serie b”. Tra un pezzo e l’altro di Lester Bangs o di Hunter S. Thompson, Leibovitz si esercita con i ritratti: “All’epoca non davo peso al concetto di profondità. Mi limitavo a prendere i soggetti e a sbatterli contro un muro, o a buttarli per terra”» (Valentina Della Seta, Studio, 9/11/2016) • A vent’anni va in un kibbutz israeliano per lavorare in una missione archeologica, poi torna in America e comincia a fotografare a tempo pieno per la rivista • Racconta lei: «Per una giovane che, strano a credersi, era piuttosto timida e poco socievole, è stato uno stimolo a uscire. Vai in giro con la tua macchina fotografica e sei parte del mondo» (a Schumann) • La sua ambizione è diventare come Diane Arbus, famosa fotografa americana. «Ma non ne avevo il carattere: sono troppo soft» (alla Santolini) • Nel 1972 incrocia i Rolling Stones, il gruppo, non la rivista, e quelli, nel 1975, la scelgono come fotografa ufficiale di una loro tournée • Scatta un ritratto molto famoso di Mick Jagger appena uscito dalla doccia, in accappatoio e asciugamano a turbante sulla testa, dentro il vano di un ascensore • «Nell’ottobre del 1980, quando è ormai a capo del reparto fotografia, va da John Lennon per una copertina. Lei lo vorrebbe da solo, lui insiste che ci deve essere anche Yoko Ono. Ne viene fuori una delle foto più famose del Novecento: Yoko Ono è vestita e ha addosso il rampicante Lennon, nudo, bianco come un feto troppo cresciuto o un Alien sbaciucchione: “È un’immagine molto strana, e sapere che Lennon fu ucciso quello stesso giorno ne cambia totalmente il senso”» (Della Seta) • La foto diventa famosissima e Annie con lei • Sembra che abbia un tocco magico. «Perfezionismo ossessivo: centinaia di scatti, prove e riprove prima del risultato che la soddisfi. Grandeur hollywoodiana e costosissima di molti suoi set, quasi mai in studio e sempre più spesso pieni di accessori bizzarri e introvabili, piogge e nevi artificiali, animali esotici (per non dire delle decine di galloni di latte tiepido in cui fece nuotare Whoopi Goldberg). Sfrontata sicurezza dei suoi giudizi estetici: sfidò il delitto di lesa maestà chiedendo alla regina Elisabetta di togliersi la corona perché la trovava troppo dressed up, troppo formale. Tirannia implacabile delle sue sedute, interminabili fino allo sfinimento: chiedere ad Arnold Schwarzenegger, lasciato semi-assiderare in t-shirt per ore sulle cime nevose dell’Idaho» (Michele Smargiassi, la Repubblica, 4/10/2009).
Amore Annie e Susan s’incontrano nel 1989, all’apice delle rispettive carriere. Annie deve scattare il ritratto che finirà sulla controcopertina di L’Aids e le sue metafore • La Sontag nel 1977 ha scritto un saggio Sulla fotografia. Ha detto che la società contemporanea è «alimentata dal consumismo estetico, incluso quello della celebrity culture, dei rotocalchi, delle scemenze pop». Ha scritto che la fotografia è «qualcosa che, a furia di mostrare, desensibilizzava le persone su orrori schifezze e tragedie; ma anche come memento mori, perché fare una foto vuol dire partecipare alla mutevolezza, alla vulnerabilità, alla mortalità di un’altra persona» • «Sontag è mancata prima di vedere i milioni di foto taggate su Facebook, forse si sarebbe arresa, chissà» (Rodotà) • «Opposte, s’attrassero di colpo: la fotografa jet-set dei divi e la saggista radical del Greenwich Village, la donna delle immagini e quella delle parole; le dividevano sedici anni e due mondi. Sontag disse: “Sei brava, ma puoi fare di meglio”. E Leibovitz incredibilmente non s’arrabbiò. Vissero in simbiosi affettiva e intellettuale per un quindicennio» (Smargiassi) • «La nostra era una passione non convenzionale. Eravamo due persone che si aiutavano l’una con l’altra» • «Parole come compagna o partner non facevano parte del nostro vocabolario» • «Chiamateci amanti. “Amanti” mi piace, suona romantico. Voglio essere chiara: amo Susan, non ho problemi a dirlo» • Vivono a New York, sull’undicesima strada, in due appartamenti separati uno di fronte all’altro, poi comprano una casa a Parigi, vista Senna • «Sontag usò il suo potere per aiutare Leibovitz: fu una sua telefonata a convincere Tina Brown a pubblicare la controversa foto di Demi Moore incinta sulla copertina di Vanity Fair. Erano sempre insieme: a teatro, alle mostre, al ristorante. Ma il loro era un rapporto non esclusivo: Sontag frequentava altri uomini e donne. Gli anni Novanta furono i più intensi insieme: viaggiarono in Giordania, in Egitto, in Italia, in Giappone. Andarono a vivere in una pittoresca proprietà sul fiume Hudson. Poi, a 65 anni, a Sontag fu diagnosticato un raro sarcoma uterino, malattia che Susan incoraggiò Annie a documentare» (Viviana Mazza, Corriere della Sera, 21/8/2014) • Annie perde sia Susan sia il proprio padre nel giro di sei settimane. «Quasi in trance», tra le lacrime, li fotografa entrambi sul letto di morte. «Sapevo solo che dovevo farlo. Non puoi mai smettere di essere fotografa».
