Il Sole 24 Ore, 16 settembre 2020
Le banche estere scoprono i BTp
Non saranno come Apple o Netflix. Né come Tesla. Non saranno come l’oro. In fondo restano titoli di un Paese che ha un debito pubblico gigantesco e che si avvicina a una tornata elettorale incerta in sei Regioni. Eppure i BTp sembrano essere diventati l’oggetto del desiderio di un numero sempre maggiore di banche d’affari internazionali. JP Morgan li consiglia rispetto ai Bund tedeschi, Commerzbank prevede che lo spread sui Bund decennali tedeschi possa scendere addirittura a 115 punti base entro fine anno dagli attuali 148, Intermonte stima a 120 e Capital Economics – pur senza dare numeri precisi – scrive la stessa cosa. I motivi di tanto ottimismo sui BTp sono vari, anche tecnici, ma uno spicca in tutti i report: il mercato percepisce in Italia un minore rischio politico e una minore probabilità che il Paese possa un giorno uscire dall’euro. Un po’ perché il Recovery Fund, con i suoi 209 miliardi potenziali in arrivo dall’Europa, rappresenta un collante all’Unione europea non indifferente. Un po’ perché il Governo, nonostante l’incertezza elettorale, non è percepito in crisi. Sul mercato non si prevedono elezioni anticipate. Così i BTp, proprio nell’anno del Covid e del super-debito, scoprono di avere un sex-appeal che mai avrebbero pensato di avere.
Elezioni sì, ma a basso rischio
Sono i report delle banche internazionali a parlare esplicitamente del rischio politico. E, per una volta tanto, lo fanno in termini positivi. Basta mettere in fila alcuni stralci per rendersene conto. «Le elezioni regionali in arrivo sembrano non avere un potenziale destabilizzante per il Governo. E questo è inusuale per la volatile politica italiana – scrivono gli economisti dell’americana Citigroup -. Il rischio che arrivi un Governo nazionalista che faccia campagna per “meno Europa” è per ora ridotto. Non prevediamo infatti elezioni almeno fino a metà 2022». Citigroup mostra l’eccezionalità di questa situazione sin dal provocatorio titolo: «È questa l’Italia?». La statunitense JP Morgan, in un report recente, spendeva parole molto simili: «Il rischio che la coalizione di Governo si spezzi dopo le elezioni regionali o che si vada al voto anticipato è secondo noi basso. Anche perché i partiti di Governo hanno l’incentivo a stare al potere per avere voce in capitolo nell’allocazione dei fondi del Recovery Fund a partire dal 2021».
Capital Economics non dice nulla di diverso: «L’azione decisa della politica (riferendosi al Recovery Fund, ndr) implica che i rischi di un default dell’Italia oppure di una rottura dell’euro si sono probabilmente ridimensionati». «Il supporto dai fondi europei sarà in grado di compensare i futuri minori acquisti di titoli da parte della Bce – scrivono invece gli economisti della tedesca Commerzbank -. Inoltre la speranza di una maggiore integrazione europea mitiga la fuga di capitali esteri e il rischio sul rating».
Queste parole sono confermate anche dall’andamento sui mercati. La differenza tra il costo per comprare la “polizza” (tecnicamente Cds) che copre solo dal rischio di default italiano rispetto al costo della “polizza” che copre anche dal rischio di rottura dell’euro, è sceso a 45 punti base da oltre 50 di agosto. A marzo, in pieno Covid, era intorno a 80, mentre nel 2018 – durante il Governo giallo-verde – arrivò fino a 125 punti base. Questo movimento dei Cds (credit default swap) ha un significato ben preciso: il mercato ha ridimensionato la percezione che l’Italia possa un giorno uscire dall’euro. Italexit non è più nella mente degli investitori, se non in maniera residuale. Questo (dato che loro prestano euro all’Italia quando comprano BTp) li tranquillizza.
Gli altri elementi di sostegno
Ma il minor rischio politico non è l’unico elemento a giocare a favore dei BTp da qui a fine anno. Molte sono le ragioni, elencate dagli analisti, per essere ottimisti. Innanzitutto il Tesoro avrà minore necessità di emettere BTp, tanto che considerando i titoli in scadenza e gli acquisti della Bce nel 2020 e anche i fondi europei nel 2021, Commerzbank calcola che le emissioni nette saranno negative sia quest’anno sia il prossimo. E lo saranno per cifre importati: 100 miliardi di euro nel 2020 e oltre 150 nel 2021. Insomma: ci sarà scarsità di BTp sul mercato, nonostante la crescita del debito. Questo è un tema che un po’ tutti gli analisti descrivono come determinante per garantire ai BTp tassi in calo.
C’è poi la Bce. Dopo aver deluso i mercati all’ultimo incontro del consiglio direttivo, tanti sono convinti che l’Eurotower presto o tardi farà qualcosa. Lo pensano per esempio gli analisti di Capital Economics, convinti che il programma di acquisti pandemici di titoli di Stato (Pepp) sarà incrementato a fine anno. Poi ci sono i prestiti agevolati alle banche (Tltro): gli istituti di credito tendono infatti a parcheggiare la liquidità arrivata dalla Bce proprio in titoli di Stato almeno per un po’. Infine c’è il tema che sempre accompagna la voglia di BTp nei momenti buoni: il fatto che offrono un rendimento ben più elevato di altri titoli di Stato europei: un decennale italiano rende l’1%, contro lo 0,27% dell’analogo titolo spagnolo, lo 0,31% del portoghese o il -0,09% di quello irlandese. Così i BTp si riscoprono sexy.