Figlie Sarah (n. 2001), nata grazie alla fecondazione assistita quando lei aveva già 51 anni. Parto cesareo. Persino allora l’anestesista non le impedisce di sollevare la Leica sopra il telo del chirurgo • Susan e Samuelle (n. 2005), due gemelle, avute con l’utero in affitto. «La prima cosa che vorrei per loro è che fossero felici; mi piace scoprire come ognuna sia diversa dall’altra, ad una piacciono ad esempio gli abiti rosa da principessa, all’altra i jeans strappati. Essere genitori, comunque, non è mai facile» (a Bucci).
Soldi Erede delle numerose proprietà della Sontag, ma, non essendo le unioni gay previste nella legislazione americana di allora, dovette pagarci sopra una tassa di successione del cinquanta per cento. «Di questa bega ereditaria in America si discute sui siti gaylesbo come su quelli di fotografia. Se ne parla in modo pragmatico; c’è chi si stupisce perché la moribonda Sontag non ha venduto tutto a Leibovitz per un dollaro, chi obietta che Leibovitz avrebbe comunque dovuto pagare tasse sul valore reale; e altre amenità» (Rodotà, 2009) • Nonostante gli enormi guadagni - un suo ritratto può costare dai 50 ai 100 mila dollari - il suo stile di vita dispendioso la mise nei guai. È stata indebitata per milioni di dollari, a un certo punto ha anche rischiato di perdere i diritti sulle proprie foto, che aveva dato come garanzia dei prestiti. «Benché Annie faticasse a ritrovare una stabilità finanziaria e a reperire i soldi per restituire i debiti, non si è mai fatta mancare il cuoco, il giardiniere, la nanny e il maestro di yoga […] Basti pensare che, per gli operai che riparavano la sua casa di campagna, ha voluto ordinare a un grande chef un favoloso pic-nic» (Rossana Lacala, Novella 2000, 24/9/2009) • Nel 2019 affittava la sua casa sulla Quinta Strada a 11 mila dollari al mese.
Politica «Nel 2006 aveva fotografato Melania Trump ai piedi di un aereo privato, aveva il pancione e indossava un bikini dorato e tacchi a spillo. Il marito era dietro di lei, in un’auto sportiva, lo sportello aperto e i capelli seminascosti dal tettuccio: “L’ho sempre considerato materiale perfetto per immagini folli”, ha detto Leibovitz. “Non l’ho mai preso troppo sul serio, e sono ancora della stessa idea”» (Della Sala) • Contraria a Bush. «Non aveva la minima idea di quello che stava facendo, e in ogni caso non stava davvero facendo granché. Dal punto di vista economico è stato uno dei periodi peggiori per la nostra Nazione» • Sostenitrice di Obama. «Quello che più mi ha colpito di Obama è come si comporta con il suo pubblico. Nei primi comizi cui ho partecipato ho visto la sua motivazione, la speranza e l’effetto che produceva su quelle persone. Ho visto un cambiamento in noi, innegabile» • Nel 2016 si diceva sicura di una vittoria democratica. «Verrà eletta Hillary Clinton, non ho dubbi. Voglio scattarle una foto memorabile» • «Ho già un appuntamento allo Studio Ovale: Hillary sarà presidente».
Religione «Non sono praticante, ma mi sento lo stesso molto ebrea».
Curiosità Non si separa mai dai suoi occhiali da vista • Ha scattato le foto sulla copertina degli album Born in the U.S.A. e Tunnel of Love di Bruce Springsteen. «Sono una grande fan di Bruce: nella mia vita ho conosciuto pochi musicisti con cui ho sentito di poter invecchiare e la cui musica cresce con me» • «Lo scatto più difficile è stato quello con l’etologa Jane Goodall, che Annie avrebbe tanto voluto mettere sullo sfondo della giungla “e che invece mi ha concesso dieci minuti durante un convegno a San Francisco. “Odio farmi fotografare”, mi ha detto subito. E poi mi ha mostrato la lingua. Ci ho messo un po’ per capire che erano i segnali di comunicazione che usava anche con le scimmie”» (Santolini) • «Sarei poi felice di fotografare Elena Ferrante, se mai decidesse di svelarsi: anche se la sua scelta di riservatezza mi piace molto» (alla Santolini) • «La televisione e il cinema oggi sono sempre più amati e facilmente accessibili. Lei crede che ci sia ancora posto per le fotografie? “Assolutamente, la fotografia è vitale, perché ferma il tempo e dà la possibilità di guardare le cose. Al giorno d’oggi tutto si muove così velocemente, le cose volano davanti ai nostri occhi. Vedere qualcosa che si ferma per un momento e poterla osservare è molto importante. Non credo che un mezzo prevalga sull’altro”» (Schumann) • Nel 2019 aprì un profilo Instagram. La prima foto che postò fu un ritratto di sua madre Marilyn. A settembre 2020 aveva 439 mila seguaci.
Titoli di coda «C’è qualche grande, artista o fotografo, che l’ha ispirata? “Annie Leibovitz ci pensa un attimo e poi risponde: «Mi spiace non mi viene in mente nessuno”» (Bucci)